Sentenza n. 8 del 1967
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SENTENZA N. 8

ANNO 1967

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI,  Presidente

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 1 febbraio 1966, riapprovata l'11 marzo 1966, sui "contingenti numerici provvisori del personale regionale", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri notificato il 26 marzo 1966, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 1 aprile successivo ed iscritto al n. 6 del Registro ricorsi 1966.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia;

udita nell'udienza pubblica del 14 dicembre 1966 la relazione del Giudice Francesco Paolo Bonifacio;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l'avv. Vezio Crisafulli, per il Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato il 26 marzo 1966 il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 1 febbraio 1966, n. 77, riapprovata l'11 marzo 1966 col n. 77 bis e relativa ai contingenti numerici provvisori del personale regionale.

Nel primo articolo della legge si dispone che, in attesa di altra legge regionale da emanarsi ai sensi del primo comma dell'art. 68 dello Statuto speciale, la Giunta regionale provvederà, con l'osservanza della legge regionale 21 novembre 1964, n. 3, al fabbisogno complessivo di personale degli uffici dell'amministrazione regionale e, sentite le proposte dell'ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, al fabbisogno del Consiglio stesso entro i limiti dei contingenti numerici provvisori previsti nelle allegate tabelle A) e B). Nell'art. 2 sono contenute le norme relative alla copertura dell'onere finanziario per l'esercizio in corso e per quelli futuri.

2. - Il ricorrente, dopo aver rilevato che il primo comma dell'art. 67 dello Statuto impone alla Regione di provvedere alla prima costituzione dei propri uffici di norma con personale comandato dai Comuni, dalle Province e dallo Stato, sostiene che la determinazione legislativa di un organico, sia pure provvisorio, non accompagnata dalla specificazione del personale da richiedere in posizione di comando e del personale da assumere direttamente in via eccezionale e suppletiva, viola tale norma costituzionale, giacché consente l'assunzione diretta della maggior parte e perfino della totalità del personale; viola, altresì, il secondo comma della stessa disposizione costituzionale, perché sottrae al Consiglio regionale una precisa attribuzione amministrativa, quella, cioè, di determinare il numero e le qualifiche del personale statale da richiedere in comando. La predeterminazione per legge ed in modo indifferenziato degli organici provvisori toglie al Governo, secondo il ricorrente, la possibilità di valutare, in sede di controllo di legittimità costituzionale, il rispetto dei principi statutari ed impedisce alla delegazione della Corte dei conti la possibilità di accertare, in occasione del controllo sui singoli provvedimenti amministrativi, se la Regione faccia legittimo uso del potere di procedere, in via eccezionale, ad assunzioni dirette.

Altri rilievi muove il ricorrente all'entità del nuovo organico ed alle qualifiche ivi previste: la netta sproporzione fra il personale assegnato alle carriere direttiva e di concetto e quello assegnato alle carriere esecutiva ed ausiliaria sarebbe in netto contrasto con i principi della funzionalità e del buon andamento dei servizi e, quindi, con l'art. 97 della Costituzione. Si osserva infine che la legge, protraendo indefinitamente la situazione di provvisorietà del personale e la corresponsione a questo di un trattamento economico differenziato rispetto a quello goduto dal personale dello Stato, eluderebbe il principio enunciato dall'art. 68, secondo comma, dello Statuto.

Il ricorrente chiede pertanto che la legge impugnata venga dichiarata costituzionalmente illegittima.

3. - Nelle deduzioni depositate il 20 aprile 1966 la Regione, costituitasi in persona del suo Presidente, rappresentato e difeso dall'avv. Vezio Crisafulli, richiama preliminarmente l'attenzione sulla circostanza che il ricorso non é stato preceduto da un valido provvedimento di rinvio, giacché questo fu a suo tempo disposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e non già, come richiedono l'art. 127 della Costituzione e l'art. 29 dello Statuto, dal Governo deliberante in Consiglio dei Ministri.

