Sentenza n. 267 del 2017

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SENTENZA N. 267

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Paolo                                GROSSI                                              Presidente

-    Giorgio                             LATTANZI                                          Giudice

-    Aldo                                 CAROSI                                                     ”

-    Marta                                CARTABIA                                               ”

-    Mario Rosario                   MORELLI                                                  ”

-    Giancarlo                          CORAGGIO                                              ”

-    Giuliano                            AMATO                                                      ”

-    Silvana                              SCIARRA                                                  ”

-    Daria                                 de PRETIS                                                  ”

-    Nicolò                               ZANON                                                      ”

-    Augusto Antonio             BARBERA                                                 ”

-    Giulio                               PROSPERETTI                                         ”

-    Giovanni                           AMOROSO                                              ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 312 a 321, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), promosso dalla Corte di cassazione nel procedimento vertente tra F.lli Varani di Varani Romano & Primo snc e il Ministero della giustizia e altra, con ordinanza del 21 settembre 2016, iscritta al n. 274 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’atto di costituzione della F.lli Varani di Varani Romano & Primo snc;

udito nella udienza pubblica del 5 dicembre 2017 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;

udito l’avvocato Orlando Sivieri per F.lli Varani di Varani Romano & Primo snc.

Ritenuto in fatto

            1.− Nel corso di un procedimento civile in tema di liquidazione del compenso per la custodia di veicoli sequestrati dall’autorità giudiziaria, la Corte di cassazione – adita in sede di ricorso straordinario avverso ordinanza del Tribunale di Piacenza, favorevole al resistente Ministero della giustizia – premessane la rilevanza (trattandosi di normativa che veniva nella specie in applicazione), ha sollevato, con l’ordinanza in epigrafe, questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 312 a 321, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005).

Secondo la Corte rimettente, dette disposizioni – con il prevedere che, nei confronti di custodi di veicoli sequestrati dall’autorità giudiziaria, soggetti ad alienazione forzosa se giacenti da più di due anni (a decorrere dal 2002), sia liquidato un «importo complessivo forfettario», da calcolarsi secondo i nuovi (e riduttivi) criteri da esse stabiliti, dichiaratamente «in deroga alle tariffe previste dagli articoli 59 e 276 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115» e, quindi, con efficacia retroattiva – violerebbero, conseguentemente, gli articoli 3, 41 e 117, primo comma, della Costituzione (quest’ultimo in relazione in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, ratificato e reso esecutivo con legge 4 agosto 1955, n. 848).

Ciò in ragione del vulnus, che ne deriverebbe, al principio di garanzia dell’affidamento ed a quello di ragionevolezza – anche con riguardo alla tutela del diritto di proprietà, nell’accezione individuata dalla giurisprudenza della Corte EDU – stante l’incidenza pregiudizievole delle censurate disposizioni sui diritti soggettivi perfetti di cui, sulla base di pregressi rapporti contrattuali di durata, erano già titolari i suddetti custodi, i quali, in conseguenza dell’applicazione delle disposizioni normative censurate, si sarebbero visti, invece, imporre oneri non previsti né prevedibili, né all’origine né in costanza dei rapporti medesimi.

2.– Si è costituita, nel giudizio innanzi a questa Corte, la società ricorrente nel procedimento principale, svolgendo argomentazioni, illustrate anche con successiva memoria, a sostegno della questione sollevata, della quale ha richiesto, pertanto, l’accoglimento, anche in ragione del «precedente» costituito dalla sentenza n. 92 del 2013, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale di normativa di contenuto analogo a quella ora denunciata relativa a veicoli oggetto di sequestro amministrativo.

3.– Non è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1.– Con riferimento ai parametri di cui agli artt. 3, 41 e 117, primo comma, della Costituzione (quest’ultimo in relazione in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, ratificato e reso esecutivo con legge 4 agosto 1955, n. 848), la Corte di cassazione, con l’ordinanza di cui si è in narrativa detto, solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 312 a 321, della legge del 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), «nella parte in cui riconosce ai custodi dei veicoli sottoposti a sequestro, con effetto retroattivo, compensi inferiori a quelli previgenti».

