SENTENZA N. 138
ANNO 2019
Commento alla decisione
di
Flavio Guella
Leggi
regionali in competenze "altrui” ma spendendo risorse "proprie”?
per g.c. del Forum
di Quaderni Costituzionali
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
composta dai
signori:
Presidente:
Giorgio LATTANZI;
Giudici: Aldo
CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano
AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto
Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO’, Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
nei giudizi di
legittimità costituzionale dell’art.
28 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 aprile 1992, n. 10
(Riordinamento della struttura dirigenziale della Provincia Autonoma di
Bolzano), dell’art.
47 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 19 maggio 2015, n. 6
(Ordinamento del personale della Provincia), dell’art.
14, comma 6, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 25 settembre 2015,
n. 11 (Disposizioni in connessione con l’assestamento del bilancio di
previsione della Provincia autonoma di Bolzano per l’anno finanziario 2015 e
per il triennio 2015-2017), dell’art.
7 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 18 ottobre 2016, n. 21
(Modifiche di leggi provinciali in materia di procedimento amministrativo, enti
locali, cultura, beni archeologici, ordinamento degli uffici, personale,
ambiente, utilizzazione delle acque pubbliche, agricoltura, foreste, protezione
civile, usi civici, mobilità, edilizia abitativa, dipendenze, sanità, sociale,
lavoro, patrimonio, finanze, fisco, economia e turismo), degli artt.
1, 2 e 17 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 6 luglio 2017, n. 9
(Disciplina dell’indennità di dirigenza e modifiche alla struttura dirigenziale
dell’Amministrazione provinciale), degli artt.
1 e 3 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 9 febbraio 2018, n. 1
(Norme in materia di personale), e dell’art. 4,
commi 1 e 3, della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 18 dicembre
2017, n. 11 (Legge regionale di stabilità 2018), promossi dalla Corte dei
conti - sezioni riunite per
Visti gli atti di
costituzione della Provincia autonoma di Bolzano e della Regione autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol;
udito nell’udienza
pubblica del 7 maggio 2019 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi gli avvocati
Harald Bonura per
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza
dell’8 agosto 2018, iscritta al numero 173 del registro ordinanze del 2018,
1.1.– Il
rimettente premette che, in sede di parificazione del rendiconto generale della
Provincia autonoma di Bolzano per l’esercizio 2017, è emerso che sono state
impegnate e pagate somme a titolo di assegno personale pensionabile per effetto
della trasformazione della indennità di direzione e di coordinamento, in
assenza dell’espletamento, in detta annualità, del corrispondente incarico.
Sulla disciplina di dette erogazioni sono intervenuti, nel corso del 2017 e nel
2018, gli artt. 1, 2 e 17 della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017 e gli artt. 1
e 3 della legge prov. Bolzano n. 1 del 2018. Le summenzionate erogazioni
tuttavia sarebbero illegittime, in ragione sia della nullità, per contrasto con
norme imperative, delle clausole dei contratti collettivi che prevedono la
trasformazione, alla cessazione dell’incarico, delle indennità di dirigenza e
di coordinamento in assegno personale fisso e pensionabile, sia della dubbia
legittimità costituzionale delle menzionate disposizioni – e segnatamente
dell’art. 1 della legge prov. Bolzano n. 1 del 2018 – che ne costituiscono il
fondamento.
Il rimettente
rammenta, inoltre, che tali dubbi di legittimità costituzionale sono stati
sottoposti al contraddittorio della Provincia autonoma all’udienza camerale del
20 giugno e del 28 giugno 2018, udienza alla quale hanno partecipato il
magistrato relatore e il Procuratore regionale.
Pertanto,
ritenendo di dover decidere dell’applicazione di norme di dubbia legittimità
costituzionale e, di conseguenza, di non poter parificare i capitoli di spesa
ai quali sono imputati i pagamenti delle indennità di direzione e coordinamento
trasformate in assegno personale, fisso e pensionabile, il giudice a quo ha
sospeso il giudizio e ha sollevato le sopra indicate questioni di legittimità
costituzionale.
1.2.–
Preliminarmente, il collegio rimettente espone i motivi che lo ritengono
legittimato a sollevare questioni di legittimità costituzionale in via
incidentale, quali, anzitutto, il fatto che il giudizio di parificazione si
svolge con le formalità della giurisdizione contenziosa, prevede la
partecipazione del Procuratore regionale in contraddittorio con i
rappresentanti dell’amministrazione e si conclude con una pronuncia adottata in
esito a una pubblica udienza. D’altronde, la consolidata giurisprudenza
costituzionale (sono citate le sentenze n. 213 del 2008,
n. 244 del 1995,
n. 142 del 1968,
n. 121 del 1966
e n. 165 del
1963) avrebbe già riconosciuto la legittimazione a promuovere, in sede di
giudizio di parificazione del bilancio, questioni di legittimità
costituzionale, in riferimento all’art. 81 Cost., avverso tutte quelle
disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell’articolazione
del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unità
elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione,
disegnati con il sistema dei risultati differenziali; nonché, da ultimo, la
legittimazione a sollevare questione di legittimità costituzionale in sede di
parificazione del rendiconto delle Regioni ad autonomia ordinaria (sono citate le
sentenze n. 89
del 2017, n.
107 del 2016 e n. 181 del 2015).
Il rimettente
ritiene che detta legittimazione debba riconoscersi non solo, come già
accaduto, in riferimento all’art. 81 Cost., ma, più in generale, e anche in
considerazione della nuova formulazione del precetto costituzionale, come
modificato a seguito della riforma del 2012, introdotta con legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di
bilancio nella Carta costituzionale), alle norme costituzionali che, in modo
diretto o indiretto, involgono la materia della finanza pubblica, apprestando
tutela alle risorse pubbliche e alla loro corretta utilizzazione.
Il valore
dell’equilibrio dei bilanci dovrebbe difatti essere declinato secondo una
dimensione dinamica e prospettica, in base a esigenze meritevoli di disciplina
uniforme sull’intero territorio nazionale, attraverso altri parametri
costituzionali, quali i menzionati artt. 3, 36, 117, secondo comma, lettere l)
e o), e 119, primo comma, Cost. D’altronde, il principio di sana gestione
finanziaria richiederebbe un atteggiamento prudenziale del legislatore
provinciale, che eviti la creazione di poste prive di una legittima copertura
legislativa con le possibili ripercussioni sugli esercizi futuri. Richiama, a
riguardo, le valutazioni relative all’individuazione dei parametri
costituzionali nelle ordinanze di rimessione a questa Corte delle questioni di
legittimità costituzionale sollevate dalla sezione regionale di controllo per
il Piemonte (r.o. n. 49 [recte:
246] del 2014) e per
Nel caso di
specie, la violazione della competenza legislativa esclusiva statale da parte
della Provincia autonoma di Bolzano avrebbe determinato un aumento della spesa
del personale che costituisce il maggior aggregato della spesa corrente, con la
conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a
principio fondamentale della legislazione statale, non solo con riferimento a
tetti di spesa e a limiti della stessa, ma anche in termini di violazione delle
norme imperative che pongono la regola della corrispettività tra retribuzione e
prestazioni effettivamente rese.
Il collegio
rimettente, infine, condividendo e facendo proprio quanto già osservato dalle
sezioni di controllo per il Piemonte e per
1.3.− In
punto di rilevanza, le sezioni riunite per
Nel caso di
specie, il collegio rimettente ritiene che le norme di cui sospetta
l’illegittimità costituzionale incidono sull’articolazione della spesa e sul
quantum della stessa, dal momento che ne determinano un effetto espansivo
mediante un aumento delle risorse destinate al trattamento accessorio con cui
In definitiva,
nell’ambito del giudizio di parificazione, la verifica della spesa del
personale consentirebbe alle sezioni di controllo di ergersi a garanti
imparziali dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico.
