Ordinanza n. 164 del 2018

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ORDINANZA N. 164

ANNO 2018

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio                LATTANZI                                        Presidente

- Aldo                    CAROSI                                               Giudice

- Marta                   CARTABIA                                               ”

- Mario Rosario      MORELLI                                                  ”

- Giancarlo             CORAGGIO                                              ”

- Silvana                 SCIARRA                                                  ”

- Daria                    de PRETIS                                                 ”

- Nicolò                  ZANON                                                     ”

- Franco                  MODUGNO                                              ”

- Augusto Antonio BARBERA                                                ”

- Giulio                   PROSPERETTI                                          ”

- Giovanni              AMOROSO                                               ”

- Francesco             VIGANÒ                                                   ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso da Lamberto Roberti, nella qualità di cittadino elettore e soggetto politico, con ricorso depositato in cancelleria il 9 gennaio 2018 ed iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri 2018 (fase di ammissibilità), in relazione alle leggi 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica), 6 maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati), 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali), agli artt. 1, 11, primo comma, 12, commi dal primo al quinto, 13, primo e secondo comma, 15, primo comma, 18, primo comma, n. 1, 20, primo comma, n. 2, 21, primo comma, numeri 1, 1-bis, 2, 3, e secondo, e 22, primo comma, della legge 24 gennaio 1979, n. 18 (Elezione dei membri del Parlamento Europeo spettanti all’Italia), agli artt. 1, primo comma, 18-bis, commi primo e terzo, 22, terzo comma, 83, commi 3, 4 e 5, 92, primo comma, n. 2, primo periodo, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), agli artt. 1, comma 2, 9, commi 2, primo periodo, 3, 4 e 5, 16, 19, 20, comma 1, lettera a), primo periodo, e b), primo e quarto periodo, e 27 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica), all’art. 8, commi 1, lettera c), e 3, della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero), agli artt. 11, 52, comma 5, 54, commi 1, 2 e 3, 95, comma 6, 126, comma 1, 128, 129, commi 1, 2 e 10, 130, 132, comma 1, e 135, comma 1, del codice del processo amministrativo, Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), e all’art. 4, comma 2, lettera b), della legge 2 febbraio 2000, n. 28 (Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica).

Udito nella camera di consiglio del 4 luglio 2018 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera.

Ritenuto che, con ricorso depositato in data 9 gennaio 2018, Lamberto Roberti ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica e del Governo «nell’espressione della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Interno e della Giustizia Amministrativa»;

che il ricorrente denuncia in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 2, 4, 48, 51, 56, 58, 67, 70, 72 e 94 della Costituzione, le menomazioni all’asserito suo «potere di determinare la politica nazionale, in quanto rappresentante in pectore della Nazione», derivanti dalle leggi 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica), 6 maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati) e 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali);

che secondo il ricorrente, dall’entrata in vigore della legge n. 270 del 2005, sarebbe preclusa la candidatura individuale alle elezioni politiche, oltre alla possibilità di «esprimere preferenze», in quanto tutti i candidati sarebbero scelti dai partiti attraverso «i cosiddetti listini bloccati», in lesione delle attribuzioni del corpo elettorale;

che, ciò premesso, il ricorrente denuncia anche ulteriori norme di legge attinenti alla materia elettorale, nelle parti in cui impedirebbero a vario titolo, la candidatura individuale;

che, in particolare, gli artt. 1, 11, primo comma, 12, commi dal primo al quinto, 13, primo e secondo comma, 15, primo comma, 18, primo comma, n. 1, 20, primo comma, n. 2, 21, commi primo, numeri 1), 1-bis), 2) e 3), e secondo, e 22, primo comma, della legge 24 gennaio 1979, n. 18, recante «Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia» e le norme del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, intitolato «Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati» (artt. 1, comma 1, 18-bis, commi 1 e 3, 22, terzo comma, 83, commi 3, 4 e 5, 92, primo comma, n. 2, primo periodo), si porrebbero in contrasto con gli artt. 1, secondo comma, 2, 3, 48, secondo e terzo comma, 49, 51, 56, 58, primo comma, 67 e 117, primo comma, Cost., in relazione: all’art. 3 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952; «all’art. 39, preambolo, 2° capoverso, articolo 10, 12, 20 e 21» della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007; agli artt. 2, 6, 9, 10 e 14 del Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993; agli artt. 20, 22, 223 e 224 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008 n. 130 e all’«art. 1 comma 1 numeri 2), 3) e 8) della Decisione 2002/772/CE […];