Nel merito la Regione rileva che la direttiva imposta dal primo comma dell'art. 67 dello Statuto, nei limiti in cui ad essa può dare esecuzione la Regione, é stata costantemente osservata e che fin dalle prime assegnazioni di personale comandato la Corte dei conti mise in evidenza la necessità di contenere le richieste di comando e le assunzioni entro un preordinato limite numerico: appunto per soddisfare tale esigenza la Regione, a partire dalla legge 25 giugno 1965, n. 7, instaurò il sistema di prestabilire rigorosamente il numero e le qualifiche dei dipendenti. Tale sistema non fu oggetto di alcun rilievo da parte del Governo, e questo non impugnò neppure la successiva legge 2 marzo 1966 con la quale, a seguito del trasferimento alla Regione delle funzioni di controllo sugli enti locali, gli organici provvisori vennero aumentati. La nuova legge non stabilisce un sistema nuovo (essa si limita, infatti, a sostituire le tabelle precedenti con un'unica tabella complessiva, aumentando i contingenti di quelle unità che sono indispensabili in relazione alle funzioni trasferite col D.P.R. n. 1116 del 1965): il primo motivo del ricorso dovrebbe esser perciò dichiarato inammissibile.

A parte questa pregiudiziale, la Regione osserva che la legge in esame, lungi dal violare l'art. 67 dello Statuto, si risolve in un' auto- limitazione dei poteri conferiti da tale norma: la precisazione da parte della legge del personale da assumere in via diretta avrebbe finito con l'istituzionalizzare l'eccezione, la quale, per rimaner tale, deve essere valutata caso per caso. La predeterminazione degli organici complessivi, invece, mentre da un canto non comporta affatto la possibilità dell'assunzione diretta della totalità o del maggior numero del personale, dall'altro evita un incontrollabile ed eccessivo aumento di dipendenti, consente una ragionevole previsione di spesa, offre la possibilità di calcolare le aliquote da destinare a determinate categorie e precostituisce un quadro di insieme nell'ambito del quale l'organo deliberante e la stessa Corte dei conti possono valutare l'eccezionalità delle assunzioni dirette.

Quanto alla censura secondo la quale la legge sottrarrebbe al Consiglio regionale una competenza amministrativa ad esso spettante (art. 67, secondo comma, dello Statuto), la Regione osserva che, se intesa nel senso che la violazione della norma costituzionale discende dalla predeterminazione legislativa degli organici, essa é inammissibile perché il sistema fu già introdotto dalle precedenti leggi, ed é comunque infondata, perché la legge in esame é esplicazione della potestà conferita dall'art. 4, n. 1, dello Statuto; se, invece, si ha riguardo alla mancata distinzione fra personale in posizione di comando e personale da assumere direttamente, la censura é del pari infondata perché la legge non implica alcuna menomazione del Consiglio: il quale é intervenuto una prima volta in sede legislativa e interverrà poi, nell'ambito dei contingenti prefissati, tutte le volte in cui sarà necessario deliberare il numero e le qualifiche dei dipendenti statali dei quali si richiede il comando.

La Regione sostiene, infine, l'inammissibilità dell'ultimo motivo del ricorso, relativo all'entità del nuovo contingente ed alle qualifiche del personale: e ciò sia perché tale motivo non fu enunciato in sede di rinvio della legge, sia perché esso si concreta in una censura di merito. In linea subordinata si osserva che, come risulta dallo stesso ricorso, 375 dipendenti del Ministero dell'agricoltura sono stati trasferiti alla Regione: di fronte a tale numero non é certamente eccessivo che circa 800 dipendenti vengano impiegati per far fronte a tutti gli altri servizi regionali. La pretesa sproporzione fra le varie carriere risponde ad un'esigenza fondamentale dell'ente, il quale, secondo lo stesso Statuto, provvede ad un'amministrazione indiretta. Per quanto riguarda l'ultimo rilievo dello Stato, la Regione osserva che il personale regionale gode, in sostanza, solo di una indennità di primo impianto e che la relativa legge n. 3 del 1964 fissa per essa un preciso termine di scadenza.

