Sentenza n. 387 del 2007

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SENTENZA N. 387

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco               BILE                                                Presidente

- Francesco          AMIRANTE                                       Giudice

- Ugo                   DE SIERVO                                           

- Paolo                 MADDALENA                                       

- Alfio                 FINOCCHIARO                                     

- Alfonso             QUARANTA                                          

- Franco               GALLO                                                  

- Luigi                 MAZZELLA                                           

- Gaetano             SILVESTRI                                            

- Sabino               CASSESE                                              

- Maria Rita         SAULLE                                                

- Giuseppe           TESAURO                                             

- Paolo Maria       NAPOLITANO                                      

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 4, 4-bis, 4-ter, 4-sexies, 4-septies, 4-octies, 4-undecies, 4-quaterdecies, 4-quinquiesdecies, 4-sexiesdecies, 4-vicies bis e 4-vicies ter, commi 27, 28, 29 e 30, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 21 febbraio 2006, n. 49, promossi con ricorsi delle Regioni Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte ed Umbria, notificati il 27 ed il 28 aprile 2006, depositati in cancelleria il 3 ed il 5 maggio 2006 ed iscritti ai numeri da 58 a 63 del registro ricorsi 2006.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 9 ottobre 2007 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

uditi gli avvocati Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Leopoldo Di Bonito per la Regione Lazio, Giandomenico Falcon per le Regioni Emilia-Romagna e Liguria, Anita Ciavarra per la Regione Piemonte, Giovanni Tarantini per la Regione Umbria e l’avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – La Regione Toscana ha promosso, con ricorso notificato il 27 aprile 2006 e depositato il successivo 3 maggio (reg. ric. n. 58 del 2006), questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-octies, 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 21 febbraio 2006, n. 49, in riferimento agli artt. 5, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione.

1.1. – Preliminarmente, la Regione Toscana sottolinea come le norme impugnate siano state inserite nel decreto-legge n. 272 del 2005 solo in sede di conversione ad opera della legge n. 49 del 2006, senza essere state «sottoposte all’esame della Conferenza Stato-Regioni per l’espressione del parere di competenza». La ricorrente, muovendo dalla premessa che si versi in materie di competenza regionale – segnatamente «tutela della salute» e «organizzazione del servizio sanitario regionale» – ritiene che fosse obbligatorio acquisire il suddetto parere ai sensi dell’art. 2, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali).

La difesa regionale sottolinea l’importanza del parere della Conferenza con riferimento, in particolare, a quanto stabilito dall’art. 4-quinquiesdecies, ove sono fissati i «livelli essenziali relativi alla libertà di scelta dell’utente e ai requisiti per l’autorizzazione delle strutture private»; tale previsione avrebbe dovuto essere preceduta dall’intesa con le Regioni, anche alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 88 del 2003.

Da quanto detto deriverebbe la violazione degli artt. 5, 117 e 118 Cost., «anche in riferimento all’art. 2 del d.lgs. n. 281 del 1997, sotto il profilo della lesione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni».

1.2. – La Regione procede, quindi, ad illustrare i motivi di censura dell’art. 4-quaterdecies, il quale stabilisce che «1. L’articolo 113 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è sostituito dal seguente:

"Art. 113. - (Competenze delle regioni e delle province autonome). - 1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano l’attività di prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze nel rispetto dei principi di cui al presente testo unico, ed in particolare dei seguenti principi:

a) le attività di prevenzione e di intervento contro l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope siano esercitate secondo uniformi condizioni di parità dei servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti e delle strutture private autorizzate dal Servizio sanitario nazionale;

b) i servizi pubblici per le tossicodipendenze e le strutture private che esercitano attività di prevenzione, cura e riabilitazione nel settore, devono essere in possesso dei requisiti strutturali, tecnologici, organizzativi e funzionali di cui all’articolo 116;

c) la disciplina dell’accreditamento istituzionale dei servizi e delle strutture, nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, garantisce la parità di accesso ai servizi ed alle prestazioni erogate dai servizi pubblici e dalle strutture private accreditate;

d) ai servizi e alle strutture autorizzate, pubbliche e private, spettano, tra l’altro, le seguenti funzioni:

1) analisi delle condizioni cliniche, socio-sanitarie e psicologiche del tossicodipendente anche nei rapporti con la famiglia;

2) controlli clinici e di laboratorio necessari per accertare lo stato di tossicodipendenza effettuati da strutture pubbliche accreditate per tali tipologie di accertamento;

3) individuazione del programma farmacologico o delle terapie di disintossicazione e diagnosi delle patologie in atto, con particolare riguardo alla individuazione precoce di quelle correlate allo stato di tossicodipendenza;

4) elaborazione, attuazione e verifica di un programma terapeutico e socio-riabilitativo, nel rispetto della libertà di scelta del luogo di trattamento di ogni singolo utente;

5) progettazione ed esecuzione in forma diretta o indiretta di interventi di informazione e prevenzione”».

A parere della ricorrente la norma richiamata si porrebbe in contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 Cost. «anche in relazione» all’art. 6, comma 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica). In particolare, la difesa regionale osserva che il citato art. 4-quaterdecies, «nel disporre un regime di parità fra strutture pubbliche e private, affida alle strutture private tutti i compiti che, in base alle previgenti disposizioni in materia erano, viceversa, riservate alle strutture del servizio pubblico». Sarebbe in tal modo sancito «l’ingresso diretto nelle strutture private, non solo autorizzate ma anche accreditate», le quali, «senza alcun filtro di medici o di strutture del Servizio sanitario nazionale, vengono abilitate a fare sia la diagnosi sia la programmazione riabilitativa sia l’esecuzione dei programmi dei soggetti che ad essi si rivolgano».

Gli artt. 117 e 118 Cost. sarebbero violati in quanto la norma impugnata comprimerebbe «la funzione normativa e di programmazione delle attività di prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze», di competenza delle Regioni. Inoltre, su queste ultime graverebbe «la spesa per le prestazioni decise dalle stesse strutture private che riceveranno poi il corrispettivo per le prestazioni erogate», con conseguente violazione dell’art. 119 Cost.

1.3. – L’art. 4-quinquiesdecies è impugnato, invece, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost., oltre che del principio di leale collaborazione, come già detto al punto 1.1.

La norma censurata stabilisce che «1. L’articolo 116 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è sostituito dal seguente:

"Art. 116. - (Livelli essenziali relativi alla libertà di scelta dell'utente e ai requisiti per l'autorizzazione delle strutture private). - 1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano, quale livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, la libertà di scelta di ogni singolo utente relativamente alla prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze. La realizzazione di strutture e l’esercizio di attività sanitaria e socio-sanitaria a favore di soggetti tossicodipendenti o alcooldipendenti è soggetta ad autorizzazione ai sensi dell’articolo 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.

2. L’autorizzazione alla specifica attività prescelta è rilasciata in presenza dei seguenti requisiti minimi, che rappresentano livelli essenziali ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione:

a) personalità giuridica di diritto pubblico o privato o natura di associazione riconosciuta o riconoscibile ai sensi degli articoli 12 e seguenti del codice civile;

b) disponibilità di locali e attrezzature adeguate al tipo di attività prescelta;

c) personale dotato di comprovata esperienza nel settore di attività prescelto;

d) presenza di un’équipe multidisciplinare composta dalle figure professionali del medico con specializzazioni attinenti alle patologie correlate alla tossicodipendenza o del medico formato e perfezionato in materia di tossicodipendenza, dello psichiatra e/o dello psicologo abilitato all’esercizio della psicoterapia e dell’infermiere professionale, qualora l’attività prescelta sia quella di diagnosi della tossicodipendenza;

e) presenza numericamente adeguata di educatori, professionali e di comunità, supportata dalle figure professionali del medico, dello psicologo e delle ulteriori figure richieste per la specifica attività prescelta di cura e riabilitazione dei tossicodipendenti.

3. Il diniego di autorizzazione deve essere motivato con espresso riferimento alle normative vigenti o al possesso dei requisiti minimi di cui al comma 2.

4. Le regioni e le province autonome stabiliscono le modalità di accertamento e certificazione dei requisiti indicati dal comma 2 e le cause che danno luogo alla sospensione o alla revoca dell’autorizzazione.

5. Il Governo attua le opportune iniziative in sede internazionale e nei rapporti bilaterali per stipulare accordi finalizzati a promuovere e supportare le attività e il funzionamento dei servizi istituiti da organizzazioni italiane in paesi esteri per il trattamento e la riabilitazione dei tossicodipendenti.

6. L’autorizzazione con indicazione delle attività prescelte è condizione necessaria oltre che per l’ammissione all’accreditamento istituzionale e agli accordi contrattuali di cui all’articolo 117, per:

a) lo svolgimento dei compiti di cui all’articolo 114;

b) l’accesso ai contributi di cui agli articoli 128 e 129;

c) la stipula con il Ministero della giustizia delle convenzioni di cui all’articolo 96 aventi ad oggetto l’esecuzione dell’attività per la quale è stata rilasciata l’autorizzazione.

7. Fino al rilascio delle autorizzazioni ai sensi del presente articolo sono autorizzati all’attività gli enti iscritti negli albi regionali e provinciali.

8. Presso il Ministero della giustizia è tenuto l’elenco delle strutture private autorizzate e convenzionate, con indicazione dell’attività identificata quale oggetto della convenzione. L’elenco è annualmente aggiornato e comunicato agli uffici giudiziari.

9. Per le finalità indicate nel comma 1 dell’articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le regioni e le province autonome di cui al comma 1 sono abilitate a ricevere erogazioni liberali fatte ai sensi del comma 2, lettera a), del suddetto articolo. Le regioni e le province autonome ripartiscono le somme percepite tra gli enti di cui all’articolo 115, secondo i programmi da questi presentati ed i criteri predeterminati dalle rispettive assemblee”».

