Sentenza n. 18 del 1965
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SENTENZA N. 18

ANNO 1965

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 14 maggio 1952, n. 517, 25 luglio 1952, n. 1150, e 6 settembre 1952, n. 1492, promosso con ordinanza emessa il 31 luglio 1964 dal Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici della Basilicata nel procedimento civile vertente tra il Comune di Venosa e l'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Lucania - Sezione speciale per la riforma fondiaria -, iscritta al n. 169 del Registro ordinanze 1964 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 269 del 31 ottobre 1964.

Udita nella camera di consiglio del 16 marzo 1965 la relazione del Giudice Giovanni Cassandro.

 

Ritenuto in fatto

 

Con decreti del Presidente della Repubblica 25 luglio 1952, n. 1150, 14 maggio 1952, n. 517, e 6 settembre 1952, n. 1492, furono espropriati in favore dell'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia e Basilicata - Sezione speciale per la riforma fondiaria - terreni intestati ai signori Michele Lauridia, Maria Rosaria Rapolla e Giuseppe Santangelo, in esecuzione delle leggi 12 maggio 1950, n. 230, 21 ottobre 1950, n. 841, e 18 maggio 1951, n. 333.

Senonché, successivamente ai decreti di esproprio, furono condotti a termine l'accertamento degli usi civici e l'identificazione delle terre costituenti il demanio di uso civico di Venosa, e nello stato degli occupatori arbitrari comparve il sovramenzionato Ente per talune delle particelle di terreno espropriato ai signori Lauridia, Rapolla e Santangelo. Contro tale iscrizione l'Ente fece opposizione e nel giudizio che ne seguì con il Comune di Venosa, il Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici della Basilicata sollevò d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dei decreti sopra citati e con ordinanza, emessa il 31 luglio 1964, sospese il giudizio e trasmise gli atti a questa Corte.

L'ordinanza é stata ritualmente notificata e comunicata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 269 del 31 ottobre 1964.

Le ragioni che hanno indotto il Commissario a sollevare la questione di costituzionalità dei tre decreti sono da ravvisare, come é detto nell'ordinanza, nella circostanza che una parte dei terreni espropriati conservano tuttora la qualità di terreni demaniali - taluni perché facevano parte della quotizzazione del 1824, che non si perfezionò con la necessaria approvazione sovrana, talaltri perché, pure essendo stati oggetto della quotizzazione del 1864 conclusasi regolarmente, furono alienati nel termine di divieto fissato in 20 anni dall'art. 1 del decreto 6 dicembre 1852, applicabile nella specie.

Né, a giudizio del Commissario, era da ritenere fondata la tesi dell'Ente che potesse trovare applicazione nel caso la norma dell'art. 9 della legge 12 maggio 1950, n. 230, giusta la quale i diritti dei terzi, compresi quelli di uso civico, sono trasferiti sulle indennità di espropriazione, in quanto questa norma troverebbe applicazione soltanto rispetto agli usi civici sui demani ex-feudali o ex-ecclesiastici non ancora liquidati, non per i terreni assegnati ai Comuni in base a una liquidazione già avvenuta e con ciò entrati a far parte del demanio universale, che la legge vuole escluso dallo scorporo.

Nel presente giudizio le parti non si sono costituite, né intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Considerato in diritto

 

La questione é fondata.

L'accertamento della qualità dei terreni, intorno ai quali si controverte, attiene al giudizio di rilevanza, anzi fa tutt'uno con questo, ed é perciò di competenza del giudice a quo, al quale la Corte non può sostituirsi. Su questo punto, che é stato più volte sottoposto a giudizio, la giurisprudenza della Corte é costantissima e univoca (sentenze n. 77 del 16 maggio 1957; n. 57 del 18 novembre 1959, n. 44 del 21 giugno 1960 e n. 78 del 22 dicembre 1961).

La Corte pertanto deve muovere dalla circostanza della qualità demaniale dei beni espropriati, accertata dal Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici della Basilicata, e deve in conseguenza dichiarare l'incostituzionalità dei decreti impugnati per la parte in cui abbiano ricompreso nell'esproprio terreni non di proprietà privata. Non può infatti essere posto in dubbio che il legislatore delegato esorbiti dai limiti della delega qualora, in violazione della norma contenuta nell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, abbia sottoposto ad espropriazioni beni demaniali e non già, come dispone testualmente l'articolo citato, "la proprietà terriera privata". Né vale opporre ciò che nel giudizio di merito, a quanto risulta dall'ordinanza, ha opposto l'Ente: che, cioé, nel caso in esame il Comune di Venosa dovrebbe esercitare il suo diritto sull'indennità di espropriazione ai sensi dell'art. 9 della legge 12 maggio 1950, n. 230, per la ragione già enunciata dalla Corte nella sentenza 22 dicembre 1961, n. 78, che il diritto di proprietà del Comune sul demanio universale non può essere riportato tra i "diritti dei terzi, compresi i diritti di uso civico", dei quali la norma invocata fa parola.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 25 luglio 1952, n. 1150, 14 maggio 1952, n. 517, e 6 settembre 1952, n. 1492, in relazione all'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, in quanto hanno incluso nell'espropriazione terreni di qualità demaniale.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 marzo 1965.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

Depositata in Cancelleria il 31 marzo 1965.