Sentenza n. 17 del 1962
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SENTENZA N. 17

ANNO 1962

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri con ricorso notificato il 15 settembre 1961, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 21 successivo ed iscritto al n. 15 del Registro ricorsi 1961, per conflitto di attribuzione tra lo Stato e la Regione siciliana sorto a seguito della circolare n. 2035 diramata il 13 giugno 1961 dall'Assessore ai lavori pubblici della Regione siciliana.

Udita nell'udienza pubblica del 7 febbraio 1962 la relazione del Giudice Francesco Pantaleo Gabrieli;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l'avv. Camillo Ausiello Orlando, per il Presidente della Regione siciliana.  

Ritenuto in fatto 

Con circolare del 13 giugno 1961, n. 2035, l'Assessore per i lavori pubblici della Regione siciliana ha disposto che nei contratti di appalto stipulati per opere "disposte e finanziate" dall'Assessorato per lavori che possono essere ritenuti attinenti ad opere del demanio o patrimonio regionale, gli enti che agiscono nella Regione non includano la clausola che prevede l'accollo da parte dell'appaltatore del pagamento del tributo locale sui materiali da costruzione.

Nella circolare si prescrive, anzi, che nei capitolati speciali di appalto sia chiaramente escluso dagli obblighi ed oneri dell'appaltatore quello relativo al pagamento delle imposte di consumo o alla rivalsa di chi abbia effettuato tale pagamento.

Il provvedimento é motivato rilevando che per l'art. 34 del regolamento per la riscossione delle imposte di consumo, l'imposta sui materiali da costruzione é a carico del proprietario della opera ove non sussistano ipotesi di esenzione soggettiva ed oggettiva - e che in virtù - della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, della legge regionale 1 luglio 1947, n. 3, e del decreto presidenziale 30 luglio 1950, n. 878, anche le Amministrazioni della Regione siciliana hanno diritto alla esenzione preveduta dal n. 5 dell'art. 29 del T.U. sulla finanza locale.

Relativamente alla procedura delle opposizioni amministrative alla richiesta di pagamento del tributo, la ripetuta circolare rammenta - tra l'altro - che ai sensi dell'art. 90 del T.U. sulla finanza locale e degli artt. 344 e 345 del regolamento per la riscossione delle imposte di consumo, il ricorso va prodotto in prima istanza al Sindaco del Comune del luogo ove sono stati impiegati materiali, in seconda istanza al Prefetto ed in terza istanza all'Assessorato regionale delle finanze.

Con atto notificato al Presidente della Regione siciliana il 15 settembre 1961 e depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 21 settembre 1961, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso come per legge dalla Avvocatura generale dello Stato, fa presente che la surriportata circolare viola gli artt. 9, 20 e 43 dello Statuto speciale per la Sicilia, in relazione agli artt. 14, 17 e 36 del medesimo e all'art. 3 del decreto-legge 12 aprile 1948, n. 507. Le disposizioni con essa impartite esorbiterebbero dalla sfera di competenza che il detto Statuto attribuisce agli organi regionali, ed in particolare agli Assessori ai lavori pubblici ed alle finanze, ed invaderebbero quella riservata agli organi legislativi ed amministrativi dello Stato.

Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, infatti, l'Assessore ai lavori pubblici, usurpando, peraltro, funzioni attribuite all'Assessore alle finanze, non si sarebbe limitato a diramare istruzioni per l'applicazione esatta di norme giuridiche, ma, inibendo l'inserzione, nei contratti di appalto stipulati da enti pubblici operanti nella Regione, di una clausola relativa al pagamento dell'imposta di consumo sui materiali da costruzione, avrebbe riconosciuto alla Regione un diritto all'esonero da tale imposta e, in linea generale, una equiparazione della Sicilia allo Stato nel trattamento tributario. Esonero ed equiparazione che, invece, non sussistono.

La circolare, inoltre, disponendo che i ricorsi avverso il pagamento del tributo siano prodotti, in terza istanza, all'Assessore alle finanze invece che al Ministro per le finanze, avrebbe usurpato poteri che l'art. 90 del T.U. per la finanza locale attribuisce a questo ultimo, non essendo intervenuto in materia il trasferimento di funzioni dallo Stato alla Regione, né alcuna norma legislativa.