1.3.1. – La Regione Toscana ritiene che il comma 6 della citata disposizione, là dove prevede che la sola autorizzazione (senza l’accreditamento, «in ordine al quale alle Regioni sono lasciati maggiori spazi di autonomia legislativa ed amministrativa») consenta lo svolgimento di una serie di compiti, sia lesivo delle competenze legislative regionali ed in particolare di quella esclusiva in materia di assistenza sociale.

Sarebbe, inoltre, compressa «l’attività di programmazione regionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza in quanto il legislatore nazionale, dopo aver deciso quali siano i soggetti pubblici e privati – diversi dagli organismi del servizio sanitario nazionale – abilitati ad operare nel settore delle tossicodipendenze e quali, amplissimi, compiti siano dagli stessi svolti […], fissa in modo dettagliato i requisiti, soggettivi ed oggettivi, che tali soggetti devono possedere [art. 116, comma 2, lettere a), b), c), d), e)]».

In definitiva, la competenza legislativa regionale sarebbe «relegata a ruolo di mera esecuzione di una normativa compiutamente definita a livello statale».

La ricorrente, oltre a ribadire l’avvenuta violazione del principio di leale collaborazione – «non essendo stata acquisita né l’intesa né il parere della Conferenza Stato-Regioni» –, contesta che la «libera scelta», «costituendo un principio della legislazione in materia sanitaria», possa rappresentare un «livello essenziale delle prestazioni». A tale proposito, è richiamato il contenuto dell’allegato 1B del d.P.C.m. 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza), nel quale sono descritti i livelli essenziali dell’attività sanitaria a favore di soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti o psicotrope e da alcool, e dell’allegato 4 al medesimo d.P.C.m., nel quale, tra l’altro, si sottolinea «la necessità di disporre di una metodologia omogenea nell’applicazione della normativa che […] sollecita le Regioni a realizzare l’equilibrio tra le risorse disponibili e l’articolazione delle prestazioni e servizi sociosanitari da garantire attraverso i LEA».

Pertanto, secondo la difesa regionale, «la fissazione di ciascun livello di prestazione non può prescindere dall’esame comparativo con i livelli delle restanti prestazioni garantite dal servizio sanitario nazionale».

In definitiva, la ricorrente ritiene che l’art. 4-quinquiesdecies non abbia «sostanzialmente il contenuto di disposizione con la quale si determinino i livelli essenziali delle prestazioni». A conferma di ciò la Regione richiama quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 120 del 2005, in materia di standard strutturali e qualitativi degli asili nido.

Dalle argomentazioni sopra riportate deriverebbe, a parere della ricorrente, l’illegittimità costituzionale della norma de qua, in quanto quest’ultima – in virtù dell’asserita natura di «livello essenziale delle prestazioni» del principio di libera scelta – avrebbe dettato l’intera disciplina della materia, «esautorando totalmente il legislatore regionale».

Peraltro, aggiunge la Regione, la compressione dell’autonomia legislativa regionale non sarebbe giustificabile neppure considerando il principio di libera scelta di ogni singolo utente come principio fondamentale operante in una materia di potestà legislativa concorrente; infatti, negli ambiti materiali da ultimo indicati, lo Stato «può provvedere alla esclusiva emanazione di norme di principio e non anche di norme di estremo dettaglio come quelle in esame».

1.3.2. – L’art. 4-quinquiesdecies violerebbe, inoltre, l’art. 118 Cost., in quanto consentendo «l’ingresso nel settore delle tossicodipendenze di soggetti che, a prescindere dall’accreditamento e da accordi con le USL, sono abilitati a svolgere le prestazioni tradizionalmente riservate al servizio pubblico», lederebbe l’«autonomia organizzativa dei servizi di competenza regionale» e la «potestà di programmazione nel settore sanitario», entrambe di competenza regionale.

1.3.3. – La norma in esame violerebbe anche l’art. 119 Cost. A detta della ricorrente, infatti, l’ingresso di strutture private nel settore della prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze comporterebbe delle diseconomie derivanti, per un verso, dalla ridotta utilizzazione della rete di servizi ad oggi operante, che non potrà essere congruamente snellita in tempi brevi, e, per un altro verso, dall’aumento della spesa per l’erogazione delle prestazioni fornite dalle strutture private. Questi incrementi di spesa, osserva la Regione, finirebbero per ricadere sulla finanza delle Regioni, «senza che l’intervento [delle strutture private] sia stato richiesto dal servizio sanitario regionale».

1.4. – Sono impugnati, infine, gli artt. 4-octies e 4-undecies del decreto-legge n. 272 del 2005, per violazione degli artt. 97, 117, 118 e 119 Cost.

L’art. 4-octies stabilisce che «1. All’articolo 91 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è abrogato;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

"2. All’istanza di sospensione dell’esecuzione della pena è allegata, a pena di inammissibilità, certificazione rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze o da una struttura privata accreditata per l’attività di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell’articolo 116 attestante, ai sensi dell’articolo 123, la procedura con la quale è stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope, il tipo di programma terapeutico e socio-riabilitativo scelto, l’indicazione della struttura ove il programma è stato eseguito, le modalità di realizzazione ed i risultati conseguiti a seguito del programma stesso”;

c) il comma 3 è abrogato;

d) il comma 4 è sostituito dal seguente:

"4. Se l’ordine di carcerazione è già stato eseguito la domanda è presentata al magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo di detenzione, il quale, se l’istanza è ammissibile, se sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda ed al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, qualora non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza del pericolo di fuga, può disporre l’applicazione provvisoria del beneficio. Sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il magistrato di sorveglianza è competente a dichiarare la revoca di cui all’articolo 93, comma 2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 47, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354”».

L’art. 4-undecies prevede, invece, che «1. All’articolo 94 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

"1. Se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l’interessato può chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l’attività terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con un’azienda unità sanitaria locale o con una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116. L’affidamento in prova in casi particolari può essere concesso solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Alla domanda è allegata, a pena di inammissibilità, certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l’attività di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell’articolo 116 attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale è stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l’andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneità, ai fini del recupero del condannato. Affinché il trattamento sia eseguito a carico del Servizio sanitario nazionale, la struttura interessata deve essere in possesso dell’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ed aver stipulato gli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies del citato decreto legislativo”;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

"2. Se l’ordine di carcerazione è stato eseguito, la domanda è presentata al magistrato di sorveglianza il quale, se l’istanza è ammissibile, se sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda ed al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, qualora non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza del pericolo di fuga, può disporre l’applicazione provvisoria della misura alternativa. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al comma 4. Sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il magistrato di sorveglianza è competente all’adozione degli ulteriori provvedimenti di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni”;

c) al comma 3 è aggiunto il seguente periodo: "Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 92, commi 1 e 3”;

d) il comma 4 è sostituito dal seguente:

"4. Il tribunale accoglie l’istanza se ritiene che il programma di recupero, anche attraverso le altre prescrizioni di cui all’articolo 47, comma 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, contribuisce al recupero del condannato ed assicura la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati. Se il tribunale di sorveglianza dispone l’affidamento, tra le prescrizioni impartite devono essere comprese quelle che determinano le modalità di esecuzione del programma. Sono altresì stabilite le prescrizioni e le forme di controllo per accertare che il tossicodipendente o l’alcooldipendente inizi immediatamente o prosegua il programma di recupero. L’esecuzione della pena si considera iniziata dalla data del verbale di affidamento, tuttavia qualora il programma terapeutico al momento della decisione risulti già positivamente in corso, il tribunale, tenuto conto della durata delle limitazioni alle quali l’interessato si è spontaneamente sottoposto e del suo comportamento, può determinare una diversa, più favorevole data di decorrenza dell’esecuzione”;

e) dopo il comma 6 sono aggiunti i seguenti:

"6-bis. Qualora nel corso dell’affidamento disposto ai sensi del presente articolo l’interessato abbia positivamente terminato la parte terapeutica del programma, il magistrato di sorveglianza, previa rideterminazione delle prescrizioni, può disporne la prosecuzione ai fini del reinserimento sociale anche qualora la pena residua superi quella prevista per l’affidamento ordinario di cui all’articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354.

6-ter. Il responsabile della struttura presso cui si svolge il programma terapeutico di recupero e socio-riabilitativo è tenuto a segnalare all’autorità giudiziaria le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma. Qualora tali violazioni integrino un reato, in caso di omissione, l’autorità giudiziaria ne dà comunicazione alle autorità competenti per la sospensione o revoca dell’autorizzazione di cui all’articolo 116 e dell’accreditamento di cui all’articolo 117, ferma restando l’adozione di misure idonee a tutelare i soggetti in trattamento presso la struttura”».

1.4.1. – La Regione Toscana rileva come le due norme sopra riportate equiparino, ai fini della certificazione degli stati di tossicodipendenza, le strutture sanitarie pubbliche a quelle private accreditate. Pertanto, il dubbio di legittimità costituzionale delle due norme si fonda principalmente sul riconoscimento, in capo a strutture private autorizzate o accreditate, della legittimazione al rilascio delle certificazioni necessarie per ottenere la sospensione dell’esecuzione della pena o per poter beneficiare della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale. In particolare, la ricorrente evidenzia come la certificazione di cui all’art. 4-undecies non si limiti all’attestazione di dati oggettivi, ma si spinga «fino all’effettuazione di valutazioni circa l’idoneità del programma terapeutico concordato ai fini del recupero del condannato», così determinando una diretta violazione dell’art. 97 Cost., nonché dell’art. 119 Cost., in quanto i costi delle prestazioni effettuate dalle strutture private finirebbero per ricadere sul bilancio delle Regioni e quindi sull’autonomia di spesa delle stesse.

