Sentenza n. 101 del 2022

SENTENZA N. 101

ANNO 2022

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giuliano AMATO;

Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2752, terzo comma, del codice civile, promosso dal Tribunale ordinario di Livorno, in composizione collegiale, nel procedimento vertente tra Scapigliato srl (già Rea Impianti srl unipersonale) e Fallimento della Lonzi Metalli srl, con ordinanza del 16 novembre 2020, iscritta al n. 114 del registro ordinanze del 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2022 il Giudice relatore Maria Rosaria San Giorgio;

deliberato nella camera di consiglio del 9 marzo 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 16 novembre 2020 (r.o. n. 114 del 2021), il Tribunale ordinario di Livorno, in composizione collegiale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2752, terzo comma, del codice civile, «nella parte in cui non munisce del relativo privilegio generale sui beni mobili il credito a titolo di rivalsa di cui all’art. 3, comma 26, della legge 549/1995 per l’avvenuto versamento del tributo speciale regionale previsto dal precedente comma 24», denunziandone il contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

1.1.– Il rimettente riferisce di dover decidere sull’opposizione allo stato passivo del Fallimento della società Lonzi Metalli srl, con la quale la Scapigliato srl (già Rea Impianti srl unipersonale, società interamente partecipata dal Comune di Rosignano Marittimo) ha contestato il mancato riconoscimento, da parte del giudice delegato, del privilegio, ai sensi dell’art. 2752, terzo comma, cod. civ., sul credito di rivalsa maturato per aver versato – quale gestore di un impianto di discarica presso il quale la società fallita aveva conferito rifiuti – il tributo speciale regionale previsto dall’art. 3, commi 24 e seguenti, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e dalla legge della Regione Toscana 29 luglio 1996, n. 60 (Disposizioni per l’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all’art. 3 della L. 28 dicembre 1995, n. 549).

Espone il Collegio rimettente che il giudice delegato aveva negato la collocazione privilegiata di detto credito, osservando che il gestore dell’impianto è l’unico soggetto passivo d’imposta e che il suo diritto di rivalsa non è assistito da privilegio. Né il tributo speciale per il conferimento di rifiuti solidi in discarica ricade – aveva osservato ancora il giudice delegato – nell’ambito di applicazione dell’art. 16 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), il quale, con riferimento alle accise, munisce espressamente del privilegio generale ex art. 2752 cod. civ. il diritto di rivalsa dei soggetti passivi verso i cessionari dei prodotti.

Aggiunge il giudice a quo che nel giudizio di opposizione allo stato passivo la ricorrente ha dedotto che il proprio diritto di rivalsa deriva dall’avere garantito e anticipato il pagamento del tributo in questione, cosiddetta “ecotassa”, per conto di un soggetto terzo (il conferente in discarica); che il privilegio di cui all’art. 2752, terzo comma, cod. civ. deve intendersi riferito anche ai tributi regionali; che, ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1995, il credito per rivalsa del soggetto obbligato per l’accisa è garantito da privilegio.

1.2.– In punto di rilevanza, il Tribunale di Livorno osserva che il privilegio di cui l’opponente chiede il riconoscimento non potrebbe, nella specie, trovare applicazione, riferendosi la disposizione censurata ai crediti tributari degli enti locali e delle Regioni e non anche a quelli in titolarità di soggetti privati.

Né potrebbero ritenersi operanti altre norme speciali – come l’art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1995, in materia di accise – che accordano rango privilegiato al credito di rivalsa correlato a distinte imposte, atteso che, per principio consolidato, i privilegi hanno carattere eccezionale e sono insuscettibili di interpretazione analogica.

Ad avviso del rimettente, alla ricorrente non potrebbe riconoscersi neanche la surrogazione legale nel credito della Regione per il tributo in questione, posto che il gestore della discarica è l’unico soggetto passivo dell’imposta.

In definitiva, al credito vantato dall’opponente non potrebbe essere accordato rango privilegiato, neppure ricorrendo all’interpretazione costituzionalmente orientata della norma in scrutinio.

1.3.– Con riferimento alla non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente richiama, anzitutto, la giurisprudenza di legittimità secondo la quale, nonostante il presupposto impositivo della cosiddetta “ecotassa” sia costituito dal conferimento in discarica dei rifiuti solidi, il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria va individuato nel gestore dell’impianto di stoccaggio, fermo il diritto di rivalsa dello stesso nei confronti del conferente che ha integrato il predetto presupposto, in coerenza con il principio “chi inquina paga”.

