Sentenza n. 158 del 2021

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SENTENZA N. 158

ANNO 2021

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 24 e 30 della legge della Regione Toscana 15 luglio 2020, n. 61 (Gestione e tutela della fauna selvatica sul territorio regionale. Modifiche alla l.r. 3/1994), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 9-14 settembre 2020, depositato in cancelleria il 18 settembre 2020, iscritto al n. 83 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;

udito nell’udienza pubblica dell’8 giugno 2021 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi l’avvocato dello Stato Ettore Figliolia per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Toscana;

deliberato nella camera di consiglio del 9 giugno 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 18 settembre 2020 (reg. ric. n. 83 del 2020), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 24 e 30 della legge della Regione Toscana 15 luglio 2020, n. 61 (Gestione e tutela della fauna selvatica sul territorio regionale. Modifiche alla l.r. 3/1994), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione, rispettivamente, all’art. 22, comma 6, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) e all’art. 18, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).

2.– L’art. 24 della legge reg. Toscana n. 61 del 2020 ha sostituito l’art. 28-bis della legge della Regione Toscana 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”) e ha aggiunto il comma 11, in base al quale «[n]ei parchi regionali e nelle aree protette di cui alla l.r. 30/2015, il soggetto gestore adotta piani di controllo degli ungulati che tengono conto delle densità sostenibili di cui al comma 1 e degli effettivi danneggiamenti alle coltivazioni agricole, anche limitrofi ai propri confini, e ai boschi. In caso di inadempienza e in presenza di danni alla produzione agricola, anche nelle aree limitrofe, la Giunta regionale interviene ai sensi dell’articolo 37».

2.1.– Il Presidente del Consiglio ritiene la norma invasiva della competenza statale esclusiva in materia di tutela ambientale in quanto in contrasto con l’art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991, per il quale i prelievi faunistici e gli abbattimenti selettivi nei parchi e nelle aree protette regionali devono avvenire in conformità al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali, per iniziativa e sotto la responsabilità e sorveglianza dell’organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale dipendente dal parco o da personale autorizzato.

La difesa dello Stato sottolinea che la disciplina recata dalla legge n. 394 del 1991 in materia di parchi e aree protette va ricondotta alla materia ambientale e che lo standard minimo di tutela uniforme nazionale di tali aree è garantito dall’esistenza di un ente gestore a cui è affidata la predisposizione, la vigilanza e l’attuazione di strumenti programmatici, quali il regolamento e il piano del parco, per la valutazione della rispondenza delle attività svolte nei parchi con le esigenze di protezione ambientale, ivi inclusi gli abbattimenti selettivi.

2.2.– Secondo il Presidente del Consiglio per effetto della norma impugnata tale assetto sarebbe radicalmente modificato potendo la Regione intervenire nelle aree protette, per prevenire o eliminare i danni alle produzioni agricole, mediante il controllo faunistico attribuitole dall’art. 37 della legge reg. Toscana n. 3 del 1994 ed esercitabile, ai sensi del comma 4-ter del medesimo articolo, anche con l’impiego dei cacciatori abilitati, dei soggetti preposti alla vigilanza venatoria, dei proprietari o dei conduttori dei fondi interessati e delle squadre di caccia al cinghiale indicate dall’Ambito territoriale di caccia (ATC).

3.– Con lo stesso ricorso è stato impugnato anche l’art. 30 della legge reg. Toscana n. 61 del 2020, che ha aggiunto il comma 2-ter all’art. 37-bis della legge reg. Toscana n. 3 del 1994, prevedendo che «[i]l limite al prelievo delle specie in deroga non si cumula con il numero totale di capi di fauna migratoria stabilito dall’articolo 4, comma 1, della legge regionale 10 giugno 2002 n. 20 (Calendario venatorio e modifiche alla legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 - Recepimento della Legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”)».

3.1.– La disposizione sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 18 della legge n. 157 del 1992 che, al comma 4, per assicurare la tutela ambientale delle specie, non ammetterebbe eccezioni all’obbligo di indicare nel calendario venatorio regionale il carniere giornaliero massimo di capi abbattibili.

La norma regionale impugnata, derogando a tale obbligo, avrebbe illegittimamente invaso la sfera di competenza esclusiva in materia ambientale del legislatore statale, incidendo in peius sulle prescrizioni poste a tutela della fauna selvatica.

