Sentenza n. 25 del 2007

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SENTENZA N. 25

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Franco                                 BILE                                                  Presidente

-  Giovanni Maria                   FLICK                                               Giudice

-  Francesco                            AMIRANTE                                             "

-  Ugo                                     DE SIERVO                                             "

-  Romano                              VACCARELLA                                       "

-  Paolo                                   MADDALENA                                        "

-  Alfio                                   FINOCCHIARO                                      "

-  Alfonso                               QUARANTA                                            "

-  Franco                                 GALLO                                                     "

-  Luigi                                   MAZZELLA                                             "

-  Gaetano                              SILVESTRI                                              "

-  Sabino                                 CASSESE                                                 "

-  Maria Rita                           SAULLE                                                   "

-  Giuseppe                             TESAURO                                                "

-  Paolo Maria                         NAPOLITANO                                        "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3-bis, della legge della Regione Puglia 9 dicembre 2002, n. 20 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002), introdotto dall’art. 43, comma 2, della legge della medesima Regione 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia), come modificato dall’art. 32, della legge della medesima Regione 7 gennaio 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2004 e bilancio pluriennale 2004-2006 della Regione Puglia); dell’art. 11, commi 3-ter e 3-quater, della citata legge regionale n. 20 del 2002, introdotti dall’art. 43, comma 2, della citata legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 1, della citata legge regionale n. 1 del 2004; dell’art. 11, commi 3-ter 1e 3-ter 2, introdotti dall’art. 20, comma 1, della legge della Regione Puglia 4 agosto 2004, n. 14 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2004); dell’art. 43, comma 3, della citata legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 2, della citata legge regionale n. 1 del 2004; dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Puglia 14 gennaio 1998, n. 1 (Esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998), introdotto dall’art. 31 della citata legge regionale n. 1 del 2004; promossi con ordinanze del 4 ottobre 2004 dalla Corte d’appello di Torino, del 3 giugno 2005 dal Tribunale ordinario di Lecce e del 20 novembre 2005 dal Tribunale ordinario di Trani, rispettivamente iscritte ai numeri 233 e 489 del registro ordinanze 2005 e al n. 290 del registro ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 18 e 40, prima serie speciale, dell’anno 2005 e n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2006.

          Visti gli atti di costituzione dell’Associazione Le Patriarche Italia Onlus, della Gestione liquidatoria dell’ex USL FG/2 di San Severo in liquidazione coatta amministrativa, di Antonio Campanella ed altri, della Regione Puglia, nonché l’atto di intervento della medesima Regione;

          udito nell’udienza pubblica del 9 gennaio 2007 il Giudice relatore Romano Vaccarella;

          uditi gli avvocati Beniamino Caravita di Toritto, Luciano Ancora e Gianluigi Pellegrino per la Regione Puglia, Vittorio Russi per la Gestione liquidatoria dell’ex-USL FG/2 di San Severo in 1iquidazione coatta amministrativa e Maurizio Zoppolato per l’Associazione Le Patriarche Italia Onlus.

Ritenuto in fatto

         1.– La Corte d’appello di Torino, con ordinanza del 4 ottobre 2004, ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’ art. 11, comma 3-bis, della legge della Regione Puglia 9 dicembre del 2002, n. 20 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002), introdotto dall’art. 43, comma 2, della legge della medesima Regione 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia), come modificato dall’art. 32 della legge della medesima Regione 7 gennaio 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2004 e bilancio pluriennale 2004-2006 della Regione Puglia), nella parte in cui prevede «l’attribuzione alla Regione Puglia di poteri legislativi in materia sottratta alla competenza regionale, non attenendo la materia disciplinata dalla succitata norma al settore sanitario, ma piuttosto a quello finanziario e processuale di competenza esclusiva dello Stato italiano».

         1.1.– Il giudice rimettente premette, in fatto, che la gestione liquidatoria della cessata Unità sanitaria locale Foggia 2, parte appellata, ha chiesto che sia dichiarata l’interruzione del processo in applicazione dell’art. 11, comma 3-bis, della citata legge regionale n. 20 del 2002, il quale prevede l’assoggettabilità delle gestioni liquidatorie al regime della liquidazione coatta amministrativa di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa).

         1.2.– In ordine alla rilevanza della questione, il giudice rimettente osserva che la questione «appare rilevante, quanto meno, ai fini della decisione dell’istanza di interruzione».

         1.3.– In ordine alla non manifesta infondatezza della questione, il medesimo giudice osserva che, con la norma censurata, la Regione Puglia ha legiferato «in una materia sottratta alla competenza legislativa delle Regioni, e cioè, in materia finanziaria e non strettamente sanitaria, oltre che in materia processuale», sì da «sottrarre l’esame di una controversia civile al giudice ordinario (inteso come giudice competente per materia e territorio) per trasferirlo alla competenza del giudice della liquidazione coatta amministrativa», in violazione anche dell’art. 2 del regio decreto n. 267 del 1942 (legge fallimentare) «che attribuisce tale potere alla "legge” da intendersi come legge nazionale» e non anche regionale.

