SENTENZA N.
22
ANNO 2021
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo
CORAGGIO;
Giudici: Giuliano
AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto
Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca
ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nei giudizi di
legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della
Regione Calabria 25 novembre 2019, n. 47 (Modifiche alla legge regionale 16
maggio 2013, n. 24 e principi generali per la costituzione dell’Agenzia
Regionale Sviluppo aree industriali), introduttivo dell’art. 6-bis della legge della
Regione Calabria 16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali,
fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con
esclusione del settore sanità), promossi dal Presidente del Consiglio dei
ministri, con ricorso
notificato il 20-24 gennaio 2020, depositato in cancelleria il 28 gennaio 2020,
iscritto al n. 4 del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2020, e
dalla Camera arbitrale per i contratti pubblici presso l’Autorità nazionale
anticorruzione (ANAC), con ordinanza
dell’8 luglio 2020, iscritta al n. 149 del registro ordinanze 2020 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale,
dell’anno 2020.
Visti gli atti di
costituzione della Regione Calabria, del Consorzio regionale per lo sviluppo
delle attività produttive (CORAP) in liquidazione coatta amministrativa, nonché
gli atti di intervento di Fedele De Novellis, Maria Pisani, Cosimo Pisani e
della Regione Calabria;
udito nell’udienza
pubblica del 26 gennaio 2021 il Giudice relatore Stefano Petitti;
uditi l’avvocato
Giovanni Battista Policastri per Fedele De Novellis, Maria Pisani e Cosimo
Pisani, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del
Presidente della Corte del 30 ottobre 2020, l’avvocato dello Stato Marco
Corsini per il Presidente del Consiglio dei ministri, gli avvocati Domenico
Gullo e Antonella Coscarella per la Regione Calabria, in collegamento da
remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30
ottobre 2020, l’avvocato Fabrizio Pavarotti per il CORAP in liquidazione coatta
amministrativa;
deliberato nella camera
di consiglio del 26 gennaio 2021.
1.– Con ricorso
depositato il 28 gennaio 2020, iscritto al reg. ric. n. 4 del 2020, il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, ha impugnato l’art. l della legge della Regione Calabria
25 novembre 2019, n. 47 (Modifiche alla legge regionale 16 maggio 2013, n. 24 e
principi generali per la costituzione dell’Agenzia Regionale Sviluppo aree
industriali), per violazione dell’art. 117, secondo
comma, lettera l), della Costituzione.
Ad avviso del
ricorrente, la norma impugnata, aggiungendo l’art. 6-bis della legge della
Regione Calabria 16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali,
fondazioni, agenzie regionali, società e consorzi comunque denominati, con
esclusione del settore sanità), che prevede l’assoggettabilità del Consorzio
regionale per lo sviluppo delle attività produttive (CORAP) a liquidazione
coatta amministrativa, avrebbe invaso le materie «giurisdizione e norme
processuali» e «ordinamento civile», riservate alla potestà legislativa
esclusiva dello Stato.
Il ricorrente espone
che, in applicazione dell’art. 6-bis della legge reg. Calabria n. 24 del 2013,
la Giunta regionale, con deliberazione del 20 dicembre 2019, n. 610, ha
disposto la messa in liquidazione coatta amministrativa del CORAP e che il
Presidente della Giunta, con decreto del 23 dicembre 2019, n. 344, provvedendo
in conformità, ha nominato il commissario liquidatore e stabilito la
prosecuzione dell’attività del Consorzio per dodici mesi.
Secondo il Presidente
del Consiglio dei ministri, la norma impugnata, prevedendo l’assoggettabilità
del CORAP a liquidazione coatta amministrativa, «indebitamente estende[rebbe] l’ambito soggettivo di applicazione della
procedura», posto che, come rilevato da questa Corte con la sentenza n. 25 del
2007, solo la legge statale può determinare quali imprese rientrino in
quell’ambito, a norma dell’art. 2, primo comma, del regio decreto 16 marzo
1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo,
dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa).