E ciò a prescindere dalla considerazione che nessuna competenza legislativa spetterebbe alla Regione in materia di tributi comunali e, tanto meno, in materia di imposte di consumo, in quanto queste devono ritenersi comprese tra le imposte di produzione, riservate allo Stato dall'art. 36 dello Statuto speciale per la Sicilia, anche per ciò che attiene alla loro disciplina.

La equiparazione della Regione allo Stato nel trattamento tributario - insiste l'Avvocatura - non é preveduta da alcuna norma costituzionale, é contraria al sistema ed é atta a turbare gravemente il regime fiscale vigente. Tale equiparazione potrà essere disposta, in conformità dell'ordinamento tributario, soltanto con leggi dello Stato e per determinati tributi, non essendo consentito alla Regione attribuirsi quella sovranità la quale ovviamente esclude per lo Stato, che ne é titolare, la soggezione ai tributi locali, salve le ipotesi nelle quali ciò sia eccezionalmente disposto.

Denunciato così il conflitto di attribuzione, l'Avvocatura dello Stato conclude chiedendo che la Corte, esclusa ogni equiparazione della Regione siciliana allo Stato per quanto attiene al trattamento tributario in genere e all'art. 29, n. 5, del regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175, in specie, dichiari che non spetta agli organi regionali, legislativi ed amministrativi, ed in particolare agli Assessori ai lavori pubblici ed alle finanze, alcuna competenza in materia di imposta di consumo e, conseguentemente, annulli la circolare n. 2035 del 13 giugno 1961 dell'Assessore ai lavori pubblici.

In data 3 ottobre 1961 ha depositato le proprie deduzioni nella cancelleria di questa Corte il Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso con procura speciale per atto notaio Vito di Giovanni di Palermo del 19 settembre 1961 dall'avvocato Camillo Ausiello Orlando, elettivamente domiciliato in Roma, presso l'avv. Giuseppe Bartoli, in via Oreste Tommasini n. 16.

In via preliminare la Regione eccepisce la irricevibilità del ricorso.

All'uopo rileva che la circolare in questione reca la data del 13 giugno 1961 e che il ricorso é stato notificato il 15 settembre 1961. In difetto di notificazione o pubblicazione - soggiunge - é dalla avvenuta conoscenza dell'atto che decorre il termine di sessanta giorni per produrre il ricorso, a norma dell'art. 39, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87. Ma nella specie la data di tale avvenuta conoscenza non é precisata dal ricorrente. Il quale ne ha l'obbligo, trattandosi di elemento diretto a dimostrare la tempestività dell'azione da lui instaurata e, quindi, la sussistenza del presupposto della ricevibilità della istanza da parte dell'organo adito.

La Regione eccepisce ancora la improponibilità e la inammissibilità del ricorso.

Il conflitto di attribuzione - osserva - può essere determinato da qualsiasi atto, comunque formalmente qualificato - e quindi anche da una "circolare" - ove con le disposizioni in essa contenute si leda la sfera di competenza costituzionalmente attribuita ad altro ente. Il che si verifica ove l'atto dispieghi effetti verso l'esterno, ossia produca modificazioni nell'ordinamento giuridico generale.

Richiamate, a dimostrazione di tale assunto, le sentenze n. 11 e 12, entrambe del 26 gennaio 1957 di questa Corte, la Regione fa presente che nella specie trattasi di una circolare dell'Assessorato ai lavori pubblici, intesa unicamente ad impartire istruzioni ad uffici ed enti dipendenti in materie di appalti di opere disposte e finanziate dall'Amministrazione regionale e, quindi, esplicante effetti soltanto interni. Onde la sua inidoneità a produrre le cennate modificazioni nell'ordinamento giuridico generale, caratteristica propria degli atti a rilevanza esterna.

Dubita, poi, la Regione, che si chieda un regolamento di competenza tra organi amministrativi dello Stato e della Regione, qualora si assuma - come si fa nel ricorso - che la circolare contiene il riconoscimento di un diritto alla esenzione dalla imposta di consumo sui materiali da costruzione e si invochi che la Corte dichiari che agli organi regionali legislativi ed amministrativi non spetta alcuna competenza al riguardo. Piuttosto - osserva - sollecitando la pronuncia su un difetto di potestà anche legislativa si decampa totalmente dall'ambito del conflitto di attribuzione, con ciò confermandosi, sotto altro profilo, la improponibilità della impugnazione.

Denunzia ancora la Regione la mancata indicazione, nel ricorso, degli effetti dell'atto de quo in pregiudizio della competenza dello Stato e la inesistenza della violazione delle norme costituzionali richiamate nel ricorso stesso. La ripartizione costituzionale delle sfere di competenza - chiarisce - può essere turbata non già dalla semplice affermazione della pertinenza di un diritto soggettivo, ma dall'esercizio o anche dalla affermazione di una potestà. Il conflitto di attribuzioni é un conflitto di potestà onde il suo regolamento ha per fine la dichiarazione della titolarità della potestà tra gli enti che se la contendono. Ma nella specie l'Assessore, pur affermando il suo convincimento della pertinenza del diritto alla esenzione tributaria, non ha esercitato e neppure affermato alcuna potestà in proposito. Anzi, ha fatto chiaro ed esplicito riferimento ai procedimenti contenziosi e giurisdizionali da promuovere per ottenere il riconoscimento del diritto da parte degli organi competenti a dichiararne l'esistenza.

La circolare - insiste la Regione - ha soltanto per oggetto la emanazione di istruzioni e di direttive ad enti ed organi ricadenti nella esclusiva sfera di controllo dell'amministrazione regionale dei lavori pubblici, ai sensi degli artt. 14, lett. g, e 20 dello Statuto speciale e delle relative norme di attuazione, emanate con D.P.R. 30 luglio 1950, n. 878, trattandosi di opere non di prevalente interesse nazionale. Anzi, la limitazione agli appalti di opere "disposte e finanziate" dall'Assessorato regionale, restringe ancor più la portata dell'intervento, configurandolo come la semplice estrinsecazione del normale potere direttivo che compete all'ente, che dispone e finanzia l'opera, nei confronti dei propri organi d'esecuzione.

La questione - chiarisce ancora la Regione - dell'applicabilità all'amministrazione regionale della esenzione tributaria preveduta nel n. 5 dell'art. 29 del T.U. per la finanza locale, esenzione cui si ritiene di avere diritto, in contrasto con la tesi sostenuta dall'esattore delle imposte di consumo, ha dato luogo ad una numerosa serie di opposizioni e di procedimenti in sede contenziosa amministrativa, nonché giudiziaria. Le istruzioni impartite dall'Assessorato, pertanto, tendono ad evitare il moltiplicarsi di tali procedimenti tra esattore dell'imposta e impresa appaltatrice dell'opera, procedimenti ai quali, peraltro, l'Amministrazione restava estranea. E tendono altresì a concentrare la difesa nei diretti confronti delle Amministrazioni interessate, anche a fini di unità di indirizzo. Con ciò - si ribadisce - non si é per nulla interferito sulla questione di diritto - se cioè l'esenzione competa -; né si é violata alcuna delle norme costituzionali richiamate nel ricorso. Si é soltanto fatto uso di una facoltà di modificazione contrattuale spettante all'ente che dispone le opere.

A completamento la Regione fa presente che con la eliminazione dell'accollo del carico d'imposta all'appaltatore dell'opera, non si vengono a sgravare le imprese costruttrici in pregiudizio della Amministrazione regionale. Ove, infatti, dovesse rimanere fermo l'assoggettamento dell'appaltatore al tributo, tale onere verrebbe a ripercuotersi sull'andamento delle future gare e ad incidere sulle offerte di ribasso, con un conseguente aggravio del costo delle opere pubbliche regionali e, quindi, in definitiva, sempre in pregiudizio dell'Amministrazione.

Nelle deduzioni, infine, si pone in rilievo che, atteso il carattere interno dell'atto e la sua inidoneità a produrre diretti effetti regolatori verso la generalità, neppure l'aver disposto che il gravame, in terza istanza, deve essere proposto all'Assessore alle finanze, può essere assunto come atto di esercizio o di affermazione di una competenza, tale da dar luogo all'ipotesi propria del conflitto.

L'Avvocatura con memoria depositata nei termini sostiene la tempestività del ricorso presentato entro 60 giorni decorrenti dalla conoscenza della circolare impugnata, pervenuta al Presidente del Consiglio con nota 11 agosto 1961, n. 7/015407 (art. 39 legge 11 marzo 1953, n. 87). La circolare dell'Assessore regionale ai lavori pubblici - prosegue l'Avvocatura - non é un atto interno, come si afferma dalla difesa della Regione, sia perché diretta ad uffici statali e a vari enti pubblici della Regione, sia perché regola il comportamento dei terzi verso la pubblica Amministrazione e fra di loro. Disponendo, poi, che il ricorso in terzo grado dovesse farsi non al Ministro delle finanze, come prescrive l'art. 90 del T.U. della finanza locale, ma all'Assessore, avrebbe invaso, in assenza di norme di attuazione, la sfera di competenza riservata all'organo centrale dello Stato.

La circolare in oggetto, continua l'Avvocatura, affermando che l'art. 29, n. 5, del T.U. sulla finanza locale si applica ai lavori finanziati dalla Regione in quanto questa per la natura e l'estensione del decentramento regionale, lungi dal porsi in posizione di subordinazione autarchica nei confronti dello Stato, si é posta con essa (nelle materie attribuite alla sua competenza) in rapporti di autonomia paritaria, sostituendoglisi nella titolarità dei rapporti, esorbita dal rapporto tributario tra stazione appaltante e Comune, invadendo la sfera di attribuzione dello Stato.

L'affermazione di una insussistente equiparazione della Regione allo Stato, ai fini dell'esonero dell'imposta di consumo sui materiali da costruzione, viene sostanzialmente ad introdurre nell'ordinamento regionale una esenzione tributaria.

É poi da considerare, sempre secondo l'Avvocatura, che la esenzione di cui all'art. 29, n. 5, é di natura soggettiva ed é fondata sul principio che lo Stato, cui spetta il potere sovrano, non può soggiacere ai tributi degli enti minori. Essa per la sua ratio non é un tipo di esenzione e, quindi, non é estensibile ad altri enti, se non con leggi dello Stato. E sarebbe illogico che mentre benefici fiscali in materia d'imposta di consumo di tipo diverso dai benefici previsti dalle leggi dello Stato non possano essere introdotti con legge regionale, lo possano, invece, con provvedimento amministrativo. L'Avvocatura conclude richiamandosi alle precedenti richieste.

Nell'udienza del 7 febbraio 1962 la difesa delle parti illustra ulteriormente le rispettive posizioni difensive insistendo nelle su menzionate conclusioni.  

Considerato in diritto 

1. - La difesa della Regione siciliana eccepisce la inammissibilità del ricorso perché notificato il 15 settembre 1961 mentre la circolare dell'Assessore regionale, che ha dato luogo al presente conflitto di attribuzione, reca la data del 13 giugno 1961. Rileva in proposito che in mancanza di notificazione o pubblicazione dell'atto il termine di 60 giorni prescritto per l'impugnativa dallo art. 39, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, decorre dalla data di conoscenza dell'atto, nella specie non precisata dal ricorrente cui incombe l'onere della prova.

La eccezione va disattesa.

É incontestato che la circolare n. 2035 del 13 giugno 1961 fu trasmessa al Ministero delle finanze con nota n. 1485 dall'I.N.G.I.C. del 27 luglio 1961, protocollata in arrivo il 24 luglio 1961. E, con nota 11 agosto 1961, n. 7/015407, ritrasmessa dal Ministero al Presidente del Consiglio dei Ministri che, con atto 15 settembre 1961, depositato nella cancelleria di questa Corte il 21 successivo, proponeva il presente ricorso. E poiché il termine di cui al secondo comma del citato art. 39 decorre dalla conoscenza che dell'atto abbia l'organo legittimato a proporre la impugnazione (Corte cost. sent. n. 82 del 18 dic. 1958), questa, nella specie, é ammissibile perché il Presidente del Consiglio dei Ministri ha potuto prendere visione dell'atto soltanto successivamente all'11 agosto 1961.

2. - Secondo l'Avvocatura dello Stato l'Assessore regionale ai lavori pubblici, diramando la circolare impugnata, avrebbe esercitato funzioni attribuite all'Assessore per le finanze, il solo competente ad impartire istruzioni in materia di imposte di consumo su materiali da costruzione.