1.4.− Dopo
aver premesso il quadro normativo di riferimento, il collegio rimettente
dubita, innanzitutto, della legittimità costituzionale delle norme provinciali
indicate, in riferimento all’art. 3 e all’art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost.
Le disposizioni
censurate disciplinerebbero difatti un aspetto della retribuzione dei
dipendenti provinciali incidendo, secondo la costante giurisprudenza, nella
materia «ordinamento civile», riservata alla competenza esclusiva dello Stato
la cui regolamentazione deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale.
Detto principio è stato affermato anche nei confronti della Provincia autonoma
di Bolzano che lamentava la lesione della propria competenza legislativa
primaria, prevista dall’art. 8 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione
del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per
il Trentino-Alto Adige), in materia di «ordinamento degli uffici provinciali e
del personale ad essi addetti» (sentenza n. 61 del
2014).
Evidenzia che, ai
sensi della menzionata disposizione statutaria, la competenza legislativa
primaria provinciale è soggetta ai limiti di cui all’art. 4 del medesimo
statuto, richiamati anche dalle relative norme di attuazione, vale a dire, in
particolare, al rispetto delle norme fondamentali delle riforme
economico-sociali della Repubblica, quale sarebbe, per espressa disposizione
statale (art. 2, comma 2, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, recante «Delega
al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia
di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale»)
l’art. 2, comma 1, lettera o), della medesima legge n. 421 del 1992.
Ne deriverebbe la
lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di
«ordinamento civile» e la violazione dei limiti imposti alla potestà
legislativa provinciale primaria dall’art. 4 dello statuto speciale.
1.5.− La
qualificazione delle menzionate disposizioni statali quali norme fondamentali
di riforma economico-sociale della Repubblica sarebbe inoltre idonea a
determinare la violazione dell’art. 3 Cost.
I dipendenti della
Provincia autonoma di Bolzano, diversamente dagli altri dipendenti pubblici,
manterrebbero infatti l’indennità di posizione e di direzione anche quando non
ricoprono più le pertinenti posizioni apicali dirigenziali o direttive, così
derogando all’uniforme applicazione sul territorio nazionale, ivi comprese le
Regioni a statuto speciale, che la materia «ordinamento civile» richiede.
1.5.1.− La
lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., sarebbe configurabile
anche sotto un altro profilo. L’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 avrebbe
difatti demandato alla contrattazione collettiva il trattamento economico
fondamentale e accessorio dei dipendenti pubblici, nei quali rientrerebbero
anche i dipendenti provinciali. Peraltro, detta contrattazione non potrebbe
porsi in contrasto con i princìpi fondamentali dettati dalla Costituzione e
dalle leggi, quali quelli imposti dall’art. 8 del d.lgs. n. 165 del 2001, che
impone la correlazione del trattamento accessorio all’effettività delle
prestazioni, come già evidenziato dalle sezioni rimettenti negli ultimi tre
giudizi di parificazione relativi agli esercizi finanziari 2014, 2015 e 2016.
1.6.−
L’esigenza di correlare il trattamento economico alla effettività delle
prestazioni rese, enunciata dall’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001,
sarebbe inoltre espressione di un principio di coordinamento della finanza
pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.), letto in combinato disposto con l’art.
119 Cost., che si impone anche alle Regioni ad autonomia speciale, in chiave di
controllo e indirizzo degli effetti economici derivanti da norme finanziarie
volte, nel caso di specie, a collegare l’emolumento a un’utilità per l’amministrazione.
Ne deriverebbe,
sotto questo profilo, la violazione dei principi di imparzialità e buon
andamento dell’amministrazione (art. 97, secondo comma, Cost.), e della
proporzionalità della retribuzione rispetto alla qualità e alla quantità del lavoro
prestato (art. 36, primo comma, Cost.), che impedirebbero di erogare incrementi
retributivi sulla base di meri meccanismi automatici privi di ogni correlazione
con l’attività effettivamente prestata.
1.7.− Le
disposizioni di cui agli artt. 1, 2 e 17 della legge prov. Bolzano n. 9 del
2017 e degli artt. 1 e 3 della legge prov. Bolzano n. 1 del 2018 sarebbero
inoltre lesive degli artt. 101, secondo comma, 103 e 108, Cost., in quanto
avrebbero interferito con le funzioni, di controllo e giurisdizionali, attribuite
alla Corte dei conti.
Le menzionate
norme intervengono infatti all’esito di tre giudizi di parificazione relativi
agli esercizi finanziari 2014, 2015 e 2016 che hanno accertato l’irregolarità
dei capitoli di spesa relativi al pagamento delle indennità in questione, alla
conseguente apertura di un’indagine relativa al loro pagamento e all’azione di
responsabilità erariale dei componenti della delegazione di parte pubblica
firmataria dei contratti collettivi conclusasi con la sentenza di condanna.
Esse avrebbero quale unico effetto quello di limitare la responsabilità per
danno erariale della delegazione firmataria, salvaguardando l’assetto
preesistente.
1.8.− Il
collegio rimettente dubita inoltre della natura di legge di interpretazione
autentica della legge prov. Bolzano n. 1 del 2018, dal momento che non ravvisa
né le condizioni che possono giustificarne l’adozione, giacché le norme
ribadiscono quanto già in precedenza affermato in modo univoco, né i limiti
all’efficacia retroattiva di tali leggi individuati da questa Corte (quali il
rispetto del principio di ragionevolezza, della tutela dell’affidamento, della
coerenza e certezza dell’ordinamento e del rispetto delle funzioni riservate al
potere giudiziario). Emergerebbe dunque lo scopo reale della disposizione, vale
a dire quello di salvaguardare l’assetto preesistente rendendo
«retroattivamente legittimo ciò che era illegittimo» interferendo nei relativi
giudizi.
La portata
retroattiva della norma censurata si porrebbe inoltre in conflitto con l’art. 6
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, nonché con l’art. 1 del Protocollo
addizionale alla CEDU, firmato a Parigi il 20 maggio 1952, ratificato e reso
esecutivo con legge 4 agosto 1955, n. 848, da qualificarsi come parametri
interposti.
Essa difatti non
troverebbe giustificazione in interessi generali e astratti, bensì
nell’esigenza di riqualificare un fatto, già considerato illecito contabile,
come lecito.
1.9.− Le
norme provinciali censurate sarebbero infine illegittime, perché in contrasto
con l’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost. − che devolve alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della previdenza
sociale −, nella parte in cui prevedono la trasformazione delle
indennità, alla cessazione dell’incarico, in assegno personale pensionabile in
base al sistema retributivo. Lo statuto speciale non attribuirebbe infatti alla
Provincia autonoma di Bolzano competenza nelle materie della previdenza e
assicurazioni sociali, neanche con riferimento alla previdenza integrativa
(attribuita invece esclusivamente alla Regione autonoma Trentino-Alto
Adige/Südtirol).
Con le disposizioni
in esame
1.10.−
Infine, il giudice a quo esclude la possibilità di un’interpretazione
costituzionalmente orientata delle disposizioni censurate, in considerazione
della formulazione letterale delle stesse e dell’intenzione del legislatore
provinciale, peraltro espressa nel corso del contraddittorio orale durante il
giudizio di parificazione.