2. – La Regione Lazio ha promosso, con ricorso notificato il 28 aprile 2006 e depositato il successivo 5 maggio (reg. ric. n. 59 del 2006), questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. ed al principio di leale collaborazione.

2.1. – La ricorrente sostiene che le norme impugnate ledono, innanzitutto, la competenza legislativa regionale concorrente in materia di tutela della salute (art. 117, terzo comma, Cost.) e quella esclusiva in materia di assistenza sociale (art. 117, quarto comma, Cost.).

Quanto al primo parametro costituzionale evocato, la difesa regionale rileva come le norme censurate non pongano principi fondamentali ma siano dotate di «forza autoapplicativa». In particolare, l’art. 4-quinquiesdecies non indicherebbe le specifiche prestazioni rientranti nei suddetti livelli essenziali di assistenza, bensì disciplinerebbe i requisiti minimi delle strutture, con conseguente lesione dell’autonomia organizzativa delle Regioni. A questo proposito, la ricorrente ricorda che i livelli essenziali di assistenza «rappresentano le garanzie del Servizio sanitario nazionale, cioè i limiti quantitativi, qualitativi e tipologici, che il servizio pubblico offre ed eroga». Pertanto, la determinazione da parte dello Stato dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti «deve essere riferita più al risultato che al mezzo e alle regole con cui questo viene raggiunto, sulle quali vale invece il titolo di competenza (primaria o concorrente) regionale».

Deve dunque ritenersi – aggiunge la Regione – che nella materia della prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza, rientrante per alcuni profili nella «tutela della salute» e per altri nell’«assistenza sociale», la determinazione da parte dello Stato dei livelli essenziali delle prestazioni «non possa anche prefissare in toto gli aspetti organizzativi e gestionali dei servizi di assistenza sanitaria ed ospedaliera ed essere comprensiva delle modalità di conformazione e di resa dei servizi».

Anche gli artt. 4-undecies e 4-quaterdecies, «al di là della loro autoqualificazione come principi fondamentali», costituirebbero in realtà «norme dotate di forza autoapplicativa che disciplinano specificamente aspetti organizzativi e gestionali, comprimendo di fatto l’autonomia organizzativa e funzionale delle Regioni, nonché l’attività programmatoria di competenza delle stesse».

2.2. – La difesa regionale censura gli artt. 4-undecies e 4-quaterdecies anche rispetto all’art. 119 Cost.

In particolare, la ricorrente osserva come le norme appena citate, affidando alle strutture sanitarie private compiti in precedenza riservati alle sole strutture del servizio pubblico, comportino «una palese violazione dell’autonomia di spesa delle Regioni», le quali, da una parte, vedrebbero compressa l’attività normativa e di programmazione delle attività di prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze e, dall’altra, sarebbero «chiamate ad accollarsi le spese di prestazioni […] decise dalle strutture private senza alcun filtro da parte delle Asl».

La lesione dell’autonomia finanziaria regionale sarebbe resa ancor più grave dal fatto che l’art. 4-quinquiesdecies stabilisce, in modo dettagliato, i requisiti, soggettivi ed oggettivi, che tali strutture devono possedere per ottenere l’autorizzazione. Ciò escluderebbe qualunque margine di autonomia, da parte delle Regioni, sia nella individuazione dei presupposti per l’autorizzazione delle strutture private, sia, di conseguenza, nel controllo delle spese effettuate da queste strutture.

2.3. – La Regione Lazio censura, inoltre, l’art. 4-undecies per violazione dell’art. 118 Cost.

Secondo la ricorrente il riconoscimento alle strutture private della possibilità di certificare lo stato di tossicodipendenza darebbe vita ad un conflitto di interessi, in quanto la struttura che certifica è la stessa che effettuerà il trattamento.

Un ulteriore rischio, ad avviso della difesa regionale, risiederebbe nella possibile creazione di «una grande variabilità di criteri diagnostici» e della «conseguente disparità di trattamento non in relazione alle reali condizioni del soggetto, ma in funzione dell’organizzazione del trattamento previsto dalla struttura privata».

2.4. – Infine, la normativa censurata risulterebbe in contrasto con il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, garantito dagli artt. 5, 117, 118 e 120 Cost. Il principio in questione sarebbe violato dalle numerose disposizioni di dettaglio contenute negli artt. 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies, «in quanto la Regione non ha in alcun modo partecipato al procedimento di formazione della volontà legislativa».

In proposito, ad avviso della Regione Lazio, deve tenersi conto di quanto stabilito dall’art. 118, comma 1, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), il quale prevede il necessario parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, per la determinazione dell’organico e delle caratteristiche organizzative e funzionali dei servizi per le tossicodipendenze da istituire presso ogni unità sanitaria locale.

In particolare, nella materia in esame, la necessità dell’intesa sarebbe determinata dall’esistenza di competenze legislative statali e regionali strettamente connesse fra loro, che danno vita a molteplici «problemi di interferenza», risolvibili solo in sede di Conferenza Stato-Regioni.

D’altra parte – osserva la ricorrente – la funzione del principio di leale collaborazione è quella di «garantire un’effettiva ed efficace integrazione di ruoli distinti costituzionalmente riconosciuti» e non di «fornire una copertura alla configurazione di mera ausiliarietà delle autonomie regionali rispetto a decisioni fondamentalmente dello Stato».

3. – La Regione Emilia-Romagna ha promosso, con ricorso notificato il 27 aprile 2006 e depositato il successivo 5 maggio (reg. ric. n. 60 del 2006), questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost. ed al principio di leale collaborazione.

3.1. – Preliminarmente, la ricorrente sottolinea di essere titolare della potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute e di quella piena nella materia delle politiche sociali.

In secondo luogo, la Regione evidenzia come il testo originario del decreto-legge n. 272 del 2005 contenesse solo una disposizione (art. 4) in materia di tossicodipendenza, alla quale se ne sono aggiunte molte altre in sede di conversione del decreto in legge; ciò avrebbe determinato una «distorsione della procedura di conversione» che configura, già di per sé, «un autonomo vizio di costituzionalità», ma che – aggiunge la stessa ricorrente – la Regione ha interesse a fare valere soltanto in relazione alle disposizioni qui impugnate.

3.2. – In merito all’art. 4-quinquiesdecies nella parte in cui modifica il comma 1 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, la ricorrente contesta che la libertà di scelta dell’utente costituisca un livello essenziale delle prestazioni, richiamando a tal fine la sentenza n. 383 del 2005 della Corte costituzionale. A detta della ricorrente, la norma impugnata disciplinerebbe «un diritto che attiene ad un gruppo di prestazioni», ma non definirebbe affatto «il livello essenziale di queste prestazioni», come sarebbe confermato dalla circostanza che «se non ci fossero altre norme che regolano davvero e specificamente le varie prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze, la semplice libertà di scelta dell’utente non gli garantirebbe certo di avere prestazioni idonee».

Per queste ragioni la norma di cui all’art. 4-quinquiesdecies sarebbe lesiva delle competenze legislative ed amministrative regionali in materia di tutela della salute e di politiche sociali.

Secondo la Regione Emilia-Romagna, la norma in questione sarebbe comunque illegittima anche se si considerasse la libera scelta «come espressione di un principio assoluto». A questo proposito la ricorrente richiama la sentenza n. 200 del 2005, ricordando come, nella legislazione sanitaria, dopo l’enunciazione del principio della parificazione e concorrenzialità tra strutture pubbliche e strutture private, si è progressivamente imposto il principio della programmazione, allo scopo di realizzare un contenimento della spesa pubblica ed una razionalizzazione del sistema sanitario.

La Regione conclude sul punto osservando che «il contemperamento tra l’interesse alla libera scelta e l’interesse organizzativo e finanziario del servizio pubblico deve ritenersi costituzionalmente imposto, sia con riferimento alla potestà legislativa di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, sia con riferimento all’autonomia finanziaria di cui all’art. 119, primo comma». Dunque, l’imposizione in via assoluta della libertà di scelta degli utenti risulterebbe lesiva delle competenze legislative ed amministrative della Regione in materia di tutela della salute e politiche sociali.

Con specifico riferimento alle competenze amministrative, la ricorrente sottolinea come la norma statale censurata incida inevitabilmente sull’assetto organizzativo sanitario regionale.

Sarebbe, inoltre, violato l’art. 119 Cost., poiché «il principio di libera scelta – imposto in via assoluta – aumenterebbe notevolmente le spese a carico del bilancio regionale», costringendo la Regione «ad aumentare il numero dei convenzionamenti ex art. 8-quinquies d.lgs. n. 502 del 1992, oppure a non porre tetti massimi di spesa negli accordi stipulati ai sensi della medesima disposizione».

3.3. – La Regione Emilia-Romagna censura l’art. 4-quinquiesdecies anche nella parte in cui modifica il comma 2 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990.

A questo proposito la ricorrente ritiene che non costituiscano «livelli essenziali» ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi, prescritti dalla norma impugnata per l’esercizio di attività sanitaria e socio-sanitaria in favore di soggetti tossicodipendenti. La difesa regionale richiama in tal senso la sentenza n. 120 del 2005, sostenendo che le conclusioni cui la Corte costituzionale è pervenuta nell’occasione possono estendersi al presente giudizio. D’altra parte, a parere della Regione, non potrebbe invocarsi a sostegno della norma impugnata la sentenza n. 134 del 2006 della Corte costituzionale, trattandosi, in quel caso, di standard qualitativi, strutturali e tecnologici delle specifiche prestazioni e non delle strutture.

