Sentenza n.309 del 1987

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SENTENZA N. 309

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Dott. Francesco SAJA , Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma secondo, del decreto-legge 28 ottobre 1977, n. 778, convertito con modificazioni nella legge 23 dicembre 1977, n. 928 (Provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti di locazione e sublocazione degli immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 12 maggio 1981 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Tieghi Mario e Gabardi Camilla, iscritta al n. 663 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5 del 1982;

Udito nella camera di consiglio del 2 luglio 1987 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

Ritenuto in fatto

1. - Nel procedimento di sfratto per finita locazione instaurato, relativamente ad immobile locato per uso di abitazione, da Tieghi Mario nei confronti di Gabardi Camilla, controvertendosi sulla computabilità, ai fini della determinazione del reddito utile per beneficiare della proroga del contratto, anche del reddito di Magnaghi Silvia, la quale, pur abitando stabilmente nell'appartamento, non aveva in esso residenza anagrafica, il Pretore di Roma, con ordinanza emessa il 12 maggio 1981, ha sollevato d'ufficio questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 1, comma secondo, del decreto-legge 28 ottobre 1977, n. 778, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1977, n. 928 (Provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti di locazione e sublocazione degli immobili urbani).

La su indicata disposizione sancisce, nel prorogare al 31 marzo 1978 i contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani in corso alla data del 31 ottobre 1977, che "per gli immobili urbani adibiti ad uso di abitazione la proroga si applica limitatamente ai contratti stipulati con conduttori e subconduttori che abbiano un reddito complessivo netto non superiore ad otto milioni di lire. Il reddito complessivo si intende riferito alla somma dei redditi imputati al locatario e a tutti i soggetti di imposta che abbiano residenza anagrafica nell'alloggio in locazione".

Ad avviso del giudicante, la norma in questione, con l'espressione "residenza anagrafica", intende riferirsi esclusivamente alla situazione formale quale risulta dai registri anagrafici a seguito delle dichiarazioni rese dall'interessato ai sensi dell'art. 31 disp. att. c.c. e non anche alla situazione di fatto, eventualmente diversa da quella risultante dai registri stessi.

Né varrebbe obiettare che le risultanze anagrafiche hanno valore di semplici presunzioni, suscettibili di prova contraria, perché nella specie la legge, nel fare esclusivo riferimento alla situazione anagrafica, ha posto una presunzione assoluta, stabilendo una sorta di prova legale della residenza che non può quindi essere dimostrata diversamente.

Poiché, quindi, il locatore non é ammesso a fornire la prova che la residenza anagrafica di chi occupa stabilmente l'immobile non coincide con quella effettiva, sorge il dubbio sulla legittimità costituzionale della norma in questione per violazione degli artt. 24 e 3 Cost., sia perché lede il diritto del locatore alla difesa, sia perché realizza una ingiustificata disparità di trattamento e tra i locatori e tra i conduttori in relazione ad una situazione meramente formale, subordinando, in sostanza, all'arbitrio del conduttore o degli altri occupanti l'immobile - i quali, per negligenza o per dolo, non abbiano provveduto alle prescritte variazioni anagrafiche - il diritto del locatore di opporsi alla proroga legale del contratto.

Del resto - prosegue l'ordinanza - analoghe considerazioni hanno indotto la Corte costituzionale, con la sentenza n. 56 del 22 aprile 1980, a dichiarare la illegittimità dell'art. 3, comma primo, del decreto-legge 27 giugno 1967, n. 460, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 luglio 1967 n. 628, nella parte in cui non riconosce al locatore il diritto di provare la diversa composizione della famiglia anagrafica del conduttore e subconduttore rispetto a quella risultante dai registri anagrafici.

Quanto alla rilevanza della questione, osserva il giudice a quo che, ove dovesse computarsi anche il reddito della Magnaghi, la convenuta non avrebbe diritto alla proroga del contratto per essere il reddito complessivo netto delle persone occupanti l'immobile superiore al limite massimo legale.

2. - Non vi é stata costituzione delle parti private, né é intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Considerato in diritto

1. - Il Pretore di Roma prospetta la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 1, comma secondo, del decreto-legge 28 ottobre 1977, n. 778, convertito, con modificazioni, nella legge 23 dicembre 1977, n. 928 (Provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti di locazione e sublocazione degli immobili urbani), nella parte in cui, nel prevedere la proroga legale dei contratti di locazione per uso di abitazione stipulati con conduttori titolari di un reddito complessivo netto non superiore ad otto milioni di lire, riferito alla somma dei redditi dei soggetti di imposta aventi "residenza anagrafica" nell'appartamento, non riconoscerebbe al locatore il diritto di fornire la prova di una situazione di fatto difforme dalle risultanze anagrafiche.