2.– Il denunciato art. 1 della legge n. 311 del 2004, al suo comma 312, testualmente dispone che «I veicoli giacenti presso i custodi a seguito dell’applicazione di provvedimenti di sequestro dell’autorità giudiziaria, anche se non confiscati, sono alienati, anche ai soli fini della rottamazione, mediante cessione al soggetto titolare del deposito ove ricorrano le seguenti condizioni: a) siano ritenute cessate, con ordinanza dell’autorità giudiziaria da comunicare all’avente diritto alla restituzione, le esigenze che avevano motivato l’azione del provvedimento di sequestro; b) siano immatricolati per la prima volta da oltre cinque anni e siano privi di interesse storico e collezionistico; c) siano comunque custoditi da oltre due anni alla data del 1° luglio 2002; d) siano trascorsi sessanta giorni dalla comunicazione all’avente diritto alla restituzione dell’ordinanza di cui alla lettera a) senza che questi abbia provveduto al ritiro».

Nei commi da 313 a 317, lo stesso articolo 1 prevede e disciplina partitamente le attività «funzionali e connesse» alla suddetta “alienazione” dei veicoli in custodia. E, nei successivi quattro commi, rispettivamente, dispone che «[a]l custode è riconosciuto, in deroga alle tariffe previste dagli articoli 59 e 276 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, un importo complessivo forfettario, comprensivo del trasporto, determinato, per ciascuno degli anni di custodia, nel modo seguente: a) euro 6 per ogni mese o frazione di esso per i motoveicoli e i ciclomotori; b) euro 24 per ogni mese o frazione di esso per gli autoveicoli e i rimorchi di massa complessiva inferiore a 3,5 tonnellate, per le macchine agricole e operatrici; c) euro 30 per ogni mese o frazione di esso per gli autoveicoli e i rimorchi di massa complessiva superiore a 3,5 tonnellate» [comma 318]; «[g]li importi di cui al comma 318 sono progressivamente ridotti del 20 per cento per ogni anno o frazione di esso successivo al primo di custodia del veicolo, salva l’eventuale intervenuta prescrizione delle somme dovute» [comma 319]; «[l]e somme complessivamente dovute sono corrisposte in cinque ratei annui costanti a decorrere dall’anno 2006» [comma 320]; «[a]lle procedure di alienazione o rottamazione già avviate e non ancora concluse e alle relative istanze di liquidazione dei compensi, comunque presentate dai custodi, si applicano, qualora esse concernano veicoli in possesso dei requisiti di cui al comma 312, le disposizioni di cui ai commi da 312 a 320» [comma 321]. 

3.– Come chiaramente emerge dalla motivazione dell’ordinanza di rimessione, le disposizioni effettivamente sospettate di contrasto con i parametri evocati sono, però, propriamente, ed esclusivamente, quelle di cui ai commi 318 e (per connessione) 319, 320 e 321 del su menzionato art. 1 della legge n. 311 del 2004.

Nessuna censura la Corte di cassazione rivolge, infatti, al meccanismo di cui ai precedenti commi da 312 a 317, in virtù del quale il custode diviene acquirente ex lege di veicoli in sua custodia: meccanismo la cui ratio la rimettente ritiene, anzi, rispondente, alla «esigenza di risolvere il problema della lunga giacenza dei veicoli sequestrati (confiscati o non) presso i custodi, con conseguente accumulo di un numero abnorme di veicoli, per lo più da rottamare o comunque di irrisorio valore, e produzione di costi esorbitanti per l’Amministrazione, tenuta a remunerare l’attività di custodie inutilmente protratte».