Ricorda, quindi, il giudice a quo che la Corte di cassazione ha chiarito che tale meccanismo, previsto anche con riferimento ad altri tributi come l’imposta sul valore aggiunto (IVA) e le accise, è diretto a rafforzare il credito tributario e a garantirne la riscossione, in quanto la rivalsa consente la successiva traslazione del tributo su colui che ne realizza il presupposto di fatto, coincidente, nel caso in questione, con l’utilizzatore della discarica, con la conseguenza che è su quest’ultimo soggetto che il tributo è destinato ad incidere.

Ciò premesso, il Collegio rimettente osserva che «non si ravvisano elementi obbiettivi a fondamento del deteriore trattamento per il credito di rivalsa ex art. 3, comma 26, della legge n. 549 del 1995 rispetto ad altri, corrispondenti diritti di rivalsa previsti in fattispecie comparabili per i quali è riconosciuto, con norma espressa, il privilegio (norma espressa non estensibile in via analogica stante il già ricordato carattere eccezionale e tassativo dei privilegi legali)».

Il rimettente invoca, quindi, come tertium comparationis, l’art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1995 in materia di accise, sottolineando il «trattamento diverso senza un ragionevole motivo di situazioni corrispondenti».

Tra il credito di rivalsa ex art. 3, comma 24, della legge n. 549 del 1995 «e quelli già muniti del privilegio in questione» sussisterebbe «l’omogeneità richiesta per ritenere che la mancata inclusione del primo nel novero dei crediti muniti del privilegio generale ex art. 2752 c.c. possa costituire violazione dell’art. 3 della Costituzione».

Infine, ad avviso del rimettente, il sollecitato intervento additivo non contrasterebbe con il doveroso rispetto delle scelte economico-politiche riservate alla sfera di discrezionalità del legislatore, in quanto «esso avrebbe la finalità di dare più completa attuazione al fondamentale principio di uguaglianza nella materia dei privilegi».

2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la dichiarazione di inammissibilità e comunque di infondatezza della questione.

2.1.− La difesa statale eccepisce, anzitutto, l’inammissibilità, per aberratio ictus, della questione sollevata, sul presupposto che l’art. 2752 cod. civ. non possa applicarsi al credito per rivalsa qui in esame, non essendo configurabile in capo al titolare dell’impresa di stoccaggio dei rifiuti il diritto di surrogazione legale ai sensi dell’art. 1203 cod. civ.

Piuttosto, argomenta l’interveniente, la violazione dell’art. 3 Cost. potrebbe, in astratto, essere imputata alla disciplina speciale dettata dall’art. 3, commi 24-26, della legge n. 549 del 1995, nella parte in cui non munisce di privilegio generale mobiliare il credito per rivalsa del gestore dell’impianto, laddove tale privilegio è previsto per la rivalsa del soggetto passivo dell’accisa di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1995.

2.1.1.– Sotto altro profilo, il Presidente del Consiglio dei ministri eccepisce l’inammissibilità per insufficiente motivazione sulla rilevanza della questione.

L’art. 2752, terzo comma, cod. civ. non sarebbe, infatti, applicabile ai tributi regionali come quello in esame, posto che la disposizione si riferisce soltanto a crediti per le imposte, tasse e tributi dei Comuni e delle Province previste dalla legge per la finanza locale e dalle norme relative all’imposta comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle pubbliche affissioni.

Osserva, ancora, la difesa statale che, per quanto la giurisprudenza abbia proposto una interpretazione estensiva della norma denunciata, nessuna specifica argomentazione sul percorso interpretativo che imporrebbe un’esegesi siffatta sarebbe rinvenibile nell’ordinanza di rimessione.

2.1.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri eccepisce, ancora, l’insufficiente motivazione in ordine alla omogeneità della disposizione assunta a tertium comparationis rispetto alla norma censurata.

Il Tribunale di Livorno non avrebbe adeguatamente tenuto conto del principio per il quale l’introduzione di cause di prelazione, quale esercizio della discrezionalità del legislatore nell’introdurre deroghe al principio generale della par condicio creditorum, si fonda su una comparazione delle diverse posizioni dei creditori da tutelare e sull’individuazione del relativo ordine di priorità. A questa Corte competerebbe, invece, il sindacato, all’interno di una specifica norma attributiva di un privilegio, sulla mancata inclusione in essa di fattispecie omogenee a quelle in cui la causa di prelazione è riferita (vengono citate in proposito le sentenze di questa Corte n. 40 del 1996 e n. 84 del 1992).