3.4. – In merito all’art. 4-quaterdecies, la Regione ritiene che esso sia illegittimo nella parte in cui, modificando la lettera b) dell’art. 113 del d.P.R. n. 309 del 1990, richiama i requisiti di cui all’art. 4-quinquiesdecies. Le ragioni di censura sono quelle già indicate al punto 3.3 al quale si rinvia.

La norma di cui all’art. 4-quaterdecies, inoltre, estendendo alle stesse strutture pubbliche (SERT) il vincolo al rispetto dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi, prescritti dall’art. 4-quinquiesdecies, sarebbe lesiva delle competenze legislative ed amministrative regionali in materia di tutela della salute (art. 117, terzo comma, Cost.) e di politiche sociali (art. 117, quarto comma, Cost.).

Le norme di cui alle lettere a), b), c) e d) risulterebbero a loro volta illegittime in quanto, ribadendo il principio ispiratore della legge impugnata, cioè «la parificazione incondizionata delle strutture pubbliche e di quelle private», violerebbero «le competenze legislative ed amministrative della Regione, nonché la sua autonomia finanziaria, nelle materie della tutela della salute e delle politiche sociali, perché pongono vincoli organizzativi irrazionali».

A parere della difesa regionale, inoltre, «il principio della libertà di scelta – ove imposto in via assoluta – aumenterebbe notevolmente le spese a carico del bilancio regionale in uno specifico settore», con conseguente violazione dell’art. 119 Cost. Al riguardo, la ricorrente sottolinea come l’illegittimità costituzionale delle norme impugnate non possa essere esclusa da quanto prescritto all’art. 4-sexiesdecies, secondo cui l’esercizio delle attività di prevenzione, cura, recupero e riabilitazione «è subordinato alla stipula degli accordi contrattuali di cui all’art. 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni».

In realtà, per assicurare il principio della libertà di scelta, la Regione sarebbe costretta «ad aumentare il numero dei convenzionamenti ex art. 8-quinquies d.lgs. n. 502 del 1992, oppure a non porre tetti massimi di spesa negli accordi stipulati ai sensi della medesima disposizione, con notevole aumento di spesa»; di qui la violazione dell’autonomia finanziaria regionale e, quindi, dell’art. 119 Cost.

3.5. – Oggetto di specifiche censure è inoltre l’art. 4-quinquiesdecies, nella parte in cui modifica il comma 9 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990. La norma stabilisce che «Per le finalità indicate nel comma 1 dell’articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, le regioni e le province autonome di cui al comma 1 sono abilitate a ricevere erogazioni liberali fatte ai sensi del comma 2, lettera a), del suddetto articolo. Le regioni e le province autonome ripartiscono le somme percepite tra gli enti di cui all’articolo 115, secondo i programmi da questi presentati ed i criteri predeterminati dalle rispettive assemblee».

La Regione Emilia-Romagna precisa, al riguardo, che oggetto di impugnazione non è l’intera norma, bensì solo la parte che individua nelle assemblee regionali l’organo competente a stabilire i criteri di riparto. Ad avviso della ricorrente, posto che l’organizzazione regionale, nella misura in cui non è predeterminata dalla Costituzione, «ricade nella esclusiva competenza dello statuto regionale e delle leggi regionali ordinarie», la norma in questione sarebbe illegittima in quanto lesiva dell’autonomia organizzativa regionale, con conseguente violazione dell’art. 117, quarto comma, Cost.

3.6. – In merito all’art. 4-undecies, la ricorrente sostiene che la norma, equiparando le strutture private a quelle pubbliche ai fini del rilascio della certificazione necessaria per l’affidamento in prova al servizio sociale, viola le competenze regionali in materia di tutela della salute e di politiche sociali, in quanto «detta una norma di dettaglio in materia regionale e regola un punto la cui disciplina spetta all’autonomia organizzativa regionale».

La stessa norma, inoltre, sarebbe in contrasto con l’art. 118 Cost., nella parte in cui «interferisce con la responsabilità che costituzionalmente spetta alle Regioni di disciplinare la titolarità e l’esercizio dell’azione amministrativa».

Infine, sarebbe violato l’art. 119 Cost., in quanto, «affidandosi il potere certificatorio (e i relativi programmi di recupero) alle strutture private accreditate, l’ammissione dei detenuti ai programmi di recupero si svolge al di fuori di ogni valutazione da parte delle Regioni, che, quindi, potrebbero essere costrette a stipulare ulteriori convenzioni o a non porre limiti negli accordi contrattuali stipulati ex art. 8-quinquies d.lgs. n. 502 del 1992».

3.7. – La Regione Emilia-Romagna conclude sostenendo che tutte le norme impugnate sarebbero, comunque, illegittime per violazione del principio di leale collaborazione, posto che lo Stato non solo ha omesso di svolgere le procedure collaborative con le Regioni, prescritte dall’art. 2 del d.lgs. n. 281 del 1997 per i disegni di legge che riguardano le materie di competenza regionale, ma non ha neppure operato la consultazione successiva, di cui all’art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 281 del 1997.

Pertanto, osserva la difesa regionale, «la legge di conversione adottata senza parere è una legge affetta da vizio procedimentale, sindacabile da codesta Corte in quanto l’art. 2, comma 5, [del d.lgs. n. 281 del 1997] costituisce traduzione del principio costituzionale di leale collaborazione nel quadro della procedura di emanazione e conversione dei decreti-legge».

La violazione del principio di leale collaborazione risulterebbe, poi, «particolarmente grave per l’art. 4-quinquiesdecies, che – secondo la prospettazione della norma impugnata – definisce livelli essenziali delle prestazioni». La ricorrente evidenzia in proposito come sia ormai consolidato nell’ordinamento il principio per cui l’individuazione dei livelli essenziali non può prescindere dalla previa intesa in Conferenza Stato-Regioni.

La difesa regionale, nel dare atto dell’esistenza di una giurisprudenza della Corte costituzionale che «ha in passato, sia pure in casi diversi da quello presente, negato l’esistenza di un fondamento costituzionale all’obbligo di procedure legislative ispirate alla leale collaborazione tra Stato e Regioni», nondimeno osserva che «se la ratio del principio di leale collaborazione è contemperare gli interessi in caso di interferenze fra funzioni facenti capo ad enti diversi, e se esso ha, come non è dubbio, rango costituzionale, non vi è ragione per distinguere tra funzione legislativa e funzione amministrativa. Si dovrebbe anzi ritenere che proprio in relazione alla funzione più importante risulti maggiore l’esigenza della leale collaborazione». È richiamata in proposito la sentenza n. 398 del 1998, con la quale è stata annullata una disposizione legislativa statale per mancato coinvolgimento delle Regioni nel procedimento legislativo.

4. – La Regione Liguria ha promosso, con ricorso notificato il 28 aprile 2006 e depositato il successivo 5 maggio (reg. ric. n. 61 del 2006), questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-quinquiesdecies e 4-vicies ter, comma 28, del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost. ed al principio di leale collaborazione.

4.1. – La ricorrente, assistita dalla medesima difesa tecnica della Regione Emilia-Romagna, svolge considerazioni in parte coincidenti con quelle sviluppate nel ricorso depositato da quest’ultima (reg. ric. n. 60 del 2006). La coincidenza delle argomentazioni svolte nei due ricorsi riguarda le questioni di legittimità costituzionali aventi ad oggetto l’art. 4-quinquiesdecies nella parte in cui modifica i commi 1 e 2 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, riguardo alle quali si rinvia a quanto illustrato nei precedenti punti 3.2 e 3.3.

4.2. – Oggetto di specifica censura da parte della Regione Liguria è l’art. 4-quinquiesdecies, nella parte in cui modifica il comma 7 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, stabilendo che «Fino al rilascio delle autorizzazioni ai sensi del presente articolo sono autorizzati all’attività gli enti iscritti negli albi regionali e provinciali». La difesa regionale rileva che «tali enti sono attualmente del tutto inidonei a svolgere attività diagnostica e prognostica»; in questo modo, osserva la ricorrente, oltre a ledere il diritto alla salute, dato che viene riconosciuta «la possibilità di incidere su essa a soggetti la cui professionalità non è stata adeguatamente verificata, il comma 7 lede ulteriormente l’autonomia legislativa ed amministrativa della Regione in materia di organizzazione e programmazione dell’attività socio-sanitaria relativa ai tossicodipendenti».

4.3. – La Regione Liguria impugna, inoltre, il comma 28 dell’art. 4-vicies ter, il quale stabilisce che, al comma 1 dell’art. 115 del d.P.R. n. 309 del 1990, la parola «ausiliari» è soppressa.

La ricorrente sostiene che, eliminando la qualifica di «ausiliari» per gli enti privati di cui all’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, il legislatore abbia reso palese il proprio intento di attribuire alle strutture private «non più un ruolo di supporto delle strutture pubbliche, ma una posizione paritaria, pienamente concorrenziale con le strutture del SSN». Ciò determinerebbe l’illegittimità della norma impugnata per le medesime ragioni per le quali è censurato l’art. 4-quinquiesdecies nella parte in cui modifica il comma 1 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990.

4.4. – Infine, la Regione Liguria censura gli artt. 4-quinquiesdecies e 4-vicies ter, comma 28, per violazione del principio di leale collaborazione, svolgendo argomentazioni del tutto coincidenti con quelle svolte dalla Regione Emilia-Romagna e riportate al precedente punto 3.7.

5. – La Regione Piemonte ha promosso, con ricorso notificato il 27 aprile 2006 e depositato il successivo 5 maggio (reg. ric. n. 62 del 2006), questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost. ed al principio di leale collaborazione.

5.1. – In via preliminare, la difesa regionale rileva come le norme impugnate definiscano «un sistema organizzativo secondo il quale le attività di prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze […] vengono ad essere espletate indifferentemente da parte dei servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti, ovvero da parte di strutture private da autorizzare sulla scorta del possesso di requisiti minimi predeterminati».

