Sentenza n.507 del 1988

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SENTENZA N.507

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco SAJA,

Giudici

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 53 e 80 del r.d. 20 settembre 1934, n. 2011 (Approvazione del testo unico delle leggi sui Consigli provinciali dell'economia corporativa e sugli Uffici provinciali dell'economia corporativa), promossi con ordinanze:

1) ordinanza emessa il 15 febbraio 1983 dal Tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra la Camera di Commercio di Bologna e l'Istituto di credito per le imprese di pubblica utilità, iscritta al n. 395 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 260 dell'anno 1983;

2) ordinanza emessa il 24 settembre 1984 dal Tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra il Consorzio di credito per le opere pubbliche e la Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Genova, iscritta al n. 1329 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 119 bis dell'anno 1985;

3) n. 3 ordinanze emesse il 17 giugno 1986 dalla Corte d'appello di Milano nei procedimenti civili vertenti tra la s.p.a. DALMINE, la s.p.a. ITALSIDER, la s.p.a. FINSIDER e la Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Milano, iscritte ai nn. 710, 711 e 712 del registro ordinanze 1986 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della repubblica n. 58/1a s.s. dell'anno 1986.

Visti gli atti di costituzione del Consorzio di Credito per le opere pubbliche, della Camera di Commercio di Genova, delle s.p.a. Dalmine, Italsider e Finsider, della Camera di Commercio di Milano e della s.p.a. Nuova Italsider;

udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

uditi l'avv. Franco G. Scoca per il Consorzio di Credito per le opere pubbliche, gli avvocati Fabrizio Lemme e Michele Savarese per le s.p.a. Dalmine, Italsider e Finsider, gli avvocati Ezio Antonini e Valerio Onida per la Camera di Commercio di Milano e l'avv. Fabrizio Lemme per la s.p.a. Nuova Italsider.

Considerato in diritto

1.-Con cinque ordinanze di autorità giudiziarie diverse é sollevata questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 23 Cost., dell'art. 53 del t.u. 20 settembre 1934, n. 2011, il quale prevede al secondo comma le modalità per la istituzione dei diritti inerenti ai servizi delle Borse di commercio.

In una delle ordinanze é sollevata questione, sempre in riferimento all'art. 23 Cost., anche dell'art. 80 della stessa legge, il quale dispone che restano in vigore, fra gli altri, il R.D. 4 gennaio 1925, n. 29, che all'art. 7, comma terzo, elenca i diritti in questione.

Ad avviso dei giudici a quibus, dette norme, prevedendo l'istituzione dei diritti inerenti ai servizi di borsa, non indicherebbero alcun criteri o per la determinazione in concreto di tale prestazione patrimoniale imposta, dal che si deduce l'esistenza di un contrasto con il parametro costituzionale invocato.

2. - I giudizi possono essere per connessione riuniti e definiti con unica sentenza.

3.-In relazione al profilo sulla rilevanza della questione, prospettato-pur senza formularsi in proposito espressa eccezione di inammissibilità - da una delle parti costituite e cioé dal Consorzio di credito delle opere pubbliche e relativo all'aspetto della probabile esenzione di detto Istituto dai diritti in parola, esenzione che discenderebbe dal R.D.L. n. 1627 del 1919 convertito nella legge n. 488 del 1921, va osservato che una delle ordinanze di rimessione (reg. ord. n. 1329 del 1984) ha espressamente motivato sul punto, con esauriente argomentazione, concludendo per la rilevanza della questione, nell'assunto che l'esenzione tributaria non si applica ai diritti di borsa, onde, di fronte a così precisa motivazione del giudice a quo non può più farsi questione in questa sede di tale profilo che attiene alla rilevanza.