2.‒ Si è
costituita
In via
preliminare, dopo aver premesso che il rendiconto presenta un saldo positivo e
che l’equilibrio economico-finanziario non è messo in discussione dalle misure
contestate, la difesa provinciale assume che le sezioni riunite rimettenti non
sarebbero legittimate a sollevare, in sede di parificazione del rendiconto,
questioni di legittimità costituzionale in riferimento a parametri diversi e
ulteriori rispetto agli artt. 81 e 119 Cost., i quali pongono principi a
"diretta” tutela degli equilibri economico-finanziari.
A voler ritenere
diversamente, infatti,
D’altronde, la
legittimazione della Corte dei conti a sollevare questione di legittimità
costituzionale in questo ambito sarebbe stata già delimitata da questa Corte,
sin dalla sentenza
n. 244 del 1995, mediante la specificazione dei parametri costituzionali
che possono essere lesi ‒ l’art. 81 Cost., al quale si è affiancato
l’art. 119 Cost. ‒ da disposizioni che violino i principi contabili volti
a salvaguardare gli equilibri di bilancio.
Secondo
Sarebbero, dunque,
inammissibili le questioni sollevate in relazione agli artt. 3, 36, 97, 101, secondo
comma, 103 e 108 Cost. In relazione all’art. 117, secondo comma, Cost.,
2.1.‒
Le disposizioni in
esame, difatti, a differenza di quelle oggetto di precedenti giudizi di
legittimità costituzionale (sono citate le sentenze n. 89 del 2017,
n. 181 del 2015,
n. 213 del 2008,
n. 244 del 1995,
n. 139 del 1969
e n. 142 del
1968), non incidono sulla struttura del bilancio. Anche nella recente sentenza di questa
Corte n. 196 del 2018, la norma censurata era una disposizione di spesa per
l’incremento di un Fondo che il giudice era tenuto ad applicare nel giudizio di
parificazione.
Gli artt. 1 e 2
della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017 e l’art.1 della legge prov. Bolzano n.
1 del 2018 sarebbero invece censurati nella parte in cui legittimerebbero – con
effetto retroattivo – un meccanismo retributivo integralmente regolato dai
contratti collettivi: la finalità di dette norme sarebbe dunque del tutto
estranea all’oggetto del giudizio di parificazione.
2.2.– Le questioni
non sarebbero rilevanti anche sotto un ulteriore profilo.
Le somme erogate
nel 2017 – esercizio oggetto del giudizio di parificazione – a titolo di
assegno personale pensionabile sarebbero state liquidate in base ai vigenti
contratti collettivi e non in base alle norme censurate. L’art. 1, comma 1,
della legge provinciale n. 21 del 2016 sarebbe difatti una norma meramente
programmatica che demanda a una legge provinciale la revisione della disciplina
sulla trasformazione graduale dell’indennità di funzione, revisione poi
intervenuta con l’art. 1 della legge prov. Bolzano n. 9 del
2.3.‒
2.4.− Le
questioni sollevate sarebbero comunque infondate in quanto basate su un erroneo
inquadramento tanto della competenza in materia della Provincia autonoma di
Bolzano, quanto della natura dell’istituto in questione.
2.4.1.−
La difesa
provinciale evidenzia inoltre che la successiva privatizzazione del pubblico
impiego, in virtù della legge n. 421 del 1992 e del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle
amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico
impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), ha
generato un articolato contenzioso tra Presidente del Consiglio dei ministri e
la medesima Provincia dinanzi alla Corte.
Infine, rammenta
che il d.lgs. n. 165 del 2001, all’art. 1, comma 3, dispone espressamente che
solo i principi desumibili dall’art. 2 della legge n. 421 del 1992 e dall’art.
11, comma 4, della legge 15 novembre 1997, n. 59 (Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma
della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa),
costituiscono, per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di
Trento e Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della
Repubblica.
2.4.2.−
Nell’esercizio di dette competenze,
Successivamente
alla cosiddetta contrattualizzazione della materia la norma è stata pressoché
integralmente trasposta nei successivi contratti collettivi di comparto, a
partire dal biennio 1999-2000.
Quanto previsto
dalla legislazione provinciale sarebbe peraltro conforme alla disciplina della
dirigenza dei Ministeri, il cui trattamento economico fisso sarebbe costituito
dallo stipendio tabellare; dalla retribuzione di posizione-parte fissa; dalla
retribuzione individuale di anzianità (artt. 49 e 53 CCNL 21 aprile 2006). Tale
trattamento si conserva anche in caso di perdita della «posizione» per effetto
del collocamento a disposizione dei ruoli (art. 4 CCNL).
2.4.3.− Alla
luce di tali rilievi le questioni sollevate sarebbero, oltre che inammissibili,
infondate.
La dedotta
violazione dell’art. 81 Cost. sarebbe innanzitutto generica e priva di
autonomia, risolvendosi nella mera affermazione di principio per cui qualunque
norma che comporti un effetto (diretto o indiretto) in termini di spesa e che
presenti un qualunque profilo di possibile incostituzionalità determinerebbe un
vulnus al principio costituzionale di copertura della spesa. Essa peraltro,
così formulata, risentirebbe dell’inammissibilità o della infondatezza delle
altre censure.
Con riferimento
all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., la difesa provinciale ribadisce
che le norme censurate sono parte di una complessa e originale disciplina della
dirigenza provinciale, rimessa alla potestà legislativa esclusiva della
Provincia autonoma di Bolzano in materia di «ordinamento degli uffici
provinciali e del personale». Peraltro, non sarebbe comunque violata la dedotta
norma interposta (art. 2 comma 1, lettera o, del d.lgs. n. 421 del 1992), che
fa salvi i trattamenti fondamentali e accessori aventi natura retributiva
ordinaria, dal momento che l’art. 28 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1992
aveva già previsto la trasformazione in trattamento fisso di una parte
dell’indennità di dirigenza. Inoltre, la menzionata norma interposta
consentirebbe comunque la conservazione, anche dopo la cessazione dell’incarico
dirigenziale, di una parte fissa del trattamento legato all’incarico medesimo,
come avviene nel caso del CCNL della dirigenza ministeriale. Né sarebbe violato
l’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, dal momento che il trattamento
in esame non avrebbe natura accessoria, ma rappresenterebbe una componente del
trattamento fisso.
Sarebbe inoltre
contraddittoria, prima che infondata, la prospettata lesione dell’art. 117,
secondo comma, lettera l), Cost., per avere adottato leggi in materia riservata
alla contrattazione collettiva. Le norme provinciali censurate, infatti, o sono
state abrogate e sostituite dalla contrattazione; o hanno preso atto della
prevalenza della disciplina contrattuale ratione temporis; ovvero, da ultimo, hanno demandato all’autonomia
collettiva la disciplina della materia, limitandosi a porre alcuni limiti al
fine del controllo della spesa.
Quanto alla
presunta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost.,
Parimenti
infondate, oltre che inammissibili, sarebbero le questioni sollevate in
riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., anche in combinato disposto con
l’art. 119, primo comma, Cost. Oltre a essere dedotte in modo del tutto
generico e non indicate nelle conclusioni, esse si fonderebbero sulla
"singolare” affermazione per cui tutte le norme in materia di trattamento
economico costituiscono espressione dell’esercizio della funzione di coordinamento
della finanza pubblica e che, in quanto tali, assurgono a princìpi
fondamentali; e su quella per cui la violazione consisterebbe nell’incremento
di spesa determinato dalla legislazione provinciale mentre, come prima
illustrato, quest’ultima comporterebbe costi minori rispetto a quelli statali.
Da tali rilievi
deriverebbe inoltre la non fondatezza dell’asserita violazione dell’art. 3
Cost., anche in ragione della specificità dell’organizzazione provinciale della
dirigenza.
