Ordinanza n. 220 del 2020

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ORDINANZA N. 220

ANNO 2020

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n. 136, promosso con ricorso della Regione Campania, notificato il 15-28 gennaio 2019, depositato in cancelleria il 21 gennaio 2019 ed iscritto al n. 3 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2020 il Giudice relatore Franco Modugno;

deliberato nella camera di consiglio del 23 settembre 2020.

Ritenuto che, con ricorso notificato il 15-28 gennaio 2019 e depositato il 21 gennaio 2019, la Regione Campania ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n. 136, per contrasto con gli artt. 3, 77, 97, 114, 117, terzo comma, 118, commi primo e secondo, e 120 della Costituzione;

che la norma impugnata – sottolinea la ricorrente – ha disposto, nei commi 1 e 2, la incompatibilità del conferimento e del mantenimento dell’incarico di commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario delle Regioni, rispetto all’espletamento di incarichi istituzionali presso la Regione soggetta a commissariamento;

che il comma 3 dello stesso articolo impugnato, ha, a sua volta, sancito l’applicabilità di tale incompatibilità anche agli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione;

che, secondo la Regione Campania, l’attuazione di tale ultima previsione comporterebbe la «indiscriminata decadenza dall’incarico Commissariale dei Presidenti di Regione a far data dalla nomina dei nuovi Commissari ad acta»;

che la Regione ricorrente deduce, anzitutto, la violazione degli artt. 114, 117, terzo comma, 118 e 120 Cost., per illegittima pretermissione del meccanismo di intesa in materia oggetto di legislazione concorrente;

che la disposizione impugnata, operando un intervento unilaterale in materia di legislazione concorrente, come la tutela della salute, violerebbe, dunque, gli artt. 114, 117, terzo comma, 118 e 120 Cost., nella parte in cui avrebbe obliterato del tutto il meccanismo della intesa, da realizzare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano;

che, al riguardo, si sottolinea come questa Corte abbia affermato, nella sentenza n. 121 del 2010 che, anche nei casi di attrazione in sussidiarietà di funzioni relative a materie rientranti nella competenza concorrente di Stato e Regioni, è necessario il raggiungimento di una intesa, attraverso procedure volte a superare le eventuali divergenze;

che si deduce, poi, la violazione degli artt. 3, 97, 114, 117, 118 e 120 Cost., in riferimento alla mancata previsione di meccanismi di codecisione o collaborazione nella nomina del commissario ad acta;

che sarebbero violati anche gli artt. 3 e 97 Cost., laddove le norme impugnate non escludono dalla prevista incompatibilità i Presidenti di Regione che, quali commissari, abbiano conseguito risultati positivi dalla gestione commissariale, come si sarebbe realizzato nella Regione Campania, alla luce di quanto emerge dal decreto commissariale 14 dicembre 2018, n. 99 (Piano triennale 2019-2021 di sviluppo e riqualificazione del Servizio Sanitario Campano ex art. 2, comma 88, della Legge 23 dicembre 2009, n.191);

che risulterebbe inoltre violato l’art. 77 Cost., in quanto sarebbe stato fatto un uso improprio del potere di conversione del d.l. n. 119 del 2018, in carenza dei presupposti di «nesso interfunzionale tra le norme impugnate e la legge di conversione»;

che il decreto-legge, infatti, come recita il preambolo, risponderebbe alla «straordinaria necessità e urgenza di prevedere misure per esigenze fiscali e finanziarie indifferibili», sicché le disposizioni che prevedono la censurata incompatibilità risulterebbero del tutto avulse dalla natura fiscale e finanziaria delle misure adottate con il decreto-legge, con conseguente violazione dell’art. 77 Cost., alla luce dei principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 22 del 2012;

che la Regione ricorrente, infine, ha formulato istanza di sospensione della efficacia delle norme impugnate, ai sensi dell’art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), ricorrendo, nella specie, i presupposti tanto del fumus boni iuris – alla luce dei rilievi svolti nel ricorso – quanto del periculum in mora;

che, riguardo al secondo profilo, si sottolinea che la nomina di un nuovo commissario, estraneo al processo di risanamento in corso e giunto sostanzialmente in fase conclusiva, cagionerebbe il blocco delle relative attività, con conseguente ritardo nella uscita della Regione Campania dal regime di commissariamento;

che, tale ultima affermazione sarebbe confermata da quanto emerge dal verbale della riunione congiunta del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti e del Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, tenutasi il 18 luglio 2018, nel quale si legge che, in considerazione dei positivi risultati di gestione, è stato autorizzato da parte del Ministero dell’economia e delle finanze lo svincolo per finalità extra-sanitarie di alcune risorse fiscali;

che, inoltre, la interruzione delle attività in corso comprometterebbe il miglioramento dei livelli essenziali di assistenza, registrato nell’ultimo biennio;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha depositato memoria di costituzione nella quale ha chiesto di respingere la domanda di sospensione della efficacia della norma impugnata e di dichiarare inammissibili o infondate tutte le questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso proposto dalla Regione Campania;