2. - Il problema sottoposto all'esame della Corte non é nuovo.

Le norme in materia di locazioni di immobili urbani hanno spesso fatto riferimento, per individuare i requisiti di applicazione di determinati benefici per i conduttori (come la proroga legale del contratto o il blocco del canone) o altri dati obbiettivi rilevanti ai fini della disciplina del rapporto (come la quantificazione dell'equo canone), ad elementi di prova precostituiti: all'iscrizione nei ruoli delle imposte e alle attestazioni dei soggetti erogatori di retribuzioni o pensioni, per l'accertamento del reddito del conduttore; alle risultanze anagrafiche, per individuare le persone occupanti l'immobile; alla classificazione catastale dell'immobile, quale coefficiente correttivo del costo base.

Ma le norme stesse, nella parte concernente tali riferimenti, sono state impugnate davanti a questa Corte, in quanto non riconoscevano al controinteressato la facoltà di prova contraria, così violando gli artt. 3 e 24 Cost.

Orbene, dalla giurisprudenza di questa Corte emerge un consolidato indirizzo volto ad affermare l'esigenza, rientrante in quella più ampia della effettività della tutela giurisdizionale (artt. 3 e 24 Cost.), di non escludere, nell'eventualità di controversie sulla corrispondenza alla realtà delle suindicate risultanze, la facoltà del controinteressato di fornire la prova contraria (cfr. sentt. n. 132 del 1972; n. 225 del 1976; n. 56 del 1980; n. 84 del 1983).

Tale indirizzo, in alcune sentenze, si é espresso in pronunce caducatorie, ravvisandosi nelle fattispecie normative nelle quali appariva preclusa l'ammissibilità della prova contraria altrettanti casi di violazione del suindicato precetto costituzionale (cfr. sentt. n. 132 del 1972; n. 225 del 1976 e n. 56 del 1980), mentre in altra decisione (sent. n. 84 del 1983) esso é stato utilizzato in via interpretativa, ritenendosi che il princìpio della pienezza della tutela giurisdizionale fosse fatto salvo dalla fattispecie normativa considerata (nel caso, l'art. 16 della legge 27 luglio 1978, n. 392).

3. - Soluzione analoga a quella per ultima richiamata (sent. n. 84 del 1983) va prescelta in ordine alla questione oggetto del presente giudizio.

Va infatti notato che la norma denunciata (art. 1, comma secondo, decreto-legge n. 778 del 1977) risulta emanata successivamente alle sentenze n. 132 del 1972 e n. 225 del 1976, che al princìpio della piena garanzia della tutela giurisdizionale sul diritto controverso avevano dato ampia e significativa attuazione, dichiarando illegittime varie norme del regime vincolistico delle locazioni, in quanto non riconoscevano facoltà di prova contraria sull'entità del reddito risultante dall'iscrizione nei ruoli delle imposte o da attestazioni del datore di lavoro o dell'ente erogatore.

Ciò induce a ritenere che con la norma ora censurata - della quale si adotta in tal modo interpretazione conforme a Costituzione - sia stato fatto salvo il princìpio chiaramente manifestatosi attraverso le concordanti sentenze sopra richiamate, nel senso che il riferimento alle risultanze anagrafiche é da considerare vincibile mediante la prova che queste non corrispondono a realtà.

L'interpretazione adottata non trova ostacolo nella circostanza che successivamente all'entrata in vigore della norma ora impugnata sia stata emanata una pronuncia caducatoria (sent. n. 56 del 1980) nei riguardi di norma analoga (l'art. 3 del decreto-legge 27 giugno 1967, n. 460, convertito, con modificazioni, nella legge 28 luglio 1967, n. 628, dichiarato illegittimo nella parte in cui non riconosce al locatore il diritto di provare la diversa composizione della famiglia anagrafica del conduttore rispetto a quella risultante dai registri anagrafici) trattandosi di norma risalente ad epoca notevolmente anteriore.

La questione va pertanto dichiarata non fondata nei sensi di cui in motivazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma secondo, del decreto-legge 28 ottobre 1977, n. 778, convertito, con modificazioni, nella legge 23 dicembre 1977, n. 928 (Provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti di locazione e sublocazione degli immobili urbani), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dal Pretore di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 settembre 1987.

 

Il Presidente: SAJA

Il Relatore: CORASANITI

Depositata in cancelleria l'8 ottobre 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI