Sentenza n. 235 del 2015

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SENTENZA N. 235

ANNO 2015

 

Commento alla decisione di

 

Flavio Guella

La sentenza della Corte costituzionale, n. 235/2015, sulla portata della separazione delle funzioni e dei poteri, nel conflitto di attribuzioni tra Corte dei conti e Regione

 

per g.c. di Forum di Quaderni Costituzionali

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

- Alessandro                  CRISCUOLO                                  Presidente

- Giuseppe                     FRIGO                                               Giudice

- Paolo                           GROSSI                                                   

- Giorgio                        LATTANZI                                              

- Aldo                            CAROSI                                                   

- Marta                           CARTABIA                                             

- Mario Rosario              MORELLI                                                

- Giancarlo                     CORAGGIO                                            

- Giuliano                       AMATO                                                   

- Silvana                         SCIARRA                                                

- Daria                            de PRETIS                                               

- Nicolò                          ZANON                                                   

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti sorti a seguito della nota del Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna n. 3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione della deliberazione n. 249 del 2013; della nota del Procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna n. 5190 del 9 luglio 2014; degli atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre della Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna del 5 giugno 2014 e date successive; nonché degli atti di citazione della Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna del 3 dicembre 2014 e date successive, conflitti promossi dalla Regione Emilia-Romagna con ricorsi rispettivamente notificati il 1° agosto 2014 e il 27 febbraio 2015, depositati in cancelleria il 13 agosto 2014 e il 9 marzo 2015, ed iscritti al n. 8 del registro conflitti tra enti 2014 e al n. 1 del registro conflitti tra enti 2015.

Visti gli atti di costituzione della Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 6 ottobre 2015 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi gli avvocati Giandomenico Falcon, Luigi Manzi e Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna, il Procuratore regionale Salvatore Pilato per la Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna e l’Avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− La Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato in data 1° agosto 2014, depositato il successivo 13 agosto ed iscritto al n. 8 del registro conflitti tra enti 2014 (d’ora innanzi il "primo ricorso”), ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione: 1) alla nota del Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna n. 3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna della deliberazione n. 249 del 2013, di accertamento dell’irregolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari per l’anno 2012; 2) a quattordici atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre, del 5 giugno e date successive, inviati dalla Procura regionale della Corte dei conti ai Presidenti dei gruppi consiliari e ad alcuni consiglieri regionali; 3) alla nota del Procuratore regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna n. 5190 del 9 luglio 2014, inviata al Presidente del Consiglio regionale e recante un invito al recupero di somme irregolarmente spese.

Secondo la ricorrente tali atti sarebbero lesivi «dell’autonomia e delle prerogative costituzionali dell’Assemblea legislativa, quali garantite dal complesso delle regole e dei principi» di cui agli artt. 100, secondo comma, 103, secondo comma, 114, secondo comma, 117 e 123 della Costituzione, «e, per quanto riguarda specificamente il Consiglio regionale» agli artt. 121, primo e secondo comma, e 122, quarto comma, Cost.

Con altro ricorso notificato in data 27 febbraio 2015, depositato il successivo 9 marzo ed iscritto al n. 1 del registro conflitti tra enti 2015 (d’ora innanzi il "secondo ricorso”), la Regione Emilia-Romagna ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione a tredici atti di citazione, del 3 dicembre 2014 e date successive, emessi dalla Procura regionale nei confronti dei capigruppo e di alcuni consiglieri regionali.

Anche questi atti sarebbero lesivi della sua autonomia istituzionale, dell’autonomia organizzativa e contabile del Consiglio regionale, e dell’immunità dei consiglieri regionali per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle funzioni.

1.1.− Premette in punto di fatto la ricorrente che con la sentenza n. 130 del 2014 la Corte costituzionale ha annullato le deliberazioni della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna relative ai rendiconti dei gruppi consiliari regionali per l’esercizio finanziario 2012, ritenendo che il potere di controllo previsto dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, potesse essere esercitato solo a partire dal 2013, sulla base delle linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con d.P.C.m. 21 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 28 del 2 febbraio 2013 ed entrato in vigore il 17 febbraio seguente.

Ciò nonostante, sulla base della trasmissione, ad opera del Presidente della sezione regionale di controllo, della deliberazione n. 249 del 10 luglio 2013, recante la dichiarazione di irregolarità dei rendiconti dei gruppi e gli elenchi delle spese ingiustificate, il Procuratore regionale aveva adottato gli impugnati atti di contestazione di responsabilità.

Con la successiva nota n. 5190 del 9 luglio 2014 lo stesso Procuratore aveva informato il Presidente del Consiglio regionale di alcune irregolarità contabili riscontrate con riferimento alla posizione di tre consiglieri, invitandolo, in considerazione dell’esiguità degli importi e della conseguente diseconomicità di ogni iniziativa processuale, «al recupero amministrativo delle somme risultate irregolari per difetto di inerenza al mandato istituzionale».

