Sentenza n. 76 del 1963
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SENTENZA N. 76

ANNO 1963

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione autonoma della Valle d'Aosta, approvata il 18 luglio 1962 e riapprovata, in sede di rinvio, il 4 ottobre 1962, recante norme per l'esercizio di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio, antichità, monumenti e belle arti, promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 23 ottobre 1962, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 27 successivo ed iscritto al n. 10 del Registro ricorsi 1962.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Presidente della Regione autonoma della Valle d'Aosta;

udita nell'udienza pubblica del 6 marzo 1963 la relazione del Giudice Antonino Papaldo;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e gli avvocati Antonio Canino e Pietro Gasparri, per il Presidente della Regione autonoma della Valle d'Aosta.

 

Ritenuto in fatto

 

In data 4 ottobre 1962 il Consiglio della Valle d'Aosta ha approvato, in sede di rinvio, una legge regionale recante norme per l'esercizio di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio, antichità, monumenti e belle arti.

L'art. 1 dispone che le funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio, di antichità, monumenti e belle arti, devolute alla Regione della Valle d'Aosta ai sensi degli artt. 2, lett. q, 3, lett. m, e 4 dello Statuto speciale, sono esercitate dall'Assessore regionale per il turismo.

L'art. 2 stabilisce che, fino a quando non diverrà operante la legislazione regionale in materia di tutela del paesaggio, le attribuzioni demandate dalla legislazione statale al Ministero della pubblica istruzione ed alle Sovraintendenze alle antichità e belle arti sono esercitate, nella Regione, dall'Assessore regionale per il turismo e dalla Sovraintendenza regionale alle antichità, monumenti e belle arti.

A norma dell'art. 3 contro i provvedimenti del Sovraintendente regionale alle antichità, monumenti e belle arti e dell'Assessore regionale per il turismo, é ammesso, entro venti giorni dalla comunicazione, ricorso alla Giunta regionale, che decide con provvedimento definitivo.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con ricorso del 20 ottobre 1962, ha impugnato la legge perché in contrasto con l'VIII disposizione transitoria della Costituzione. Il ricorso é stato notificato alla Regione il 23 di quello stesso mese e depositato nella cancelleria della Corte il 27 successivo. Ne é stata fatta pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 10 novembre 1962, n. 286, e sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'ottobre 1962.

Con il ricorso, seguito da una memoria depositata il 2 febbraio 1963, si espone: ai sensi degli artt. 2, lett. q, e 3, lett. m, dello Statuto regionale, la Valle d'Aosta ha competenza legislativa primaria in materia di tutela del paesaggio e competenza integrativa in materia di antichità e belle arti. In queste materie, fino a quando non sia diversamente disposto con legge regionale, si applicano, a norma dell'art. 51 dello Statuto speciale, le leggi dello Stato. Lo Statuto della Valle d'Aosta non prevede la emanazione di norme statali di attuazione, neppure per quanto riguarda il trasferimento di funzioni e di uffici dallo Stato alla Regione. E pertanto nella specie va applicata 1'VIII disposizione transitoria della Costituzione, la quale stabilisce che il passaggio delle funzioni statali alle Regioni é regolato da leggi statali.

Un trasferimento immediato di funzioni e uffici dallo Stato alla Valle, che prescinda da norme di attuazione, non potrebbe ricavarsi dagli artt. 2, 3, 4 e 51 dello Statuto speciale, perché questi concernono soltanto l'attribuzione alla Regione di potestà legislativa, la quale, dal punto di vista sostanziale, può essere esercitata anche prima che avvenga quel trasferimento, mentre una legge é necessaria per l'esercizio di funzioni amministrative già esercitate dallo Stato. Codesta necessità si può dedurre, con argomento a contrario, anche dalla considerazione che l'art. 5 del D.L. C. P. S. 23 dicembre 1946, n. 532, ha devoluto alla Regione l'esercizio delle attribuzioni spettanti alle Sovraintendenze alle antichità e belle arti, ma non anche quelle spettanti al Ministero della pubblica istruzione o ad altri organi dello Stato.

La Regione, costituitasi nel giudizio, nelle deduzioni originarie e nella memoria, depositate, rispettivamente, il 9 novembre 1962 e il 20 febbraio 1963, deduce anzitutto l'improcedibilità del ricorso per due motivi:

1) nel ricorso dello Stato, notificato alla Regione, manca qualsiasi indicazione circa la data della deliberazione del Consiglio dei Ministri che autorizzava il Presidente del Consiglio ad impugnare la legge regionale. E tale omissione mette la controparte nella impossibilità di controllare la ritualità dell'iter formativo del procedimento di impugnazione.

