Sentenza n. 89 del 1962
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SENTENZA N. 89

ANNO 1962

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Dott. Mario COSATTI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 18 del R.D.L. 28 febbraio 1939, n. 334, concernente l'imposta di fabbricazione sugli olii minerali, e dell'art. 97 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270, contenente la legge tributaria sulle successioni, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 9 giugno 1961 dal Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Catanese Teodoro e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 110 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 194 del 5 agosto 1961;

2) ordinanza emessa il 23 gennaio 1962 dalla Corte di appello di Milano nel procedimento civile vertente tra il curatore dell'eredità beneficiata di Fiorentini Adele e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 39 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 78 del 24 marzo 1962;

3) ordinanza emessa il 13 febbraio 1962 dal Tribunale di Messina nel procedimento civile vertente tra Maugeri Antonino e Genoveffa, La Rosa Annunziata e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 76 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 134 del 26 maggio 1962.

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Amministrazione delle finanze dello Stato, di Maugeri Antonino e Genoveffa e di La Rosa Annunziata;

udita nell'udienza pubblica del 17 ottobre 1962 la relazione del Giudice Giuseppe Castelli Avolio;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Luciano Traccanna, per l'Amministrazione delle finanze dello Stato.  

Ritenuto in fatto 

1. - Con ingiunzione notificata il 27 novembre 1959 il Ricevitore Capo della Dogana di Milano ordinò a Catanese Teodoro il pagamento di lire 23.145.000 per imposta di fabbricazione su vari quantitativi di prodotti petroliferi.

Avverso la detta ingiunzione propose opposizione il Catanese innanzi al Tribunale di Milano, e l'Amministrazione finanziaria eccepì l'inammissibilità dell'opposizione, a norma dell'art. 18 del D. L. 28 febbraio 1939, n. 334, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 739, perché l'opponente non aveva provveduto al pagamento preventivo della somma richiesta. Essendo nel frattempo intervenuta la sentenza n. 21 del 31 marzo 1961 della Corte costituzionale, con cui era stato dichiarato illegittimo il precetto del solve et repete, di cui al secondo comma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, il Catanese eccepì l'illegittimità costituzionale del citato art. 18 del D. L. 28 febbraio 1939, quale ipotesi particolare del precetto suddetto.

Il Tribunale di Milano, con ordinanza 9 giugno 1961, ritenuta rilevante la detta eccezione di illegittimità costituzionale, la fece propria, ponendo in evidenza che la norma impugnata, secondo cui l'atto di opposizione all'ingiunzione di pagamento della somma dovuta a titolo di imposta di fabbricazione degli olii minerali e prodotti derivati "non é valido se non é preceduto dal pagamento della somma richiesta", sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, per gli identici motivi su cui si fonda la dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato art. 6, secondo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248.

L'ordinanza, notificata il 1 luglio 1961 e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 5 agosto 1961.

Avanti alla Corte costituzionale si é costituito il Ministro delle finanze, rappresentato e difeso, come per legge, dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale, peraltro, nelle deduzioni depositate in cancelleria il 14 luglio 1961, si é limitata a dichiarare di essersi costituita "solo per scrupolo e compiutezza di difesa", essendo intervenuta la dichiarazione di illegittimità costituzionale del principio del solve et repete contenuto nel secondo comma dell'art. 6 della legge 20 marzo 1865, del quale la norma impugnata costituisce, secondo la stessa Avvocatura, solo particolare applicazione all'imposta di fabbricazione degli olii minerali.

Pertanto, ha concluso perché la Corte "provveda come di giustizia" in merito alla sollevata questione di legittimità costituzionale.

2. - Con ingiunzione notificata il 1 luglio 1959 il Direttore dell'uscio successioni presso l'Intendenza di finanza di Milano ordinava al curatore dell'eredità beneficiata di Fiorentini Adele, eredità rilasciata ai creditori, il pagamento di lire 163.255 a titolo di imposta di successione.