Oltre che sotto il
profilo generale dell’assoggettabilità del CORAP a liquidazione coatta
amministrativa, la norma impugnata violerebbe l’evocato parametro anche laddove
disciplina particolari aspetti della procedura, segnatamente in tema di
prosecuzione provvisoria dell’attività, sorte dei contratti di appalto e
processi in corso, peraltro attribuendo alla Regione, quale «Autorità di
vigilanza», poteri riservati all’autorità giudiziaria.
1.1.– Sono intervenuti
ad adiuvandum Fedele De Novellis, Maria Pisani e
Cosimo Pisani, quali creditori del CORAP.
1.2.– Si è costituita
in giudizio la Regione Calabria, chiedendo che la questione sia dichiarata
inammissibile o non fondata.
La resistente assume di
poter estendere con propria legge l’applicazione della liquidazione coatta
amministrativa nei confronti del CORAP, giacché questo, essendo un consorzio di
sviluppo industriale, è un ente pubblico economico soggetto a vigilanza regionale.
Non sarebbe pertinente
il richiamo alla sentenza
n. 25 del 2007, sia in ragione della diversità della fattispecie, che
allora riguardava le Unità sanitarie locali, sia per effetto del «mutato quadro
normativo»: l’art. 15 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni
urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni,
nella legge 15 luglio 2011, n. 111, avrebbe infatti esteso l’applicazione della
procedura di liquidazione a tutti gli enti pubblici.
Peraltro, la norma
impugnata, lungi dal derogare alla disciplina statale della liquidazione coatta
amministrativa, si limiterebbe ad adattarne i principi
alla fattispecie.
2.– Con ordinanza
dell’8 luglio 2020, iscritta al reg. ord. n. 149 del
2020, la Camera arbitrale per i contratti pubblici presso l’Autorità nazionale
anticorruzione (ANAC) ha sollevato questioni incidentali di legittimità
costituzionale dell’art. l della legge reg. Calabria n. 47 del 2019, per
contrasto con gli artt.
3 e 117, secondo
comma, lettera l), Cost.
Il rimettente espone
che il collegio arbitrale è chiamato a decidere una controversia tra la
concessionaria DECA srl e il CORAP, quest’ultimo
subentrato al Consorzio di sviluppo industriale della Provincia di Catanzaro,
avente ad oggetto i criteri di determinazione del corrispettivo di gestione di
una piattaforma depurativa consortile sita nell’area industriale di Lamezia
Terme.
Ad avviso dell’organo
arbitrale a quo, la norma censurata, prevedendo l’assoggettabilità del CORAP a
liquidazione coatta amministrativa, avrebbe invaso la competenza statale
esclusiva nelle materie «giurisdizione e norme processuali» e «ordinamento
civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., come evincibile
dalla sentenza
n. 25 del 2007.
La norma regionale
sarebbe inoltre lesiva del principio di eguaglianza, poiché renderebbe
applicabile la procedura di liquidazione coatta amministrativa «senza
individuare una categoria generale ed astratta, ma limitandosi ad estendere la
disciplina comune di fonte statale a un soggetto storicamente determinato», per
di più mediante richiami parziali, sicché «viene forgiata una procedura di
liquidazione coatta amministrativa sui generis, la quale reca dei tratti
eccentrici rispetto a quelli tipici della legge fallimentare».
Argomentata la natura
rituale del proprio arbitrato e richiamata la legittimazione degli arbitri a
sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale, il rimettente
stima rilevanti le sollevate questioni, poiché la sottoposizione del CORAP alla
procedura di liquidazione coatta amministrativa avrebbe l’effetto di rendere improseguibile il giudizio arbitrale innanzi a sé, attesa
la devoluzione concorsuale di ogni accertamento debitorio, ai sensi del
combinato disposto degli artt. 52 e 201 della legge fallimentare; il rimettente
osserva, inoltre, che l’eventuale accoglimento del ricorso del Presidente del
Consiglio dei ministri di cui al reg. ric. n. 4 del 2020 determinerebbe,
insieme al ritorno in bonis del CORAP, la decadenza del commissario
liquidatore, costituitosi nel giudizio arbitrale.