Né, a soddisfare tale esigenza, può bastare il generico accenno, contenuto nel ricorso in esame, che "sarà" provveduto al deposito della copia di detta deliberazione;

2) a norma dell'art. 44 dello Statuto speciale della Valle, il Presidente della Regione sarebbe dovuto intervenire alla seduta del Consiglio dei Ministri nella quale fu deliberato di impugnare la legge regionale, trattandosi di questione che " interessa particolarmente " la Regione.

A queste deduzioni della Regione in ordine alla inammissibilità del ricorso, l'Avvocatura dello Stato, nella sua memoria, ha replicato:

1) l'eccezione fondata sul fatto che nel ricorso dello Stato, notificato alla Regione, non é indicata la data della deliberazione con la quale il Consiglio dei Ministri autorizzava il suo Presidente ad impugnare la legge regionale, non é basata su alcuna disposizione di legge, né costituzionale né ordinaria, la quale imponga tale formalità, e tanto meno sotto pena di nullità. É vero che la deliberazione del Consiglio dei Ministri é un presupposto per l'ammissibilità del ricorso del Presidente del Consiglio e che essa deve precedere la proposizione del ricorso - ciò che nella specie é avvenuto - ma da questo non può dedursi il principio, sostenuto dalla Regione, secondo il quale sarebbe inammissibile il ricorso che non indichi la data della deliberazione consiliare. Del resto, il tempestivo deposito in cancelleria della deliberazione in parola consentiva alla Regione di controllare, prima del deposito delle sue deduzioni, la regolarità sia della deliberazione che del ricorso;

2) la seconda eccezione sollevata dalla Regione, e fondata sulla circostanza che il Presidente della Giunta regionale non intervenne alla seduta del Consiglio dei Ministri nella quale fu deliberato di impugnare la legge valdostana, ad avviso dell'Avvocatura non ha alcun rilievo, in quanto la deliberazione del Governo di ricorrere alla Corte costituzionale per l'annullamento di una legge regionale non rientra tra le questioni che " interessano particolarmente " la Regione: l'impugnativa di una legge regionale, infatti, é questione che interessa esclusivamente lo Stato e concerne l'esercizio di un suo diritto potestativo, e non é un atto adottato " nell'interesse " della Regione.

Nel merito, la Regione, con le deduzioni e con la memoria dianzi richiamate, oppone che il ricorso é infondato.

La Valle ha potestà legislativa esclusiva in materia di turismo e di tutela del paesaggio (art. 2, lett. q) e competenza legislativa integrativa in materia di antichità e belle arti (art. 3, lett. m), materie nelle quali la Regione ha il potere di esercitare ed in realtà esercita le funzioni amministrative in virtù dell'art. 4 dello Statuto speciale. Con la legge impugnata, la Regione, trasferendo in concreto alla Valle le materie già attribuite alla sua competenza legislativa, si é limitata a determinare gli organi regionali competenti ad esercitare le funzioni prima esercitate da organi dello Stato. E questo é il minimum della disciplina che la Regione, a norma del suo Statuto, poteva adottare nella soggetta materia; e l'ha adottata senza nessuna di quelle innovazioni sostanziali che pure avrebbe potuto apportare ai sensi degli artt. 2 e 3 dello Statuto.

Del resto già sei volte la Regione ha emanato leggi in materie attribuite alla sua sfera legislativa primaria o sussidiaria, senza che lo Stato le abbia mai impugnate. Il che, se non costituisce un elemento giuridico determinante, é certamente significativo.

Né é esatto affermare che la Valle non può trasferire agli organi propri le funzioni amministrative già spettanti ad organi statali, perché ciò rientrerebbe nella competenza dello Stato. Tale tesi é resistita non solo dallo stesso art. 51 dello Statuto, il quale dispone che " nelle materie attribuite alla competenza della Regione, fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali, si applicano le leggi dello Stato ", ma anche dalla considerazione che se l'attuazione dello Statuto speciale fosse affidata alla discrezionalità dello Stato, questo - in ipotesi - potrebbe, con la sua inerzia, paralizzare la vita legislativa della Regione.

La disposizione transitoria VIII della Costituzione non é applicabile nella specie.