4.– Si è costituita la Regione Toscana eccependo l’infondatezza dei motivi del ricorso e deducendo che la propria normativa in materia di parchi regionali sarebbe coerente con la legge quadro statale; in particolare, la Regione ha rilevato che, ai sensi dell’art. 15 della legge della Regione Toscana 19 marzo 2015, n. 30 (Norme per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturalistico-ambientale regionale. Modifiche alla l.r. 24/1994, alla l.r. 65/1997, alla l.r. 24/2000 ed alla l.r. 10/2010) – che ha abrogato, con l’art. 140, comma 1, lettera a), la legge regionale 11 aprile 1995, n. 49 (Norme sui parchi, le riserve naturali e le aree naturali protette di interesse locale), di recepimento della legge quadro statale n. 394 del 1991 – la gestione dei parchi regionali è affidata ad enti di gestione appositamente istituiti, mentre la gestione delle riserve compete ad apposite strutture della Giunta, giusto quanto stabilito dall’art. 50 dello statuto della Regione Toscana.

Inoltre, la Regione Toscana ha rilevato che l’art. 27, comma 8, della legge reg. Toscana n. 30 del 2015 individua, quale strumento di gestione, il piano integrato per il parco, comprensivo delle iniziative volte a prevenire e mitigare i danni all’agricoltura prodotti dalla fauna selvatica, e che l’art. 49 della stessa legge regionale n. 30 del 2015 autorizza interventi di contenimento nelle riserve naturali per la conservazione degli equilibri faunistici ed ambientali, in conformità a quanto stabilito dall’art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991.

4.1.– Secondo la resistente la norma impugnata andrebbe letta alla luce delle previsioni della legge reg. Toscana 30 del 2015 così da risultare rispettosa dell’art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991; in particolare, dalla lettura integrata di tali disposizioni, deriverebbe che i piani di controllo degli ungulati previsti dalla norma impugnata sono adottati dall’ente gestore (coincidente con la Regione per le riserve regionali e con un ente di sua diretta emanazione per i parchi regionali); i prelievi e gli abbattimenti nei parchi avvengono secondo quanto stabilito dal piano integrato del parco e, solo qualora esso manchi, secondo le direttive della Regione, a cui compete la gestione delle riserve regionali per mezzo della Giunta; i prelievi vengono eseguiti sotto la diretta responsabilità dell’organismo di gestione del parco o della riserva regionale.

5.– La Regione ha segnalato che la norma impugnata non riguarda tutte le specie animali, ma solo gli ungulati, particolarmente dannosi per le colture agricole e l’habitat.

6.– In relazione ai motivi di illegittimità costituzionale collegate ai soggetti esecutori degli abbattimenti nelle aree protette, la Regione ha eccepito l’inammissibilità della doglianza, in quanto rivolta all’art. 37, comma 4-ter, della legge reg. Toscana n. 3 del 1994, che non è stato oggetto di specifica impugnazione.

6.1.– In ogni caso, anche tale censura sarebbe infondata poiché l’intervento sostitutivo regionale è previsto solo in caso di inadempienza dei gestori dei parchi e delle aree protette, in coerenza con l’art. 19 della legge n. 157 del 1992 che attribuisce alle Regioni la competenza ad autorizzare piani di abbattimento quando i metodi ecologici di controllo della fauna selvatica si rivelino inefficaci.

7.– Quanto alla seconda norma impugnata, l’art. 30 della legge reg. Toscana n. 61 del 2020, la norma costituirebbe espressione del potere di deroga di cui all’art. 19-bis della legge n. 157 del 1992 e all’art. 9 della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici e, quindi, sarebbe estranea all’art. 18 della legge n. 157 del 1992 che lo Stato avrebbe erroneamente indicato quale norma interposta e a cui la Regione avrebbe dato attuazione con una diversa previsione, l’art. 4, comma 1, della legge della Regione Toscana 10 giugno 2002, n. 20, recante «Calendario venatorio e modifiche alla legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”)», per cui i capi di selvaggina abbattibile con prelievo venatorio sono venti al giorno.