2.1.– È intervenuta in
giudizio la Regione Calabria, che ha chiesto dichiararsi le questioni
inammissibili o, in subordine, non fondate.
L’inammissibilità
deriverebbe sia dalla genericità delle questioni medesime, riferite
indistintamente alle varie disposizioni introdotte dall’art. 1 della legge reg.
Calabria n. 47 del 2019, sia dal difetto di rilevanza, atteso che il giudizio
arbitrale a quo non verte sull’accertamento di un credito verso il CORAP, ma
sulla sola determinazione del relativo criterio di calcolo.
Nel merito, la Regione
Calabria svolge argomenti analoghi a quelli dell’atto di costituzione nel
giudizio di cui al reg. ric. n. 4 del 2020, aggiungendo che anche altre
legislazioni regionali hanno previsto l’assoggettabilità dei consorzi di
sviluppo industriale a liquidazione coatta amministrativa.
2.2.– Si è costituito
in giudizio il CORAP in liquidazione coatta amministrativa, che ha chiesto
dichiararsi le questioni inammissibili o, in subordine, non fondate, previa
trattazione congiunta delle stesse con quella di cui al reg. ric. n. 4 del
2020.
L’inammissibilità
discenderebbe dal difetto di motivazione sulla rilevanza, non avendo il
rimettente chiarito perché il giudizio innanzi a sé diverrebbe improseguibile a seguito della sottoposizione del CORAP a
liquidazione coatta amministrativa.
Affermata la non
pertinenza del precedente di cui alla sentenza n. 25 del
2007 in considerazione dell’eterogeneità della fattispecie, ed evidenziata
la ricorrenza di altra legislazione regionale analoga a quella calabrese, la
difesa del CORAP reputa infondata la questione relativa all’art. 117, secondo
comma, lettera l), Cost., poiché nulla indurrebbe a considerare la riserva di
legge sancita dall’art. 2, primo comma, della legge fallimentare – circa la
determinazione delle imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, dei
casi per i quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e
dell’autorità competente a disporla – come una riserva di legge statale; ove si
ritenesse altrimenti, la riserva stessa sarebbe costituzionalmente illegittima,
perché «in contrasto con il principio di uguaglianza e con la potestà
legislativa esclusiva delle Regioni, soprattutto nella materia dell’ordinamento
dei propri enti strumentali», e in merito a ciò questa Corte dovrebbe procedere
ad autorimessione.
Non fondata sarebbe
anche la questione relativa all’art. 3 Cost., poiché il CORAP non è un soggetto
isolato, ma l’ente di accorpamento di tutti i consorzi di sviluppo industriale
del territorio calabrese, sicché la Regione Calabria non avrebbe leso il
principio di eguaglianza nello stabilire che un’intera categoria di propri enti
strumentali sia assoggettabile a liquidazione coatta amministrativa; ove si
ritenesse che l’art. 15 del d.l. n. 98 del 2011, come
convertito, nel prevedere l’assoggettabilità a liquidazione coatta
amministrativa degli enti sottoposti a vigilanza statale, escluda
l’assoggettabilità alla medesima procedura degli enti sottoposti a vigilanza
regionale pur in identica condizione di dissesto, sarebbe detta ultima norma a
violare l’art. 3 Cost., e anche in merito a ciò questa Corte dovrebbe procedere
ad autorimessione.
La difesa del CORAP
reputa che, qualora si negasse la sottoposizione a liquidazione coatta
amministrativa dell’ente pubblico economico soggetto a vigilanza regionale, si
determinerebbe un «paradosso giuridico», poiché, attesa la non fallibilità
degli enti pubblici, si configurerebbe «un’impresa che opera sul mercato, ma è
sottratta ad ogni procedura concorsuale».
Solo nell’alveo di una
procedura concorsuale potrebbe invece trovare attuazione la par condicio creditorum,
e per l’effetto «i soggetti deboli – in primis, i lavoratori dell’ente
dissestato –, che non sarebbero tutelati adeguatamente da una liquidazione di
tipo civilistico, possono essere soddisfatti con il rango privilegiato che
dev’essere loro riconosciuto nella formazione dello stato passivo».
In via di estremo
subordine, la difesa del CORAP chiede che la declaratoria di illegittimità
costituzionale non attinga tutte le disposizioni introdotte dall’art. l della
legge reg. Calabria n. 47 del 2019, ma soltanto quelle cui sono state rivolte
censure specifiche.
Osserva invero il
Consorzio che la caducazione dell’intera procedura di liquidazione coatta
amministrativa – nell’ambito della quale si è svolto un lungo periodo di
esercizio provvisorio – produrrebbe conseguenze «disastrose» sul piano
economico, finanziario e sociale, e lo stesso ritorno in bonis dell’ente
sarebbe tale solo in senso giuridico, ma impossibile nei fatti.
3.– In prossimità
dell’udienza, la Regione Calabria ha depositato memoria nel giudizio di cui al
reg. ric. n. 4 del 2020.
1.– Il Presidente del
Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. l della legge della Regione Calabria
25 novembre 2019, n. 47 (Modifiche alla legge regionale 16 maggio 2013, n. 24 e
principi generali per la costituzione dell’Agenzia Regionale Sviluppo aree
industriali), che, aggiungendo l’art. 6-bis della legge della Regione Calabria
16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie
regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore
sanità), ha previsto l’assoggettabilità del Consorzio regionale per lo sviluppo
delle attività produttive (CORAP) a liquidazione coatta amministrativa (reg.
ric. n. 4 del 2020).
2.– La medesima
disposizione è stata censurata in via incidentale dalla Camera arbitrale per i
contratti pubblici presso l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), investita
di una controversia tra il CORAP e un suo concessionario (reg. ord. n. 149 del 2020).
3.– In entrambi i
giudizi viene evocato il parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera
l), della Costituzione, poiché si ipotizza che la norma regionale abbia invaso
le materie «giurisdizione e norme processuali» e «ordinamento civile»,
riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
3.1.– Nel giudizio
incidentale è evocato anche il parametro di cui all’art. 3 Cost., poiché la
norma censurata avrebbe previsto per il dissesto del CORAP un ingiustificato
trattamento speciale.
4.– In via preliminare,
occorre riunire i giudizi, perché siano decisi con unica sentenza, avendo essi
ad oggetto la stessa disposizione di legge regionale e avendo in comune il
parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., fermo che alla
riunione non osta di per sé la differente natura – principale e incidentale –
dei giudizi medesimi (ad esempio, sentenza n. 228
del 2016).
5.– Ancora in via
preliminare, deve essere confermata l’ordinanza dibattimentale allegata a
questa sentenza, con la quale è stato dichiarato inammissibile l’intervento
spiegato da Fedele De Novellis e altri nel giudizio di cui al reg. ric. n. 4
del 2020.
6.– L’esame di merito
delle questioni sollevate nel giudizio di cui al reg. ord.
n. 149 del 2020 non è precluso dalle eccezioni di inammissibilità formulate
dalle difese della Regione Calabria e del CORAP.
6.1.– Il rimettente ha
censurato in radice la norma che consente di porre il CORAP in liquidazione
coatta amministrativa, e pertanto le questioni, pur dove riferite alla norma
che conferisce quel potere, anziché alle disposizioni di dettaglio che ne
regolano l’esercizio, non tradiscono affatto la genericità eccepita dalla
difesa regionale.