In proposito va rilevato che la invasione della sfera di competenza di un organo regionale da parte di altro organo della stessa Regione quando, come nella specie, la competenza non sia statutariamente stabilita, può determinare soltanto un conflitto interno, sottratto all'esame della Corte costituzionale.

3. - Inoltre, la Regione deduce la improponibilità del ricorso per regolamento di competenza, non esistendo un conflitto di attribuzione per mancanza del presupposto di esso: cioè un atto amministrativo con efficacia esterna, idoneo a produrre modificazioni nell'ordinamento giuridico generale. Trattandosi di una circolare che regola l'attività degli enti pubblici dipendenti dalla Regione relativamente agli appalti di opere pubbliche, non sussisterebbe possibilità d'invasione della sfera di competenza dello Stato da parte degli organi della Regione. Soltanto la circolare che non esaurisce la sua efficacia nell'ambito dell'amministrazione, può dare luogo ad una ipotesi di invasione di poteri che sta a base del conflitto.

L'eccezione non é fondata.

Questa Corte in situazione analoga (conflitto sollevato in occasione della circolare 7 novembre 1947, n. 657, dell'Assessore ai lavori pubblici della Regione siciliana; sent. n. 11 del 18 gennaio 1957) ha ritenuto che la natura dei conflitti di attribuzione ed il modo della loro risoluzione comporta che "qualsiasi atto" dello Stato o della Regione, che invada la sfera di competenza assegnata allo Stato o alla Regione, é idoneo a configurare il conflitto (ex artt. 38 e 39 legge 11 marzo 1953, n. 87). Particolarmente anche una circolare può costituire un atto che può dare luogo ad un regolamento di competenza. E non é a dubitare che la circolare in esame sia idonea a tale fine, perché é un atto di un organo regionale (Assessorato) con rilevanza esterna rispetto all'amministrazione che lo ha emanato. Infatti, essa é indirizzata anche ad enti ed uffici estranei alla amministrazione della Regione (Ufficio Genio civile - Istituto case popolari - Gestione speciale ente zolfi, ecc.); regola rapporti contrattuali tra enti pubblici e cittadini disponendo che nel "contratto di appalto stipulato con l'appaltatore delle opere disposte e finanziate dall'Assessorato sia soppressa la clausola contrattuale che prevede l'accollo pattizio, da parte dell'appaltatore, del pagamento del tributo locale sui materiali da costruzione"; stabilisce che i ricorsi amministrativi per l'imposta di consumo sui materiali edilizi devono essere proposti in terza istanza all'Assessore regionale alle finanze anziché al Ministro delle finanze, regolando in tale modo il comportamento del contribuente nei confronti della pubblica Amministrazione.

4. - Passando al merito, l'Avvocatura sostiene che la circolare n. 2035, prescrivendo che il capitolato speciale di appalto non contenga la suddetta clausola, non si limita a dare istruzioni per l'applicazione di norme giuridiche, ma, equiparando nel trattamento tributario la Regione allo Stato, afferma il diritto della Regione alla esenzione soggettiva di cui all'art. 29, n. 5, del T. U. sulla finanza locale (legge 14 settembre 1931, n. 1175), introducendo così nell'ordinamento tributario regionale una nuova ipotesi di esenzione. In tale modo l'Assessore ha esercitato una potestà che esorbita dalle sue attribuzioni, potendosi soltanto con una legge dello Stato disporre la cennata esenzione.

La censura va accolta.

La circolare dopo avere stabilito che, nei contratti di appalto per le opere disposte e finanziate dall'Assessorato regionale, sia soppressa la su menzionata clausola, soggiunge che "nel capitolato speciale di appalto venga chiaramente espresso che fra gli obblighi e gli oneri dell'appaltatore sia escluso quello relativo al pagamento della imposta di consumo o alla rivalsa di chi abbia effettuato tale pagamento". Afferma, inoltre, che anche le Amministrazioni della Regione siciliana hanno diritto alla esenzione di cui all'articolo 29, n. 5, del T.U. della finanza locale, nonché gli enti diversi dall'Amministrazione regionale dei lavori pubblici; che, comunque, conservano sempre il titolo a far valere la su menzionata esenzione davanti alle competenti autorità. Seguono, nella circolare, provvedimenti per snellire, in questa materia, il lavoro degli uffici e per accelerare la definizione dei procedimenti contenziosi e giurisdizionali, ove tale diritto sia contestato.