Ad avviso della ricorrente, «le attività di prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza vanno ascritte sia alla materia della tutela della salute, che appartiene alla competenza concorrente delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., sia all’ambito delle politiche sociali e degli interventi di assistenza sociale, che ricadono nella competenza legislativa regionale di cui al quarto comma dell’art. 117 Cost.».

La Regione sottolinea che la disciplina dei principi fondamentali spettante allo Stato nelle materie di legislazione concorrente e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni «vanno individuate con obbiettivo criterio e mantenendo saldo riferimento all’ambito delle autonomie regionali e locali costituzionalmente garantite». Al contrario, ad avviso della ricorrente, le norme impugnate «si addentrano […] in una pervasiva regolamentazione che annulla ogni ambito di scelta legislativa regionale».

Inoltre, aggiunge la Regione, la fissazione dell’obbligo di «uniformi condizioni di parità» dei servizi pubblici e delle strutture private, «senza la previsione di un ambito di articolazione e di adeguamento alle realtà locali ingenera conseguenze distorsive sulla rete di servizi pubblici integrata con strutture private».

Ed ancora, «la nuova disciplina statale fissa altresì in modo dettagliato i requisiti soggettivi ed oggettivi che le strutture private debbono possedere ai fini dell’autorizzazione».

La Regione Liguria contesta pure «l’ammissione pura e semplice» – stabilita dall’art. 4-quinquiesdecies, nella parte in cui modifica il comma 7 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990 – degli enti attualmente iscritti negli albi regionali e provinciali all’espletamento delle nuove attività ora contemplate.

Oggetto di specifiche censure è, poi, l’art. 4-quinquiesdecies, nella parte in cui modifica il comma 9 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, ritenuto illegittimo in quanto vincolerebbe la ripartizione da parte delle Regioni dei fondi provenienti da erogazioni liberali ai sensi dell’art. 100 del d.P.R. n. 917 del 1986.

Le norme impugnate violerebbero anche l’art. 119 Cost., poiché le Regioni, se da una parte «vedono compressa oltre misura la funzione normativa e di programmazione delle attività sanitarie ed assistenziali nel campo delle tossicodipendenze», dall’altra parte devono «sostenere la spesa delle prestazioni che vengono decise dalle strutture private, operanti in parallelo ai servizi pubblici».

Infine, le norme censurate violerebbero il principio di leale collaborazione, in quanto «non sono frutto di intesa con le Regioni».

6. – La Regione Umbria ha promosso, con ricorso notificato il 28 aprile 2006 e depositato il successivo 5 maggio (reg. ric. n. 63 del 2006), questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-octies, 4-undecies, 4-quaterdecies, 4-quinquiesdecies, 4-sexiesdecies, 4-vicies ter, commi 27, 29 e 30, e, in via consequenziale, degli artt. 4, 4-bis, 4-ter, 4-sexies, 4-septies e 4-vicies bis del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, in riferimento agli artt. 117, anche in relazione all’art. 32 Cost., 118 e 119 Cost. ed al principio di leale collaborazione.

6.1. – Preliminarmente, la ricorrente evidenzia come le norme oggetto dell’odierna impugnazione siano state introdotte nel testo del decreto-legge n. 272 del 2005 solo in sede di conversione, ampliandone il contenuto originario in maniera rilevante, con l’effetto di modificare, abrogare o sostituire circa un terzo dell’articolato del d.P.R. n. 309 del 1990.

A tal proposito, la difesa regionale ricorda che, nel precedente assetto normativo, «il fulcro del sistema era costituito dai servizi pubblici per l’assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti (noti come SERT) istituiti presso le unità sanitarie locali». Nell’esercizio delle proprie funzioni, i detti servizi pubblici, i consorzi e le associazioni fra Comuni nonché i centri gestiti in economia dagli enti locali, potevano avvalersi della collaborazione di enti di volontariato, di enti ausiliari senza fini di lucro, iscritti in appositi albi istituiti dalle Regioni, e di associazioni o di enti di loro emanazione aventi finalità di educazione dei giovani, di sviluppo socio-culturale della personalità, di formazione professionale e di orientamento al lavoro.

In definitiva, il sistema si fondava «sull’integrazione tra servizio pubblico (SERT ed enti locali) e apporto dei privati, mediante sia l’accesso di singole persone al servizio pubblico, debitamente autorizzate, sia l’appoggio degli utenti presso le strutture private svolgenti la propria attività all’esterno, sotto il controllo della Regione, titolare anche del potere di definirne i requisiti per la collaborazione».

La ricorrente evidenzia quindi le caratteristiche salienti del nuovo quadro normativo, sottolineando come il sistema introdotto dalla legge n. 49 del 2006 non si basi più sull’integrazione tra servizio pubblico e privato secondo il modello della collaborazione, ma «sulla istituzionalizzazione, in alternativa al servizio pubblico, di strutture private autorizzate e accreditate che svolgono le proprie funzioni separatamente, in condizioni di assoluta e totale parità». Si sarebbe realizzata, pertanto, una «sorta di "privatizzazione” in parte qua delle funzioni di prevenzione, di riabilitazione e di reinserimento delle tossicodipendenze», che troverebbe espressa previsione nelle norme di cui agli artt. 4-quaterdecies, 4-quinquiesdecies e 4-sexiesdecies.

6.2. – Passando alle singole censure, la Regione Umbria illustra, innanzitutto, quelle relative agli art. 4-quaterdecies e 4-vicies ter, commi 27, 29 e 30, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, Cost. – anche in relazione all’art. 32 Cost. – e 118 Cost.

In proposito, la difesa regionale ricorda che l’art. 32 Cost. affida il compito di assicurare la tutela della salute alla Repubblica, «e quindi allo Stato, alle Regioni, alle Città metropolitane, alle Province ed ai Comuni». Pertanto, «la rilevanza istituzionale del Servizio sanitario nazionale», se non esclude che il cittadino possa rivolgersi a soggetti privati per ottenere le cure e le prestazioni delle quali ritenga di avere bisogno, «non consente che i fini istituzionali di prevenzione e cura del servizio possano essere perseguiti al di fuori del servizio medesimo, che tali fini individua, attua e verifica».

Peraltro, osserva ancora la ricorrente, la Costituzione non assicura «la libertà di scelta del cittadino tra servizio pubblico a tutela della salute e servizio privato». Al contrario, il censurato art. 4-quaterdecies introduce il principio fondamentale secondo cui l’attività di prevenzione e intervento contro le tossicodipendenze è esercitata dai servizi pubblici e dalle strutture private autorizzate «secondo uniformi condizioni di parità». La nozione e la portata di questa formula sono poi specificate nelle ulteriori disposizioni del medesimo art. 4-quaterdecies, come pure nei commi 27, 29 e 30 dell’art. 4-vicies ter, il cui testo si riporta di seguito.

Comma 27: «All’articolo 114 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, il comma 2 è sostituito dal seguente:

"2. Il perseguimento degli obiettivi previsti dal comma 1 può essere affidato dai comuni e dalle comunità montane o dalle loro associazioni alle competenti aziende unità sanitarie locali o alle strutture private autorizzate ai sensi dell'articolo 116”».

Comma 29: «All’articolo 120 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

"1. Chiunque fa uso di sostanze stupefacenti e di sostanze psicotrope può chiedere al servizio pubblico per le tossicodipendenze o ad una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116 e specificamente per l’attività di diagnosi, di cui al comma 2, lettera d), del medesimo articolo di essere sottoposto ad accertamenti diagnostici e di eseguire un programma terapeutico e socio-riabilitativo”;

b) al comma 3, le parole: "dell’unità” sono sostituite dalle seguenti: "delle aziende unità” e dopo le parole: "unità sanitarie locali,” sono inserite le seguenti: "e con le strutture private autorizzate ai sensi dell’articolo 116”;

c) il comma 4 è sostituito dal seguente:

"4. Gli esercenti la professione medica che assistono persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti e di sostanze psicotrope possono, in ogni tempo, avvalersi dell’ausilio del servizio pubblico per le tossicodipendenze e delle strutture private autorizzate ai sensi dell’articolo 116”;

d) il comma 7 è sostituito dal seguente:

"7. Gli operatori del servizio pubblico per le tossicodipendenze e delle strutture private autorizzate ai sensi dell’articolo 116, salvo l’obbligo di segnalare all’autorità competente tutte le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma terapeutico alternativo a sanzioni amministrative o ad esecuzione di pene detentive, non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione della propria professione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Agli stessi si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili”».

Comma 30: «All’articolo 122 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

"1. Il servizio pubblico per le tossicodipendenze e le strutture private autorizzate ai sensi dell’articolo 116, compiuti i necessari accertamenti e sentito l’interessato, che può farsi assistere da un medico di fiducia autorizzato a presenziare anche agli accertamenti necessari, definiscono un programma terapeutico e socio-riabilitativo personalizzato che può prevedere, ove le condizioni psicofisiche del tossicodipendente lo consentano, in collaborazione con i centri di cui all’articolo 114 e avvalendosi delle cooperative di solidarietà sociale e delle associazioni di cui all’articolo 115, iniziative volte ad un pieno inserimento sociale attraverso l’orientamento e la formazione professionale, attività di pubblica utilità o di solidarietà sociale. Nell’ambito dei programmi terapeutici che lo prevedono, possono adottare metodologie di disassuefazione, nonché trattamenti psico-sociali e farmacologici adeguati. Il servizio per le tossicodipendenze controlla l’attuazione del programma da parte del tossicodipendente”;

b) al comma 2, le parole: "deve essere” sono sostituite dalla seguente: "viene” e dopo la parola: "studio” è inserita la seguente: "e”;

c) al comma 3, le parole: "riabilitative iscritte in un albo regionale o provinciale” sono sostituite dalle seguenti: "private autorizzate ai sensi dell’articolo 116”;

d) il comma 4 è sostituito dal seguente:

"4. Quando l’interessato ritenga di attuare il programma presso strutture private autorizzate ai sensi dell’articolo 116 e specificamente per l’attività di diagnosi, di cui al comma 2, lettera d), del medesimo articolo, la scelta può cadere su qualsiasi struttura situata nel territorio nazionale che si dichiari di essere in condizioni di accoglierlo”».