         La Regione, pertanto, ha violato l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (nella sua attuale formulazione), arrogandosi «poteri legislativi in materia di natura finanziaria e processuale, e non prettamente sanitaria».

         1.4.– Si è costituita nel giudizio davanti alla Corte la «gestione liquidatoria della ex USL FG/2 di San Severo in liquidazione coatta amministrativa», in persona del commissario liquidatore, la quale ha chiesto dichiararsi inammissibile e, comunque, infondata la questione.

         1.4.1.– La deducente, premesso di essere stata posta in liquidazione coatta amministrativa, come tutte le altre gestioni liquidatorie delle soppresse unità sanitarie locali della Regione Puglia, con decreto del Presidente della Giunta regionale 18 aprile 2003, n. 261, e di avere, conseguentemente, chiesto la dichiarazione di improcedibilità o improseguibilità o, comunque, di interruzione del giudizio a quo, dovendo – secondo consolidata giurisprudenza di legittimità – ogni pretesa creditoria essere fatta valere nel procedimento di verificazione dello stato passivo, nell’ambito della procedura concorsuale, eccepisce, in primo luogo, l’irrilevanza della questione, dal momento che l’assoggettamento alla liquidazione coatta amministrativa comporta, necessariamente, la improcedibilità o improseguibilità del giudizio di appello.

         1.4.2.– In secondo luogo, la deducente osserva che il giudice rimettente sospetta la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto la norma denunciata non atterrebbe «al settore sanitario, ma piuttosto a quello finanziario e processuale». Sennonché il parametro costituzionale evocato contempla le materie «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», non anche la materia finanziaria; «ne discende che risulta del tutto generica e nebulosa la censura mossa» e «ciò rende inammissibile la questione».

         1.4.3.– Infine, la deducente sostiene che la norma censurata rientra nella competenza regionale in materia sanitaria, «non essendo dubitabile che l’assoggettamento alla liquidazione coatta amministrativa delle gestioni liquidatorie delle soppresse USL risponda alla finalità di controllo della spesa sanitaria e costituisca uno strumento di ripiano del disavanzo della spesa sanitaria regionale»; donde la infondatezza della questione.

         1.5.– E’ intervenuta nel giudizio la Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta pro tempore, la quale ha concluso per l’inammissibilità e l’infondatezza della questione.

         1.6.– In prossimità dell’udienza, la «gestione liquidatoria della ex USL FG/2 di San Severo in liquidazione coatta amministrativa», ha depositato memoria con la quale, preliminarmente, ribadisce l’eccezione di inammissibilità della questione per irrilevanza, osservando che l’assoggettamento alla liquidazione coatta amministrativa comporta, non già l’interruzione, ma l’improseguibilità del giudizio.

         Ribadisce, altresì, l’eccezione di inammissibilità della questione, in quanto il parametro costituzionale evocato contempla le materie «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa» e non anche la materia finanziaria.

         1.6.1.– Nel merito, la deducente riafferma la tesi che la norma censurata rientra nelle materie sanitaria e finanziaria, di competenza legislativa regionale ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. In particolare, osserva che – in armonia con quanto dispone l’art. 4, comma 3, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito, con modificazioni, nella legge 16 novembre 2001, n. 405, circa la copertura degli eventuali disavanzi di gestione da parte delle Regioni «con le modalità stabilite da norme regionali» – l’assoggettamento alla liquidazione coatta amministrativa delle gestioni liquidatorie delle soppresse unità sanitarie locali risponde alla finalità di controllo della spesa sanitaria e costituisce, appunto, una delle misure idonee al contenimento di detta spesa. D’altronde, la liquidazione coatta amministrativa, con il suo carattere di procedura eminentemente amministrativa, cui più volte la Corte costituzionale ha riconosciuto piena legittimità, rappresenta «una mera variante procedurale delle gestioni liquidatorie degli enti soppressi».

         La norma censurata, secondo la deducente, non comporta nemmeno violazione dell’art. 2 della legge fallimentare («La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla»), in quanto la «legge», cui esso rinvia, ben può essere una legge regionale, nelle materie di competenza legislativa delle Regioni.

         Infine, come è stato più volte affermato dalla Corte costituzionale, nella liquidazione coatta amministrativa l’obbligatorietà del preventivo espletamento del procedimento amministrativo per l’accertamento dei crediti non comporta illegittima limitazione della tutela giurisdizionale, ma solo un semplice differimento di questa.

         1.7.– L’interventrice Regione Puglia, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, eccepita, in via preliminare, l’inammissibilità della questione per erronea indicazione del parametro costituzionale, nel merito, osserva che, a seguito della riforma costituzionale del 2001, le Regioni sono divenute titolari, in materia sanitaria, di una competenza legislativa concorrente dai confini più ampi rispetto a quella del previgente art. 117 Cost. Infatti, la Corte costituzionale ha riconosciuto che nel nuovo Titolo V la materia «tutela della salute», di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost., è assai più ampia rispetto alla precedente materia «assistenza sanitaria ed ospedaliera» (da ultimo, sentenze n. 181 del 2006 e n. 270 del 2005). Nella materia «tutela della salute» non può, dunque, non rientrare «anche tutta quella disciplina attinente l’organizzazione del servizio sanitario».