Infine, non
sarebbe ravvisabile la violazione degli artt. 101, secondo comma, 103 e 108
Cost.
La trasformazione
delle indennità dirigenziali sarebbe difatti già stata prevista dagli artt. 22
e 28 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1992, al fine di garantire la
tendenziale equiparazione del trattamento retributivo del personale degli enti
facenti parte dell’intercomparto provinciale rispetto a quelli del restante
territorio nazionale. La legge prov. Bolzano n. 1 del 2018 sarebbe quindi
legittimamente intervenuta per dirimere dubbi interpretativi inerenti alle
norme preesistenti.
Ne consegue che
non sussisterebbe nemmeno la violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. l del
menzionato Protocollo addizionale, dovendosi escludere la sussistenza di un
principio secondo cui la necessaria incidenza delle norme retroattive sui
procedimenti in corso si porrebbe automaticamente in contrasto con la medesima
Convenzione.
3.– Con ulteriore
ordinanza dell’8 agosto 2018, iscritta al n. 177 del registro ordinanze del
2018, le medesime sezioni riunite per
Le predette
disposizioni prevedono che «1. A far data dal 1° gennaio 2018 la retribuzione
di posizione e l’indennità di direzione previste dai rispettivi contratti
collettivi del personale regionale sono trasformate in indennità di posizione,
composta da una parte fissa ed una parte variabile. L’ammontare dell’indennità
di posizione, di cui la parte fissa è pari al 40 per cento del valore
complessivo dell’indennità stessa, è determinato dalla contrattazione
collettiva. Dopo almeno sei anni di incarico di preposizione alle strutture
organizzative o loro articolazioni, la sola parte fissa dell’indennità di
posizione si trasforma, alla cessazione dell’incarico, in assegno personale
pensionabile in base al sistema retributivo. […] 3. Sono fatti salvi gli
effetti giuridici già prodotti e gli effetti economici già maturati, sino al 1°
gennaio
Il rimettente
ritiene le questioni rilevanti e non manifestamente infondate, in relazione ai
parametri evocati, per le ragioni sostanzialmente coincidenti a quelle già
esposte.
4.‒ Analoghe
sono altresì le difese della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol
quanto alla inammissibilità delle questioni sollevate nonché alla loro non
fondatezza.
4.1.‒ In
particolare,
Nell’esercizio di
detta competenza legislativa esclusiva,
In particolare, la
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 15 del 1983 avrebbe introdotto un modello
"misto” di dirigenza regionale, parzialmente diverso tanto rispetto a quello
della dirigenza statale, quanto a quello delle Province autonome di Trento e
Bolzano, ma non per questo in contrasto con
La legislazione
regionale, infatti, prevedrebbe alternativamente sia una carriera dirigenziale
basata sulla relativa qualifica (art. 23), che un «albo degli idonei alle
funzioni dirigenziali al quale accede il personale in possesso dell’idoneità
alla direzione d’ufficio e del diploma di laurea almeno quadriennale che abbia
superato l’esame finale del corso di formazione per aspiranti dirigenti indetto
dall’amministrazione [...]» (art. 24).
Attualmente,
dunque, convivrebbero, nell’organizzazione regionale, tanto dirigenti in
possesso della relativa qualifica, quanto soggetti titolari di una qualifica di
quadro che, tuttavia, essendo iscritti all’albo degli idonei, hanno ricevuto un
incarico dirigenziale. Questi ultimi, ove l’incarico non fosse confermato o
rinnovato, conserverebbero l’originario inquadramento (non dirigenziale).
Tale assetto sarebbe
sopravvissuto alle successive evoluzioni dell’ordinamento statale in materia di
dirigenza pubblica e al vaglio di costituzionalità (sono citate la sentenza n. 156 del
1994 e l’ordinanza
n. 382 del 2002).
Inoltre, il
giudice a quo ricostruirebbe erroneamente l’istituto in questione ritenendolo
un trattamento accessorio corrisposto in assenza del relativo incarico, mentre
in realtà si tratterebbe di una componente fissa del trattamento economico che,
in quanto tale, si conserverebbe anche a seguito della cessazione dell’incarico
dirigenziale.
5.‒ In
prossimità dell’udienza pubblica sia
Considerato in diritto
1.‒ Con le
ordinanze indicate in epigrafe
Il procuratore
regionale è intervenuto nella udienza camerale della parificazione e ha
depositato memorie conclusionali, con le quali ha chiesto di sollevare
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge della
Provincia autonoma di Bolzano 9 febbraio 2018, n. 1 (Norme in materia di
personale), e dell’art. 1 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 6
luglio 2017, n. 9 (Disciplina dell’indennità di dirigenza e modifiche alla
struttura dirigenziale dell’Amministrazione provinciale), in riferimento agli
artt. 3, 36, 81, 97, 103, secondo comma, 117 e 119 della Costituzione. Nella
pubblica udienza del 28 giugno 2018 il contraddittorio si è svolto con l’intervento
del magistrato relatore, del Procuratore regionale, che ha confermato oralmente
le conclusioni scritte, e del Presidente della Giunta provinciale.
1.1.– Con
l’ordinanza iscritta al n. 173 del registro ordinanze dell’anno 2018
Il rimettente premette
che, in sede di parificazione del rendiconto generale della Provincia autonoma
di Bolzano per l’esercizio 2017, è stato accertato l’impegno e il pagamento di
somme a titolo di assegno personale pensionabile, corrispondenti a indennità di
direzione e di coordinamento, in assenza di formale incarico e di espletamento
di alcuna funzione. Sulla disciplina di dette erogazioni sono intervenuti, nel
corso del 2017 e del 2018, gli artt. 1, 2 e 17 della legge prov. Bolzano n. 9
del 2017 e gli artt. 1 e 3 della legge prov. Bolzano n. 1 del 2018.
Le norme di cui il
giudice a quo sospetta l’illegittimità costituzionale inciderebbero sulla
spesa, determinandone un effetto espansivo, e altererebbero la consistenza del
risultato di amministrazione, incrementando indebitamente le poste passive del
bilancio.
Il rimettente
riferisce – proprio al fine di evitare l’alterazione del risultato di
amministrazione e la validazione di spese non coperte da presupposto normativo
– di avere già disapplicato, per gli esercizi antecedenti al 2017, ai sensi
dell’art. 40, comma 3-quinquies, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
(Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), alcune norme del contratto collettivo provinciale,
in quanto affette da nullità secondo il combinato disposto degli artt. 7, comma
5, e 2, comma 3-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 2, comma 1, lettera
o), della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la
razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di
pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale).
Attraverso tale
disapplicazione – prosegue il rimettente – aveva assunto decisioni di
parificazione parziale, negandola alle partite di spesa inerenti alla
corresponsione di indennità svincolate da qualsiasi prestazione di lavoro,
nonché ai relativi oneri pensionistici a carico del datore di lavoro. La
sopravvenienza, in data antecedente alla parificazione dell’esercizio 2017,
delle norme provinciali censurate avrebbe vanificato, nel procedimento di
parificazione relativo a detto esercizio, la disapplicazione del contratto
collettivo nella parte affetta da nullità, dal momento che avrebbe sanato, con
una fonte legislativa intangibile per
Viene precisato
che, dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti,
l’erogazione delle indennità di dirigenza, in assenza di espletamento del
corrispondente incarico, è stata prevista con diverse, ma teleologicamente
equivalenti, norme contenute in contratti collettivi regionali e provinciali a
partire dalla fine del secolo scorso (contratto collettivo riguardante il
personale dell’area dirigenziale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige
biennio economico 2004-2005 del 27 febbraio 2006, come modificato dal contratto
collettivo area dirigenziale del 27 aprile 2009; contratto collettivo
riguardante il personale dell’area non dirigenziale della Regione Autonoma
Trentino-Alto Adige, quadriennio giuridico 2008-2011 e biennio economico
2008-2009 del 1° dicembre 2008; contratto collettivo intercompartimentale per
il personale dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano relativo al
periodo 1999-2000 del 17 luglio 2000; contratto di comparto per il personale
dirigenziale della Provincia autonoma di Bolzano del 6 agosto 2001).