4.-In relazione ad altro eventuale profilo di inammissibilità attinente alla natura di una delle norme impugnate, (art. 53, secondo comma, t.u. 1934, n. 2011) la difesa del Consorzio di credito per ultimo citato, esprime il dubbio che tale norma potrebbe non avere forza di legge, in quanto inserita in un testo unico di carattere compilativo che non troverebbe, sul punto, riscontro in norme legislative preesistenti, onde il sindacato su detta norma potrebbe non spettare a questa Corte.

Al riguardo va però osservato che, come e stato anche di recente affermato dalla Corte di cassazione, i diritti in parola, aventi carattere non tributario ma, comunque, di prestazione patrimoniale imposta, trovano oggi il loro fondamento in norme di rango legislativo.

Difatti, se é vero che la norma che introdusse tali diritti di borsa e cioé l'art. 7 del R.D. n. 29 del 4 gennaio 1925, era contenuta originariamente in un testo di natura regolamentare, tuttavia tale norma fu elevata al rango di legge per effetto dell'espresso richiamo fattone nell'art. 80 del t.u. del 1934, n. 2011, per cui, anche il secondo profilo di eventuale inammissibilità e in realtà inconsistente. Che tale richiamo abbia potuto imprimere forza di legge alle norme richiamate, discende dalla constatazione della natura non meramente compilativa del cennato testo unico, perchè questo fu adottato sulla base dell'art. 16 della legge 18 giugno 1931, n. 875, che aveva appunto autorizzato il Governo a riunire in testo unico le norme preesistenti, con la facoltà di emanare quelle necessarie a disciplinare organicamente la materia, integrando, modificando e sopprimendo le precedenti disposizioni.

5.1 - Nel merito le questioni non sono fondate.

La giurisprudenza di questa Corte ritiene che il principio della riserva di legge, previsto dall'art. 23 Cost., sia rispettato anche in assenza di una espressa indicazione legislativa dei criteri, limiti e controlli sufficienti a delimitare l'ambito di discrezionalità dell'amministrazione, purchè gli stessi siano desumibili dalla destinazione della prestazione, ovvero dalla composizione e dal funzionamento degli organi competenti a determinarne la misura (sentt. nn. 4 del 1957, 55 del 1963, 67 del 1973, 51 del 1960 e 21 del 1969). Si esclude altresì da questa Corte (sent. n. 34 del 1986) la violazione della norma costituzionale citata quando esista, per l'emanazione dei provvedimenti amministrativi concernenti le prestazioni, un modulo procedimentale a mezzo del quale si realizzi la collaborazione di più organi, al fine di evitare eventuali arbitrii dell'amministrazione.

Osserva la Corte che la normativa oggetto della questione di costituzionalità risponde ai requisiti indicati dalla richiamata giurisprudenza costituzionale.

Poichè, come si é detto, la norma istitutiva della prestazione in parola e l'art. 7 del regolamento approvato con il R.D. 4 gennaio 1925, n. 29-il cui contenuto, come si e rilevato, ha assunto rango di legge ordinaria, per effetto del richiamo di cui all'art. 80 del R.D. 20 settembre 1934 - e a tale norma che bisogna riferirsi per individuare gli elementi di detta prestazione patrimoniale imposta.

Orbene, detta norma stabilisce che la Camera di commercio e industria provvede ai locali ed a quanto altro occorre per il funzionamento delle Borse di commercio alle proprie dipendenze e dei relativi uffici fornendo anche tutto il personale necessario sia per le riunioni che per il funzionamento di detti uffici.

Stabilisce altresì che le spese relative alla pubblicazione del listino di borsa sono a carico della Camera di commercio e che le entrate sono, fra l'altro, costituite dai diritti di borsa che vengono ivi elencati, come si vedrà in prosieguo.

Quanto all'organo competente alla determinazione di quei diritti, la stessa norma prevede che le tariffe siano deliberate dalla Camera di commercio e che siano approvate con decreto del Capo dello Stato.