che le censure prospettate nei primi tre motivi di ricorso sarebbero inammissibili, in quanto le procedure di collaborazione tra Stato e Regioni non rilevano ai fini del sindacato di legittimità degli atti legislativi (si citano le sentenze di questa Corte n. 278 del 2010, n. 371 del 2008 e n. 387 del 2007), dal momento che non si può rinvenire un principio cooperativo nella procedura di formazione legislativa;

che ciò varrebbe in particolare nel caso del decreto-legge, dal momento che la sua adozione è condizionata soltanto al presupposto dei casi di straordinarietà della necessità e urgenza (si citano le sentenze di questa Corte n. 298 del 2009 e n. 79 del 2011);

che anche nella sentenza n. 100 del 2010, citata dalla ricorrente, si è ribadito l’orientamento di questa Corte, secondo il quale l’esercizio della funzione legislativa «sfugge alle procedure di leale collaborazione»;

che le censure sarebbero comunque infondate, perché il titolo di competenza non è nella specie ravvisabile nella tutela della salute, ma in quello, di esclusiva pertinenza statale, previsto dall’art. 120, secondo comma, Cost., in quanto la nomina dei commissari ad acta per la predisposizione e l’attuazione dei piani di rientro dai disavanzi in materia sanitaria è sviluppo dello stesso potere statale, volto a garantire l’unità economica e il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni in tema di salute;

che le censure regionali di mancata attuazione di meccanismi di codecisione e di violazione del principio di ragionevolezza e buon andamento dell’azione amministrativa non si rivelerebbero coerenti rispetto al quadro normativo di riferimento;

che, frutto di accordo tra Stato e Regioni, sarebbero, infatti, il piano di rientro dal disavanzo sanitario e le relative misure attuative e non la disciplina dei casi e dei modi di esercizio del potere sostitutivo spettante in via esclusiva allo Stato;

che non sussisterebbe neppure la dedotta violazione dell’art. 77 Cost., sotto il profilo della mancanza di correlazione tra la disposizione introdotta in sede di conversione e l’oggetto della decretazione d’urgenza, in quanto l’art. 25-septies del d.l. n. 119 del 2018, come convertito, sarebbe intervenuto su norme contenute in due leggi finanziarie e l’oggetto del decreto-legge era pacificamente materia di finanza pubblica, essendo la sanità regionale componente non trascurabile dell’assetto finanziario nazionale;

che ciò è tanto più vero, in particolare, con riferimento al caso dei commissariamenti, nei quali si prospetta una situazione patologica di squilibrio economico, da cui discenderebbe la necessità di un intervento immediato per il contenimento delle spese, a tutela della unità economica e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti il settore sanitario;

che inammissibile o infondata sarebbe quindi anche la richiesta di sospensiva, motivata sul presupposto che la normativa censurata produrrebbe l’effetto di interrompere il processo virtuoso avviato dalla Regione Campania nell’attuale gestione commissariale, come risulterebbe dal citato decreto commissariale n. 99 del 2018, nonché dal ricordato verbale della riunione congiunta del 18 luglio 2018;

che, peraltro, secondo l’Avvocatura, proprio da tale ultimo documento emergerebbero, accanto alle note positive poste in evidenza dalla Regione, «persistenti criticità e carenze direttamente riconducibili all’operato dell’attuale gestione commissariale»;

che, con atto depositato in data 1° ottobre 2019, la Regione Campania ha chiesto il rinvio dell’udienza fissata per il giorno 22 ottobre 2019, al fine di attendere l’auspicata uscita dal commissariamento della Regione, fondata sul riscontrato positivo percorso di miglioramento dei saldi contabili del sistema sanitario regionale;

che, in data 2 ottobre 2019, avendo l’Avvocatura generale dello Stato, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, accettato la suddetta istanza di rinvio, questa Corte ha rinviato la causa a nuovo ruolo;

che, da ultimo, il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato in data 1° settembre 2020, ha chiesto, per il tramite dell’Avvocatura, che il ricorso venga dichiarato inammissibile per sopraggiunta carenza di oggetto, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata, resa con la sentenza n. 247 del 2019.

Considerato che, con ricorso notificato il 15-28 gennaio 2019 e depositato il 21 gennaio 2019, la Regione Campania ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n. 136, per contrasto con gli artt. 3, 77, 97, 114, 117, terzo comma, 118, commi primo e secondo, e 120 della Costituzione;

che, con la sentenza n. 247 del 2019, successiva alla proposizione del ricorso, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’intero art. 25-septies del d.l. n. 119 del 2018, come convertito;

che, dunque, le questioni vanno dichiarate manifestamente inammissibili per sopravvenuta mancanza di oggetto, in quanto, a seguito della sentenza da ultimo citata, la norma impugnata è già stata rimossa dall’ordinamento con efficacia ex tunc (ex plurimis, sentenza n. 138 del 2014; ordinanze n. 54 del 2013 e n. 206 del 2012).

Visti l’art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e gli artt. 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 25-septies, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n. 136, promosse dalla Regione Campania, in riferimento agli artt. 3, 77, 97, 114, 117, terzo comma, 118, commi primo e secondo, e 120 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 settembre 2020.

F.to:

Mario Rosario MORELLI, Presidente

Franco MODUGNO, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2020.