Vero é che la Corte costituzionale ha ritenuto che quella disposizione ha portata generale ed é, quindi, applicabile anche alle Regioni a Statuto speciale, ma non ha stabilito che essa si estenda anche alla Valle d'Aosta, per cui la questione della sua applicabilità alla Regione valdostana rimane tuttora aperta.

Si osserva in proposito che il silenzio dello Statuto speciale della Valle circa le norme di attuazione non può ascriversi ad una involontaria omissione dei costituenti, perché quando essi ritennero la necessità di norme di attuazione per determinati settori lo dissero espressamente. Così l'art. 14 dello Statuto speciale, istituendo la " zona franca " in Val d'Aosta, espressamente dispone che le modalità di attuazione della " zona franca " saranno concordate con la Regione e stabilite con legge dello Stato.

Inoltre, mentre per le altre tre Regioni a Statuto speciale ben può lo Stato emanare norme di attuazione dei rispettivi Statuti perché é la stessa legge costituzionale a prevederlo, per quanto riguarda la Valle d'Aosta lo Stato non può emanare tali norme, non previste dallo Statuto, salvo il caso, espressamente previsto, della istituzione della zona franca di cui al citato art. 14.

É da ritenere, pertanto, che i costituenti non ravvisarono la necessità di norme di attuazione dello Statuto della Valle sia perché i benefici di vario genere accordati alla Regione valdostana, stante la limitata estensione del suo territorio, la scarsa popolazione ed i modesti interessi economici della Regione, rappresentavano ben poca cosa nel quadro degli interessi generali dello Stato; sia perché prima dell'entrata in vigore della Costituzione il decreto legislativo n. 545 del 7 settembre 1945 aveva accordato alla Valle piena autonomia, " in considerazione delle sue condizioni geografiche, economiche e linguistiche del tutto particolari ". Il provvedimento fu poi integrato con il successivo decreto legislativo del 23 dicembre 1946, n. 532, che trasferì "in concreto" alla Regione vari servizi già appartenenti allo Stato.

Al momento dell'emanazione dello Statuto valdostano, dunque, l'ordinamento giuridico di piena autonomia della Valle era un fatto già compiuto, per cui apparirono superflue norme disciplinatrici di poteri già spettanti alla Regione.

Il trasferimento dei poteri amministrativi dallo Stato alla Regione valdostana é stato legislativamente disposto con gli artt. 2, 3, 4 e 51 dello Statuto speciale. Già in occasione del ricorso dello Stato contro la legge valdostana n. 1 del 1958 in materia di miniere, il Governo non disconobbe che in virtù dell'art. 11 dello Statuto della Valle, poteri già spettanti allo Stato potessero essere trasferiti alla Regione senza necessità di norme di attuazione. E la Corte costituzionale non avrebbe respinto quel ricorso, come fece con sentenza del 27 gennaio 1958, n. 8, se non avesse implicitamente riconosciuto che non esisteva una pregiudiziale circa la legittimità del trasferimento di quei servizi dalla Valle allo Stato con legge regionale.

 

Considerato in diritto

 

1. - Non sono fondate le eccezioni di inammissibilità proposte dalla difesa della Valle.

Nessuna disposizione di legge stabilisce che nel ricorso debba essere menzionata la deliberazione del Consiglio dei Ministri, con la quale é autorizzato il Presidente a proporre il ricorso contro una legge regionale.

Né tale menzione é necessaria per il raggiungimento degli scopi dell'atto o al fine di assicurare il contraddittorio. Necessario é che la deliberazione del Consiglio dei Ministri sia di data anteriore a quella del ricorso; e nella specie lo é stata, come risulta dagli atti depositati nel giudizio e non é contestato dalla difesa della Regione, che ha potuto prenderne conoscenza in tempo utile per controllare la regolarità della deliberazione e del ricorso.

Quanto all'altra eccezione riferentesi al mancato intervento del Presidente regionale alla seduta del Consiglio dei Ministri in cui fu deliberata la proposizione del ricorso, basterà richiamare la recente sentenza n. 12 del 7 febbraio 1963, con la quale la Corte, giudicando di una identica questione basata sull'art. 47, secondo comma, dello Statuto speciale per la Sardegna, che usa la stessa espressione contenuta nell'art. 44, terzo comma, dello Statuto valdostano, ha escluso che la deliberazione del Governo sul promuovimento di una questione di legittimità o di una questione di merito nei confronti di una legge regionale possa riguardare " particolarmente " la Regione, essendo, invece, rivolta ad ottenere il rispetto o della sfera di competenza riservata allo Stato o dei principi sanciti dalla Costituzione o degli interessi nazionali.