6.2.– Circa la
motivazione sulla rilevanza delle questioni medesime – insufficiente ad avviso
delle predette difese – il rimettente ha argomentato che la concorsualità
della liquidazione coatta amministrativa renderebbe improseguibile,
per il combinato disposto degli artt. 52 e 201 del regio decreto 16 marzo 1942,
n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo,
dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa),
il giudizio arbitrale volto a definire il criterio di determinazione di un
debito consortile, e tale argomentazione supera il vaglio di non implausibilità, che questa Corte è chiamata ad effettuare
ai fini dell’ammissibilità delle questioni incidentali (ex plurimis,
sentenze n. 270,
n. 224 e n. 32 del 2020,
n. 85 del 2017
e n. 228 del
2016; ordinanze
n. 117 del 2017 e n. 47 del 2016).
7.– Nel merito, la
questione sollevata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost. è fondata.
8.– A norma dell’art.
2, primo comma, della legge fallimentare, «[l]a legge determina le imprese
soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la
liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente
a disporla».
Rispetto al modello
generale del fallimento, quindi, la liquidazione coatta amministrativa si
configura come una procedura concorsuale di carattere speciale, la cui
applicazione esige un’apposita previsione di legge; in presenza della quale,
tuttavia, la procedura speciale è anche tendenzialmente esclusiva, poiché, ai
sensi dell’art. 2, secondo comma, della legge fallimentare, «[l]e imprese
soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento,
salvo che la legge diversamente disponga».
8.1.– La circostanza
che gli enti pubblici, quand’anche esercenti attività d’impresa, siano
istituzionalmente esclusi dall’ambito applicativo del fallimento (artt. 1,
primo comma, della legge fallimentare e 2221 del codice
civile) non implica quindi che essi siano automaticamente suscettibili
di liquidazione coatta amministrativa, occorrendo pur sempre una norma di legge
che lo preveda.
D’altronde, le
determinazioni del legislatore in questa delicata materia sono caratterizzate
da una discrezionalità ampia, che può esplicarsi in indirizzi sistematici i più
diversi, come testimonia la disciplina – peraltro non ancora in vigore – del
decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante «Codice della crisi
d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155»,
la quale, ribadito che «[l]a liquidazione coatta amministrativa è il
procedimento concorsuale amministrativo che si applica nei casi espressamente
previsti dalla legge» (art. 293, comma 1), compie la radicale opzione di
escludere l’applicazione dell’istituto, come regolato dal medesimo codice, per
tutti gli enti pubblici (art. 294, comma 3).
8.2.– Da tempo, e in
più occasioni, questa Corte ha evidenziato come la liquidazione coatta
amministrativa si connoti per le sue finalità spiccatamente pubblicistiche, che
la differenziano sotto molteplici aspetti dalla procedura fallimentare (sentenze n. 363
del 1994, n.
159 del 1975 e n. 87 del 1969).
Ancora di recente,
dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate a
proposito dell’estraneità della liquidazione coatta amministrativa alla tutela
indennitaria per violazione della ragionevole durata del processo, questa
Corte, nella sentenza
n. 12 del 2020, ha confermato che tale procedura si differenzia dal
fallimento, viceversa rilevante agli effetti di quella tutela, appunto per le
finalità pubblicistiche che la caratterizzano, in quanto essa «riguarda imprese
che, pur operando nell’ambito del diritto privato, involgono tuttavia
molteplici interessi o perché attengono a particolari settori dell’economia
nazionale, in relazione ai quali lo Stato assume il compito della difesa del
pubblico affidamento, o perché si trovano in rapporto di complementarietà, dal
punto di vista teleologico e organizzativo, con la pubblica amministrazione».
I peculiari tratti
pubblicistici della procedura liquidatoria inevitabilmente si riflettono sul
piano dei rapporti esterni, e «[l]a tutela dei creditori di imprese sottoposte
a procedura di liquidazione coatta amministrativa assume […] una connotazione
doppiamente differenziata, rispetto a quella di altri creditori in sede
concorsuale, in quanto gli interessi pubblici che giustificano la procedura
amministrativa, per un verso, in qualche misura attenuano il rilievo del
singolo diritto di credito e, per altro verso, rafforzano, però, la prospettiva
finale di soddisfazione del credito, come effetto riflesso del concorrente
obiettivo, di mantenimento in attività del complesso produttivo dell’azienda
debitrice, perseguibile dalla procedura amministrativa» (ancora, sentenza n. 12 del
2020).