La Regioneconclude chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, venga respinto perché infondato.

4. - Nella memoria depositata il 30 novembre 1966 l'Avvocatura dello Stato in riferimento al rilievo pregiudiziale della Regione osserva che la riapprovazione della legge da parte del Consiglio regionale renderebbe comunque ininfluente il preteso vizio nascente dal fatto che il rinvio sarebbe stato disposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri; rileva, comunque, che nel telegramma che tale rinvio dispose si legge che il Governo ha rinviato la legge al nuovo esame del Consiglio regionale, e nessuna norma stabilisce - come la Corte ebbe ad accertare (sentenza n. 76 del 1963) a proposito dell'impugnativa di legge regionale - che nel provvedimento di rinvio debba essere menzionata la deliberazione del Consiglio dei Ministri.

L'Avvocatura contesta, poi, l'eccezione di inammissibilità sollevata che la Regione fonda sulla mancata impugnativa di precedenti leggi, e fa osservare che dalla costante giurisprudenza di questa Corte risulta che ogni legge può formare oggetto di autonomo esame al fine dell'accertamento della sua legittimità costituzionale. Nel merito l'Avvocatura richiama l'attenzione sulla circostanza che la necessità di limitare l'entità della spesa inerente all'istituenda nuova Regione ispirò, fra le altre, anche le norme contenute negli artt. 67 e 68 dello Statuto. Alla stregua di queste la Regione é tenuta a servirsi normalmente di personale comandato e solo eccezionalmente, quando sia comprovata l'impossibilità o la difficoltà di far ricorso al comando, può procedere ad assunzioni dirette. La predeterminazione dei contingenti del personale finirebbe, secondo l'Avvocatura, con l'istituzionalizzare ciò che é transitorio e contingente e consentirebbe alla Regione di eludere i precetti costituzionali e di ottenere dall'organo di controllo la registrazione di quei provvedimenti i quali, ove non fosse intervenuta la legge, esigerebbero di volta in volta la dimostrazione dei motivi che non consentono il comando. Il raffronto fra le tabelle annesse alla legge impugnata e quelle annesse alla precedente legge 25 giugno 1965, n. 7, rivela il notevole aumento di personale disposto a distanza di appena un semestre.

5. - La difesa della Regione in una memoria depositata il 1 dicembre 1966 osserva che il principio richiamato dall'Avvocatura dello Stato, secondo il quale la mancata impugnativa di precedenti leggi non preclude il ricorso contro una nuova legge, é accompagnato da notevoli temperamenti nella giurisprudenza di questa Corte: l'esame di questa consentirebbe, infatti, di affermare che la pronunzia sarebbe data inutiliter tutte le volte in cui per effetto dell'accoglimento della domanda non venissero eliminati dall'ordinamento l'invasione o l'eccesso di competenza denunziati dal ricorrente. Nella specie é sufficiente, secondo la Regione, tener presente che la fissazione dei contingenti di personale senza distinzione fra quello da richiedere in comando e quello da assumere in via diretta risale alla non impugnata legge regionale n. 7 del 1965, sicché l'accoglimento del presente ricorso porterebbe all'unico risultato di congelare i contingenti numerici indifferenziati già approvati con quella legge. Significativa, a parere della Regione, é la circostanza che nello stesso atto di rinvio della legge lo Stato giustificò la mancata impugnativa dei precedenti provvedimenti con la considerazione che, in via eccezionale e transitoria, era stata consentita una deroga ai principi. L'eccezione di inammissibilità colpisce, secondo la Regione, anche il motivo relativo alla mancata previsione di un termine, e ciò perché un termine non era fissato neppure nelle precedenti leggi (esso, invero, per l'unica indennità speciale attribuita al personale regionale risulta stabilito dalla legge regionale 21 novembre 1964, n. 3, ed é stato prorogato dalla legge regionale 1 luglio 1966, n. 11 ) e l'ultimo motivo, concernente la sproporzione numerica fra i contingenti delle varie categorie, perché si tratta di una censura non di legittimità, ma di merito.