In date 3 dicembre 2014 e successive, infine, la Procura regionale aveva emesso tredici atti di citazione nei confronti dei capigruppo e di alcuni consiglieri, atti che la ricorrente afferma di essere stata costretta a impugnare con il secondo ricorso per evitare che la sua inerzia fosse valutata come manifestazione di acquiescenza.

1.2.− Prima di passare all’illustrazione delle singole censure, la ricorrente premette alcune considerazioni sull’ammissibilità del conflitto proposto in relazione agli inviti a dedurre e alla nota del Procuratore regionale del 9 luglio 2014, «atti connessi all’esercizio della funzione giurisdizionale».

La Regione Emilia-Romagna deduce di non contestare l’astratta esistenza in capo alla Corte dei conti della giurisdizione sulle spese dei Consigli regionali e dei loro gruppi, né di lamentare il cattivo uso della funzione giurisdizionale. Essa, invece, sostiene «di essere legittimata a ricorrere in difesa delle proprie attribuzioni, lese da atti della Procura regionale, che sotto diversi profili eccedono dalle sue competenze istituzionali e costituiscono anche disapplicazione della legge regionale n. 32/1997, recante la disciplina sul finanziamento e sulla rendicontazione dei Gruppi consiliari vigente all’epoca della redazione dei rendiconti […] relativi all’esercizio 2012».

Prosegue la ricorrente affermando di essere consapevole che, in passato, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile un ricorso per conflitto di attribuzione relativo ad alcuni inviti a dedurre, ritenendoli atti non invasivi. Nel caso di specie, tuttavia, il conflitto sarebbe ammissibile perché gli odierni inviti sarebbero nient’altro che una «prosecuzione ed attualizzazione dell’illegittima azione di controllo» tradottasi nelle deliberazioni annullate dalla Corte costituzionale.

1.3.− Ciò premesso, con il primo motivo del primo ricorso la ricorrente lamenta l’illegittimità della nota del Presidente della sezione regionale di controllo n. 3660 del 10 luglio 2013, poiché essa, nel trasmettere la deliberazione di irregolarità delle spese dei gruppi consiliari, avrebbe realizzato una indebita interferenza tra le due fondamentali funzioni della Corte dei conti, e cioè quelle di controllo e giurisdizionale.

Secondo la Regione Emilia-Romagna, fermo restando il dovere di segnalare eventuali gravi trasgressioni di cui risulti documentata notizia, non potrebbero «la funzione e l’attività di controllo riversarsi direttamente e integralmente nella funzione inquirente, al fine di tramutarne l’esito nell’esercizio dell’azione contabile di responsabilità».

L’illegittimità della nota di trasmissione sarebbe nel caso specifico ancora più evidente, essendosi il controllo svolto contra legem, da un lato, perché avrebbe investito i rendiconti relativi all’esercizio 2012 in assenza di copertura legislativa, e, dall’altro, perché avrebbe sindacato il merito delle scelte di spesa dei gruppi.

1.4.− Con un secondo motivo, comune ad entrambi i ricorsi, la ricorrente lamenta l’illegittimità degli atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre e dei susseguenti atti di citazione, dal momento che essi sarebbero l’automatica trasposizione in sede giurisdizionale della delibera di controllo illegittimamente assunta e delle schede allegate.

Ciò sarebbe evidente dallo stesso esame della loro struttura, identica in tutti i punti e differente solo a metà del quinto, ove in poche righe sarebbe genericamente spiegata la singola imputazione. Anche la formula contenente l’ipotesi di responsabilità sarebbe identica in tutti gli atti impugnati e riguarderebbe la «effettuazione di spese manifestamente non inerenti all’attività istituzionale e al funzionamento del gruppo stesso», laddove la non inerenza sarebbe ritenuta sulla base di un’eclatante inversione dell’onere probatorio.

Nonostante, poi, gli atti in questione attribuiscano alla documentazione inviata dalla sezione di controllo la funzione di "integrare” le preesistenti fonti di informazione della Procura contabile, non vi sarebbe alcun elemento che faccia ipotizzare l’esistenza di quest’ultime.

1.5.− Con un terzo motivo, anche questo comune a entrambi i ricorsi, la Regione Emilia-Romagna lamenta l’illegittimità degli atti di contestazione e dei conseguenti atti di citazione, nella misura in cui essi, nonostante l’affermazione di ossequio formale al principio dell’autonomia politica dei gruppi consiliari, concretizzerebbero un inammissibile sindacato di merito sulle scelte di spesa di quest’ultimi.