         Posto che, a seguito della soppressione delle unità sanitarie locali, è stata realizzata come statuito dalla giurisprudenza di legittimità una sorta di successione ex lege delle Regioni nei rapporti obbligatori già di pertinenza delle gestioni liquidatorie delle soppresse USL, la decisione della Regione Puglia di assoggettare le predette gestioni liquidatorie alla procedura di liquidazione coatta amministrativa è una scelta «totalmente riconducibile alle modalità gestionali-operative, che la Regione ha compiuto all’interno di un proprio ambito competenziale, giustificata dalla necessità impellente di far fronte ad una situazione di palese dissesto finanziario». Si tratta, quindi, di una scelta che, «riguardando da vicino l’organizzazione sanitaria locale, rientra a pieno titolo nella potestà legislativa regionale».

         1.7.1.– Sotto altro profilo, l’interventrice osserva che la norma regionale censurata risponde al modello previsto dalla normativa statale in tema di liquidazione di enti pubblici soppressi e rappresenta una coerente trasposizione in ambito regionale degli strumenti già adottati da detta normativa, volti essenzialmente a razionalizzare la spesa pubblica e a conseguire obiettivi generali di finanza pubblica.

         Sotto un ulteriore profilo, osserva che la liquidazione coatta amministrativa non ha carattere giurisdizionale, rivestendo invece i tratti di una procedura amministrativa, e che essa, come riconosciuto più volte dalla Corte costituzionale, non comporta alcuna illegittima compressione della tutela giurisdizionale.

         Ricorda, poi, come la medesima Corte ha avuto modo di precisare che «l’incidenza sulla competenza regionale del limite del diritto privato non opera in modo assoluto, in quanto anche la disciplina dei rapporti privatistici può subire un qualche adattamento, ove questo risulti in stretta connessione con la materia di competenza regionale e risponda al criterio di ragionevolezza» (sentenza n. 352 del 2001).

         Infine, rileva che il richiamo alla «legge», fatto dall’art. 2 della legge fallimentare, deve intendersi come riferimento a una legge speciale e di settore, per cui la legge regionale «appare perfettamente idonea a disporre l’assoggettamento delle gestioni liquidatorie alla procedura di liquidazione coatta, nell’ambito delle materie rientranti nella propria competenza legislativa».

         2.– In un giudizio civile ai sensi dell’art. 548 del codice di procedura civile, il Tribunale ordinario di Lecce, con ordinanza del 3 giugno 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 113, 117, commi primo e secondo (rectius, come da motivazione: secondo e terzo), Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 43, commi 2 e 3, della citata legge regionale n. 4 del 2003, 31 e 32 della citata legge regionale n. 1 del 2004, e 20 della legge della legge della Regione Puglia 4 agosto 2004, n. 14 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2004).

         2.1.– Il giudice rimettente riferisce, in fatto, che, promossa da un creditore espropriazione presso terzi in danno della Unità sanitaria locale Lecce 3 e instaurato il giudizio per l’accertamento dell’obbligo del terzo, ai sensi dell’art. 548 cod. proc. civ., in tale giudizio si è costituita la gestione liquidatoria della predetta USL, la quale ha eccepito la sopravvenuta improcedibilità della domanda, per essere stata disposta la liquidazione coatta amministrativa delle soppresse unità sanitarie locali pugliesi, con decreto del Presidente della Giunta regionale 18 aprile 2003, n. 261, emanato in attuazione dell’art. 43, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2003, modificativo dell’art. 11 della legge regionale n. 20 del 2002; mentre la parte istante ha eccepito, a sua volta, la incostituzionalità di tale normativa regionale. Riferisce, altresì, che è stata ordinata, ai sensi dell’art. 107 cod. proc. civ., la chiamata in causa della Regione Puglia, quale successore ex lege delle soppresse unità sanitarie locali nei rapporti già a queste facenti capo, e che la Regione, costituitasi, si è dichiarata estranea al giudizio.

         2.2.– Quanto alla rilevanza della questione, il giudice rimettente osserva che, avendo l’art. 11, comma 3-bis, della legge regionale n. 20 del 2002 (introdotto dall’art. 43, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2003 e poi modificato dall’art. 32, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2004), reso applicabile alle gestioni liquidatorie delle soppresse unità sanitarie locali la disciplina della liquidazione coatta amministrativa, e, segnatamente, dell’art. 201 della legge fallimentare, che richiama l’art. 51 della stessa legge – a norma del quale «dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento» –, dovrebbe dichiararsi l’improcedibilità del giudizio pendente dinanzi a lui, in conformità all’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’azione di accertamento del credito pignorato ai sensi dell’art. 548 cod. proc. civ. non può essere proseguita a seguito del fallimento del debitore.