che il decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, intitolato «Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica» (artt. 1, comma 2, 9, commi 2, primo periodo, 3, 4 e 5; 16; 19; 20, comma 1, lettere a, primo periodo, e b, primo e quarto periodo, e 27) e l’art. 8, commi 1, lettera c), e 3, della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero), violerebbero gli artt. 1, secondo comma, 2, 3, 48, secondo e terzo comma, 51, 56, primo comma (solo il denunciato d.lgs. n. 533 del 1993), 58, primo comma (solo il denunciato art. 8, legge n. 459 del 2001), 67 e 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 3 del Prot. addiz. CEDU;

che gli artt. 11, 52, comma 5, 54, commi 1, 2 e 3, 95, comma 6, 126, comma 1, 128, 129, commi 1, 2 e 10, 130, comma 1, 132 e 135, comma 1, del codice del processo amministrativo, Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sarebbero viziati in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 2, 3, 24, primo comma, 76 e 113, primo e secondo comma, Cost., nonché agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e all’art. 3 del Prot. addiz. CEDU, a causa delle ridotte garanzie che appresterebbero nell’ambito dei giudizi elettorali;

che l’art. 4, comma 2, lettera b), della legge 2 febbraio 2000, n. 28 (Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica), determinerebbe una disciplina discriminatoria degli spazi radiotelevisivi, in violazione degli artt. 3 e 51 Cost.;

che, quanto al requisito soggettivo di ammissibilità del conflitto, il ricorrente si qualifica «elettore e soggetto politico»;

che dichiara di “ergersi” «a Potere dello Stato appartenente al Corpo Elettorale», allo scopo di far valere la lesione delle prerogative dell’organo stesso, nonché del proprio «diritto elettorale attivo, attraverso il voto» e del proprio diritto elettorale «passivo, attraverso la candidatura», quali «espressioni del potere del popolo»;

che, quanto al requisito oggettivo, il ricorrente chiede a questa Corte di dichiarare «l’illegittimità della menomazione» del proprio «potere di determinare la politica nazionale, in quanto rappresentante in pectore della Nazione» e, conseguentemente, «l’annullamento parziale, previa sospensione», delle leggi e degli atti «ad esse propedeutici o da esse derivati e conseguenti».

Considerato che, ai sensi dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), questa Corte è chiamata a verificare in camera di consiglio e senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile sotto il profilo dell’esistenza della «materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza», valutando, in particolare, se sussistano i requisiti oggettivo e soggettivo di un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato;

che, sotto il profilo soggettivo, il conflitto è palesemente inammissibile in quanto proposto da un singolo cittadino, il quale si qualifica «Potere dello Stato appartenente al Corpo Elettorale»;

che questa Corte ha costantemente affermato che il singolo cittadino, seppure vanti la qualità di elettore, non è investito di funzioni tali da legittimarlo a sollevare conflitto di attribuzione, «non essendogli conferita, in quanto singolo, alcuna attribuzione costituzionalmente rilevante» (ordinanza n. 277 del 2017; nello stesso senso, ordinanze n. 256 del 2016, n. 121 del 2011, n. 85 del 2009, n. 434, n. 284 e n. 189 del 2008, n. 296 del 2006);

che tale valutazione è assorbente, pur essendo palese anche l’assenza dell’elemento oggettivo del conflitto, lamentando il ricorrente la lesione di plurimi parametri costituzionali senza «motivare la ridondanza delle asserite lesioni sulla propria sfera di attribuzioni costituzionali» (sentenza n. 262 del 2017; ordinanza n. 280 del 2017).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Augusto Antonio BARBERA, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2018.