Per questo motivo,
ai soli fini della parificazione, il rimettente aveva disapplicato dette
prescrizioni contrattuali per violazione di norme imperative di diritto
privato, precedentemente menzionate.
Tale operazione,
tuttavia, nell’esercizio 2017 non sarebbe stata idonea ad assicurare il
rispetto delle suddette norme imperative appartenenti all’ordinamento civile e
– nel caso di specie – neppure di quelle inerenti alla pensionabilità delle
indennità, dal momento che le disposizioni di legge provinciale, intervenute
prima della parificazione del rendiconto inerente all’esercizio 2017, avrebbero
comunque precluso di stralciare dalla validazione le partite di spesa
illegittime.
Le norme
provinciali censurate disciplinerebbero, in violazione dell’art. 117, secondo
comma, lettera l), Cost., un aspetto della retribuzione dei dipendenti
provinciali, incidendo nella materia «ordinamento civile», riservata alla
competenza esclusiva dello Stato, la cui regolamentazione dovrebbe essere
uniforme su tutto il territorio nazionale.
Tali norme
sarebbero inoltre illegittime perché in contrasto con l’art. 117, secondo
comma, lettera o), Cost. − che devolve alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato la materia della previdenza sociale − nella parte
in cui prevedono la trasformazione delle indennità, alla cessazione
dell’incarico, in assegno personale pensionabile in base al sistema
retributivo.
Alla luce di
quanto esposto, il rimettente ritiene che le questioni debbano essere sollevate
non solo in riferimento all’art. 81 Cost., ma anche agli artt. 117, secondo
comma, lettere l) e o), Cost., la cui violazione comporterebbe l’alterazione
del risultato di amministrazione e l’aumento della spesa del personale oltre i
limiti consentiti dai vincoli di finanza pubblica.
In particolare,
viene rimarcata la ridondanza sull’art. 81 Cost. della violazione della
competenza esclusiva dello Stato contemplata nell’art. 117, secondo comma,
lettere l) e o), Cost.
Viene inoltre
dedotta la violazione delle disposizioni in materia di coordinamento della
finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.), nonché dei principi di
imparzialità e buon andamento (art. 97, secondo comma, Cost.) e di
proporzionalità della retribuzione rispetto alla qualità e alla quantità del
lavoro prestato (art. 36, primo comma, Cost.).
Viene infine
lamentata l’indebita interferenza con la funzione esercitata in sede di
parificazione (artt. 101, secondo comma, e 103 Cost.) e l’illegittima
retroattività della norma di interpretazione autentica contenuta nella legge
prov. Bolzano n. 1 del
1.2.‒
In via
preliminare, dopo aver premesso che il rendiconto presenta un saldo positivo e
che l’equilibrio economico-finanziario non è messo in discussione dalle misure
contestate, la difesa provinciale assume che il giudice rimettente non sarebbe
legittimato a sollevare, in sede di parificazione del rendiconto, questioni di
legittimità costituzionale in riferimento a parametri diversi e ulteriori
rispetto agli artt. 81 e 119 Cost., i quali pongono princìpi a «diretta» tutela
degli equilibri economico-finanziari.
Eccepisce inoltre
il difetto di rilevanza delle questioni sollevate, in quanto le norme censurate
non sarebbero applicabili nei giudizi a quibus,
poiché, a differenza di quelle oggetto di precedenti giudizi di legittimità
costituzionale, non inciderebbero sulla struttura del bilancio.
In particolare,
gli artt. 1 e 2 della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017 e l’art. 1 della legge
prov. Bolzano n. 1 del 2018 legittimerebbero – con effetto retroattivo – un
meccanismo retributivo integralmente regolato dai contratti collettivi: la
finalità di dette norme sarebbe dunque del tutto estranea all’oggetto del
giudizio di parificazione.
Infine, evidenzia
che le somme erogate nel 2017 – esercizio oggetto del giudizio di parificazione
– a titolo di assegno personale pensionabile sarebbero state liquidate in base
ai vigenti contratti collettivi e non in base alle norme censurate.
Le questioni
sollevate sarebbero comunque infondate nel merito, in quanto basate su un
erroneo inquadramento tanto della competenza della Provincia autonoma di
Bolzano in materia, quanto della natura dell’istituto in questione.
Quanto previsto
dalla legislazione provinciale, peraltro, corrisponderebbe alla disciplina
della dirigenza dei Ministeri, il cui trattamento economico fisso sarebbe
costituito dallo stipendio tabellare, dalla retribuzione di posizione-parte
fissa e dalla retribuzione individuale di anzianità (artt. 49 e 53 del CCNL 21
aprile 2006). Tale trattamento si conserva anche in caso di perdita della
«posizione» per effetto del collocamento a disposizione dei ruoli (art. 4 del
citato CCNL).
Alla luce di tali
rilievi le questioni sollevate non sarebbero fondate.
1.3.‒ Con
ordinanza iscritta al n. 177 del registro ordinanze 2018
Le disposizioni
censurate, dopo aver disposto la trasformazione, alla cessazione dell’incarico,
della parte fissa dell’indennità di posizione in assegno personale
pensionabile, fanno salvi gli effetti giuridici già prodotti e quelli economici
già maturati sino al 1° gennaio 2018.
1.4.– Le difese
della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, costituitasi in giudizio,
sono analoghe a quelle svolte dalla Provincia autonoma di Bolzano, quanto a
inammissibilità o, comunque, infondatezza delle questioni sollevate.
In particolare,
anche
La legge
regionale, infatti, prevederebbe, alternativamente, sia una carriera
dirigenziale basata sulla relativa qualifica (art. 23) che un «albo degli
idonei alle funzioni dirigenziali al quale accede il personale in possesso
dell’idoneità alla direzione d’ufficio e del diploma di laurea almeno
quadriennale che abbia superato l’esame finale del corso di formazione per
aspiranti dirigenti indetto dall’amministrazione [...]» (art. 24).
Attualmente,
dunque, convivrebbero, nell’organizzazione regionale, tanto dirigenti in
possesso della relativa qualifica, quanto soggetti titolari di una qualifica di
quadro che, tuttavia, essendo iscritti all’albo degli idonei, hanno ricevuto un
incarico dirigenziale. Questi ultimi, ove l’incarico non fosse confermato o
rinnovato, conserverebbero l’originario inquadramento (non dirigenziale).
Inoltre, il
giudice a quo avrebbe ricostruito erroneamente l’istituto in questione,
ritenendolo un trattamento accessorio corrisposto in assenza del relativo
incarico, mentre in realtà si tratterebbe di una componente fissa del
trattamento economico che, in quanto tale, si conserverebbe anche a seguito
della cessazione dell’incarico dirigenziale.
2.– Stante
l’affinità della normativa censurata e la parziale coincidenza dei parametri di
cui essa si assume lesiva, i giudizi devono essere riuniti ai fini di una
definizione congiunta.