2.2.– Nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che nell’art. 3, comma 26, della legge n. 549 del 1995 non è rinvenibile alcun riferimento alla natura privilegiata dei crediti dell’amministrazione regionale e del soggetto passivo dell’imposta in esame, così che un eventuale intervento additivo della Corte potrebbe determinare, per la prima, una posizione deteriore rispetto a quella dell’altro. Infatti, mentre l’amministrazione non avrebbe alcun privilegio a garanzia della riscossione del proprio credito nei confronti del soggetto passivo dell’ecotassa, quest’ultimo sarebbe creditore privilegiato nei confronti del soggetto che opera il conferimento.

Ciò in quanto, ad avviso dell’interveniente, mancherebbe, allo stato, un diritto vivente che consenta di inscrivere anche l’ecotassa tra i tributi locali muniti del privilegio ex art. 2752 cod. civ.

2.3.– Con memoria pervenuta nell’imminenza della camera di consiglio, l’Avvocatura generale dello Stato ha reiterato, sviluppandoli, gli argomenti già spesi in ordine all’inammissibilità e, comunque, alla non fondatezza della questione sollevata, e ha confermato le conclusioni rassegnate nell’atto di intervento.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale ordinario di Livorno, in composizione collegiale, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 2752, terzo comma, del codice civile, denunziandone il contrasto con l’art. 3 della Costituzione.

La norma censurata, nella parte in cui non munisce di privilegio generale mobiliare il credito per rivalsa spettante al gestore dell’impianto di stoccaggio definitivo di rifiuti – che abbia versato il tributo previsto dall’art. 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure per la razionalizzazione della finanza pubblica) – nei confronti del soggetto che ha effettuato il conferimento, determinerebbe, «senza un ragionevole motivo», una disparità di trattamento tra il credito in questione e quello previsto dall’art. 16, comma 3, del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative) in materia di accise, ad esso omogeneo, al quale la predetta causa di prelazione è, invece, espressamente attribuita.

2.– Devono, preliminarmente, essere esaminate le diverse eccezioni di inammissibilità proposte dall’Avvocatura generale dello Stato.

2.1.– La prima di esse ha ad oggetto l’aberratio ictus nella quale sarebbe incorso il giudice a quo erroneamente individuando la disposizione censurata. Secondo la difesa statale, il privilegio disciplinato dall’art. 2752, terzo comma, cod. civ., sarebbe, infatti, riferibile ai soli crediti tributari degli enti locali, e il gestore dell’impianto di stoccaggio, in quanto unico soggetto tenuto al versamento dell’imposta in questione, non potrebbe avvalersi della surrogazione legale nelle ragioni dell’ente regionale titolare del credito tributario. Le censure di illegittimità costituzionale avrebbero dovuto investire l’art. 3, comma 26, della legge n. 549 del 1995, nella parte in cui, disciplinando il diritto di rivalsa del gestore nei confronti del soggetto che conferisce i rifiuti in discarica, non munisce tale credito del privilegio generale, che risulta, invece, previsto dall’art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1995 per la rivalsa del soggetto passivo dell’accisa.

2.2. – L’eccezione non è fondata.

Come ripetutamente affermato da questa Corte, l’aberratio ictus ricorre allorché sia erroneamente individuata la norma in ordine alla quale sono formulate le censure di illegittimità costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 107 del 2021 e n. 14 del 2019).

Nel caso all’odierno esame, l’indicazione della disciplina codicistica sul privilegio generale mobiliare fiscale, quale sedes materiae nella quale dovrebbe innestarsi la pronuncia additiva, è tutt’affatto coerente con il contenuto delle censure svolte nell’ordinanza di rimessione.

Il giudice a quo, intendendo, com’è reso evidente dal tenore dell’ordinanza di rimessione, denunziare l’ingiustificata disparità di trattamento derivante dalla mancata inclusione del diritto di rivalsa per ecotassa tra i crediti assistiti dal privilegio generale mobiliare, correttamente attinge la norma attributiva di tale garanzia, di cui auspica l’estensione alla fattispecie a lui sottoposta, e non la disciplina, espressa dall’art. 3, comma 26, della legge n. 549 del 1995, che, omettendo di prescriverla, implicitamente la esclude per tale fattispecie.

L’art. 2752, terzo comma, cod. civ. reca, infatti, la soluzione normativa che il rimettente reputa costituzionalmente necessario introdurre al fine di ristabilire la parità di trattamento e di realizzare, quindi, la reductio ad legitimitatem della normativa di cui è chiamato a fare applicazione (sentenza n. 53 del 2018).