Quanto alla portata del secondo comma dell'art. 53 del t.u. del 1934, n. 2011 (che é la norma denunciata in tutte le ordinanze di rinvio) va rilevato che in realtà si é in presenza di una disposizione dal contenuto meramente procedimentale, in quanto essa si limita a stabilire che l'indicato decreto del Capo dello Stato, per l'istituzione dei <diritti inerenti ai servizi delle borse di commercio, e promosso, per i diritti delle borse valori, dal Ministro delle finanze e per i diritti delle borse merci, dal Ministro per l'agricoltura e foreste di concerto con il Ministro dell'industria>.

Da quanto precede risulta dunque che, dal contesto in cui gli artt. 53 e 80 del t.u. del 1934 si collocano, é certamente possibile desumere la presenza di quegli elementi che la giurisprudenza di questa Corte (in particolare da ultimo v. sul punto la sentenza n. 34 del 1986) ritiene sufficienti ai fini della rispondenza all'art. 23 Cost. dei tributi o comunque delle prestazioni imposte in genere. Tali elementi sono: i soggetti, tenuti alla prestazione e l'oggetto della stessa, razionali ed adeguati criteri per la concreta individuazione dell'onere, e, infine, il modulo procedimentale che, come é stato precisato da questa Corte nella sentenza per ultima richiamata, concorre ad escludere l'eventualità di arbitrii da parte dell'Amministrazione.

5.2 - Per quel che riguarda i soggetti, dal contenuto delle norme denunciate e possibile individuarli in coloro che abbiano interesse rispetto <ai servizi delle borse di commercio>, dovendosi rilevare che l'art. 7 del R.D. del 4 gennaio 1925, n. 29, diversifica i diritti relativi a tali servizi: a) in quelli per la quotazione dei titoli sul listino di borsa; b) in quelli per il rilascio delle tessere d'ingresso ai recinti ed agli spazi riservati; c) in quelli per l'uso dei telefoni, di tavoli, cabine e per ogni servizio a disposizione delle borse.

Da queste indicazioni risultano dunque ben individuabili i soggetti tenuti a tali prestazioni, così per i diritti di quotazione nel listino, tali soggetti possono ravvisarsi nelle persone fisiche o società, aventi appunto interesse alla quotazione dei titoli nel listino di borsa.

5.3 -Parimenti, dalle stesse indicazioni, é chiaramente individuabile l'oggetto della prestazione patrimoniale imposta che ha, come punto di riferimento, gli elencati servizi di borsa, onde le prestazioni in parola devono avere attinenza con quei servizi e gravare perciò sui soggetti che rispettivamente si avvalgono di tali servizi.

Dalla individuazione di tali elementi discende, come automatica conseguenza, anche il requisito della desumibilità di criteri tecnici per la quantificazione delle tariffe, relative a ciascuno dei diritti di borsa indicati. Difatti i provvedimenti amministrativi, determinativi di tali tariffe, debbono prendere in considerazione il complesso delle spese sostenute dalle borse, ripartendo di conseguenza i diritti (rectius le prestazioni patrimoniali imposte) indicate sub a) b) e c), in misura ovviamente proporzionale all'incidenza di ciascuna voce sul complesso di tali spese, attribuendo l'onere alle categorie di soggetti rispettivamente interessate e, facendolo infine gravare, nell'ambito di ciascuna categoria di destinatari dei servizi, sui singoli soggetti, secondo criteri ispirati a principi di ragionevolezza che esplicitamente o implicitamente siano desumibili dai decreti del Presidente della Repubblica che approvano le tariffe.

Dalle elencate indicazioni risulta perciò soddisfatta l'esigenza, posta in risalto dalla più recente giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 34 del 1986) in tema di prestazioni patrimoniali imposte, secondo cui <la delimitazione della potestà amministrativa non deve necessariamente risultare dalla formula della norma stessa, ma ben può risultare da tutto il contesto della disciplina relativa alla materia di cui essa fa parte>.