         2.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo, premessa una ricostruzione del quadro normativo statale, osserva che, sulla base delle norme statali, la consolidata giurisprudenza di legittimità ritiene essersi realizzata una fattispecie di successione ex lege delle Regioni nei rapporti obbligatori già facenti capo alle soppresse unità sanitarie locali, sicché spetta alle Regioni provvedere all’estinzione dei relativi debiti.

         2.3.1.– Rilevato che dalla legislazione statale si evince il principio fondamentale, per il quale le Regioni debbono farsi carico integralmente delle anzidette obbligazioni, il giudice a quo osserva che a tale principio non si adeguano le norme regionali denunciate, dal momento che, in base ad esse, la Regione Puglia, sottoponendo a liquidazione coatta amministrativa le gestioni liquidatorie delle soppresse USL, «limita sotto molteplici profili la sua responsabilità patrimoniale». Tale illegittimo risultato sarebbe conseguito: attraverso l’art. 43, comma 3, lettera d), della legge regionale n. 4 del 2003 (come modificato dall’art. 32 della legge regionale n. 1 del 2004), il quale prevede che «a favore delle gestioni liquidatorie delle soppresse USL, poste in liquidazione coatta amministrativa, la Regione garantisce disponibilità di fonti finanziarie fino alla concorrenza massima del saldo fra lo stato passivo e attivo accertato alla data del 1° maggio 2003»; attraverso l’art. 43, comma 3, lettera c), della medesima legge regionale (come modificato dall’art. 32 della legge regionale n. 1 del 2004), il quale prevede che «a tutti gli effetti di legge lo stato del passivo va accertato con riferimento alla data del 1° maggio 2003» e che «alla stessa data vanno conteggiati, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 55 del r.d. n. 267/1942, gli interessi maturati sulle posizioni debitorie non ancora estinte»; attraverso, infine, l’art. 6, comma 2-bis, della legge regionale 14 gennaio 1998, n. 1 (Esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998) – introdotto dall’art. 31 della legge regionale n. 1 del 2004 –, il quale stabilisce che «è esclusa ogni legittimazione passiva, sostanziale e processuale della Regione per l’eventuale residuo passivo conseguente alla chiusura delle gestioni liquidatorie».

         Le disposizioni censurate – conclude il giudice a quo – violano l’art. 117, terzo comma, Cost.

         2.3.2.– Il giudice rimettente osserva, poi, che, sotto altro profilo, le medesime disposizioni regionali violano, altresì, l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», atteso che la disciplina della liquidazione coatta amministrativa rientra sia nella materia «ordinamento civile», sia in quella «norme processuali».

         In questa prospettiva, la «legge», cui fa rinvio l’art. 2, primo comma, della legge fallimentare, «non può che essere quella statale». E «non sembra potersi individuare alcuna norma statale che legittimi le Regioni a disporre la liquidazione coatta amministrativa delle gestioni liquidatorie delle USL».

         2.1.6.– Il giudice rimettente osserva, ancora, che il citato art. 6, comma 2-bis, della legge regionale n. 1 del 1998, laddove stabilisce che «è esclusa ogni legittimazione passiva, sostanziale e processuale della Regione per l’eventuale residuo passivo conseguente alla chiusura delle gestioni liquidatorie», non consentendo al creditore di agire in giudizio, «temporaneamente, per le somme inserite nello stato passivo della procedura concorsuale; in via definitiva, per gli eventuali crediti non inseriti nello stato passivo e per tutti gli interessi maturati a partire dal 1° maggio 2003», viola gli artt. 24 e 113 Cost., che riconoscono a chiunque il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, anche nei confronti della pubblica amministrazione.

         2.3.3.– Infine, ad avviso del giudice a quo, le norme regionali denunciate violano il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., per la disparità di trattamento che determinano fra i creditori delle USL pugliesi e i creditori delle USL di altre Regioni.

         2.4.– Si è costituita nel giudizio davanti alla Corte la Regione Puglia, in persona del Presidente della Giunta pro tempore, la quale ha chiesto dichiararsi infondata la sollevata questione.

         2.4.1.– La deducente osserva che l’art. 117, terzo comma, Cost. stabilisce che sono materie di legislazione concorrente – nelle quali «spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato» – tra le altre, quelle relative a «tutela della salute» e «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».

         Le norme regionali censurate sono state emanate dalla Regione Puglia nell’esercizio della propria potestà legislativa «in materia di organizzazione degli strumenti della salute».

         L’art. 2 del r.d. n. 267 del 1942 ben consente che la «legge» ivi richiamata, in una materia come quella sanitaria, nella quale le Regioni hanno potestà legislativa concorrente, sia anche quella regionale.

         Non sussiste, perciò, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

         2.4.2.– La deducente sostiene, poi, che le norme denunciate non collidono con alcun principio fondamentale posto dalla legislazione statale.

         Infatti, le norme stesse, da un lato, non urtano con le disposizioni «che impongono di non far gravare sulle neocostituite ASL i debiti pregressi delle soppresse USL» e, dall’altro, mediante lo strumento della procedura di liquidazione coatta amministrativa, perseguono l’obiettivo di contenere la spesa sanitaria, in conformità con la normativa statale in materia.