La difesa regionale si sofferma poi ad illustrare le nette differenze che corrono fra i motivi enunciati nell'atto di rinvio e quelli posti a fondamento del ricorso: la difformità é rilevante perché in sede di impugnativa non potrebbero esser fatti valere motivi diversi da quelli esposti in sede di rinvio e, comunque, perché rivelerebbe una evidente incertezza degli stessi organi dello Stato circa i rapporti fra la legge denunziata ed i precetti statutari dei quali si assume la violazione.

La memoria passa poi ad esaminare analiticamente i singoli aspetti della questione di legittimità costituzionale ed osserva:

a) gli inconvenienti ai quali, secondo l'Avvocatura dello Stato, potrebbe dar luogo l'applicazione della legge sono irrilevanti, perché l'incostituzionalità di una norma non può essere basata sul fatto che essa può dar luogo ad abusi (sentenza n. 43 del 1964). Nella specie, comunque, la legge non solo autorizza la Regione a provvedere in via normale all'assunzione diretta ma, attraverso il richiamo alla legge regionale 21 novembre 1964, n. 3, ribadisce il principio enunciato nell'art. 67 dello Statuto;

b) per effetto della legge impugnata il controllo dello Stato e della Corte dei conti sui singoli atti amministrativi, lungi dall'esser reso impossibile, viene facilitato, perché la predeterminazione degli organici provvisori consente di meglio valutare se le assunzioni dirette abbiano o meno carattere eccezionale. Supposto che gli atti relativi possano dar luogo a conflitto di attribuzione, la legge regionale che fissa i contingenti non sarebbe certo di ostacolo alla proponibilità del ricorso; e per quanto riguarda il controllo della Corte dei conti, é da rilevare che, siano gli atti posti in essere in diretta applicazione dell'art. 67 dello Statuto o in applicazione della legge che a tale articolo si richiama, il problema dei limiti del controllo sulla discrezionalità amministrativa si pone in termini identici. Viceversa ove la legge regionale avesse operato una ripartizione fra posti da coprire in via di comando e posti da coprire con assunzioni dirette il controllo sulla eccezionalità di queste ultime sarebbe stato del tutto impossibile;

c) circa la pretesa violazione del secondo comma, dell'articolo 67, dello Statuto, a parte la non perspicua formulazione della norma, é chiaro che il Consiglio regionale, predeterminando il fabbisogno complessivo di personale, ha correttamente posto in essere il presupposto necessario per un razionale esercizio della competenza amministrativa. Supposto, invece, che il secondo comma dell'art. 67 abbia inteso attribuire al Consiglio la competenza di determinare il numero e le qualifiche di tutti gli impiegati di cui la Regione ha bisogno, ne risulterebbe una duplice competenza, vale a dire stabilire le aliquote e i bisogni e provvedere poi a richiedere concretamente i comandi: e non c'é dubbio che la prima doveva o poteva essere esercitata con legge. É anche da osservare che ove la legge, come si afferma dal ricorrente, avesse dovuto precisare l'aliquota da destinare ai comandi, almeno di fatto ne sarebbe derivata una restrizione della competenza consiliare;

d) circa il rilievo relativo al numero ed alle carriere del personale, é da ribadire che si tratta di una censura di merito, per giunta non prospettata nel messaggio di rinvio. Comunque l'esame delle tabelle dimostra che i 68 dipendenti previsti per il Consiglio ed i 735 previsti per la Giunta non sono eccessivi, se si considera che per le sole funzioni inerenti all'agricoltura lo Stato impiegava 375 unità e che per l'ufficio del commissario di Governo per Trieste il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 ottobre 1965 prevede complessivamente 575 dipendenti; dimostra che l'aumento dei contingenti già previsti (15 unità per il Consiglio e 228 per la Giunta) é strettamente adeguato alle nuove funzioni trasferite; porta, infine, alla conclusione che non v'é irrazionale sproporzione fra le varie carriere.