5.4. - Anche l'esigenza di un modulo procedimentale, che metta al riparo dalla eventualità di arbitrii dell'amministrazione, rendendo possibile l'indagine sulle varie fasi del procedimento, appare nella specie soddisfatto. Basta al riguardo considerare che, secondo la normativa indicata, e previsto, per i diritti sub a) e sub b) - che sono quelli aventi la maggiore rilevanza-una delibera della Camera di commercio nonchè l'approvazione con decreto del Presidente della Repubblica (art. 7, comma quarto, R.D. n. 29 del 4 gennaio 1925), su proposta del Ministro competente (art. 53, comma secondo, t.u. 20 settembre 1934, n. 2011).

Si é dunque in presenza di un procedimento ben articolato che consente un adeguato controllo nel loro susseguirsi, delle varie fasi del procedimento per verificare la ragionevolezza delle determinazioni adottate.

Quanto infine ai diritti indicati sub c), per i quali e solo prevista la delibera della Camera di commercio, questa semplificazione procedimentale é giustificata dalla natura dei servizi cui i diritti in parola si riferiscono, perchè essi concerno no l'uso dei telefoni, dei tavoli, delle cabine e di ogni altro servizio (chiaramente affine a quelli teste elencati), cioé di un complesso di prestazioni di carattere meramente materiale, rispetto alle quali la garanzia procedimentale può già ritenersi soddisfatta, con la previsione della sola delibera della Camera di commercio.

6.-Negli scritti difensivi e nella discussione orale, allo scopo di sottolineare il denunciato contrasto con l'art. 23 Cost., sono state poste in evidenza una serie di incongruenze che sarebbero riscontrabili in concreto nel contenuto dei decreti presidenziali determinativi delle tariffe in parola.

Al riguardo é agevole rilevare che gli aspetti evidenziati (come ad esempio l'identità della misura dei diritti di borsa, qualunque sia la dimensione di questa, oppure l'ancoraggio dei diritti per la quotazione nei listini al capitale delle società, etc.), ove dovessero essere reputati irragionevoli sarebbero se mai da attribuirsi ad una cattiva applicazione della norma denunciata e non ad una irrazionale previsione di questa. In tal caso spetterebbe al giudice di merito il compito di verificare se, nella determinazione della misura di quelle tariffe e nella individuazione dei soggetti tenuti agli oneri in questione, i decreti presidenziali abbiano o meno rispettato i criteri desumibili dall'intero contesto normativo che regola la materia, potendosi così trarre le naturali conseguenze nella sede giudiziaria appropriata.

7. -Inconferente, ai fini del presente giudizio, é infine la circostanza, posta in evidenza in qualcuna delle ordinanze di rinvio e negli scritti difensivi delle parti private, secondo cui attualmente non spetterebbero più alle Camere di commercio i diritti connessi alle quotazioni di listino, essendo state le relative funzioni attribuite alla CONSOB dalla legge 1974, n. 216 e dalle successive norme che disciplinano detta Commissione.

Trattasi di tutta evidenza di un problema che non riguarda il giudizio di legittimità costituzionale, perchè si e in presenza di una questione d'ordine interpretativo che deve essere risolta dal giudice di merito, allo scopo di verificare se, nella determinazione concreta delle tariffe dei diritti di borsa, si sia tenuto conto dell'eventuale venir meno di compiti già attribuiti alle Borse, come conseguenza dell'avvenuto trasferimento alla CONSOB. Difatti, sulla base dei criteri desumibili dall'intero complesso normativo teste descritto, la prestazione patrimoniale dovrebbe necessariamente avere come parametro di riferimento solo i servizi effettivamente resi dalle Borse e non anche quelli che, in ipotesi, in base a norme successive, fossero stati loro sottratti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

previa riunione dei giudizi,

dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 53 e 80 del R.D. 20 settembre 1934, n. 2011 (Approvazione del testo unico delle leggi sui Consigli provinciali dell'economia corporativa e sugli Uffici provinciali dell'economia corporativa), sollevate in riferimento all'art. 23 Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/04/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 05 Maggio 1988.