         In particolare, l’assunzione delle obbligazioni delle soppresse unità sanitarie locali da parte delle Regioni non può comportare che queste ultime «si facciano carico di garantire la totale disponibilità finanziaria, a scapito degli obiettivi di contenimento della spesa e di armonizzazione dei bilanci pubblici, e della effettiva disponibilità finanziaria; per cui, a fronte di una situazione, quale quella accertata, gravemente deficitaria, la Regione legittimamente è ricorsa alla procedura di liquidazione, idonea a consentire sia il soddisfacimento dei creditori secondo i principi della liquidazione concorsuale, sia la limitazione dell’enorme disavanzo al fine di una più intensa protezione dell’interesse pubblico».

         Le norme censurate, pertanto, non violano nemmeno l’art. 117, terzo comma, Cost.

         2.4.3.– Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Regione Puglia eccepisce altresì l’irrilevanza della questione osservando che il giudizio a quo, avente ad oggetto l’accertamento dell’obbligo del terzo ai sensi dell’art. 548 cod. proc. civ., è un processo di cognizione, che, seppur connesso con il procedimento esecutivo, costituisce un giudizio del tutto autonomo. A questo, perciò, non può applicarsi l’art. 51 della legge fallimentare, che stabilisce il divieto delle azioni esecutive, non anche di quelle di cognizione.

         Conclude, pertanto, per l’inammissibilità della questione e, riportandosi integralmente alle argomentazioni svolte nell’atto di costituzione, altresì, per l’infondatezza della medesima.

         3.– In alcuni giudizi ai sensi degli artt. 98 e 101 della legge fallimentare, riuniti in un unico procedimento, il giudice istruttore del Tribunale ordinario di Trani, con ordinanza del 29 novembre 2005, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 117 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3-bis, della legge della Regione Puglia n. 20 del 2002, introdotto dall’art. 43 della legge della medesima Regione n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32 della legge della medesima Regione n. 1 del 2004, nella parte in cui, «mediante espresso rinvio alla disciplina stabilita in materia di liquidazione coatta amministrativa, rende applicabili alle gestioni liquidatorie» delle soppresse unità sanitarie locali, «in grave dissesto finanziario o gravemente deficitarie, gli artt. 198, 199, comma primo, 200, 201, 204, 206, comma secondo, 207, 208, 209, 210, 212 e 213 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267».

         3.1.– Il giudice rimettente riferisce, in fatto, che, essendo stata disposta la liquidazione coatta amministrativa della gestione liquidatoria della soppressa Unità sanitaria locale Bari 1 ed avendo il commissario liquidatore, in applicazione dell’art. 209 della legge fallimentare, depositato in cancelleria l’elenco dei crediti ammessi o respinti, sono state proposte da taluni creditori opposizioni e dichiarazioni tardive di credito, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 98 e 101 della medesima legge fallimentare (richiamati dal citato art. 209), in contraddittorio del commissario liquidatore.

         Lo stesso giudice precisa che nei confronti di alcuni creditori è stato richiesto di «provvedere all’ammissione con decreto, stante l’accordo delle parti sull’ammontare del credito preteso».

         3.2.– Quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che, in virtù della norma regionale denunciata, il Tribunale è chiamato a pronunciarsi sui crediti, per cui è causa, nelle forme della procedura concorsuale e facendo applicazione delle norme della legge fallimentare da detta noma richiamate.

         3.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il medesimo giudice, premesso che l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, tra le altre, le materie relative a «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», osserva che la Regione Puglia, con la norma denunciata, «ha introdotto una novella procedura concorsuale di natura amministrativa regolando la stessa attraverso il richiamo ad alcune norme» della legge fallimentare, «in tal modo però violando la riserva esclusiva della potestà legislativa statale», nonché il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., «attraverso l’introduzione, solo per la Regione Puglia, di una regolamentazione dell’esercizio dei diritti di credito da far valere nei confronti delle gestioni liquidatorie delle USL sottoposte a tale procedura».

         3.4.– Si sono costituiti nel giudizio davanti alla Corte Antonio Campanella, Giuseppe Scarciello, Ruggiero Piazzola e Michele Cafagna, creditori istanti nel processo a quo, i quali hanno chiesto dichiararsi infondata la questione di legittimità costituzionale.

         3.4.1.– I deducenti, premesso di aver stipulato un accordo transattivo con il commissario liquidatore, formalizzato nell’udienza dinanzi al giudice istruttore, osservano che «la Regione Puglia non ha proceduto ad emanare norme creatrici di una nuova procedura concorsuale sui generis, ma ha solo recepito la disciplina» della legge fallimentare. Né – a loro avviso – risulta violato l’art. 2 del r.d. n. 267 del 1942, dal momento che la legge regionale è intervenuta in materia sanitaria, che è oggetto di legislazione concorrente, sicché non v’è contrasto con l’art. 117 Cost.