2. - Nel merito, l'unica questione, che é alla base del contrasto fra lo Stato e la Regione in ordine alla legittimità della legge impugnata, é quella se anche per la Valle d'Aosta occorra che una legge dello Stato regoli il passaggio alla Regione dei servizi statali che gli Statuti speciali hanno assegnato alla sfera regionale.

La Corte rileva essere esatto che, a differenza di altri Statuti, lo Statuto speciale per la Valle non ha previsto l'emanazione di norme di attuazione, all'infuori dell'art. 14 relativo alla "zona franca ", che fa espresso richiamo ad una legge dello Stato per le modalità di attuazione. E anche vero che con disposizioni precedenti all'emanazione dello Statuto speciale erano stati trasferiti alla Regione vari servizi statali. E risponde pure a verità che lo Stato non ha sollevato alcuna eccezione contro varie leggi valdostane, che hanno un contenuto strettamente analogo a quello della legge ora impugnata e che, nell'unica impugnazione proposta - quella contro la legge valdostana in materia di miniere - non venne contestata dal Governo la legittimità del trasferimento, con legge regionale, di un servizio statale alla Regione.

Per cominciare dall'ultimo argomento, tratto dal comportamento dello Stato, effettivamente univoco per diversi anni, la Corte ritiene che questo comportamento non può offrire un sussidio ai fini dell'interpretazione delle norme costituzionali, giacché, anche se quel comportamento avesse determinato una prassi (il che nel caso attuale non é stato dimostrato), ci si troverebbe di fronte ad una prassi contra legem che non potrebbe essere invocata a quei fini.

Né giova alla tesi della Regione il precedente costituito dalla sentenza n. 8 del 1958 di questa Corte relativa alla legge mineraria: solo con ordinanza n. 22 del 5 aprile 1960, in sede di risoluzione di un conflitto di attribuzioni fra lo Stato e la Regione siciliana, la Corte ha, per la prima volta, sollevato una questione di legittimità costituzionale non proposta con l'ordinanza di rimessione o con il ricorso.

D'altra parte, é da tener presente che il motivo essenziale, in base a cui la Corte emise la sua decisione, fu quello che la concessione ex art. 11 dello Statuto valdostano é da considerare come attribuzione alla Regione di un complesso di poteri che essa deve esercitare, in luogo degli organi statali, per fini di decentramento, restando allo Stato i poteri che gli spettano nella veste di concedente. Fu una soluzione particolare, che non richiedeva la definizione di questioni generali.

Venendo all'esame dell'argomento fondamentale addotto dalla Regione, la Corte osserva che il silenzio dello Statuto valdostano circa le norme di attuazione può significare effettivamente che non si ritenne necessario, nei riguardi della Valle, conferire al Governo il potere di emanare norme di attuazione; ma ciò non significa che si fosse voluto adottare per la Valle un sistema diverso da quello generale.

Il legislatore costituente, con esplicite norme contenute in tutti gli Statuti speciali del 1948, escluso quello valdostano, e nel recente Statuto speciale per il Friuli- Venezia Giulia (art. 65), nonché nella disposizione transitoria VIII della Costituzione, ha disposto che l'assunzione di funzioni amministrative da parte delle Regioni, a Statuto speciale o a statuto ordinario, non può aver luogo se le relative modalità non siano dettate con norme legislative statali.

Su questo punto la giurisprudenza della Corte é costante (se ne veda il richiamo nelle sentenze n. 22 del 7 maggio 1961, n. 14 del 7 marzo 1962, n. 67 del 7 giugno e n. 83 del 3 luglio dello stesso anno e in numerose altre). Dalle stesse sentenze ora ricordate e da quelle alle quali esse fanno riferimento si rileva che la giurisprudenza della Corte é altresì costante nel ritenere che la disposizione transitoria VIII della Costituzione sancisce un principio generale ed inderogabile, che afferma la necessità di una attuazione coordinata dei principi costituzionali dell'autonomia e del decentramento nel campo dell'organizzazione amministrativa delle Regioni e dello Stato.

A nulla rileva, dunque, il fatto che nello Statuto della Valle siano state conferite alla Regione diverse attribuzioni amministrative senza la espressa indicazione della necessità di norme statali di attuazione, se questa necessità era stata già espressa nella Costituzione con una disposizione generale valevole per tutte le Regioni.