7.1.– La natura eccezionale del potere di deroga di cui all’art. 19-bis della legge n. 157 del 1992 e all’art. 9 della direttiva 2009/147/CE si evincerebbe dalla specifica disciplina, riassunta dalla Regione, per cui l’esercizio del potere presuppone l’adozione di uno specifico provvedimento contenente l’indicazione dei presupposti e delle condizioni della deroga, la valutazione del perché non ci siano altre soluzioni soddisfacenti, l’indicazione delle specie che formano oggetto del prelievo, dei mezzi, degli impianti e dei metodi di prelievo autorizzati, delle condizioni di rischio, delle circostanze di tempo e di luogo del prelievo, del numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, dei controlli e delle particolari forme di vigilanza cui il prelievo è soggetto e degli organi incaricati della vigilanza.

7.2.– Infine, la resistente ha sottolineato che i soggetti abilitati al prelievo in deroga sono individuati dalle Regioni e sono muniti di un apposito tesserino, sul quale devono essere annotati i capi oggetto di deroga subito dopo il loro recupero; le Regioni devono prevedere sistemi periodici di verifica allo scopo di sospendere tempestivamente il provvedimento di deroga qualora sia accertato il raggiungimento del numero di capi autorizzato al prelievo o dello scopo, in data antecedente a quella originariamente prevista.

7.3.– In attuazione delle suddette disposizioni, l’art. 37-bis della legge reg. Toscana n. 3 del 1994, come novellato dalla norma regionale impugnata, avrebbe previsto che l’esercizio del potere in deroga, proprio perché funzionale a prevenire i gravi danni all’agricoltura arrecati dalla fauna nociva, avvenga a prescindere dal numero massimo di capi da abbattere stabilito a fini venatori, coerentemente con la legge n. 157 del 1992, che non imporrebbe di cumulare il limite al prelievo in deroga con il numero totale di capi di fauna migratoria stabilito nel calendario venatorio.

8.– Con successiva memoria il Presidente del Consiglio ha eccepito che il piano di controllo degli ungulati integrerebbe uno strumento programmatorio aggiuntivo rispetto al regolamento del parco o dell’area protetta e al piano del parco o al piano di gestione della riserva, previsti dalla legge statale, e rientrerebbe nella più ampia attività di pianificazione della Giunta, di cui all’art. 28 della legge reg. Toscana n. 3 del 1994, in materia di gestione faunistico-venatoria degli ungulati, estranea alla disciplina delle aree protette, tanto che la norma impugnata autorizza la Giunta ad intervenire in sostituzione del gestore del parco inadempiente all’obbligo di predisporre il piano di controllo degli ungulati o di darvi concreta attuazione.

La collocazione del suddetto piano nell’ambito del controllo faunistico di cui all’art. 28-bis, comma 3, della legge reg. Toscana n. 3 del 1994, sarebbe in contrasto con la disciplina statale che, per le aree protette, contempla quali strumenti di pianificazione solo il regolamento del parco, il piano per il parco e il piano pluriennale economico sociale per la promozione delle attività compatibili.

La norma regionale impugnata avrebbe, quindi, ecceduto i limiti delle attribuzioni regionali, per cui, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 394 del 1991, alla legge regionale spetta solo definire la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia, individuare il soggetto gestore del parco e gli elementi del piano del parco, nonché i principi del regolamento.

9.– Quale ulteriore profilo di illegittimità costituzionale la difesa dello Stato ha rappresentato che l’art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991 consente i prelievi e gli abbattimenti selettivi nelle aree protette solo per la ricomposizione degli squilibri ecologici, mentre l’adozione del piano di controllo degli ungulati può essere determinato anche dalla necessità di prevenire i danneggiamenti alle coltivazioni agricole.

10.– Inoltre, l’intervento sostitutivo della Giunta in caso di inadempienza del soggetto gestore del parco consentirebbe l’esercizio del controllo faunistico regionale di cui all’art. 37 della legge reg. Toscana n. 3 del 1994 anche nelle zone protette, che sono sottratte alla regolamentazione della legge n. 157 del 1992, a cui la stessa legge reg. Toscana n. 3 del 1994 ha dato attuazione, e sottoposte alla disciplina speciale recata dalla legge n. 394 del 1991.