2.3.– L’Avvocatura generale dello Stato eccepisce, altresì, l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza, per non avere il rimettente speso alcuna specifica argomentazione a supporto della riconducibilità di una imposta regionale, come la cosiddetta “ecotassa”, nel novero delle «imposte, tasse e tributi dei Comuni e delle Province previste dalla legge per la finanza locale e dalle norme relative all’imposta comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle pubbliche affissioni», ai quali l’art. 2752, terzo comma, cod. civ., accorda il privilegio generale mobiliare.

2.4.– Anche questa eccezione deve essere respinta.

La mancata esplicitazione, da parte del rimettente, delle ragioni per le quali l’art. 2752, terzo comma, cod. civ. «si riferisce ai crediti di enti locali e regioni» – assunto che, peraltro, postula un’implicita adesione a una lettura estensiva della norma in questione, confortata dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanze 7 settembre 2021, n. 24071 e 4 ottobre 2019, n. 24836) – non compromette la esaustività della motivazione sulla rilevanza della questione sollevata.

Il tenore complessivo dell’ordinanza di rimessione rende, infatti, esplicito il convincimento del rimettente, secondo il quale la disposizione censurata reca proprio la norma che, ove estesa al tributo regionale in questione attraverso il sollecitato intervento additivo, risolverebbe il dubbio di legittimità costituzionale.

3.– A un diverso esito conduce, per le ragioni che saranno di seguito precisate, l’esame della ulteriore eccezione di inammissibilità dedotta dalla difesa statale, concernente la insufficiente motivazione in ordine alla omogeneità tra la disposizione censurata e quella assunta a tertium comparationis. Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, il Tribunale di Livorno non si sarebbe fatto carico del principio per il quale l’introduzione di cause di prelazione, in quanto estrinsecazione della discrezionalità del legislatore nell’introdurre deroghe alla regola generale della par condicio creditorum, si fonda su una comparazione delle diverse posizioni dei creditori da tutelare e sull’individuazione del relativo ordine di priorità. A questa Corte competerebbe, invece, il sindacato, all’interno di una specifica norma attributiva di un privilegio, sulla mancata inclusione in essa di fattispecie omogenee a quelle in cui la causa di prelazione è riferita. Né l’ordinanza indicherebbe quale «scala di graduazione» dovrebbe essere riconosciuta all’istituendo diritto di prelazione, se, cioè, conformemente alla previsione dell’art. 2752, terzo comma, cod. civ., esso debba essere subordinato ai soli crediti dello Stato, o se, invece, debba esserlo a tutti i privilegi previsti dallo stesso art. 2752 cod. civ., come previsto dall’art. 1 del d.lgs. n. 504 del 1995.

3.1.– Giova premettere che il tributo speciale per il deposito in discarica e in impianti di incenerimento senza recupero energetico dei rifiuti solidi (cosiddetta “ecotassa”), introdotto dall’art. 3, commi 24-40, della legge n. 549 del 1995, è un’imposta regionale propria derivata con finalità ambientale, in quanto «mira a correggere, tassandole, le esternalità negative date dall’incidenza ambientale ritenuta indesiderabile (discariche e rifiuti ivi sversati)» (sentenza n. 82 del 2021).

La finalità extrafiscale della tutela dell’ambiente, esplicitata nel comma 24 della disposizione citata, si collega al principio comunitario “chi inquina paga”, quale criterio di equa allocazione dei costi esterni dell’inquinamento (sentenze n. 52 del 2022, n. 82 del 2021).

Essa è attuata attraverso la commisurazione dell’imposta all’entità qualitativa e quantitativa dei rifiuti conferiti (art. 3, commi 28 e 29, della legge n. 549 del 1995), nella prospettiva di «disincentivare la produzione dei rifiuti, e viceversa di incentivare l’utilizzo virtuoso e alternativo di essi, nonché l’impiego del gettito per opere di tutela e protezione ambientale» (Corte di cassazione, sezione quinta civile, sentenza 22 maggio 2019, n. 13784).

La norma in esame, pur individuando il presupposto impositivo nel «[d]eposito in discarica e in impianti di incenerimento senza recupero energetico dei rifiuti solidi, compresi i fanghi palabili» (art. 3, comma 25, legge n. 549 del 1995), identifica il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria nel gestore dell’impianto di stoccaggio, fermo il diritto di rivalsa dello stesso nei confronti del conferente che ha messo in atto il comportamento dannoso per l’ambiente (art. 3, comma 26, legge n. 549 del 1995), così integrando il predetto presupposto (Corte di cassazione, sezione quinta civile, sentenze n. 13784 del 2019, già richiamata, nonché 18 ottobre 2018, n. 26196).