Ad avviso della Regione Umbria, le norme sopra indicate, riconoscendo alle strutture private accreditate «una condizione di parità istituzionale» si porrebbero in contrasto con la competenza regionale in tema di tutela della salute (art. 117, terzo comma, Cost.) e di assistenza sociale (art. 117, quarto comma, Cost.), nonché con i principi desumibili dall’art. 32, primo comma, Cost. Al riguardo, la ricorrente ribadisce che la libertà di scelta dell’assistito deve sempre essere soggetta «al controllo, indirizzo e verifica del servizio pubblico, organizzato a livello regionale e degli enti locali».

Le norme di cui agli art. 4-quaterdecies e 4-vicies ter, commi 27, 29 e 30, sono, inoltre, censurate per violazione dell’art. 118, quarto comma, Cost., in quanto si baserebbero su una «interpretazione estensiva del principio costituzionale della c.d. sussidiarietà orizzontale». Infatti, secondo la difesa regionale, agli enti locali (comunità montane e comuni) chiamati a svolgere compiti riconducibili alla materia dell’assistenza sociale, non spetterebbe più «favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, ma prendere solo atto della esistenza di strutture private autorizzate a ciò finalizzate, alle quali […] i compiti della prevenzione, della emarginalizzazione e del disadattamento sociale, nonché del reinserimento scolastico e lavorativo del tossicodipendente vanno obbligatoriamente affidati».

6.3. – Oggetto dell’impugnativa regionale è anche l’art. 4-quinquiesdecies, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, Cost.

La ricorrente evidenzia come la norma censurata definisca, impropriamente, «livello essenziale delle prestazioni» la libertà di scelta dell’utente – che «già costituisce principio della legislazione sanitaria» – ed i requisiti necessari all’ottenimento dell’autorizzazione da parte delle strutture private. Ciò determinerebbe la violazione della competenza regionale in materia di tutela della salute.

6.4. – Sono, inoltre, censurati gli artt. 4-quinquiesdecies e 4-sexiesdecies per violazione dell’art. 119 Cost.

In particolare, la Regione Umbria ritiene che le norme in questione, consentendo l’esercizio, da parte di strutture private, delle attività di prevenzione, cura, recupero e riabilitazione dei soggetti tossicodipendenti, incidano fortemente sulla spesa sanitaria delle Regioni.

6.5. – La ricorrente reputa illegittimi anche gli artt. 4-octies e 4-undecies, «limitatamente alla previsione della attribuzione della potestà certificatoria anche in capo alle strutture private accreditate», per violazione dell’art. 97 Cost.

Il parametro costituzionale evocato sarebbe violato in quanto le norme impugnate conferirebbero «una funzione tipicamente amministrativa ad un soggetto privato senza idonee garanzie circa l’efficienza, efficacia e trasparenza dell’attività e, soprattutto, senza la sottoposizione a strumenti di controllo sia della legittimità che del buon andamento». Ad avviso della difesa regionale, trattandosi della materia sanitaria, «la disciplina della funzione in questione e l’eventuale esternalizzazione della stessa non potrebbe che spettare alla Regione quale soggetto responsabile dell’organizzazione e della gestione dei servizi sanitari».

6.6. – Le norme di cui agli artt. 4-quaterdecies, 4-quinquiesdecies, 4-sexiesdecies, 4-vicies ter, commi 27, 29 e 30, sono oggetto delle censure regionali anche per violazione del principio di leale collaborazione.

Con specifico riferimento alla norma di cui all’art. 4-quinquiesdecies, la ricorrente ricorda che la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni è regolata da una precisa procedura – prevista dall’art. 6, comma 1, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 16 novembre 2001, n. 405 – secondo la quale siffatta determinazione deve avvenire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

La stessa ricorrente ricorda, altresì, che i livelli essenziali stabiliti con il d.P.C.m. 29 novembre 2001 sono stati, successivamente, «confermati» dall’art. 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2003). Da quanto detto discenderebbe che i livelli essenziali di cui al censurato art. 4-quinquiesdecies sono stati adottati «al di fuori delle procedure previste specificamente per il settore sanitario, all’evidente fine di aggirare la procedura della previa intesa con le Regioni e le province autonome».

Peraltro, osserva la difesa regionale, il legislatore statale avrebbe dovuto tenere conto dell’«inevitabile intreccio di discipline e di materie (assistenza sociale, tutela della salute, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali)», al fine di ritenere necessaria la preventiva intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Analoghe considerazioni valgono, a detta della ricorrente, anche per le altre norme impugnate, per le quali sarebbe stato necessario acquisire il parere della citata Conferenza in virtù di quanto prescritto dall’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 281 del 1997.

6.7. – La Regione Umbria chiede infine che, in caso di accoglimento del ricorso nei termini sopraesposti, la Corte dichiari l’illegittimità costituzionale in via consequenziale degli artt. 4, 4-bis, 4-ter, 4-sexies, 4-septies e 4-vicies bis del decreto-legge n. 272 del 2005, «limitatamente alla parte in cui si prevedono uniformi condizioni di parità tra i servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti e le strutture private autorizzate dal servizio sanitario nazionale».

7. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in tutti i giudizi, svolgendo considerazioni sostanzialmente coincidenti.

7.1. – In merito alla presunta violazione del principio di leale collaborazione, la difesa erariale contesta l’esistenza di un fondamento costituzionale dell’obbligo di procedure legislative ispirate alla leale collaborazione tra Stato e Regioni, richiamando le sentenze della Corte costituzionale n. 196 del 2004, n. 272 del 2005 e n. 181 del 2006.

7.2. – Quanto alle censure relative all’art. 4-quinquiesdecies, l’Avvocatura dello Stato sostiene che, nella competenza statale ex art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., rientra la potestà di riconoscere il diritto a fruire, presso una struttura privata autorizzata, di prestazioni sanitarie analoghe a quelle erogate dalla struttura pubblica.

Ad avviso del resistente, la richiamata competenza esclusiva statale concorre, nella fattispecie, con la potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute; di conseguenza, «anche sotto detto ultimo profilo la competenza del legislatore statale appare innegabile, attesa la natura di principio fondamentale» della prevista parificazione delle strutture pubbliche con quelle private.

Inoltre, la mera previsione dei requisiti minimi per il rilascio dell’autorizzazione, secondo la difesa erariale, non esulerebbe dalla competenza concorrente statale e quindi dalla potestà legislativa di principio.

7.3. – Sulla base di analoghe considerazioni dovrebbero ritenersi infondate anche le censure riguardanti gli artt. 4-quaterdecies, 4-sexiesdecies e 4-vicies ter, commi 27, 28, 29 e 30.

7.4. – La resistente chiede il rigetto anche delle questioni relative agli artt. 4-octies e 4-undecies. In particolare, l’Avvocatura ritiene inammissibile la censura, mossa dalle Regioni Toscana e Umbria, in riferimento all’art. 97 Cost., sul rilievo che detta censura non implicherebbe di per sé la violazione di una competenza direttamente attribuita dalla Costituzione alle Regioni.

In ogni caso, le questioni in oggetto dovrebbero considerarsi infondate, in quanto le norme impugnate sarebbero riconducibili alla materia «ordinamento penale», di competenza legislativa esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

Inoltre, ad avviso della resistente, la norma di cui all’art. 4-undecies troverebbe fondamento anche nell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

8. – In prossimità dell’udienza, le Regioni Toscana (reg. ric. 58 del 2006), Emilia-Romagna (reg. ric. 60 del 2006), Liguria (reg. ric. 61 del 2006) ed Umbria (reg. ric. 63 del 2006) hanno depositato memorie integrative, con le quali insistono nelle conclusioni già formulate nei ricorsi.

Considerato in diritto

1. – Le Regioni Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte ed Umbria hanno promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-octies, 4-undecies, 4-quaterdecies, 4-quinquiesdecies, 4-sexiesdecies, 4-vicies ter, commi 27, 28, 29 e 30, ed, in via consequenziale, degli artt. 4, 4-bis, 4-ter, 4-sexies, 4-septies e 4-vicies bis del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 21 febbraio 2006, n. 49, per violazione degli artt. 5, 97, 117 – anche in relazione all’art. 32 Cost. –, 118, 119 e 120 della Costituzione e del principio di leale collaborazione.

2. – I giudizi possono essere riuniti e decisi con un’unica sentenza per la sostanziale coincidenza dell’oggetto delle singole questioni e dei parametri evocati.

3. – Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità delle questioni, sollevate dalla Regione Piemonte, relative agli artt. 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies del decreto-legge sopra citato – con eccezione, per quest’ultima disposizione, della parte in cui modifica il comma 9 dell’art. 116 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), della quale si tratterà nel prosieguo della presente sentenza – per genericità delle censure di legittimità costituzionale. La ricorrente, infatti, non puntualizza i motivi di illegittimità delle singole norme impugnate ma individua una serie di parametri costituzionali che sarebbero genericamente violati da tutte le norme censurate.