11.– Pertanto, la norma regionale impugnata, esorbitando dai limiti delle attribuzioni regionali e prevedendo un intervento della Giunta regionale che si sostituisce al soggetto gestore per salvaguardare interessi che non vengono in rilievo nella legge statale (la tutela delle colture agricole minacciate dagli ungulati), avrebbe illegittimamente abbassato il livello di tutela ambientale prescritto dal legislatore statale.

12.– In riferimento all’altra disposizione impugnata, l’art. 30 della legge reg. Toscana n. 61 del 2020, la difesa dello Stato ha contestato la riconducibilità della previsione al potere di cui all’art. 19, comma 2-bis, della legge n. 157 del 1992, che si riferirebbe ai prelievi in deroga al divieto assoluto di uccisione di alcune specie di uccelli selvatici previsto dalla direttiva 2009/147/CE, e ha ribadito che la norma impugnata, consentendo lo sforamento del massimale giornaliero di avifauna migratrice abbattibile, si porrebbe in contrasto con l’art. 18 della legge n. 157 del 1992, che impone di fissare il limite inderogabile di capi di selvaggina abbattibili quotidianamente da ciascun soggetto abilitato, abbassando il livello di tutela ambientale prescritto dal legislatore statale.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 24 e 30 della legge della Regione Toscana 15 luglio 2020, n. 61 (Gestione e tutela della fauna selvatica sul territorio regionale. Modifiche alla l.r. 3/1994) per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione, rispettivamente, all’art. 22, comma 6, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) e all’art. 18, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).

2.– La prima delle norme impugnate, l’art. 24 della legge reg. Toscana n. 61 del 2020, prevede che nei parchi regionali e nelle aree protette il soggetto gestore adotti piani di controllo degli ungulati, tenendo conto delle densità sostenibili e degli effettivi danneggiamenti alle coltivazioni agricole, anche limitrofe ai propri confini, e ai boschi. In caso di inadempienza e in presenza di danni alla produzione agricola, anche nelle aree limitrofe, la Giunta regionale interviene ai sensi dell’art. 37 della legge della Regione Toscana 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»).

La difesa dello Stato ritiene la previsione impugnata in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 22, comma 6, della legge quadro n. 394 del 1991, secondo cui, nelle aree protette e nelle riserve naturali, le attività consentite sono disciplinate dal regolamento e dal piano del parco, di competenza dell’ente gestore; la norma statale prevede che i prelievi e gli abbattimenti selettivi avvengano in conformità al regolamento del parco e, solo qualora esso non sia stato adottato, in base alle direttive regionali. Tale attività deve svolgersi, comunque, per iniziativa e sotto la responsabilità e sorveglianza dell’organismo di gestione del parco, che ne cura l’attuazione a mezzo del personale dipendente dal parco o di altro personale all’uopo autorizzato.

Il contrasto della norma regionale impugnata rispetto alla previsione statale sarebbe evidente per lo strumento prescelto, il piano di controllo degli ungulati non previsto dal legislatore statale, per le condizioni a cui è subordinata la sua adozione, che includono la prevenzione dei danni alle attività agricole, e per il fatto che, ai sensi dell’art. 37, comma 4-quater, della legge reg. Toscana n. 3 del 1994 richiamato dalla disposizione impugnata, la Regione possa avvalersi per il controllo faunistico in qualsiasi periodo dell’anno dei cacciatori abilitati, delle guardie venatorie, dei proprietari o conduttori dei fondi interessati e delle squadre di caccia al cinghiale indicate dall’Ambito territoriale di caccia (ATC).

3.– In via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione, secondo cui i motivi di ricorso, lamentando l’utilizzo di personale diverso da quello del parco per gli abbattimenti, andrebbero riferiti all’art. 37, comma 4-ter, della legge reg. Toscana n. 3 del 1994, che non è stato oggetto di specifica impugnazione.

3.1.– L’eccezione non è fondata.

3.2.– Rispetto a tale profilo, il vulnus di costituzionalità denunciato nel ricorso dello Stato deriva dalla possibilità che, nelle aree protette, in caso di inadempienza del gestore del parco, gli abbattimenti selettivi siano demandati alla Giunta regionale che esercita il potere di controllo faunistico attribuitole dall’art. 37 della legge reg. Toscana n. 3 del 1994.