Le illegittimità contestate, infatti, non si riferirebbero a spese eccedenti i limiti dell’attività istituzionale, ma a spese che vi rientrano: così, ad esempio, con riferimento a quelle di missione per l’inaugurazione di un ex edificio scolastico, o a quella per un biglietto di trasporto pubblico per recarsi a un convegno fuori Regione.

1.6.– Con un ulteriore motivo comune ad entrambi i ricorsi, la ricorrente lamenta che l’esorbitanza dal potere giurisdizionale della magistratura contabile si è tradotta in una violazione dell’art. 122, quarto comma, Cost.

Espone la Regione Emilia-Romagna che i Consigli regionali sono dotati di autonomia contabile e organizzativa in virtù di norme statali contenute prima nella legge 6 dicembre 1973, n. 853 (Autonomia contabile e funzionale dei consigli regionali delle regioni a statuto ordinario) e poi nell’art. 67 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42). Sulla base di queste norme, e prima ancora degli artt. 121, 122 e 123 Cost., lo statuto della Regione Emilia-Romagna ha disciplinato gli aspetti di tale autonomia, rinviando l’attuazione ad un regolamento interno.

La disciplina dettagliata delle spese dei gruppi e del controllo su di esse, prosegue la ricorrente, si trova, quanto all’esercizio finanziario 2012, nella legge della Regione Emilia-Romagna 8 settembre 1997, n. 32 (Funzionamento dei gruppi consiliari − Modificazioni alla legge regionale 14 aprile 1995, n. 42) e nella delibera attuativa dell’ufficio di presidenza n. 5 del 17 gennaio 2012.

In base a tale complesso normativo, i gruppi sono tenuti alla presentazione del rendiconto annuale, che deve essere approvato da un comitato tecnico, rispetto al cui giudizio l’ufficio di presidenza può discostarsi solo con espressa motivazione.

La normativa regionale, quindi, prevedrebbe, in attuazione delle disposizioni costituzionali, un sistema compiuto di documentazione, rendicontazione e controllo delle spese effettuate dai gruppi, volto a verificare che i contributi assegnati non siano devoluti a fini diversi da quelli istituzionali.

Ebbene, gli atti controllo e approvazione delle spese si sarebbero tradotti in "voti” e "opinioni” sia da parte dei gruppi che dell’ufficio di presidenza, con la conseguenza che sarebbero presidiati dall’immunità prevista dall’art. 122, quarto comma, Cost. a tutela dell’autonomia politica e di organizzazione interna del Consiglio regionale, e gli atti impugnati tale immunità violerebbero.

1.7.− Con l’ultimo motivo del primo ricorso la Regione Emilia-Romagna lamenta l’illegittimità della nota del Procuratore regionale n. 5190 del 9 luglio 2014, con cui il Presidente del Consiglio regionale è stato invitato al recupero amministrativo di modeste somme spese da tre consiglieri, ritenute irregolari per difetto di inerenza, dal momento che la singolare iniziativa del Procuratore regionale non avrebbe alcun ancoraggio costituzionale e legislativo, realizzando un’ingerenza del tutto ingiustificata nella sfera di autonomia del Consiglio.

1.8.− La ricorrente ha quindi concluso chiedendo alla Corte costituzionale di accertare che non spettava allo Stato, e per esso: 1) al Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, trasmettere alla Procura regionale, con la nota n. 3660 del 10 luglio 2013, la deliberazione di accertamento dell’irregolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari per l’anno 2012; 2) alla Procura regionale, adottare gli atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre nei confronti dei capigruppo e di alcuni consiglieri regionali; 3) alla Procura regionale, procedere, in relazione alle spese dei gruppi consiliari per l’anno 2012, sulla base di un illegittimo atto di controllo, a un generalizzato sindacato di merito sulla loro «inerenza al mandato istituzionale»; 4) al Procuratore regionale, il potere di inviare la nota n. 5190 del 9 luglio 2014, avente ad oggetto l’invito al recupero amministrativo di somme spese irregolarmente; 5) alla Procura regionale, emettere gli atti di citazione impugnati in prosecuzione dell’iniziativa avviata con gli inviti a dedurre.

2.− In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

2.1.− La difesa dello Stato ha eccepito, in punto di fatto, che la Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Emilia-Romagna aveva avviato un’istruttoria sulle spese dei gruppi regionali, alla luce di molteplici notizie di stampa, qualificate da specificità e concretezza, relative a fatti sottoposti ad indagine dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Bologna. Tali fonti, unitamente a esposti di soggetti privati, erano state poi integrate dalla trasmissione della deliberazione della sezione regionale di controllo del 10 luglio 2013, n. 249.