Alla stregua di tale meccanismo di distribuzione, l’onere del tributo ricade effettivamente sul soggetto inquinante e non sul soggetto deputato allo smaltimento, il quale, per mere ragioni di efficienza tributaria, deve provvedere alla sua corresponsione (ancora, Corte di cassazione, sezione quinta civile, sentenza n. 13784 del 2019).

3.1.1.− Al riguardo, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che la piena libertà della legge interna di individuare nel gestore della discarica il soggetto passivo formale dell’obbligazione tributaria incontra il limite della necessità che il carico dell’imposta ricada su colui che ha realmente causato l’inquinamento. L’imposizione dell’obbligo tributario ai gestori delle discariche deve, dunque, essere subordinata alla condizione che «il sistema fiscale sia accompagnato da misure dirette a garantire che il rimborso del tributo avvenga effettivamente e a breve termine al fine di non far gravare sui gestori stessi delle discariche oneri di gestione eccessivi derivanti da ritardi nei pagamenti da parte delle dette amministrazioni, pregiudicando in tal modo il principio “chi inquina paga”. In effetti, far gravare sui gestori tali oneri condurrebbe ad imputare a costoro i costi connessi allo smaltimento dei rifiuti che essi non hanno prodotto ma di cui garantiscono semplicemente lo smaltimento nell’ambito della loro attività di prestatori di servizi» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 25 febbraio 2010, in causa C-172/08, Pontina Ambiente srl).

3.2.– Come rilevato dal Tribunale rimettente, la legge non attribuisce rango privilegiato al credito per rivalsa ex art. 3, comma 26, della legge n. 549 del 1995, mentre munisce di privilegio generale mobiliare la rivalsa riconosciuta dall’art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 504 del 1995 al soggetto obbligato per l’accisa.

Quest’ultima, a differenza di quella prevista per l’ecotassa, spetta, quindi, al soggetto al quale è riferibile il fatto generatore del tributo – da individuarsi nella fabbricazione o importazione del prodotto, ancorché l’esigibilità del credito impositivo risulti dalla legge condizionata alla sua immissione al consumo ­(sentenza n. 115 del 2010) – ed è configurata in termini di facoltà, disponendo il citato art. 16, comma 3, del d.lgs. n. 504 del 1995 che i crediti vantati dai soggetti passivi dell’accisa e dai titolari di licenza per l’esercizio di depositi commerciali di prodotti energetici ad imposta assolta, verso i cessionari dei prodotti per i quali i soggetti stessi hanno comunque versato il tributo «possono essere addebitati a titolo di rivalsa».

Nondimeno, il credito nascente dall’esercizio di tale facoltà ha privilegio generale sui beni mobili del debitore «[c]on lo stesso grado del privilegio generale stabilito dall’art. 2752 del codice civile, cui tuttavia è posposto, limitatamente ad un importo corrispondente all’ammontare dell’accisa, qualora questa risulti separatamente evidenziata nella fattura relativa alla cessione».

3.3.– La disposizione codicistica, cui lo stesso art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1995 fa rinvio, reca la disciplina del privilegio generale a protezione dei «[c]rediti per tributi diretti dello Stato, per imposta sul valore aggiunto e per tributi degli enti locali» e risponde alla fondamentale e imprescindibile esigenza di tali enti pubblici di reperire prontamente i mezzi per l’esercizio delle proprie funzioni.

Il primo comma dell’art. 2752 cod. civ. accorda rango privilegiato ai crediti dello Stato per le imposte e le sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, per l’imposta sul reddito delle persone giuridiche, per l’imposta sul reddito delle società, per l’imposta regionale sulle attività produttive e per l’imposta locale sui redditi.

Al secondo comma è istituito il privilegio generale a garanzia dei crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse dovute secondo le norme relative all’imposta sul valore aggiunto.

Al terzo comma, qui in scrutinio, è, invece, previsto che «[h]anno lo stesso privilegio, subordinatamente a quello dello Stato, i crediti per le imposte, tasse e tributi dei comuni e delle province previsti dalla legge per la finanza locale e dalle norme relative all’imposta comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle pubbliche affissioni».

La portata applicativa di tale ultima disposizione è stata esplicitata dall’art. 13, comma 13, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, attraverso un’interpretazione autentica che ha posto fine alla questione ermeneutica che aveva diviso la dottrina e la giurisprudenza in merito alla sua estensione applicativa.