Quest’ultima norma viene, dunque, in rilievo al solo fine di identificare le modalità operative della Giunta, conseguentemente la censura di costituzionalità viene riferita dal ricorrente al solo art. 24 della legge reg. Toscana n. 61 del 2020 che prevede l’intervento sostitutivo della Regione.

4.– Nel merito la questione non è fondata.

4.1.– La difesa dello Stato ritiene che l’individuazione, da parte della norma impugnata, di uno strumento di pianificazione per il controllo degli ungulati nelle aree protette e a tutela dell’agricoltura abbassi il livello di tutela ambientale prescritto dal legislatore statale che invece, in tali aree, consente gli abbattimenti e i prelievi al solo fine di ricomporre gli squilibri ecologici e solo se eseguiti sotto la responsabilità e la sorveglianza dell’organismo di gestione del parco, ai sensi dell’art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991.

4.2.– La giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che l’ambiente, attribuito alla competenza esclusiva del legislatore statale dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., costituisce un «“valore” costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia “trasversale”, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando [invece] allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale (sentenza n. 407 del 2002)» (sentenza n. 121 del 2018); pertanto la disciplina statale costituisce un limite per le Regioni e le Province autonome nell’esercizio delle proprie competenze che concorrono con quella dell’ambiente, salva la facoltà di dettare prescrizioni che elevino il livello di tutela ambientale previsto dal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 66 del 2018, n. 199 del 2014, n. 246 e n. 145 del 2013).

4.3.– Con specifico riferimento alle aree protette e ai parchi naturali, il modello di tutela è contenuto nella legge n. 394 del 1991 che detta «i princìpi fondamentali della materia, ai quali la legislazione regionale è chiamata ad adeguarsi, assumendo dunque anche i connotati di normativa interposta (sentenze n. 14 del 2012, n. 108 del 2005 e n. 282 del 2000)» (sentenza n. 212 del 2014); tale modello è imperniato sull’esistenza di un ente gestore dell’area protetta, sulla predisposizione di strumenti programmatici e gestionali e sulla funzione di controllo del loro rispetto, attribuita all’ente gestore, e tali prescrizioni integrano lo standard minimo uniforme di tutela nazionale (sentenza n. 121 del 2018).

In particolare, la legge quadro sulle aree protette ha previsto che la gestione dei parchi nazionali sia affidata ad un soggetto dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, l’ente parco, e che le finalità istitutive siano realizzate attraverso appositi strumenti di gestione: il regolamento che disciplina le attività consentite nel territorio del parco (art. 11); il piano per il parco, che ha il compito di organizzare il territorio in aree e parti caratterizzate da differenti forme di uso, godimento e tutela (art. 12); il piano pluriennale economico-sociale per la promozione delle attività compatibili, che è volto a favorire lo sviluppo delle collettività residenti nel parco o nei territori adiacenti (art. 14).

4.4.– Analogo modello di tutela è previsto per i parchi e per le aree naturali protette regionali, che sono istituiti con legge regionale e affidati ad un soggetto gestore e per i quali sono previsti, quali strumenti di attuazione delle finalità di tutela, il piano e il regolamento per il parco e il piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili.

4.5.– La ratio ispiratrice di tale disciplina non è solo quella di garantire la conservazione dell’ambiente, ma anche la sua valorizzazione, assicurando, in una prospettiva dinamica, la sua integrazione con le attività antropiche. A tal fine sono previsti gli specifici strumenti pianificatori per la regolazione delle svariate attività antropiche consentite all’interno dei parchi e delle aree protette, per la promozione di iniziative di sviluppo economico-sociale.

La disciplina regionale oggetto di impugnazione non si discosta da tale finalità; la centralità della pianificazione, infatti, è ribadita dalla previsione di uno specifico piano per il controllo degli ungulati che, rispetto al singolo provvedimento amministrativo di autorizzazione agli abbattimenti e ai prelievi selettivi, incrementa il livello di tutela, essendo il piano frutto di un’istruttoria ad ampio spettro e di una ponderazione complessiva degli interessi per il raggiungimento di obiettivi di lungo e medio periodo.

Pertanto, la previsione della norma impugnata, nel disporre un ulteriore strumento di pianificazione, è conforme alla norma interposta e, quindi, non è sotto tale aspetto costituzionalmente illegittima.