3.– Il problema
pregiudiziale della legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni
di legittimità costituzionale in sede di parificazione, ai sensi dell’art. 1
della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 (Norme sui giudizi di
legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte
Costituzionale), e dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), si inquadra in
quello più ampio inerente all’ammissibilità di questioni sollevate in sedi
diverse da quella giurisdizionale in senso stretto e dalla volontaria
giurisdizione, quest’ultima già inquadrata da questa Corte nella funzione
giurisdizionale «anche se manchi la lite o non vi sia contraddittorio tra le
parti» (sentenza
n. 129 del 1957).
Con più largo
riferimento ad altre ipotesi di procedimenti pendenti dinanzi a una
magistratura, diversi – come i giudizi in esame – da quelli di volontaria
giurisdizione, è stato affermato che, per aversi un giudizio di legittimità
costituzionale in via incidentale, è sufficiente che ricorra «il requisito
oggettivo dell’esercizio "di funzioni giudicanti per l’obiettiva applicazione
della legge”, da parte di organi "pur estranei alla organizzazione della
giurisdizione ed istituzionalmente adibiti a compiti di diversa natura”, che di
quelle siano investiti anche in via eccezionale, e siano all’uopo "posti in
posizione super partes”» (sentenza n. 226 del
1976).
Per quanto
concerne
Nelle fattispecie
in esame, peraltro, oltre all’art. 81 Cost., vengono invocati ulteriori
parametri costituzionali, in relazione ai quali deve essere verificata
l’ammissibilità.
4.– Prima di procedere
all’esame della rilevanza delle questioni sollevate con le ordinanze in esame,
occorre, tuttavia, individuare il petitum sostanziale
delle predette, dal momento che non tutte le disposizioni censurate risultano eziologicamente collegate alla decisione di parificazione.
Il percorso
argomentativo dei giudici a quibus evidenzia come, ai
fini della parificazione, le disposizioni rilevanti siano quelle provinciali e
regionali – sopravvenute dopo la precedente disapplicazione, da parte della
medesima Corte dei conti, dei contratti collettivi nelle parti contemplanti le
contestate erogazioni – che impongono di validare, ai fini della determinazione
del risultato di amministrazione e del sindacato di legittimità della spesa, le
partite che contengono le somme inerenti alla elargizione delle indennità prive
del requisito sinallagmatico e ai conseguenti oneri di natura pensionistica. Ed
è proprio questo profilo eziologico della rilevanza che deve essere scrutinato.
In concreto, le
norme che rivestono tale pregiudizialità sono le seguenti: a) art. 1, comma 3,
della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017; b) art. 2 della legge prov. Bolzano n.
9 del 2017; c) art. 17, comma 2, della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017; d)
art. 1 della legge prov. Bolzano n. 1 del 2018; e) art. 4, comma 1, terzo
periodo e comma 3, della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 11 del 2017. Per
quanto si dirà espressamente in prosieguo, analogo diretto collegamento non si
riscontra per altre disposizioni impugnate.
Evidenti ragioni
sistematiche inducono, pertanto, a circoscrivere il petitum
a quella parte della legislazione in grado di condizionare direttamente la
decisione delle sezioni riunite della Corte dei conti.
5.– Alla luce di
quanto premesso, sono, invece, inammissibili le questioni sollevate nei
confronti delle disposizioni della Provincia autonoma di Bolzano antecedenti
alla stipula del primo contratto collettivo provinciale disciplinante il
rapporto di lavoro dei dirigenti provinciali e quelle che non riguardano la
copertura legislativa delle spese contestate.
Le disposizioni
antecedenti sono quelle contenute nell’art. 28 della legge prov. Bolzano n. 10
del 1992.
Tali disposizioni
non erano vigenti al momento in cui il giudice contabile è stato chiamato ad
assumere la decisione circa la parificazione delle contestate partite di spesa.
Infatti, l’art. 2, comma 1, lettera o), della legge n. 421 del 1992 –
disposizione imperativa e inderogabile ascrivibile alla materia di competenza
esclusiva statale «ordinamento civile» – stabilisce che la privatizzazione del
pubblico impiego deve essere caratterizzata dalla «abrogazione delle
disposizioni che prevedono automatismi che influenzano il trattamento economico
fondamentale ed accessorio, e di quelle che prevedono trattamenti economici
accessori, settoriali, comunque denominati, a favore di pubblici dipendenti
sostituendole contemporaneamente con corrispondenti disposizioni di accordi
contrattuali anche al fine di collegare direttamente tali trattamenti alla
produttività individuale e a quella collettiva ancorché non generalizzata ma
correlata all’apporto partecipativo». L’art. 69 del d.lgs. n. 165 del 2001 –
norma di analogo tenore della precedente – prevede che le disposizioni
antecedenti alla sottoscrizione dei contratti collettivi del quadriennio
1998-2001, cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della
sottoscrizione stessa (in tal senso, sentenza n. 196 del
2018).
L’unica fonte
normativa vigente – per espressa ammissione del rimettente – era il contratto
collettivo provinciale, che è stato, però, disapplicato per contrasto con la
disposizione imperativa contenuta nell’art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 165 del
2001, il quale stabilisce che «[l]e amministrazioni pubbliche non possono
erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni
effettivamente rese».
Da quanto
evidenziato deriva inequivocabilmente l’inammissibilità delle questioni sollevate
nei riguardi di disposizioni antecedenti all’ultimo contratto collettivo di
comparto, poiché esse non spiegano alcun effetto giuridico nei confronti delle
spese sottoposte a parificazione.
Esulano inoltre
dall’odierno giudizio le questioni di legittimità costituzionale sollevate
sulle disposizioni che trovano applicazione «a far data dal 1° giugno 2018» e,
quindi, sull’art. 1, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017,
sull’art. 3 della legge prov. Bolzano n. 1 del 2018 e sull’art. 4, comma 1, primo
e secondo periodo della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 11 del 2017, oltre a
quelle che evidentemente non riguardano le tematiche oggetto del giudizio (art.
1, comma 2, e art. 17 comma 1, della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017).
Non riguardano
direttamente la copertura legislativa delle spese contestate l’art. 47 della
legge prov. Bolzano n. 6 del 2015, l’art. 14, comma 6, della legge prov.
Bolzano n. 11 del 2015, l’art. 7 della legge prov. Bolzano n. 21 del
Risultano
inammissibili, per inconferenza con i parametri
invocati, le censure proposte nei confronti degli artt. 1, comma 3, 2 e 17,
comma 2, della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017, dell’art. 1 della legge prov.
Bolzano n. 1 del 2018, dell’art. 4, commi 1, terzo periodo, e 3, della legge
reg. Trentino-Alto Adige n. 11 del
Risultano altresì
inammissibili, per irrilevanza nel presente giudizio, le censure proposte nei
confronti delle medesime disposizioni, in riferimento all’art. 117, primo
comma, Cost.
6.– Superano,
invece, il vaglio di ammissibilità le questioni di legittimità costituzionale
sollevate nei confronti degli artt. 1, comma 3, 2 e 17, comma 2, della legge
prov. Bolzano n. 9 del 2017, dell’art. 1 della legge prov. Bolzano n. 1 del
2018, dell’art. 4, commi 1, terzo periodo, e 3, della legge reg. Trentino-Alto
Adige n. 11 del
Deve essere
preliminarmente respinta l’eccezione della Provincia autonoma di Bolzano
secondo cui
Dalle
prospettazioni dei giudici a quibus precedentemente
richiamate appare evidente l’incidenza della violazione delle regole di riparto
della competenza legislativa, – nel caso di specie di quelle contenute
nell’art. 117, secondo comma, lettere l) e o), Cost. – sulla lesione dei
princìpi della sana gestione finanziaria presidiati dall’art. 81 Cost.