3.1. – Vanno pure dichiarate inammissibili, per mancanza di motivazione, le censure della Regione Toscana relative agli artt. 4-octies  e 4-undecies dello stesso decreto-legge rispetto agli artt. 117 e 118 Cost.

3.2. – Sono parimenti inammissibili le censure mosse dalle Regioni Toscana ed Umbria agli artt. 4-octies e 4-undecies, per violazione dell’art. 97 Cost., poiché le denunciate violazioni di tale norma costituzionale non ridondano in una lesione della sfera di attribuzioni legislative costituzionalmente garantite delle Regioni e il detto parametro non è perciò evocabile, da parte delle ricorrenti, nell’ambito di un procedimento in via principale (ex plurimis, sentenze n. 98 del 2007 e n. 116 del 2006).

4. – Le questioni relative a tutte le norme oggetto dei ricorsi, sollevate in riferimento alla presunta violazione del principio di leale collaborazione, non sono fondate.

4.1. – Questa Corte ha più volte affermato che tale principio non è invocabile, quale requisito di legittimità costituzionale, a proposito dell’esercizio della funzione legislativa, poiché non è individuabile un fondamento costituzionale dell’obbligo di adottare procedure collaborative atte a condizionare la funzione suddetta (ex plurimis, sentenze n. 98 del 2007, n. 133 del 2006, n. 31 del 2005 e n. 196 del 2004).

5. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla legge di conversione n. 49 del 2006, è fondata nei limiti di seguito specificati.

5.1. – La sopra citata disposizione, nella parte in cui modifica i commi 1 e 2 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, qualifica la libertà di scelta dell’utente tra strutture pubbliche e private – autorizzate alla prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze – «livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione». Dizione analoga compare nella rubrica del medesimo articolo.

Questa Corte ha ripetutamente precisato che l’attribuzione allo Stato della competenza trasversale ed esclusiva di cui all’art. 117, comma secondo, lettera m), Cost. si riferisce alla determinazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale, in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali. Non sono pertanto inquadrabili in tale categoria le norme volte ad altri fini, quali, ad esempio, l’individuazione del fondamento costituzionale della disciplina, da parte dello Stato, di interi settori materiali (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005) o la regolamentazione dell’assetto organizzativo e gestorio degli enti preposti all’erogazione delle prestazioni (sentenza n. 120 del 2005). Il suddetto art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., consente infatti una forte restrizione dell’autonomia legislativa delle Regioni al solo scopo di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa.

Avendo riguardo alla normativa impugnata, che indubbiamente rientra nell’ambito materiale della «tutela della salute», assegnato alla potestà legislativa concorrente ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost., si deve riconoscere allo Stato il potere di fissare la quantità, la qualità e la tipologia delle prestazioni cui tutti gli utenti hanno diritto nell’intero territorio nazionale. Nel porre tali livelli essenziali, lo Stato ha facoltà di dettare norme di principio o di dettaglio, avendo cura di operare con legge le scelte di carattere generale, all’interno delle quali la legge stessa deve stabilire «adeguate procedure e precisi atti formali per procedere alle specificazioni ed articolazioni ulteriori che si rendano necessarie nei vari settori» (sentenza n. 88 del 2003; in senso conforme, sentenza n. 134 del 2006).

La deroga alla competenza legislativa delle Regioni, in favore di quella dello Stato, è ammessa nei limiti necessari ad evitare che, in parti del territorio nazionale, gli utenti debbano, in ipotesi, assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato. Alle Regioni sarà sempre possibile fornire, con proprie risorse, prestazioni aggiuntive tese a migliorare ulteriormente il livello delle prestazioni, oltre la soglia minima uniforme prescritta dalla legge statale.

La natura intrinseca dei livelli essenziali delle prestazioni, previsti dalla norma costituzionale prima citata, esclude, per evidenti ragioni logico-giuridiche, che la stessa norma possa essere indicata come fondamento di un principio di libertà di scelta, da parte dell’utente, tra strutture pubbliche e private operanti nel campo della prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze. Questo principio introduce in capo all’utente un diritto non incidente sui livelli quantitativi e qualitativi delle prestazioni, che, qualora lo Stato ritenga di doverli stabilire, devono essere fissati in modo eguale per entrambi i tipi di struttura. Tale diritto inerisce, invece, ad una libertà di autodeterminazione dell’utente, cui viene riconosciuta la facoltà di avvalersi delle prestazioni di quelle strutture, pubbliche o private, nelle quali ripone maggiore fiducia. L’intervento del legislatore statale non si pone quindi sul versante delle prestazioni, ma su quello delle modalità con le quali l’utente può fruire delle stesse.

5.2. – Da quanto detto si ricava la conclusione che l’inquadramento della libertà di scelta nell’ambito normativo dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., non solo è concettualmente inappropriato, ma comporta conseguenze lesive dell’autonomia regionale, in quanto consente il superamento dei confini tra principi fondamentali della materia, riservati alla legislazione dello Stato, e disciplina di dettaglio, riservata alle Regioni, tipici della competenza ripartita di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost., nel cui ambito indubbiamente ricade la normativa de qua, volta alla tutela della salute dei tossicodipendenti.

5.3. – Esiste già nei principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute il riconoscimento del diritto di scelta dell’assistito tra le strutture sanitarie, pubbliche e private, in grado di offrire le prestazioni richieste. Tale diritto – come ha precisato questa Corte – non è assoluto, «dovendo invece essere contemperato con altri interessi, costituzionalmente tutelati, puntualmente indicati da norme di principio della legislazione statale» (sentenza n. 200 del 2005). L’esistenza del diritto di libera scelta si deve accompagnare, a tutela dell’utente, ad una disciplina generale, uniforme in tutto il territorio nazionale, destinata a rendere possibile la verifica degli standard di qualificazione delle strutture, mediante la fissazione di requisiti minimi affinché le stesse siano autorizzate e accreditate. La previsione di un sistema di accreditamento non incide sui poteri amministrativi regionali (giacché spetta sempre alla Regione introdurre eventuali requisiti ulteriori e stabilire in concreto la sussistenza degli stessi), ma obbedisce soltanto all’esigenza di garantire uniformità di condizioni di ammissione delle strutture private all’erogazione di prestazioni sanitarie, in regime di concorrenzialità con quelle pubbliche. In questo senso si era già orientata la giurisprudenza di questa Corte prima della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (sentenza n. 416 del 1995), con considerazioni da ritenersi ancora valide dopo la suddetta riforma.

5.4. – Le norme impugnate nel presente giudizio, una volta espunto il riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., non contravvengono ai criteri di legittimità prima ricordati e non ledono pertanto, per i profili denunciati dalle Regioni ricorrenti, il sistema di riparto tra legislazione statale e regionale delineato nell’art. 117, terzo comma, Cost.

In particolare, come sopra è stato ricordato, la libertà di scelta dell’utente tra strutture pubbliche e private operanti nel campo delle tossicodipendenze si colloca all’interno del più generale principio di libertà di scelta dell’utente del Servizio sanitario nazionale, già esistente nella legislazione statale. Poiché la libertà di scelta non è assoluta, devono essere previsti principi generali affinché «le attività di prevenzione e di intervento contro l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope siano esercitate secondo uniformi condizioni di parità dei servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti e delle strutture private autorizzate dal Servizio sanitario nazionale» (art. 113, comma 1, lettera a, del d.P.R. n. 309 del 1990, come modificato dall’art. 4-quaterdecies del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla legge di conversione n. 49 del 2006).

I principi contenuti nelle successive disposizioni dell’art. 113 prima citato, nel testo introdotto dalla norma impugnata, sono rivolti a conseguire il fine di uniformità enunciato in via generale e non incidono, con prescrizioni di dettaglio, sulla potestà legislativa delle Regioni nel campo considerato. Si tratta infatti di garantire il possesso, da parte delle strutture private autorizzate, di alcuni requisiti minimi strutturali, tecnologici, organizzativi e funzionali, previsti dal successivo art. 116 (lettera b); di prescrivere alla disciplina dell’accreditamento istituzionale dei servizi e delle strutture – che deve essere conforme ai criteri di cui all’art. 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) – di «garantire la parità di accesso ai servizi ed alle prestazioni erogate dai servizi pubblici e dalle strutture private accreditate» (lettera c); di attribuire alcune funzioni essenziali a tutte le strutture autorizzate, pubbliche e private, (lettera d) ed in particolare: 1) analisi delle condizioni cliniche, socio-sanitarie e psicologiche del tossicodipendente, anche nei rapporti con la famiglia; 2) controlli clinici e di laboratorio necessari per accertare lo stato di tossicodipendenza effettuati da strutture pubbliche accreditate per tali tipologie di accertamento; 3) individuazione del programma farmacologico o delle terapie di disintossicazione e diagnosi delle patologie in atto, con particolare riguardo alla individuazione precoce di quelle correlate allo stato di tossicodipendenza; 4) elaborazione, attuazione e verifica di un programma terapeutico e socio-riabilitativo, nel rispetto della libertà di scelta del luogo di trattamento di ogni singolo utente; 5) progettazione ed esecuzione in forma diretta o indiretta di interventi di informazione e prevenzione.

A sua volta, l’art. 4-quinquiesdecies, nella parte in cui modifica il comma 2 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, fissa i seguenti requisiti minimi per il rilascio dell’autorizzazione, ai sensi dell’art. 8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992: a) personalità giuridica di diritto pubblico o privato o natura di associazione riconosciuta o riconoscibile ai sensi degli articoli 12 e seguenti del codice civile; b) disponibilità di locali e attrezzature adeguate al tipo di attività prescelta; c) personale dotato di comprovata esperienza nel settore di attività prescelto; d) presenza di un’équipe multidisciplinare composta dalle figure professionali del medico con specializzazioni attinenti alle patologie correlate alla tossicodipendenza o del medico formato e perfezionato in materia di tossicodipendenza, dello psichiatra e/o dello psicologo abilitato all’esercizio della psicoterapia e dell’infermiere professionale, qualora l’attività prescelta sia quella di diagnosi della tossicodipendenza; e) presenza numericamente adeguata di educatori, professionali e di comunità, supportata dalle figure professionali del medico, dello psicologo e delle ulteriori figure richieste per la specifica attività prescelta di cura e riabilitazione dei tossicodipendenti.