6. - Nella discussione orale l'Avvocatura dello Stato e la difesa della Regione hanno insistito nelle rispettive tesi e conclusioni.

 

Considerato in diritto

 

1. - Nell'atto di costituzione la Regione, al fine di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, rileva che il rinvio della legge impugnata - approvata dal Consiglio regionale la prima volta nella seduta del 1 febbraio 1966 - venne disposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e non dal Consiglio stesso, unico organo competente in materia.

La Corte ritiene che, sebbene il termine "Governo" non abbia nel linguaggio legislativo un significato univoco, nel contesto dell'art. 127 della Costituzione e dell'art. 29, primo comma, dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), esso si riferisce al Consiglio dei Ministri. Non vi é dubbio, infatti, che nella parte in cui i citati articoli disciplinano l'impugnativa di una legge regionale, "Governo della repubblica" indica il Consiglio dei Ministri come l'organo competente a deliberarla (cfr. da ultimo sentenza n. 119 del 1966), e l'unità del sistema - rivelata anche dalla identità della terminologia - implica l'esigenza che nella stessa sede vengano valutate le ragioni del rinvio e, successivamente, quelle dell'impugnazione per illegittimità costituzionale o per contrasto con gli interessi nazionali. A ciò é da aggiungere che i gravi effetti che conseguono al rinvio (divieto di promulgazione e necessità che la legge venga approvata a maggioranza assoluta dai componenti del Consiglio) a loro volta inducono a ritenere che il relativo atto possa essere adottato soltanto dall'organo supremo del potere esecutivo.

Nel caso in esame, tuttavia, é superfluo accertare se l'indicazione "Governo rinvia at nuovo esame", contenuta nel telegramma di rinvio, si riferisca o meno ad una deliberazione del Consiglio dei Ministri. L'intervenuta riapprovazione della legge da parte del Consiglio regionale comporta che gli effetti del rinvio si sono completamente esauriti ed esclude che possa aver rilievo la valutazione della legittimità del provvedimento che lo dispose: il potere di impugnativa del Governo nasce, infatti, dalla riapprovazione della legge, indipendentemente dalle precedenti vicende del procedimento legislativo.

2. - Del pari non fondate appaiono le ulteriore difese pregiudiziali opposte dalla Regione relativamente alla non completa coincidenza dei motivi del ricorso con le ragioni del rinvio ed alla mancata impugnazione di precedenti leggi di egual contenuto.

Quanto al primo punto, é superfluo indagare se il Governo possa dedurre innanzi a questa Corte solo quei vizi di legittimità costituzionale che siano stati rilevati nell'atto di rinvio. Nella specie, infatti, risulta dagli atti che al momento del rinvio della legge a nuovo esame, anche se non furono specificate tutte le norme costituzionali alla stregua delle quali si chiede ora il controllo giurisdizionale, vennero sinteticamente esposte tutte quelle ragioni che in questa sede vengono riproposte. Tanto é a dirsi specificamente per la violazione dell'art. 68, secondo comma, dello Statuto e dell'art. 97, primo comma, della Costituzione: ed infatti, nonostante che nel telegramma di rinvio gli avvertimenti relativi (rispetto delle norme sullo stato giuridico ed economico del personale statale e necessità che i contingenti di personale siano tenuti entro i limiti funzionali) venivano riferiti alla futura legislazione, nel complessivo contesto del provvedimento essi investivano anche la legge rinviata, della quale lo Stato deduceva la illegittimità.