Non è neppure
fondata l’eccezione secondo cui le norme soggette a scrutinio non sarebbero
rilevanti, in quanto le contestate erogazioni discenderebbero dai vigenti
contratti collettivi.
È precisato con
chiarezza nelle ordinanze di rimessione che i richiamati contratti sono stati
disapplicati in parte qua proprio per contrasto con le norme imperative
dell’ordinamento civile. Pertanto, tali contratti non ostacolano il diniego di
parificazione (già adottato nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano
con riguardo ai tre precedenti esercizi), a differenza della preclusione
ingenerata dalle norme successivamente intervenute.
A ben vedere, le
fattispecie in esame risultano analoghe, quanto al carattere di interdipendenza
degli artt. 81 e 117, secondo comma, lettere l) e o), Cost., a quella
recentemente decisa da questa Corte con la sentenza n. 196 del
2018.
Ricorrono,
infatti, nei casi di specie, le stesse situazioni che hanno indotto a
scrutinare favorevolmente l’ammissibilità della rimessione incidentale da parte
della Corte dei conti, sezione di controllo della Regione Liguria, poiché il
giudice contabile, ove avesse applicato tali norme, si sarebbe trovato nella
condizione di validare un risultato di amministrazione non corretto, in quanto
relativo a una spesa, conseguente all’adozione di un istituto retributivo
illegittimo (in tal senso, sentenza n. 196 del
2018).
Peraltro, la
prospettazione dei rimettenti pone chiaramente in luce come, nella materia
dell’ordinamento civile e della previdenza sociale, l’intervento legislativo
provinciale e quello regionale vengano a determinare una spesa non conforme ai
criteri dettati dall’ordinamento ai fini della sana gestione della finanza
pubblica allargata. Correttamente il rimettente ha affermato che le norme della
cui legittimità costituzionale dubita, per violazione degli artt. 117, secondo
comma, lettere l) e o), e 81 Cost., hanno dato vita alla spesa per indennità di
dirigenza, corrisposte in assenza di prestazione lavorativa e assoggettate a
contribuzione pensionabile, in contrasto con la legge statale (sentenza n. 196 del
2018).
Tenuto conto che
compito della Corte dei conti, in sede di parificazione del rendiconto generale
delle autonomie territoriali, è accertare il risultato di amministrazione, nonché
eventuali illegittimità suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli
equilibri economico-finanziari degli enti (art. 1, comma 3, del decreto-legge
10 ottobre 2012, n. 174, recante «Disposizioni urgenti in materia di finanza e
funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore
delle zone terremotate nel maggio 2012», convertito, con modificazioni, nella
legge 7 dicembre 2012, n. 213), i rimettenti hanno esaurientemente spiegato
l’effetto preclusivo che le disposizioni impugnate avrebbero sul controllo di
legittimità delle partite di spesa contenenti le contestate indennità.
È utile ricordare
come questa Corte, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo l’art. 1,
comma 7, del d.l. n. 174 del 2012 – nella parte che consentiva alla
magistratura contabile di condizionare le modifiche alle norme finanziarie in
contrasto con i principi dell’equilibrio di bilancio e di precludere i
programmi di spesa privi di copertura e comunque della relativa sostenibilità
finanziaria – abbia precisato che
La predetta pronuncia,
salvando la parte del citato art. 1 riservata al controllo sugli equilibri del
bilancio e sulla correttezza della spesa regionale e colpendolo solo in quella
che eccedeva dalle attribuzioni costituzionali della magistratura contabile,
corrobora l’argomento dei giudici rimettenti, secondo cui, ove sia la legge
stessa a pregiudicare principi di rango costituzionale, l’unica via da
percorrere per il giudice della parificazione rimane proprio il ricorso
all’incidente di costituzionalità.
Il giudizio si presenta,
pertanto, circoscritto dai parametri che attengono all’an
della spesa, non al quomodo della stessa.
Si aggiunga che,
come nella fattispecie di cui alla predetta sentenza n. 196 del
2018, le questioni in esame si collocano in una zona d’ombra della
sindacabilità costituzionale, che ne determina indubbiamente analoga
peculiarità. A favore di tale conclusione concorrono due distinte ma
complementari concause: a) gli interessi erariali alla corretta spendita delle
risorse pubbliche – salvo quanto si dirà appresso per il Governo – non hanno,
di regola, uno specifico portatore in grado di farli valere processualmente in
modo diretto; b) le disposizioni contestate non sono state impugnate nei
termini dal Governo, unico soggetto abilitato a far valere direttamente
l’invasione di materie di competenza legislativa statale, divenendo intangibili
per effetto della decorrenza dei predetti termini e della decadenza
conseguentemente maturata.
Deve, dunque,
riconoscersi l’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale
sollevate con le ordinanze indicate in epigrafe, sia con riguardo alla
legittimazione dell’organo rimettente, sia con riguardo ai parametri evocati
sia, infine, quanto alla rilevanza delle questioni sollevate in relazione alle
finalità dei giudizi a quibus. Significativa è in
proposito la formulazione dell’art. 40, comma 3-quinquies, del d.lgs. n. 165
del 2001, il quale prevede che siano proprio le sezioni regionali della Corte
dei conti ad accertare la violazione dei vincoli di spesa del personale delle
Regioni e degli enti locali ai fini del recupero delle somme erogate in
eccedenza.
7.– Nel merito, le
questioni sollevate nei confronti degli artt. 1, comma 3, 2, e 17, comma 2,
della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017, dell’art. 1 della legge prov. Bolzano
n. 1 del 2018 e dell’art. 4, commi 1, terzo periodo, e 3, della legge reg.
Trentino-Alto Adige n. 11 del
Incidendo in due
materie di competenza esclusiva statale, quali l’ordinamento civile e la
previdenza sociale, la normativa censurata pone in essere una lesione diretta
dei principi posti a tutela dell’equilibrio del bilancio e della copertura
della spesa presidiati dall’art. 81 Cost.
Quanto al
collegamento funzionale, nei presenti giudizi, degli art. 81 e 117, secondo
comma, lettera l), Cost. è utile ricordare come, «[s]econdo
la costante giurisprudenza costituzionale, "a seguito della privatizzazione del
pubblico impiego, la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei
dipendenti pubblici – tra i quali, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), sono ricompresi anche i
dipendenti delle Regioni – compete unicamente al legislatore statale,
rientrando nella materia ‘ordinamento civile’ (ex multis,
sentenze n. 72
del 2017; n.
257 del 2016; n.
180 del 2015; n.
269, n. 211
e n. 17 del
2014)” (sentenza
n. 175 del 2017)» (sentenza n. 196 del
2018).
Analogo rapporto
si verifica con la materia della previdenza sociale, poiché le somme
indebitamente erogate dagli enti territoriali resistenti costituiscono la base
delle ulteriori disposizioni che ne statuiscono la pensionabilità e i relativi
oneri a carico degli enti datori di lavoro.
Il collegamento
funzionale tra i precetti invocati si verifica attraverso le disposizioni
contenute nell’art. 1, comma 3, della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017, il
quale dispone contemporaneamente: la salvezza degli effetti giuridici e degli
effetti economici già maturati al 1° giugno 2018 (effetti realizzati tramite la
corresponsione dei contestati emolumenti malgrado la disapplicazione del
contratto collettivo provinciale disposta dalla Corte dei conti in sede di
parificazione dei tre esercizi precedenti); la trasformazione dell’indennità di
dirigenza in assegno personale pensionabile; l’attribuzione di tale illegittimo
beneficio mediante il sistema retributivo, già cancellato dall’ordinamento
pensionistico al momento della emanazione della norma.