         3.4.2.– Sostengono, infine, che, avendo la normativa regionale previsto il concorso finanziario della Regione Puglia per assicurare il soddisfacimento dei creditori ammessi al passivo, non sussiste alcun profilo di disparità di trattamento e, dunque, alcuna violazione dell’art. 3 Cost.

Considerato in diritto

         1.– La Corte d’appello di Torino e i Tribunali ordinari di Lecce e di Trani censurano, in riferimento all’art. 117, comma secondo, lettera l), della Costituzione, l’art. 11, comma 3-bis, della legge della Regione Puglia 9 dicembre del 2002, n. 20 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002), introdotto dall’art. 43, comma 2, della legge della medesima Regione 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia), come modificato dall’art. 32 della legge della medesima Regione 7 gennaio 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2004 e bilancio pluriennale 2004-2006 della Regione Puglia), a norma del quale, «Per il rispetto delle norme in materia di patto di stabilità degli obiettivi di finanza pubblica, al fine dell'effettivo ripiano del disavanzo della spesa sanitaria regionale relativa alle gestioni delle USL soppresse dall’articolo 2 della legge regionale 14 giugno 1994, n. 18, alle gestioni liquidatorie, risultanti dalla soppressione delle predette USL ai sensi dell’articolo 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e dell'articolo 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che si trovano in condizioni di grave dissesto finanziario ovvero risultano gravemente deficitarie, si applicano gli articoli 198, 199, comma 1, 200, comma 2, 201, 204, 206, comma 2, 207, 208, 209, 210, 212 e 213 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), in quanto compatibili». I Tribunali di Lecce e Trani censurano tale norma anche in riferimento all’art. 3 Cost.

         Il Tribunale di Lecce, inoltre, censura, in riferimento all’art. 117, comma terzo, Cost., l’art. 43, comma 3, della legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2004, il quale prevede che l’apertura della procedura è disposta con decreto del Presidente della Giunta regionale e che «la Regione garantisce disponibilità di fonti finanziarie fino alla concorrenza massima del saldo fra lo stato passivo e attivo accettato alla data del 1° maggio 2003» e che a tale data vanno calcolati gli interessi maturati. Infine, il medesimo Tribunale censura l’art. 6, comma 2-bis, della legge regionale 14 gennaio 1998, n. 1 (Esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998), introdotto dall’art. 31 della legge regionale n. 1 del 2004, a tenore del quale «È esclusa ogni legittimazione passiva, sostanziale e processuale della Regione per l’eventuale residuo passivo conseguente alla chiusura delle gestioni liquidatorie», in riferimento, da un lato, all’art. 117, comma terzo, e, dall’altro, agli artt. 24 e 113 Cost.

         2.– Preliminarmente, va ribadita – come da ordinanza della quale si è data lettura in udienza – l’inammissibilità, per tardività, dell’intervento spiegato nel giudizio n. 233 del 2005 dalla Associazione Le Patriarche Italia Onlus.

         3.– Poiché le ordinanze di rimessione sollevano questioni sostanzialmente analoghe relativamente alla norma della legge regionale che dispone la sottoposizione delle gestioni liquidatorie delle USL pugliesi alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi.

         4.– La questione sollevata dalla Corte d’appello di Torino è inammissibile.

         Adita a seguito di appello proposto da un preteso creditore – la cui domanda, avanzata (per quel che qui interessa) nei confronti della gestione liquidatoria di una USL, non era stata accolta in primo grado – la Corte afferma che «la questione sollevata appare rilevante, quanto meno, ai fini della decisione dell’istanza di interruzione del presente procedimento».

         In realtà, dovendo nel caso di specie trovare applicazione – in virtù del rinvio operato dall’art. 201 della legge fallimentare – l’art. 52, comma secondo, della medesima legge (in base al quale «Ogni credito […] deve essere accertato secondo le norme stabilite dal capo V, salvo diverse disposizioni della legge»), la Corte era chiamata preliminarmente a porsi e risolvere il problema – derivante dalla salvezza delle «diverse disposizioni della legge» – della possibilità per il giudizio di proseguire in sede contenziosa ordinaria; possibilità legata all’interpretazione del disposto (previgente) dell’art. 95, comma terzo, della legge fallimentare, a norma del quale «Se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato, è necessaria l’impugnazione se non si vuole ammettere il credito».

         L’assenza, nell’ordinanza di rimessione, di ogni cenno a tale preliminare questione, e alla soluzione che la Corte rimettente intende darle, rende carente la motivazione in ordine alla rilevanza e, quindi, inammissibile la questione di legittimità costituzionale da essa proposta.

         5.– Le questioni sollevate dal Tribunale di Lecce, relativamente alle norme che dispongono in ordine all’apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa con decreto del Presidente della Giunta regionale e alla «disponibilità di fonti finanziarie» da parte della Regione (art. 43, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2004), nonché relativamente alla norma che esclude «ogni legittimazione passiva, sostanziale e processuale della Regione per l’eventuale residuo passivo conseguente alla chiusura delle gestioni liquidatorie» (art. 6, comma 2-bis, della legge regionale n. 1 del 1998 introdotto dall’art. 31 legge regionale n. 1 del 2004), sono inammissibili per irrilevanza.