Si tratta, come risulta da tali elencazioni, di requisiti di carattere generale, difficilmente controvertibili, miranti alla garanzia di uno standard qualitativo minimo delle strutture, allo scopo di assicurare prestazioni adeguate ed uniformi su tutto il territorio nazionale anche da parte delle strutture private autorizzate. La cautela si presenta come particolarmente necessaria proprio in virtù della libertà di scelta tra strutture pubbliche e private.

Le stesse elencazioni che precedono dimostrano che si è in presenza di principi fondamentali e non di una normativa di dettaglio, giacché le prescrizioni contenute nelle norme censurate sono molto ampie e richiedono sia un’attività normativa di attuazione, precisazione e adattamento alle singole realtà territoriali, di competenza delle Regioni, sia un’attività amministrativa di valutazione – volta ad accertare, nel concreto, la sussistenza dei requisiti per l’accreditamento e l’autorizzazione delle strutture private – di vigilanza e di controllo sulle stesse.

Che le norme impugnate si limitino a stabilire principi fondamentali in una materia di competenza legislativa concorrente, è confermato dal comma 4 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, come modificato dall’art. 4-quinquiesdecies del decreto impugnato, il quale attribuisce alle Regioni e alle Province autonome il potere di stabilire le modalità di accertamento e certificazione dei requisiti richiesti dalla legge e le cause che danno luogo alla sospensione o alla revoca dell’autorizzazione.

Ulteriore conferma del ruolo non meramente esecutivo riconosciuto alle Regioni proviene dall’art. 4-sexiedecies, il quale, sul presupposto che l’autorizzazione di cui sopra è condizione necessaria per accedere all’accreditamento istituzionale, stabilisce: «Le regioni e le province autonome fissano gli ulteriori specifici requisiti strutturali, tecnologici e funzionali, necessari per l’accesso degli enti autorizzati all’istituto dell’accreditamento istituzionale per lo svolgimento di attività di prevenzione, cura, certificazione attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, recupero e riabilitazione dei soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti e psicotrope, ai sensi dell’articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni». La stessa disposizione, nella parte in cui modifica il comma 2 dell’art. 117 del d.P.R. n. 309 del 1990, aggiunge che l’esercizio delle attività di prevenzione, cura, recupero e riabilitazione dei soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti e psicotrope, con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale, è subordinato alla stipula degli accordi contrattuali di cui all’art. 8-quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992.

Viene riprodotto, con riferimento al settore delle prestazioni sanitarie in favore dei soggetti tossicodipendenti, il sistema di rapporti delineato in generale per tutte le prestazioni sanitarie dal d.lgs. n. 502 del 1992, fondato sulla fissazione in sede nazionale dei requisiti minimi delle strutture e sulla competenza regionale a stabilire gli ulteriori requisiti necessari per l’accreditamento ed a stipulare gli accordi contrattuali, senza i quali gli oneri delle prestazioni non possono essere posti a carico del Servizio sanitario nazionale. Non emerge, in definitiva, uno specifico restringimento dello spazio normativo regionale rispetto alla disciplina generale contenuta nel suddetto d.lgs. n. 502 del 1992. Rimangono, in altre parole, alle Regioni congrui margini per l’esercizio della potestà legislativa, nell’ambito dei principi fondamentali contenuti nella legge statale, e la piena padronanza delle competenze amministrative in materia, le quali, visto il grado di generalità della disciplina legislativa statale, non sono tali da predeterminare – come invece sostenuto dalle ricorrenti – le scelte concrete delle singole Regioni e degli enti di gestione del SSN dalle stesse dipendenti.

6. – La questione relativa al comma 9 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, come sostituito dall’art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272 del 2005, è fondata nei limiti di seguito specificati.

6.1. – Nell’abilitare le Regioni e le Province autonome a ricevere erogazioni liberali, fatte ai sensi dell’art. 100, comma 2, lettera a), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), per le finalità indicate nel comma 1 dello stesso articolo, la norma censurata pone una duplice prescrizione: a) le medesime Regioni e Province autonome devono ripartire le somme percepite tra gli enti di cui all’art. 115 del t.u. sulle tossicodipendenze; b) i criteri per la ripartizione devono essere predeterminati dalle «rispettive assemblee».

Entrambe le prescrizioni sono in conflitto con norme costituzionali.

La prima viola l’art. 119 Cost., in quanto pone un preciso vincolo di destinazione rispetto ad entrate costituite da erogazioni liberali disposte direttamente in favore delle Regioni. Questa Corte ha ripetutamente precisato che la predeterminazione di vincoli siffatti da parte dello Stato, al di fuori degli indirizzi e dei limiti resi necessari dal coordinamento della finanza pubblica, è lesiva dell’autonomia finanziaria, costituzionalmente protetta, delle Regioni e delle Province autonome (ex plurimis, sentenze numeri 169, 157, 105 e 95 del 2007).

La seconda prescrizione viola l’autonomia organizzativa interna delle Regioni, poiché individua quale organo regionale debba fissare i criteri di ripartizione dei fondi derivanti dalle erogazioni liberali di cui sopra. L’art. 123 Cost. attribuisce allo statuto la determinazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione. Nella fattispecie viene peraltro in rilievo la violazione diretta del quarto comma dell’art. 117 Cost., in quanto trattasi di normativa di dettaglio attinente all’organizzazione interna della Regione e rientrante quindi, entro la cornice generale dei principi statutari, nella competenza residuale delle stesse.

7. – Restano assorbite le altre questioni di legittimità costituzionale sollevate, per profili diversi, nei ricorsi introduttivi del presente giudizio e relative alle stesse norme, la cui illegittimità viene dichiarata nei limiti sopra precisati.

8. – La qualificazione della libertà di scelta tra strutture pubbliche e private come principio fondamentale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza, determina l’infondatezza delle questioni aventi ad oggetto gli artt. 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-vicies ter, commi 27, 28, 29 e 30, promosse per violazione dell’art. 117 Cost. Le norme censurate, infatti, si limitano a ribadire il suddetto principio di libera scelta del tossicodipendente e pertanto non determinano alcuna lesione delle competenze legislative regionali.

9. – Infondate sono pure le questioni aventi ad oggetto gli artt. 4-octies, 4-undecies, 4-quaterdecies, 4-quinquiesdecies (nella sua interezza), 4-sexiesdecies e 4-vicies ter, commi 27, 28, 29 e 30, promosse per violazione degli artt. 118 e 119 Cost. Al riguardo, va rilevato che gli effetti sull’organizzazione amministrativa e sulla finanza delle Regioni, derivanti dalle norme impugnate, costituiscono mere conseguenze di fatto della fissazione da parte dello Stato di un principio fondamentale nella materia in esame, non configurando, pertanto, alcuna lesione dell’autonomia amministrativa e finanziaria delle Regioni.

10. – Infine, sono infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4, 4-bis, 4-ter, 4-sexies, 4-septies e 4-vicies bis del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, promosse dalla Regione Umbria «in via consequenziale» rispetto all’eventuale declaratoria di integrale incostituzionalità delle norme censurate. Infatti, poiché l’asserita illegittimità costituzionale delle norme sopra richiamate è, per espressa dichiarazione della ricorrente, consequenziale alla incostituzionalità delle altre norme impugnate, la declaratoria di infondatezza delle questioni relative a queste ultime si riverbera su quelle relative alle norme di cui agli artt. 4, 4-bis, 4-ter, 4-sexies, 4-septies e 4-vicies bis.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 21 febbraio 2006, n. 49, nella parte in cui definisce la rubrica dell’art. 116 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), utilizzando la formula «Livelli essenziali relativi alla libertà di scelta dell’utente e ai requisiti per l’autorizzazione delle strutture private», anziché «Libertà di scelta dell’utente e requisiti per l’autorizzazione delle strutture private»;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, nella parte in cui modifica il comma 1 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, limitatamente alle parole «quale livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione»;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, nella parte in cui modifica il comma 2 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, limitatamente alle parole «che rappresentano livelli essenziali ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione»;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, nella parte in cui, modificando il comma 9 dell’art. 116 del d.P.R. n. 309 del 1990, stabilisce che «Le Regioni e le Province autonome ripartiscono le somme percepite tra gli enti di cui all’art. 115, secondo i programmi da questi presentati ed i criteri predeterminati dalle rispettive assemblee»;

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-octies e 4-undecies del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, promosse dalle Regioni Toscana e Umbria, per violazione, rispettivamente, degli artt. 97, 117 e 118 Cost. e dell’art. 97 Cost., con i ricorsi indicati in epigrafe;

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, promosse dalla Regione Piemonte, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost. e del principio di leale collaborazione, con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4, 4-bis, 4-ter, 4-sexies, 4-septies, 4-octies, 4-undecies, 4-quaterdecies, 4-sexiesdecies, 4-vicies bis e 4-vicies ter, commi 27, 28, 29 e 30, del decreto-legge n. 272 del 2005, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 49 del 2006, promosse dalle Regioni Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte ed Umbria, per violazione degli artt. 5, 97, 117 – anche in relazione all’art. 32 Cost. –, 118, 119 e 120 della Costituzione e del principio di leale collaborazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Gaetano SILVESTRI, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 novembre 2007.