Detta norma ha chiarito che, ai fini del comma in esame, il riferimento alla «legge per la finanza locale» si intende effettuato a tutte le disposizioni che disciplinano i singoli tributi comunali e provinciali e, dunque, non solo alle norme su quelli previsti dal testo unico per la finanza locale.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, il privilegio in scrutinio deve applicarsi anche ai crediti tributari delle Regioni, posto che la ratio che sorregge tale causa di prelazione va individuata nell’esigenza di assicurare all’ente territoriale la provvista dei mezzi economici necessari per l’adempimento dei compiti istituzionali e tale ragione giustificativa vale a legittimare un’interpretazione estensiva – e non analogica – della norma, in forza della comune appartenenza della Regione, insieme ai Comuni e alle Province, alla categoria degli enti territoriali (Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanze 7 settembre 2021, n. 24071, e 4 ottobre 2019, n. 24836).

3.3.1.– La causa di prelazione che assiste i crediti tributari degli enti territoriali si inscrive nel paradigma del privilegio generale mobiliare, di cui condivide la funzione di limite esplicito alla regola della par condicio creditorum, stabilito dalla legge al fine di annettere tutela preferenziale e rafforzata ad un credito, come quello di imposta, reputato dall’ordinamento meritevole di più intensa protezione.

4.– Questa Corte ha in più occasioni evidenziato che, in considerazione del carattere politico-economico dei criteri che orientano il riconoscimento della natura privilegiata di determinati crediti, non è consentito utilizzare lo strumento del giudizio di legittimità costituzionale per introdurre, sia pure con riguardo a posizioni creditorie che sottendono interessi di rango costituzionale, una causa di prelazione ulteriore, «con strutturazione di un autonomo modulo normativo che codifichi la tipologia del nuovo privilegio ed il suo inserimento nel sistema di quelli preesistenti» (sentenza n. 84 del 1992; in senso conforme, sentenze n. 113 del 2004, n. 1 del 1998 e n. 40 del 1996).

4.1.– Le cause legittime di prelazione costituiscono eccezioni alla regola generale, enunciata dall’art. 2741 cod. civ., per la quale i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, accordando preferenza a quei crediti che, in ragione della causa o delle qualità del titolare, esigano una tutela particolare. L’efficienza di un sistema siffatto è garantita dall’equilibrio tra la regola della parità dei creditori e l’eccezione del regime preferenziale, giacché l’indiscriminata proliferazione dei privilegi potrebbe vanificare la stessa funzionalità del trattamento privilegiato.

A presidio di tale meccanismo, è posto il principio di legalità, in forza del quale solo la legge può incidere, in base ad una nuova valutazione assiologica, sull’ordine di valori espresso dalla regola della par condicio creditorum, selezionando le cause del credito che, ai sensi dell’art. 2745 cod. civ., rappresentino la ragione giustificatrice della creazione di nuovi privilegi (sentenza n. 326 del 1983).

4.2.– Ciò posto, poiché non è possibile individuare una ratio che trascenda ed unifichi le figure di privilegio previste nell’ordinamento, la Corte non può sindacare una disposizione, che, istituendo il privilegio, accordi protezione ad un determinato interesse, sul presupposto che la stessa disciplina non tuteli un interesse di uguale o più rilevante valore, ma deve limitarsi a verificare la mancata inclusione in essa di fattispecie omogenee a quelle cui la causa di prelazione è riferita e, dunque, a compiere un’estensione logicamente necessitata (sentenze n. 113 del 2004 e n. 84 del 1992; nello stesso senso, più di recente, sentenza n. 1 del 2020).

Occorre, altresì, considerare che il privilegio esprime una nozione relazionale perché, quale criterio di preferenza, pone in comparazione il credito preferito e quello sacrificato.

Per tale ragione, esso va riguardato tenendo conto delle norme che regolano i rapporti tra i crediti che ne sono muniti, ossia della loro graduazione, sicché l’attribuzione del rango privilegiato ad un credito non può essere disgiunta dalla sua collocazione nell’ordine dei privilegi, la quale involge, a propria volta, valutazioni necessariamente rimesse alla discrezionalità del legislatore (sentenza n. 84 del 1992).

4.3.– In linea con tali enunciazioni, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del mancato riconoscimento della natura privilegiata dei crediti riguardanti le retribuzioni dovute ai prestatori d’opera non intellettuale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 35 Cost., assumendo, quale tertium comparationis della denunciata disparità di trattamento, la garanzia prevista dall’art. 2751-bis, numero 5, cod. civ., in favore dell’imprenditore. La diversità della figura del prestatore d’opera rispetto a quella dell’imprenditore artigiano è stata, infatti, ritenuta preclusiva di uno scrutinio di legittimità costituzionale, che nell’omogeneità delle fattispecie poste in comparazione all’interno di una specifica norma attributiva di un privilegio rinviene la sua esclusiva ragione giustificativa (sentenza n. 40 del 1996).