5.– Quanto alla censura riferita ai presupposti e alle condizioni per l’adozione del piano, che l’art. 24 della legge reg. Toscana n. 61 del 2020 individua anche nell’esigenza di prevenire i danni alle produzioni agricole, va rilevato che questi sono in linea con l’art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991, il quale autorizza gli abbattimenti e i prelievi per ricomporre gli squilibri ecologici, non potendo questi ultimi essere ricondotti alle sole esigenze di conservazione della consistenza delle popolazioni faunistiche.

Infatti, come si è detto, l’impianto generale della legge quadro riferisce la tutela dell’area protetta alla necessità di realizzare l’integrazione dell’uomo con l’ambiente e, quindi, implica necessariamente il dato della presenza delle attività antropiche al suo interno e dell’impatto della fauna selvatica su tali attività, in special modo con riferimento agli ungulati, la cui popolazione ha assunto dimensioni preoccupanti per le attività agricole.

5.1.– In tal senso le linee guida per la gestione dei cinghiali nelle aree protette, elaborate dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dal Ministero dell’ambiente (odierno Ministero della transizione ecologica), hanno evidenziato che la dizione “ricomposizione degli squilibri ecologici”, di cui all’art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991, non può prescindere dalla considerazione dei danni provocati dagli stessi animali alle attività agricole in relazione al fatto che «l’integrazione tra uomo e ambiente naturale e la salvaguardia delle attività agro-silvo-pastorali vengono annoverate tra le finalità istitutive più significative di un’area protetta».

5.2.– Pertanto, una disciplina che, come quella censurata, si fa carico di tali esigenze all’interno di uno specifico strumento di pianificazione, quale il piano di controllo degli ungulati, non comporta un abbassamento del livello di tutela ambientale prescritto dal legislatore statale, ponendosi, anzi, in un’ottica di maggiore garanzia della conservazione degli equilibri complessivi dell’area protetta che includono la presenza dell’uomo.

6.– Quanto poi all’intervento sostitutivo della Giunta regionale, va ricordato che l’art. 19 della legge n. 157 del 1992 attribuisce alla stessa la competenza in materia di controllo faunistico anche a tutela delle coltivazioni agricole.

Ora, queste ultime, gravemente danneggiate dal proliferare dei cinghiali, sono situate, sia all’interno sia all’esterno dell’area protetta, e le coltivazioni contigue ai parchi e alle riserve naturali non potrebbero essere protette dalle incursioni dei cinghiali provenienti dalle suddette aree.

Pertanto, a fronte dell’inadempienza del soggetto gestore del parco relativamente all’attività di controllo degli ungulati, il legislatore regionale è opportunamente intervenuto, tutelando così sia gli equilibri ecologici all’interno delle aree protette, sia le produzioni agricole nelle aree limitrofe, gli uni e le altre compromesse dall’eccessiva proliferazione dei cinghiali.

6.1.– La norma regionale impugnata, quindi, integrando le prescrizioni statali mediante la previsione di uno specifico strumento pianificatorio di controllo, che è rimesso in prima battuta al soggetto gestore del parco e solo eventualmente all’attività della Giunta regionale, individua un meccanismo di chiusura del sistema idoneo a fronteggiare eventuali situazioni di carenza di controllo e a bilanciare le contrapposte esigenze in modo conforme alla Costituzione.

7.– Con lo stesso ricorso il Presidente del Consiglio ha impugnato l’art. 30 della legge reg. Toscana n. 61 del 2020 che, intervenendo sull’art. 37-bis della legge reg. Toscana n. 3 del 1994, ha aggiunto il comma 2-ter, in base al quale il limite al prelievo delle specie in deroga non si cumula con il totale dei capi abbattibili stabilito dall’art. 4, comma 1, della legge della Regione Toscana 10 giugno 2002, n. 20, recante «Calendario venatorio e modifiche alla legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”)».

Il Presidente del Consiglio ritiene la previsione in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 18 della legge n. 157 del 1992, che impone alle Regioni di indicare nel calendario venatorio il numero giornaliero di capi di fauna migratoria abbattibile e che non sarebbe derogabile da alcuna disposizione.

7.1.– La questione non è fondata.