9.– Le ragioni di
tutela dei creditori appaiono centrali nell’impianto argomentativo della sentenza n. 25 del
2007, che costituisce un precedente assai prossimo alla fattispecie
odierna. In essa si afferma, infatti, che l’art. 2, primo comma, della legge
fallimentare, ove stabilisce che il novero delle imprese soggette a
liquidazione coatta amministrativa, i casi in cui può essere disposta e
l’autorità competente a disporla sono determinati dalla «legge», si riferisce
unicamente alla legge statale, la sola «idonea ad incidere […] sul regime,
sostanziale e processuale, delle situazioni soggettive coinvolte nella
procedura».
Nello scrutinio
riferito al parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.,
tale sentenza ha giudicato irrilevante la stessa natura amministrativa della
liquidazione coatta, per essere invece preminente la considerazione dei
«rilevanti effetti sulla tutela giurisdizionale dei crediti», che la procedura
medesima determina.
Non vi è dubbio,
infatti, che la sottoposizione del debitore alla procedura concorsuale di
carattere speciale implichi una deroga marcata alle regole ordinarie di
accertamento dei crediti e di responsabilità patrimoniale, risolvendosi in una
tutela differenziata del ceto creditorio, e che questa non possa essere
definita in modo disomogeneo dalle singole legislazioni regionali, dovendo
viceversa corrispondere all’esigenza di uniformità sottesa alla riserva di
competenza statale.
9.1.– Le difese della
Regione Calabria e del CORAP assumono che il precedente di cui alla sentenza n. 25 del
2007, in quanto relativo alle gestioni liquidatorie delle Unità sanitarie
locali, non sia pertinente alla fattispecie oggi in esame, che viceversa
riguarda enti pubblici economici, quali sono i consorzi di sviluppo
industriale.
In realtà, il
menzionato precedente è focalizzato piuttosto sugli effetti della procedura,
che sul soggetto a questa sottoposto, e infatti vi si afferma che, ai fini
della questione di competenza, «non è rilevante la circostanza che la norma
censurata riguardi enti (già) operanti nel settore sanitario, ma la concreta
disciplina – in sé considerata – posta in essere dalla norma».
La qualificazione di
enti pubblici economici attribuita ai consorzi di sviluppo industriale
dall’art. 2, comma 1, della legge della Regione Calabria 24 dicembre 2001, n.
38 (Nuovo regime giuridico dei Consorzi per le Aree, i Nuclei e le Zone di
Sviluppo Industriale) – peraltro in sintonia con la trasformazione privatistica
di tali enti già operata in linea generale dall’art. 36, comma 4, della legge 5
ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole
imprese) – non interferisce, quindi, di per sé, con le forme e le modalità
della tutela giurisdizionale dei crediti sorti nei loro confronti.
Sul medesimo piano è
egualmente irrilevante che i consorzi di sviluppo industriale siano enti
strumentali della Regione e sottoposti alla vigilanza di questa (art. 2, comma
2, della legge reg. Calabria n. 38 del 2001), poiché il doveroso controllo
regionale, peraltro concentrato «sui piani economici e finanziari dei consorzi»
(art. 36, comma 4, della legge n. 317 del 1991), costituisce semmai una ragione
di più forte affidamento dei creditori circa la finale solvibilità dell’ente
vigilato.
9.2.– Neppure persuade
la tesi difensiva della Regione Calabria, secondo la quale il più volte
menzionato precedente di cui alla sentenza n. 25 del
2007 sarebbe divenuto ormai inattuale per la sopravvenienza dell’art. 15
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15
luglio 2011, n. 111.