In coerenza al petitum della società ricorrente nel processo principale e, quindi, nei limiti della rilevanza, ciò che quella Corte sottopone al vaglio di legittimità è, appunto, unicamente il profilo, della disciplina in esame, attinente all’«effetto retroattivo» della rideterminazione, in senso riduttivo, del compenso dovuto al custode, ora acquirente ex lege, dei veicoli rispondenti alle caratteristiche di cui al comma 312. Poiché è proprio tale retroattiva definizione in via forfettaria di rapporti negoziali, sorti nella vigenza di un sistema diverso, che la rimettente reputa «irragionevole e non compatibile con i principi di tutela e dell’affidamento e del diritto di proprietà, in particolare nell’accezione fatta propria dalla giurisprudenza della Corte EDU», imponendo «un sacrificio alla (sola) categoria dei custodi, che vedono pregiudicato il loro diritto al compenso per prestazioni già effettuate all’interno dei rapporti di durata, senza che possa ritenersi ad essi imputabile la grave situazione di disfunzione».

4.– Con riguardo alle disposizioni di cui ai commi da 312 a 317 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 non vi è, pertanto, questione sulla quale questa Corte debba pronunciarsi (sentenza n. 47 del 2017).

5.– La questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di cui ai successivi commi da 318 a 321 dello stesso art. 1 della legge n. 311 del 2004 (che esaurisce, dunque, il thema decidendum del presente giudizio) è fondata. E ciò per violazione dell’art. 3 Cost., che assorbe gli altri denunciati profili di illegittimità costituzionale.

5.1. – È, infatti, nell’art. 3 Cost. che trova copertura il valore del legittimo affidamento riposto nella sicurezza giuridica, che si atteggia come limite generale alla retroattività della legge.

E se – come chiarito dalla costante giurisprudenza di questa Corte (in consonanza anche con quella della Corte EDU) – la tutela dell’affidamento non comporta che, nel nostro sistema costituzionale, sia assolutamente interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali modifichino sfavorevolmente la disciplina di rapporti di durata, anche se il loro oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti, resta fermo tuttavia che dette disposizioni, «al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale e arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l’affidamento del cittadino nella sicurezza pubblica [recte: giuridica]» (sentenza n. 822 del 1988; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 16 del 2017, n. 108 del 2016, nn. 216, 56 e 34 del 2015, n. 166 del 2012).

5.2.– In applicazione dei riferiti principi, con la sentenza n. 92 del 2013, questa Corte – chiamata a scrutinare l’art. 38, commi 2, 4, 6 e 10, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), come convertito, prevedente analogo meccanismo di alienazione ex lege al custode di veicoli oggetto di sequestro (in quel caso) amministrativo (specificamente correlato a violazione di norme del codice della strada) e censurato, a sua volta, «nella parte in cui riconosce[va] al custode, con effetto retroattivo, compensi inferiori rispetto a quelli previgenti» – ne ha dichiarato la illegittimità costituzionale per violazione appunto dell’art. 3 Cost. E ciò in quanto, nel contesto di un rapporto «stravolto in alcuni dei suoi elementi essenziali», la prevista retroattiva liquidazione, in via “forfettaria”, dei compensi al custode acquirente, «in deroga» alle più favorevoli tariffe previgenti (che avrebbero dovuto applicarsi ratione temporis), comprometteva gli interessi dei custodi in favore della controparte pubblica, senza «contropartite intrinseche allo stesso disegno normativo», che valessero a bilanciare le posizioni delle parti.

5.3. – Identiche considerazioni inducono a ravvisare il contrasto, con l’art. 3 Cost., anche delle disposizioni ora in esame. Le quali, del pari oltre il limite della ragionevolezza, penalizzano, senza alcun meccanismo di riequilibrio, l’interesse dei custodi di veicoli in sequestro su disposizione dell’autorità giudiziaria, per il profilo della non prevista, né prevedibile, incisiva riduzione del compenso che confidavano loro spettante in relazione a pregressi rapporti di custodia, essendo, per di più, essi onerati, a seguito dell’acquisto forzoso, di provvedere alla conseguente attività di smaltimento dei veicoli già oggetto di deposito.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 318 a 321, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2017.