L'Assessore, così disponendo, non si é limitato, come sostiene la difesa della Regione, ad impartire istruzioni relativamente agli appalti di opere pubbliche di sua competenza, esercitando una normale attività amministrativa, spettante all'ente che commissiona e finanzia le opere, nei confronti dei propri organi esecutivi. Ordinando, invero, di eliminare dal capitolato speciale di appalto di opere pubbliche la clausola che onera l'appaltatore della imposta sui materiali edilizi (imposta non di produzione, ma di consumo: artt. 20 T.U. finanza locale e 34 R.D. 30 giugno 1936, n. 1138), viene sostanzialmente, sotto l'apparenza della abolizione di una clausola contrattuale, ad introdurre nell'ordinamento regionale una nuova ipotesi di esenzione fiscale, intervenendo così a disciplinare materia tributaria riservata agli organi dello Stato. Né si dica che la circolare non contiene l'affermazione di un diritto alla esenzione tributaria, bensì l'interpretazione della norma che la dispone, la cui esattezza la stessa circolare rimette agli organi giurisdizionali competenti. Giacché, considerata nei suoi effetti, la circolare, oltre ad affermare il diritto della Regione alla esenzione di cui all'art. 29, n. 5, del T.U. per la finanza locale, viene a privare il bilancio dei Comuni di un gettito rilevante, costituito dall'imposta in esame, modificando in tal modo, con un provvedimento amministrativo, l'ordinamento tributario sulla finanza locale (art. 20, primo comma, T.U. per la finanza locale). Ed in proposito é a ricordare che la potestà amministrativa della Regione siciliana, in materia di tributi, é limitata alla riscossione delle imposte; che le norme statali vigenti non contengono una sistemazione completa e definitiva dei rapporti finanziari tra Stato e Regione; che per il passaggio dallo Stato alla Regione di uffici e funzioni occorrono apposite norme di attuazione non ancora emanate, per cui la relativa competenza amministrativa permane nello Stato (sent. nn. 9, 13, 19 del 1957, ecc.).

5. - Infine, la circolare nell'ultima parte stabilisce, come si é accennato, che per le controversie insorte relativamente all'imposta di consumo il "ricorso, in sede amministrativa, va prodotto in prima istanza al Sindaco del Comune del luogo ove sono stati impiegati i materiali, in seconda istanza al Prefetto e in terza istanza all'Assessore regionale delle finanze".

Giustamente rileva, in proposito, l'Avvocatura dello Stato che la circolare, devolvendo la decisione dei ricorsi in terza istanza all'Assessore, ha usurpato poteri che una legge dello Stato attribuisce al Ministro per le finanze, senza che in materia sia intervenuto il trasferimento di funzioni e senza che sia stata emanata altra norma.

Dispone, infatti, l'art. 90, primo comma, del T.U. per la finanza locale (R.D. 14 settembre 1931, n. 1175; art. 344 del regolamento per la riscossione delle imposte di consumo - R.D. 30 aprile 1936, n. 1138) che "contro l'operato degli agenti delle imposte di consumo e degli appaltatori, si può ricorrere, in sede amministrativa... in terzo grado al Ministro per le finanze...". La sostituzione dell'Assessore regionale al Ministro mentre modifica il sistema delle garanzie amministrative, costituisce altra invasione dell'organo regionale nella sfera di competenza dell'organo centrale legislativamente investito del potere di decidere tali controversie tributarie in terza istanza.

Pertanto, la circolare del 13 giugno 1961, n. 2035 dell'Assessore ai lavori pubblici della Regione siciliana deve essere annullata. 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

respinte le eccezioni pregiudiziali della Regione siciliana,

dichiara la competenza dello Stato nella materia riguardante l'imposta di consumo sui materiali da costruzione, nonché la disciplina dei relativi ricorsi in via amministrativa, oggetto della circolare dell'Assessorato regionale per i lavori pubblici del 13 giugno 1961;

annulla, in conseguenza, la detta circolare.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1962.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 16 marzo 1962.