Avverso la detta ingiunzione propose opposizione il curatore avanti al Tribunale di Milano, che però la dichiarava improponibile per inosservanza del principio del solve et repete.

Pendendo il procedimento in grado di appello avanti alla Corte di Milano, il curatore sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 97 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270, secondo cui non sono ammesse in giudizio opposizioni contro le ingiunzioni di pagamento dell'imposta di successione se non previo pagamento della medesima, ed in base al quale principio l'Amministrazione finanziaria aveva chiesto ed ottenuto la dichiarazione di inammissibilità dell'opposizione per mancato pagamento dell'imposta.

La Corte, con ordinanza 23 gennaio 1962, ritenne la questione rilevante e non manifestamente infondata, sotto il profilo della violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, violazione già riconosciuta dalla Corte costituzionale in relazione sia alla regola generale del solve et repete sancita dall'art. 6, secondo comma, della legge 20 marzo 1865 (sent. n. 21 del 1961), sia ad altre norme fiscali, che pure imponevano tali regole specificamente per singoli tributi (sent. n. 79 del 1961).

Ordinava, pertanto, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per l'ulteriore corso.

L'ordinanza, notificata il 15 febbraio 1962, é stata comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 78 del 24 marzo 1962.

Nessuna delle parti si é costituita in questo secondo giudizio avanti alla Corte costituzionale.

3. - Con ingiunzione 27 aprile 1959 il Direttore dell'Ufficio successioni di Messina ordinava a Maugeri Antonino e Genoveffa e a La Rosa Annunziata il pagamento di lire 7.604.033 a titolo di imposta di successione.

I predetti proponevano opposizione avverso l'ingiunzione avanti al Tribunale di Messina e l'Amministrazione finanziaria eccepiva, preliminarmente, l'improponibilità dell'opposizione per inosservanza del principio del solve et repete stabilito dall'art. 97 della legge tributaria sulle successioni.

Il Tribunale, con ordinanza 13 febbraio 1962, richiamandosi alla ricordata giurisprudenza della Corte costituzionale, disponeva la trasmissione a questa Corte degli atti del giudizio.

L'ordinanza, notificata il 4 aprile 1962 e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 134 del 26 maggio 1962.

Avanti alla Corte costituzionale si sono costituite, in questo terzo giudizio, le sole parti private, rappresentate e difese dagli avvocati Massimo Severo Giannini e Angelo Falzea, che hanno depositato le deduzioni in cancelleria il 17 maggio 1962.

In queste deduzioni si fa richiamo alle considerazioni svolte nella sentenza n. 21 del 1961 della Corte costituzionale riguardo al contrasto esistente fra il principio del solve et repete e le garanzie costituzionali dell'eguaglianza, di cui all'art. 3 della Costituzione, e della tutela giurisdizionale contro i privati e contro la pubblica Amministrazione, di cui, rispettivamente, agli artt. 24 e 113 della Costituzione.

Si sostiene, inoltre, che la riconosciuta incostituzionalità del principio generale del solve et repete implica la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata, la quale costituisce un'applicazione particolare del detto principio generale. Ciò che tuttavia non escluderebbe la necessità di una pronuncia ad hoc della Corte costituzionale, dato che la norma in questione ha una propria ed autonoma vita giuridica nel sistema tributario.

In conseguenza, la difesa delle parti private conclude chiedendo dichiararsi la illegittimità costituzionale della norma impugnata.  

Considerato in diritto 

1. - Le tre cause, avendo ad oggetto una identica questione, vanno riunite e decise con unica sentenza.

2. - Non vi é dubbio che sia l'art. 18 del D. L. 28 febbraio 1939, che l'art. 97 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270, sono in contrasto con gli artt. 3, 24, primo comma, e 113 della Costituzione.