         Il giudizio a quo, previsto dall’art. 548 del codice di procedura civile, aveva ed ha quale suo unico possibile oggetto l’accertamento dell’esistenza di un credito della USL – soggetto passivo dell’espropriazione – nei confronti di un terzo (debitor debitoris), e pertanto è evidente che il giudice investito di tale giudizio – come anche il giudice dell’esecuzione – mai avrebbe potuto, né potrebbe fare applicazione delle norme censurate, ed in particolare di quelle che delimitano o escludono la responsabilità patrimoniale della Regione per i debiti delle USL. Né l’oggetto del giudizio a quo – per sua natura intimamente collegato alla procedura esecutiva dalla quale scaturisce – avrebbe potuto essere ampliato dall’ordine di chiamata in causa della Regione emesso ai sensi dell’art. 107 cod. proc. civ., ove con tale ordine il giudice, in modo manifestamente abnorme, avesse inteso porre le premesse per accertare, per giunta d’ufficio, l’esistenza di un ulteriore debitore (la Regione) rispetto a quello (la USL) assoggettato dal creditore procedente alla procedura esecutiva in questione.

         6.– La questione di legittimità costituzionale, sollevata dai Tribunali di Lecce e Trani nei confronti dell’art. 11, comma 3-bis, della legge regionale n. 20 del 2002 – introdotto dall’art. 43, comma 2, legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 1, legge regionale n. 1 del 2004 –, è, viceversa, rilevante in entrambi i giudizi.

         6.1.– Il Tribunale di Lecce, infatti, non potrebbe procedere, in virtù dell’art. 51 della legge fallimentare (richiamato dall’art. 201 della stessa legge), in quella fase del processo d’espropriazione che è costituita dal giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo; fase che, pur avendo natura e forma di giudizio di cognizione ordinaria, è funzionale al processo esecutivo (tanto che questo, ove quel giudizio non venisse promosso a seguito di dichiarazione negativa del terzo, si estinguerebbe) e trae da esso il proprio oggetto.

         6.2.– Il giudice istruttore del Tribunale di Trani, a sua volta, in forza della norma censurata è investito sia del potere (ex art. 101, comma terzo, della legge fallimentare, nel testo previgente) di disporre con suo decreto l’ammissione al passivo del credito tardivamente fatto valere, sia della qualità di giudice istruttore di un organo giudicante collegiale (ex art. 50-bis, comma primo, n. 2, cod. proc. civ.): sicché sotto entrambi tali profili la questione sollevata è rilevante nel giudizio a quo.

         7.– La questione è fondata in riferimento all’art. 117, comma secondo, lettera l), Cost.

         7.1.– La tesi della Regione Puglia e della ex USL FG/2 di San Severo – secondo la quale la norma in questione costituirebbe espressione della potestà legislativa regionale in materia di «tutela della salute», in quanto atterrebbe alla «organizzazione del servizio sanitario» e si collegherebbe, altresì, all’esigenza di «coordinamento della finanza pubblica» – non merita adesione.

         Ai fini della soluzione della questione di competenza disciplinata dall’art. 117, commi secondo e terzo, Cost., come sollevata dalle ordinanze di rimessione, non è rilevante la circostanza che la norma censurata riguardi enti (già) operanti nel settore sanitario, ma la concreta disciplina – in sé considerata – posta in essere dalla norma; ed in base al medesimo criterio deve escludersi che l’obbiettivo («controllo della spesa sanitaria»), in vista del quale la norma è stata emanata, sia idoneo a ricondurla alla materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica».

         7.2.– Disponendo che certi enti sono sottoposti alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, la legge regionale assegna (tra l’altro) alle situazioni soggettive di coloro che hanno avuto rapporti con quegli enti un regime, sostanziale e processuale, peculiare rispetto a quello (ordinario, previsto dal codice civile e da quello di procedura civile) altrimenti applicabile: sicché, quando l’art. 2 della legge fallimentare prevede che a determinare le imprese assoggettabili a tale procedura concorsuale sia "la «legge»”, tale espressione non può che essere intesa nel senso di legge idonea ad incidere – perché emanata da chi ha la relativa potestà – sul regime, sostanziale e processuale, delle situazioni soggettive coinvolte nella procedura.

         La circostanza che la liquidazione coatta amministrativa abbia natura amministrativa non rileva sotto alcun profilo, dal momento che fin dalla sua apertura tale procedura amministrativa comporta rilevanti effetti sulla tutela giurisdizionale dei crediti ed effetti, altresì, di diritto sostanziale (artt. 55 e seguenti della legge fallimentare): sicché è in relazione all’idoneità a produrre tali effetti – di natura sostanziale e processuale – che va determinata la spettanza della potestà legislativa ai sensi dell’art. 117 Cost. e va, conseguentemente, negata – con assorbimento di ogni altro profilo – quella della Regione Puglia.