Equivalente
incidenza sull’art. 81 Cost. realizza l’art. 2 della stessa legge, in quanto
stabilisce dei termini in ordine all’applicazione del censurato meccanismo
aventi effetto diretto sulle risultanze della parificazione regionale.
Così pure il
secondo periodo del comma 1 e il comma 2 dell’art. 17 della medesima legge
forniscono copertura normativa ai meccanismi della legge prov. n. 10 del 1992,
privi di effetti giuridici fin dall’entrata in vigore del primo contratto
collettivo conseguente alla privatizzazione dell’impiego pubblico ma
incorporati per relationem dalle suddette
disposizioni.
Ancora, l’art. 1
della legge prov. Bolzano n. 1 del 2018, recante «Interpretazione autentica
dell’articolo 47 della legge provinciale 19 maggio 2015, n. 6, dell’articolo
14, comma 6, della legge provinciale 25 settembre 2015, n. 11, dell’articolo 7,
comma 1, della legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21, e degli articoli 1,
comma 3, e 2, comma 1, della legge provinciale 6 luglio 2017, n.
Per quel che
concerne la legislazione della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol,
la differente formulazione letterale delle disposizioni censurate non si
discosta tuttavia dalla sostanza di quelle provinciali precedentemente
esaminate. In particolare, il comma 3 dell’art. 4 della legge reg.
Trentino-Alto Adige n. 11 del 2017 fa salvi gli effetti giuridici già prodotti
e gli effetti economici già maturati, sino al 1° gennaio
7.1.– Non può
essere condiviso l’argomento della Provincia autonoma di Bolzano, secondo cui
il fatto che il rendiconto presenti un saldo positivo sanerebbe l’assenza di
legittimazione delle spese inerenti all’assegno pensionabile e ai collegati
oneri previdenziali.
L’avanzo di
amministrazione, infatti, non può essere inteso come una sorta di utile di
esercizio, il cui impiego sarebbe nell’assoluta discrezionalità
dell’amministrazione.
Anzi, l’avanzo di
amministrazione "libero” delle autonomie territoriali è soggetto a un impiego
tipizzato, in cui non rientrano dazioni retributive e previdenziali non
contemplate dalla legge.
Neppure può essere
accolta l’eccezione formulata da entrambe le autonomie territoriali, secondo
cui le norme censurate apparterrebbero alla materia statutaria «ordinamento
degli uffici e del personale ad essi addetto», dal momento che proprio
l’assenza di impiego del personale beneficiario delle contestate dazioni
esclude che queste ultime possano ricondursi alla materia organizzativa.
Nemmeno le
peculiarità dell’organizzazione della dirigenza vigente nella Provincia
autonoma di Bolzano e nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol sono
rilevanti ai fini del presente giudizio, poiché non viene in rilievo la
modalità organizzativa, bensì l’assenza di sinallagmaticità
della retribuzione e il relativo assoggettamento a contribuzione previdenziale.
Infine, non può
essere condiviso l’argomento secondo cui le somme erogate sarebbero
trasformate, sulla base di una semplice disposizione normativa, da indennità
dirigenziali prive del carattere corrispettivo della prestazione a elemento
fisso e continuativo della retribuzione. Detto argomento incorre in una
contraddizione in termini, poiché tale trasformazione, per legge provinciale o
regionale, costituisce, al contrario, una finzione giuridica intrinsecamente
inconciliabile che, in quanto finalizzata ad aggirare un divieto di carattere
generalizzato per tutti i dipendenti pubblici, è essa stessa costituzionalmente
illegittima.
Per questo motivo,
anche la previsione, contenuta in alcune delle leggi impugnate non coinvolte
nella presente dichiarazione di incostituzionalità, di una trasformazione
graduale delle indennità di dirigenza in assegno pensionabile, una volta
cessato l’incarico, risulta egualmente inconciliabile con la regola generale
inerente alla dirigenza pubblica.
Pur tuttavia, essa
non è rilevante ai fini del giudizio di parificazione dell’esercizio 2017 e dei
dinieghi di parificazione relativi ai rendiconti del triennio precedente della
Provincia autonoma di Bolzano e, pertanto, si sottrae alla dichiarazione di
illegittimità costituzionale, ferma restando la preclusione all’assunzione di
tale tipologia di spesa per gli esercizi successivi al 2017.
8.– In definitiva,
le norme testé individuate nel complesso quadro normativo, in cui le
inseriscono, con ambigui e reiterati rinvii per relationem,
il legislatore regionale e quello provinciale, incidono, con tutta evidenza,
sull’articolazione della spesa del bilancio consuntivo 2017, sul quantum della
stessa, sulla determinazione del risultato di amministrazione e su profili
retributivi espressamente esclusi dal legislatore nazionale nell’esercizio
della sua competenza esclusiva.
Per le
considerazioni che precedono, le norme precedentemente esaminate devono essere
dunque dichiarate costituzionalmente illegittime e le spese dalle stesse
generate non possono essere inserite nei relativi rendiconti.
per questi motivi
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale
degli artt. 1, comma 3, 2 e 17, comma 2, della legge della Provincia autonoma
di Bolzano 6 luglio 2017, n. 9 (Disciplina dell’indennità di dirigenza e
modifiche alla struttura dirigenziale dell’Amministrazione provinciale);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 9 febbraio 2018, n.
1 (Norme in materia di personale);
3) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 4, comma 1, terzo periodo e comma 3, della legge della Regione
autonoma Trentino-Alto Adige 18 dicembre 2017, n. 11 (Legge regionale di
stabilità 2018);
4) dichiara inammissibili le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge della Provincia autonoma di
Bolzano 23 aprile 1992, n. 10 (Riordinamento della struttura dirigenziale della
Provincia Autonoma di Bolzano), dell’art. 47 della legge della Provincia
autonoma di Bolzano 19 maggio 2015, n. 6 (Ordinamento del personale della
Provincia), dell’art. 14, comma 6, della legge della Provincia autonoma di
Bolzano 25 settembre 2015, n. 11 (Disposizioni in connessione con
l’assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano
per l’anno finanziario 2015 e per il triennio 2015-2017), dell’art. 7 della legge
della Provincia autonoma di Bolzano 18 ottobre 2016, n. 21 (Modifiche di leggi
provinciali in materia di procedimento amministrativo, enti locali, cultura,
beni archeologici, ordinamento degli uffici, personale, ambiente, utilizzazione
delle acque pubbliche, agricoltura, foreste, protezione civile, usi civici,
mobilità, edilizia abitativa, dipendenze, sanità, sociale, lavoro, patrimonio,
finanze, fisco, economia e turismo), sollevate, in riferimento agli artt. 3,
36, 81, 97, 101, secondo comma, 103, 108 e 119, primo comma, della
Costituzione, dalla Corte dei conti, sezioni riunite per
5) dichiara inammissibili le questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 3, 2 e 17, comma 2, della legge
prov. Bolzano n. 9 del 2017, dell’art. 1 della legge prov. Bolzano n. 1 del
2018, dell’art. 4, commi 1, terzo periodo, e 3, della legge reg. Trentino-Alto
Adige n. 11 del 2017, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 36, 97, 101,
secondo comma, 103, 108, 117, primo comma, e 119, primo comma, Cost., con la
medesima ordinanza iscritta al n. 173 del registro ordinanze del 2018.
Così deciso in
Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7
maggio 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI,
Presidente
Aldo CAROSI,
Redattore
Roberto MILANA,
Cancelliere
Depositata in
Cancelleria il 6 giugno 2019.