Né, ad isolare la situazione della Valle, servono gli argomenti fondati sugli artt. 14 e 51 dello Statuto.

Il fatto che, nello Statuto valdostano, sia stata prevista una legge di attuazione per il solo caso della zona franca non significa che si sia voluto escludere la possibilità o addirittura la legittimità di altre leggi di attuazione.

Neppure giova il richiamo all'art. 51, secondo il quale nelle materie attribuite alla competenza della Regione si applicano le leggi dello Stato fino a quando non sia diversamente disposto con leggi regionali. Ad un argomento identico basato sull'art. 57 dello Statuto sardo, che ha lo stesso contenuto dell'art. 51 dello Statuto valdostano, la Corte con la citata sentenza n. 22 del 1961 rispondeva che l'art. 57 prevede il caso della permanenza della legislazione statale anche dopo l'emanazione delle norme di attuazione ove la Regione si astenga dal legiferare: quella norma, quindi, non può essere invocata per dimostrare che la Regione potrebbe regolare il passaggio dei servizi con proprie leggi prima che intervengano le norme di attuazione.

Non si contesta alle Regioni il potere di emanare leggi nelle materie di propria competenza anche prima del passaggio dei servizi, purché, però, non siano modificate le attribuzioni degli organi statali (si vedano, tra le altre, le sentenze n. 2 del 22 gennaio 1960 e n. 13 del 22 febbraio 1962).

Non é decisivo l'altro argomento addotto dalla Regione - anch'esso di portata generale - secondo cui l'affermata esigenza di norme statali di attuazione potrebbe rendere possibile un differimento anche sine die dell'inizio dell'attività delle Regioni, in settori che la legge costituzionale ha ad esse affidato, ove lo Stato non provveda ad emanare le norme occorrenti. Che questo inconveniente possa verificarsi e che, anzi, si sia già verificato é cosa innegabile; ma dal fatto che il sistema abbia prodotto e possa produrre degli inconvenienti non può essere tratto un argomento contro il sistema. Tanto più che non é detto che l'ordinamento costituzionale sia assolutamente privo di rimedi contro l'ingiustificata inerzia degli organi ai quali é demandato il compito di dettare le norme di attuazione.

É da osservare, infine, che l'argomento addotto dalla Regione e fondato sulle norme che anteriormente allo Statuto disposero il passaggio dei servizi alla Valle é, invece, decisivo contro la tesi regionale. Difatti, il decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545, sull'ordinamento amministrativo della Valle d'Aosta, all'art. 13, dispose che le modalità dell'assunzione da parte della Valle dei servizi indicati nel precedente art. 12 sarebbero state determinate con separati provvedimenti legislativi. E, per quanto concerne la materia che interessa la presente controversia, é da ricordare che l'art. 5 del D. L. C. P. S. 23 dicembre 1946, n. 532, dispose che nella circoscrizione della Valle le attribuzioni spettanti alle Sovraintendenze alle antichità e belle arti sono esercitate dalla Valle che vi provvede con uffici e personale propri.

La situazione attuale é ancora quella determinata dalla norma del 1946, la quale dispose il trasferimento alla Valle delle funzioni delle Sovraintendenze, non quelle del Ministero della pubblica istruzione né quelle del Governo della Repubblica ai sensi degli artt. 4 e 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, contenente norme sulla protezione delle bellezze naturali, né qualunque altra spettante ad organi dello Stato diversi dalle Sovraintendenze.

E, pertanto, la legge regionale impugnata, mentre ha legittimamente statuito circa le attribuzioni degli organi della Valle nelle materie già di competenza delle Sovraintendenze, ha indebitamente attribuito ad organi della Valle funzioni che spettano, e dovranno spettare, ad organi dello Stato diversi dalle Sovraintendenze, fino a quando una legge statale non ne disciplinerà il trasferimento.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge regionale della Valle d'Aosta, approvata, in sede di rinvio, il 4 ottobre 1962, recante norme per l'esercizio di funzioni amministrative in materia di tutela del paesaggio, antichità, monumenti e belle arti, nelle parti in cui detta legge attribuisce ad organi della Valle poteri spettanti al Ministero della pubblica istruzione ed al Governo della Repubblica o ad altri organi dello Stato diversi dalle Sovraintendenze alle antichità e belle arti.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1963.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.

 

 

Depositata in cancelleria il 30 maggio 1963.