Per quanto riguarda, infine, la rilevanza dell'omessa impugnativa di precedenti leggi della stessa Regione - e segnatamente della legge regionale 25 giugno 1965, n. 7 - é sufficiente richiamare la costante giurisprudenza con la quale questa Corte ha deciso che una circostanza siffatta non é motivo di inammissibilità dell'impugnativa di una nuova legge. Non vale opporre, come fa la difesa della Regione, che l'eventuale dichiarazione di illegittimità della legge in esame lascerebbe pur sempre in vigore quel sistema di "contingenti provvisoria", già introdotto, con le stesse caratteristiche, dalla precedente, non impugnata legislazione. Ed infatti, anche a prescindere dalla circostanza che il provvedimento legislativo ora impugnato modifica le tabelle (e perciò ha un carattere innovativo), é da osservare che ogni legge, quali che siano i rapporti in cui essa si ponga con leggi anteriori, rappresenta un'autonoma manifestazione della potestà regionale (cfr. sentenza n. 49 del 1963), e l'interesse generale al rispetto delle norme costituzionali é ragione di per sé sufficiente a chiederne la rimozione, indipendentemente dalle conseguenze che, a causa della precedente legislazione, possano derivare dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale.

3. - Passando al merito del ricorso é preliminarmente da tener presente che le censure mosse in riferimento all'art. 67 dello Statuto non riguardano il potere della Regione di approvare con legge le tabelle dei contingenti provvisori di personale, ma investono solo la mancata "specificazione del personale da richiedere in posizione di comando e del personale da assumere direttamente": da essa, e solo da essa, deriverebbero i vari vizi di legittimità costituzionale prospettati dalla difesa dello Stato nella prima parte del ricorso.

Ad avviso della Corte non vi é alcun dubbio che dal primo comma dell'art. 67 risulti che la Regione per la prima costituzione dei propri uffici possa procedere ad assunzioni dirette solo eccezionalmente e nella obiettiva e comprovata impossibilità di far fronte alle proprie necessità con personale comandato dai comuni, dalle province e dallo Stato. Ed é altrettanto certo, come ha messo in rilievo l'Avvocatura dello Stato, che tale principio - come quello, di analogo contenuto, sancito per tutte le Regioni nell'ultimo comma dell'VIII disposizione finale della Costituzione - é ispirato dall'esigenza di limitare le spese necessarie all'istituenda nuova Regione: esigenza - giova aggiungere - il cui scrupoloso rispetto condiziona non solo la retta esplicazione dell'autonomia regionale, ma anche la salvaguardia di un rilevantissimo interesse dell'intera collettività nazionale.

Non sembra, tuttavia, che la legge impugnata contrasti con la norma costituzionale. Va in proposito rilevato che l'art. 1 espressamente impone l'osservanza della precedente legge regionale 21 novembre 1964, n. 3, il cui art. 3, richiamando l'art. 67 dello Statuto, ribadisce che la Giunta provvede alle assunzioni dirette solo "in via eccezionale e provvisoria": per effetto di tale rinvio, dunque, la stessa legge impugnata afferma che, nell'ambito delle tabelle allegate, la regola che l'amministrazione deve osservare é quella di provvedere al fabbisogno degli uffici con personale comandato. A questa esplicita direttiva non sembra in alcun modo contraddire la mancata determinazione delle aliquote di personale da assumere in via diretta e da richiedere in posizione di comando: ché, anzi, proprio se la legge avesse operato una siffatta specificazione, l'assunzione in via diretta, anche se consentita in proporzione minima, sarebbe stata istituzionalizzata ed i conseguenti atti amministrativi, purché contenuti nel limite numerico legislativamente prefissato, avrebbero potuto prescindere da ogni valutazione di quelle ragioni di eccezionalità che, secondo il disposto dello Statuto, sono le sole che possono legittimare le assunzioni dirette.