Le norme contenute negli indicati articoli sono, infatti, in formate al principio del solve et repete, subordinando l'ammissibilità dei ricorsi per opposizione alle ingiunzioni di pagamento delle imposte, cui rispettivamente si riferiscono, alla previa dimostrazione del pagamento delle imposte medesime.

Ora questa Corte occupandosi, in via generale, con la sentenza n. 21 del 24 marzo 1961, del principio del solve et repete, contenuto nel secondo comma dell'art. 6 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo, 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, ebbe già a rilevare che l'imposizione dell'onere del pagamento del tributo, quale presupposto imprescindibile dell'esperimento dell'azione giudiziaria promossa per la tutela del diritto del contribuente mediante l'accertamento giudiziale della illegittimità del tributo, é in contrasto con i citati artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

Tale principio é stato poi confermato in relazione a varie leggi tributarie contenenti appunto lo stesso principio del solve et repete (legge di registro, legge sull'imposta generale sull'entrata, legge doganale: v. sentenza 22 dicembre 1961, n. 79), o che estendevano il principio del solve et repete per l'ammissione dei ricorsi innanzi alle Commissioni tributarie (sentenza 22 giugno 1962, n. 75), o che applicavano lo stesso principio in analoghi rapporti di obblighi contributivi (sentenza 29 maggio 1962, n. 45, con la quale é stata dichiarata la illegittimità costituzionale degli artt. 9, comma sesto, e 17, comma quinto, del R.D. 17 agosto 1935, n. 1765, che estendeva il principio del solve et repete in materia di assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro).

Anche in riferimento alle leggi in questione, e cioè alla legge sull'imposta di fabbricazione degli olii minerali e alla legge sull'imposta di successione, si deve rilevare, in conformità dell'originaria pronuncia di questa Corte, innanzi ricordata, che il principio del solve et repete, contenuto in queste leggi, viola l'art. 3 della Costituzione, perché é evidente la differenza di trattamento che ne consegue fra il contribuente che non abbia i mezzi sufficienti per fare il pagamento, al quale perciò é resa difficile e talvolta impossibile la facoltà di adire il giudice, e il contribuente che di tali mezzi disponga; e che il principio stesso elude, ancora, le norme contenute nel primo comma dell'art. 24 e nell'art. 113 della Costituzione, che hanno lo scopo di garantire a tutti i cittadini la tutela giurisdizionale dei loro diritti ed interessi.

3. - Ritiene la Corte che sia necessaria una sua pronuncia specifica in relazione alle norme delle leggi sopra citate, che hanno dato luogo ai presenti giudizi, così come é stato richiesto dalla difesa delle parti private.

La dichiarazione, infatti, da parte della Corte della illegittimità costituzionale di una norma di carattere generale, che si é avuta con la sentenza n. 21 del 24 marzo 1961 in relazione all'art. 6 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo, non può significare, indipendentemente dall'accertamento da parte della Corte medesima, l'illegittimità costituzionale di singole disposizioni derivanti dal medesimo principio.

In questo senso é la giurisprudenza che si é formata in seno alla Corte costituzionale con le sentenze innanzi citate, che hanno espressamente dichiarato la illegittimità costituzionale del principio del solve et repete contenuto in varie leggi tributarie, pei ricorsi amministrativi alle Commissioni di imposta e in caso di rapporti analoghi.

A questa risoluzione si é uniformata la Magistratura ordinaria che, rimandando a questa Corte le relative questioni, ha chiesto, come nei casi in esame, la dichiarazione espressa di illegittimità costituzionale di singole norme che riproducono il principio del solve et repete contenute in leggi particolari.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

riunisce i tre giudizi sopra indicati in epigrafe;

dichiara la illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 18 del R.D.L. 28 febbraio 1939, n. 334, concernente l'imposta di fabbricazione sugli olii minerali, e dell'art. 97 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3270, contenente la legge tributaria sulle successioni, in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 113 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1962.

Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ

 

Depositata in cancelleria il 22 novembre 1962