7.2.– La norma impugnata ha modificato l’art. 37-bis della legge n. 3 del 1994, che si riferisce al prelievo in deroga di cui all’art. 9 della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, attuato, nel nostro ordinamento, dall’art. 19-bis della legge n. 157 del 1992 che ne consente il prelievo in deroga agli ordinari divieti di cattura e uccisione.

7.3.– La direttiva n. 2009/147/CE relativa alla conservazione degli uccelli selvatici pone il generale divieto di cattura, uccisione, distruzione dei nidi, detenzione di uova e di esemplari vivi o morti, disturbo ingiustificato o eccessivo degli uccelli selvatici, tuttavia, ai sensi dell’art. 9 della stessa direttiva, è prevista la possibilità di derogare al divieto quando non vi siano altre soluzioni soddisfacenti e in presenza di specifiche esigenze. In particolare, la deroga può essere autorizzata nell’interesse della salute, della sicurezza pubblica e di quella aerea; per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque; per la protezione della flora e della fauna; ai fini della ricerca e dell'insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l'allevamento connesso a tali operazioni; per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità.

7.4.– L’istituto previsto dall’art. 18 della legge n. 157 del 1992, evocato come parametro interposto, si differenzia dal successivo art. 19-bis, in quanto perseguono diverse finalità. Il primo, che pone un limite al prelievo venatorio, è dettato dalla necessità di bilanciare la tutela dell’ambiente con l’attività di caccia, mentre l’autorizzazione al prelievo in deroga è disposta per consentire l’abbattimento o la cattura di uccelli appartenenti alle specie protette in ragione di specifiche esigenze concrete, temporaneamente circoscritte.

7.5.– L’art. 19-bis della legge n. 157 del 1992 prevede, infatti, che le deroghe possono essere disposte dalle regioni e province autonome, con atto amministrativo, in via eccezionale e per periodi limitati, previa analisi puntuale dei presupposti e delle condizioni che le giustificano e con specifica indicazione delle specie cacciabili, dei mezzi, degli impianti e dei metodi di prelievo autorizzati, nonché delle condizioni di rischio e delle circostanze di tempo e di luogo del prelievo, del numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, dei controlli che verranno effettuati e degli organi a ciò incaricati.

Inoltre, lo stesso art. 19-bis prevede che le Regioni dispongano sistemi periodici di verifica allo scopo di sospendere tempestivamente il provvedimento di deroga qualora sia accertato il raggiungimento del numero di capi autorizzato al prelievo o dello scopo, in data antecedente a quella originariamente prevista.

7.6.– Sono, dunque, le specifiche esigenze in vista delle quali viene disposta la deroga a caratterizzare l’istituto di cui all’art. 19-bis della legge n. 157 del 1992 e a condizionare il computo dei capi da abbattere, nonché a determinare, eventualmente, la sospensione dell’efficacia della deroga, qualora sia accertato l’avvenuto raggiungimento dello scopo perché la consistenza della popolazione da prelevare si sia ridotta per effetto di altri fattori, quali, eventualmente, lo stesso esercizio della caccia.

8.– L’art. 18 legge n. 157 del 1992, che lo Stato ha indicato quale norma interposta, disciplina, invece, l’esercizio dell’attività venatoria, indicando le specie cacciabili e i periodi in cui può essere esercitata; il comma 4 dell’art. 18 impone alle Regioni di indicare il numero massimo di capi da abbattere per ciascuna giornata di attività venatoria, in coerenza con il regime della caccia programmata a cui è informata la legge n. 157 del 1992, che mira a contemperare le esigenze di tutela della fauna selvatica e la necessità della conservazione delle sue capacità riproduttive e del mantenimento di una densità ottimale con la disciplina dell’esercizio venatorio.

9.– Pertanto, il numero dei capi complessivi giornalieri cacciabili con riferimento alle specie nocive oggetto della deroga non debbono essere computati nel numero massimo dei capi previsti giornalmente dalla caccia programmata giacché altrimenti i cacciatori sarebbero disincentivati all’abbattimento dei capi nocivi in favore di altre specie più appetibili.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 24 e 30 della legge della Regione Toscana 15 luglio 2020, n. 61 (Gestione e tutela della fauna selvatica sul territorio regionale. Modifiche alla l.r. 3/1994), promosse, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione, rispettivamente, all’art. 22, comma 6, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) e all’art. 18, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2021.