         8.– La dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato art. 11, comma 3-bis – per violazione dell’art. 117, comma secondo, lettera l), Cost., laddove riserva allo Stato la potestà legislativa in materia di «giurisdizione e norme processuali» e di «ordinamento civile» – comporta, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzionale e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale di tutte le norme regionali che presuppongono l’assoggettamento alla procedura di liquidazione coatta amministrativa delle USL in gestione liquidatoria e, pertanto, dei commi 3-ter, 3-ter 1, 3-ter 2 e 3-quater dell’art. 11 della legge regionale n. 20 del 2002, nonché del comma 3, lettere a), b), c), d), e-bis) dell’art. 43 della legge regionale n. 4 del 2003.

         8.1.– La dichiarazione di illegittimità costituzionale deve, infine, essere estesa, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, all’art. 6, comma 2-bis, della legge regionale n. 1 del 1998, in quanto – disponendo che «È esclusa ogni legittimazione passiva, sostanziale e processuale della Regione per l’eventuale residuo passivo conseguente alla chiusura delle gestioni liquidatorie» – esso costituisce svolgimento e completamento sia della norma generale (art. 11, comma 3-bis, della legge regionale n. 20 del 2002) che, prevedendo la procedura di liquidazione coatta amministrativa, le attribuisce la funzione di consentire «l’effettivo ripiano del disavanzo della spesa sanitaria regionale relativa alla gestione delle USL soppresse», sia, in particolare, della norma (art. 43, comma 3, lettera d), della legge regionale n. 4 del 2003), di cui sub 8, per la quale «a favore delle gestioni liquidatorie delle soppresse USL poste in liquidazione coatta amministrativa, la Regione garantisce disponibilità di fonti finanziarie fino alla concorrenza massima del saldo fra lo stato passivo e attivo accertato alla data del 1° maggio 2003. Con provvedimento di Giunta regionale si provvederà alla specificazione delle somme relative a ciascuna delle dodici gestioni liquidatorie entro il limite complessivo di cui sopra».

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

         riuniti i giudizi,

         1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3-bis, della legge della Regione Puglia 9 dicembre 2002, n. 20 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2002), introdotto dall’art. 43, comma 2, della legge della medesima Regione 7 marzo 2003, n. 4 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2003 e bilancio pluriennale 2003-2005 della Regione Puglia), come modificato dall’art. 32, comma 1, della legge della medesima Regione 7 gennaio 2004, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2004 e bilancio pluriennale 2004-2006 della Regione Puglia);

         2) dichiara, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità, costituzionale dell’art. 11 della legge regionale n. 20 del 2002, commi 3-ter e 3-quater, introdotti dall’art. 43, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2004; dell’art. 11 della legge regionale n. 20 del 2002, commi 3-ter 1 e 3-ter 2, introdotti dall’art. 20, comma 1, della legge regionale 4 agosto 2004, n. 14 (Assestamento e prima variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2004); dell’art. 43 della legge regionale n. 4 del 2003, comma 3, lettere a) e b), nonché lettere c), d) (come modificate dall’art. 32, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2004) ed e-bis) (introdotta – quest’ultima – dall’art. 32, comma 2, della legge regionale n. 1 del 2004); dell’art. 6, comma 2-bis, della legge della Regione Puglia 14 gennaio 1998, n. 1 (Esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l’anno finanziario 1998), introdotto dall’art. 31 della legge regionale n. 1 del 2004;

         3) dichiara inammissibile l’intervento spiegato dalla Associazione Le Patriarche Italia Onlus nel giudizio n. 233 r.o. del 2005;

         4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 3-bis, della legge regionale n. 20 del 2002, introdotto dall’art. 43, comma 2, della legge regionale n. 4 del 2003, come modificato dall’art. 32, comma 1, della legge regionale n. 1 del 2004, sollevata, in riferimento all’art. 117, comma secondo, lettera l), della Costituzione, dalla Corte d’appello di Torino con l’ordinanza in epigrafe.

            Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2007.

 


Allegato:

Ordinanza letta all’udienza del 9 gennaio 2007

 

ORDINANZA

 

         Rilevato che l’intervento dell’Associazione Le Patriarche Italia, Onlus, è avvenuto oltre il termine di giorni venti dalla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione sulla Gazzetta Ufficiale, laddove tale intervento sarebbe tempestivo ove il dies a quo fosse individuato nella pubblicazione dell’ordinanza sul Bollettino Ufficiale della Regione;

         ritenuto che, ai fini della decorrenza del termine di decadenza per la costituzione delle parti nel giudizio di legittimità costituzionale, è decisiva esclusivamente la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, come rende chiaro il riferimento soltanto a tale pubblicazione operato dall’art. 3, co. 2°, delle Norme integrative, in ossequio al principio per cui un termine perentorio non può avere che un’unica data di sua decorrenza;

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

         dichiara inammissibile l’intervento dell’Associazione Le Patriarche Italia, Onlus.

Firmato: Franco Bile, Presidente