Invero, questa
disposizione concerne esclusivamente gli enti sottoposti alla vigilanza dello
Stato, per i quali essa prevede – laddove la situazione economica, finanziaria
e patrimoniale dell’ente raggiunga un livello di criticità tale da non potere
assicurare la sostenibilità e l’assolvimento delle funzioni indispensabili,
ovvero qualora l’ente stesso non possa fare fronte ai debiti liquidi ed
esigibili nei confronti dei terzi – la sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa
con decreto del Ministro vigilante, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze.
Con ogni evidenza, si
tratta di una disposizione riferita a una categoria soggettivamente
qualificata, cui non appartengono gli enti sottoposti alla vigilanza regionale,
né, quindi, i consorzi di sviluppo industriale, e, tra questi, il CORAP, ente
di accorpamento dei consorzi operanti nelle Province calabresi (art. 5 della
legge reg. Calabria n. 24 del 2013).
9.3.– La difesa del
CORAP lamenta che il quadro normativo così ricostruito impedisce alla Regione
Calabria di regolare in termini concorsuali il dissesto di un proprio ente
strumentale, ciò che sarebbe lesivo dell’autonomia regionale, e finanche
irragionevole, atteso che per gli enti a vigilanza regionale possono darsi le
medesime situazioni di dissesto indicate per gli enti a vigilanza statale
dall’art. 15 del d.l. n. 98 del 2011, come
convertito.
L’argomento non
convince, in quanto l’eventuale analogia delle condizioni di dissesto degli
enti strumentali non è di per sé sufficiente a investire ogni singola Regione
del potere di definire proprie e autonome forme di risoluzione, le quali,
viceversa, appunto per le ricadute immediate sulla tutela giurisdizionale dei
diritti dei creditori, non possono che essere omogenee a livello nazionale,
come emerge dalla ratio – ancora attuale – della sentenza n. 25 del
2007.
9.4.– Le ragioni prima
esposte circa la riconducibilità della previsione di strumenti concorsuali
finalizzati alla liquidazione di enti pubblici economici alla competenza
esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, giurisdizione e norme
processuali escludono che possa essere accolta la richiesta, formulata dalla
difesa del CORAP, di autorimessione della questione
di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge fallimentare, ove
interpretato nel senso che la legge abilitata a dettare una simile disciplina
sia solo quella statale, come anche l’analoga istanza, proposta dalla stessa
difesa, con riferimento ai limiti soggettivi di applicazione della procedura
liquidatoria di cui all’art. 15 del d.l. n. 98 del
2011, come convertito.
Tuttavia, questa Corte
non può esimersi dal segnalare che l’odierno assetto normativo appare carente
di una disciplina uniforme di fonte statale idonea a consentire la risoluzione
delle crisi di solvibilità degli enti strumentali vigilati dalle Regioni, e,
tra questi, dei consorzi di sviluppo industriale.
L’opzione per l’impiego
in casi siffatti della procedura di liquidazione coatta amministrativa – opzione
non isolata nel contesto della legislazione regionale, come rilevato dalle
difese della Regione Calabria e del CORAP – evidenzia la necessità di un
intervento regolativo dello Stato, che, tenuta ferma l’omogeneità di una
disciplina pur sempre incidente sull’ordinamento civile e processuale, permetta
tuttavia alle Regioni di fronteggiare situazioni critiche di notevole impatto
sulle comunità territoriali.
10.– In definitiva, va
dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. l della legge reg. Calabria
n. 47 del 2019, introduttivo dell’art. 6-bis della legge reg. Calabria n. 24
del 2013, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
10.1.– La questione
sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. resta assorbita.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. l della legge della Regione Calabria
25 novembre 2019, n. 47 (Modifiche alla legge regionale 16 maggio 2013, n. 24 e
principi generali per la costituzione dell’Agenzia Regionale Sviluppo aree
industriali), introduttivo dell’art. 6-bis della legge della Regione Calabria
16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie
regionali, società e consorzi comunque denominati, con esclusione del settore
sanità).
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 gennaio
2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO,
Presidente
Stefano PETITTI,
Redattore
Roberto MILANA,
Direttore della Cancelleria
Depositata in
Cancelleria il 17 febbraio 2021.