La questione è stata, quindi, riproposta adducendo quale tertium comparationis la garanzia contemplata dall’art. 2751-bis, numero 2, cod. civ., in favore dei professionisti e di ogni altro prestatore d’opera intellettuale.

La Corte, dopo aver ricordato che tale ultima disposizione, pur essendo applicabile a tutte le prestazioni d’opera intellettuale, non può, per il principio di tassatività che regola le cause di prelazione, ricomprendere anche le prestazioni d’opera non intellettuale, ha rilevato che la disparità di trattamento che, quanto alla garanzia della retribuzione, si viene in tal modo a determinare tra prestatori d’opera intellettuale e non intellettuale, risulta «palesemente irragionevole, attesa l’omogeneità delle categorie di soggetti (e di crediti) messe a confronto e riconducibili allo stesso tipo contrattuale delineato dall’art. 2222 cod. civ.». La norma denunciata, riconoscendo il privilegio generale sui mobili ai crediti riguardanti le retribuzioni dei prestatori d’opera intellettuale e non anche a quelli, di eguale natura, dei prestatori d’opera non intellettuale, si pone in insanabile contrasto con l’art. 3 Cost. e «deve, pertanto, essere resa conforme alla Costituzione mediante l’eliminazione dell’aggettivo “intellettuale” in quanto limitativo dell’ambito del privilegio» (sentenza n. 1 del 1998).

5.– Il Tribunale di Livorno, nel richiedere l’estensione del privilegio generale sui mobili ex art. 2752, terzo comma, cod. civ. al credito per rivalsa in materia di ecotassa, propone un petitum che dovrebbe ricondurre tale causa di prelazione a una fattispecie estranea tanto al contesto normativo in cui risulta inserita la disposizione censurata, quanto a quello in cui si colloca la norma assunta a tertium comparationis.

5.1.– Il credito per rivalsa ex art. 3, comma 26, della legge n. 549 del 1995 non è, anzitutto, inscrivibile nel genus dei «crediti per le imposte, tasse e tributi» degli enti territoriali di cui all’art. 2752, terzo comma, cod. civ., in quanto esibisce caratteri strutturali e funzionali non coincidenti con quelli che connotano la fattispecie dell’obbligazione tributaria.

A differenza del credito fiscale, che rinviene la propria causa in una prestazione patrimoniale posta dall’ordinamento a carico di un soggetto in base ad uno specifico indice di capacità contributiva e destinata a sovvenire a pubbliche spese (sentenze n. 167 e 89 del 2018, n. 269 e n. 236 del 2017), quello per rivalsa trova titolo nel potere accordato, a determinate condizioni, dalla legge al soggetto obbligato all’assolvimento del tributo di recuperarne l’onere economico.

5.1.1.– Tale prerogativa non può essere assimilata al potere impositivo, neanche nell’ipotesi, ricorrente nella fattispecie di cui all’art. 3, comma 26, della legge n. 549 del 1995, qui in esame, in cui la rivalsa, essendo diretta a trasferire l’onere del tributo dal soggetto tenuto ad assolverlo su quello che ne ha posto in essere il fatto generatore, è configurata dalla legge in termini di obbligatorietà.

La rivalsa in questione, pur collocandosi nel sistema di attuazione della pretesa fiscale, manca, invero, dei requisiti soggettivi, oggettivi e funzionali che valgono a identificare la potestà di imposizione, in quanto non comporta un’ablazione delle somme e un’attribuzione delle stesse a un ente pubblico, è esercitata da un soggetto diverso dall’ente impositore e non è direttamente preordinata ad apprestare i mezzi per l’assolvimento dei compiti istituzionali a quest’ultimo demandati (sentenze n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995, n. 26 del 1982).

5.2.– La rivalsa connessa al versamento dell’ecotassa non è assimilabile neppure a quella accordata dall’art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1995 al soggetto obbligato per le accise.

Gli istituti in raffronto, pur condividendo la generica finalità di riequilibrio patrimoniale conseguente all’assolvimento di un tributo, esibiscono profili differenziali che ne impediscono la riconduzione in una categoria unitaria.