Queste stesse considerazioni, come esattamente osserva la difesa regionale, dimostrano che il controllo della delegazione della Corte dei conti (art. 58 dello Statuto) non é affatto precluso. Ed invero la previsione legislativa di tabelle provvisorie - indispensabile per una valutazione globale delle esigenze dell'ente e per una razionale previsione di spesa - non compromette affatto l'accertamento dell'eccezionalità del provvedimento di assunzione diretta: il quale, come si é detto, potrà essere adottato solo quando al comando non possa farsi luogo e ciò risulti dalla motivazione dell'atto, sottoposto, secondo le regole generali, al controllo di legittimità.

4. - La legge impugnata non viola neppure il secondo comma dell'art. 67 dello Statuto, giacché, predisponendo un quadro generale del personale provvisorio, non sottrae al Consiglio regionale la competenza a determinare il numero e le qualifiche dei dipendenti statali da richiedere in comando. Va osservato, infatti, che la determinazione legislativa delle tabelle non esclude che, ove si debba procedere alla richiesta di tal comando, il Consiglio adotti il relativo provvedimento amministrativo: con la conseguenza che un atto della Giunta in materia, ove non fosse preceduto dalla deliberazione consiliare, risulterebbe viziato.

5. - La violazione dell'art. 68, secondo comma, dello Statuto é costituita, secondo il ricorrente, dalla mancata previsione di un termine alla disciplina provvisoria: da tale circostanza deriverebbe, infatti, la corresponsione al personale, per un tempo indefinito, delle indennità previste dalla legge regionale 21 novembre 1964, n. 3.

La Corte ritiene che la norma costituzionale invocata, anche se formalmente riguardante la disciplina definitiva alla quale l'art. 68 si riferisce, esprime un principio generale secondo il quale il trattamento del personale regionale deve sempre uniformarsi alle norme sullo stato giuridico ed economico del personale statale: principio che, al pari di quello contenuto nel primo comma dell'art. 67 e del quale si é innanzi discorso, tutela rigorosamente l'esigenza di contenere le spese regionali. Tuttavia, nei limiti nei quali é stata sollevata, la questione é infondata, perché, come osserva la Regione, l'indennità di primo impiego prevista dal primo comma dell'art. 4 della legge regionale 21 novembre 1964, n. 3, é limitata nel tempo per effetto del successivo comma dello stesso articolo e dell'art. 1 della legge regionale 1 luglio 1966, n. 11.

6. - Quanto al contrasto tra la legge impugnata ed il primo comma dell'art. 97 della Costituzione, la Corte ritiene che il controllo di costituzionalità, nei limiti dell'accertamento della non arbitrarietà della disciplina in relazione ai fini che la norma costituzionale prescrive, sia pienamente ammissibile, e che non si possa escludere che una irrazionale distribuzione del personale tra le varie carriere possa compromettere il buon andamento dell'amministrazione e risultare perciò incompatibile con la finalità che l'art. 97 assegna al potere di organizzazione dei pubblici uffici.

Ma nel caso in esame la prevalenza del personale direttivo e di concetto, messa in evidenza dal ricorrente, appare determinata da una ragionevole valutazione che, nell'esercizio dei suoi poteri, la Regione ha fatto delle esigenze connesse allo svolgimento delle sue competenze istituzionali.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

respinte le eccezioni di inammissibilità opposte dalla difesa della Regione;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorso notificato il 26 marzo 1966, relativa alla legge regionale Friuli-Venezia Giulia riapprovata l'11 marzo 1966 col n. 77 bis sui "contingenti numerici provvisori del personale regionale", in riferimento agli artt. 67, primo e secondo comma, e 68, secondo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, ed all'articolo 97, comma primo, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 febbraio 1967.

 

Gaspare AMBROSINI - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI 

 

 

Depositata in cancelleria il 4 febbraio 1967.