Occorre, anzitutto, considerare che le imposte il cui assolvimento costituisce il presupposto di esercizio delle rivalse in raffronto si collocano in ambiti dell’ordinamento assai distanti, essendo il tributo speciale per il deposito in discarica e in impianti di incenerimento senza recupero energetico dei rifiuti solidi un tributo regionale proprio derivato con finalità ambientale (sentenza n. 82 del 2021) e integrando, per contro, l’accisa un’imposta indiretta sulla produzione, il cui gettito è riservato allo Stato (sentenza n. 115 del 2010).

L’obiettiva eterogeneità delle fattispecie si coglie anche sul piano funzionale, posto che, se la rivalsa ex art. 3, comma 26, della legge n. 549 del 1995 è obbligatoria e attua l’interesse pubblicistico all’incisione del soggetto che effettivamente pone in essere il presupposto impositivo – e, rispetto alla finalità ambientale del tributo, anche il comportamento inquinante –, la rivalsa disciplinata dall’art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1995 costituisce uno strumento privatistico di riequilibrio patrimoniale, il cui esercizio è lasciato alla scelta del soggetto obbligato alla corresponsione del tributo.

5.3.– Ne consegue che l’addizione richiesta non opererebbe nell’ambito della norma codicistica che istituisce il privilegio generale mobiliare a garanzia dei crediti tributari, ma si tradurrebbe nell’introduzione di una causa di prelazione ulteriore, la quale, come sopra evidenziato, postula scelte legislative sia in ordine alla meritevolezza della causa del credito al quale si vuole accordare rango privilegiato, sia in relazione alla sua collocazione nel sistema delle cause legittime di prelazione già positivamente previste.

Va, infatti, evidenziato che una pronuncia siffatta inciderebbe anche sul regime della graduazione dei privilegi, posto che dall’estensione, nei termini auspicati dal rimettente, dell’ambito di applicazione dell’art. 2752, terzo comma, cod. civ., deriverebbe l’eguale collocazione privilegiata del credito a titolo di rivalsa per ecotassa e di quelli relativi ai tributi degli enti territoriali e, di conseguenza, il concorso di tali posizioni creditorie in proporzione del rispettivo importo, secondo quanto disposto dall’art. 2782 cod. civ.

Anche per tale ragione l’esigenza, sottolineata dal giudice rimettente, di non lasciare il credito ex art. 3, comma 26, della legge n. 549 del 1995 sfornito di privilegio deve necessariamente essere apprezzata nella sede sua propria, spettando soltanto al legislatore elevare la causa di un credito a ragione giustificatrice dell’istituzione di un nuovo privilegio.

Dal che discende l’inammissibilità della questione prospettata.

6.– Va, nondimeno, rilevato che gli inconvenienti denunziati dal giudice rimettente indubbiamente sussistono, e derivano da un’aporia ordinamentale, giacché, alla stregua dell’attuale assetto normativo, ha privilegio generale mobiliare un diritto di rivalsa, come quello ex art. 16 del d.lgs. n. 504 del 1992, avente una finalità privatistica di mero recupero economico dell’onere del tributo assolto dal soggetto che è tenuto a corrisponderne l’importo in quanto portatore della capacità contributiva. Per converso, ne risulta sprovvista la rivalsa per ecotassa, che risponde, invece, alla finalità pubblicistica di garantire il corretto concorso alla pubblica spesa e di dare attuazione al principio di matrice comunitaria “chi inquina paga”. In tale ipotesi ‒ come accade, del resto, anche con riguardo alla imposta di soggiorno di cui all’art. 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale) ‒ al soggetto al quale è riferibile la situazione espressiva della capacità contributiva è sostituito un diverso soggetto che, pur essendo estraneo al presupposto impositivo, è tenuto ope legis all’adempimento dell’obbligazione tributaria, con diritto di rivalsa, non assistito da privilegio, sullo stesso sostituito.

7.– Emerge, dunque, con evidenza, dalle considerazioni che precedono, l’opportunità che il legislatore proceda ad una revisione organica della materia in esame, allo scopo di verificare la congruenza tra i caratteri morfologici e funzionali assegnati alle singole figure di rivalsa e le forme di tutela poste a garanzia del loro efficiente esercizio, e di restituire al privilegio il ruolo di primario strumento di rafforzamento del credito, con il quale l’ordinamento deve assicurare la soddisfazione preferenziale dei crediti che, in ragione della particolarità della causa o delle qualità del creditore, si mostrino effettivamente meritevoli di una tutela differenziata.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2752, terzo comma, del codice civile, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Livorno, in composizione collegiale, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 2022.

F.to:

Giuliano AMATO, Presidente

Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2022.