Sulla base del complesso di tali elementi la Procura contabile aveva espletato un’analitica verifica della regolarità della documentazione di spesa e tale verifica aveva dato luogo agli atti di contestazione e alla nota di invito al recupero di somme impugnati.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi affermato che il secondo ricorso avrebbe ampliato notevolmente il thema decidendum delineato dal primo, poiché gli atti di citazione gravati sarebbero espressione di un potere giurisdizionale in senso stretto, operando in maniera indipendente dalle competenze della sezione di controllo e "aprendo” all’esercizio del potere decisorio del giudice contabile.

2.2.− In punto di diritto, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, entrambi i ricorsi sarebbero inammissibili per difetto di legittimazione attiva della Regione Emilia-Romagna, poiché gli atti impugnati inciderebbero sulla posizione giuridica dei gruppi consiliari o dei singoli consiglieri, ma non lederebbero le sue prerogative costituzionali, essendo l’istruttoria contabile oggettivamente diretta a salvaguardare proprio tali prerogative.

2.3.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi eccepito l’inammissibilità del primo ricorso per genericità dei motivi, dal momento che mancherebbe l’indicazione delle competenze costituzionali violate.

Da altra angolazione, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, entrambi i ricorsi difetterebbero di tono costituzionale, essendo gli atti impugnati riconducibili a funzioni attribuite dall’ordinamento alla magistratura contabile, con la conseguenza che non potrebbero considerarsi lesivi di altrui competenze costituzionali.

2.4.− La difesa dello Stato ha eccepito, ancora, l’inammissibilità del primo ricorso nella parte in cui è rivolto avverso la nota di trasmissione della deliberazione di controllo, in quanto avente valenza puramente interna, per ciò solo inidonea a ledere le competenze costituzionali della ricorrente.

Secondo la difesa dello Stato, la cointestazione delle funzioni di controllo e giurisdizionale in capo alla magistratura contabile avrebbe un solido radicamento costituzionale e sarebbe legittimo l’utilizzo in sede di responsabilità delle notizie raccolte in sede di controllo, con il solo limite della tutela effettiva del diritto di difesa.

2.5.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi eccepito l’inammissibilità del secondo e del terzo motivo del primo ricorso relativi alla illegittimità degli atti di contestazione, e del terzo motivo del secondo ricorso relativo agli atti di citazione.

Con tali censure si contesterebbe non la sussistenza in astratto della giurisdizione contabile, ma il modo in cui è stata esercitata, facendo nella sostanza valere errores in iudicando contro i quali andrebbero attivati gli ordinari rimedi apprestati dalla giurisdizione comune.

2.6.− Anche il quarto motivo del primo ricorso, con cui si lamenta l’illegittimità della nota del Procuratore regionale di invito al recupero amministrativo di spese ritenute irregolari, sarebbe inammissibile.

Il tenore della nota, infatti, mostrerebbe come l’ufficio inquirente non abbia inteso vincolare le determinazioni liberamente assumibili dal Presidente del Consiglio regionale, muovendosi, per contro, in una logica collaborativa. Essa, in ogni caso, non potrebbe essere considerata una chiara e inequivoca affermazione di un proprio potere.

2.7.− L’Avvocatura generale dello Stato ha altresì eccepito l’inammissibilità del primo ricorso nella parte in cui è rivolto avverso gli atti di contestazione adottati nel corso dell’istruttoria per l’accertamento delle responsabilità erariali.

Tali atti, in quanto «preprocessuali» − poiché la proposizione dell’azione di responsabilità è solo futura ed eventuale − sarebbero sprovvisti di attitudine lesiva.

2.8.− Il Presidente del Consiglio dei ministri ha infine eccepito l’inammissibilità del primo ricorso per genericità, attesa la mancata indicazione delle spese il cui merito la Procura contabile avrebbe indebitamente sindacato.

2.9.− Nel merito, ritiene la difesa dello Stato che la sentenza n. 130 del 2014 della Corte costituzionale non sia rilevante, poiché l’annullamento dell’attività di controllo è avvenuta esclusivamente in ragione dell’assenza, per l’esercizio 2012, della previa individuazione dei criteri adoperabili, per come richiesto dal d.l. n. 174 del 2012. Di conseguenza, tale annullamento non rileverebbe ai fini dell’esercizio della funzione giurisdizionale della Procura contabile, in presenza dei presupposti giuridicamente legittimanti l’attivazione della sua competenza.

Ciò sarebbe ancora più vero in ragione del fatto che «gli elementi notiziali» posti a base delle indagini contabili proverrebbero anche da notizie di stampa, esposti privati e «risultanze già acquisite nell’ambito delle parallele indagini penali in corso».

Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, poi, non vi sarebbe stata alcuna intrusione nel merito di scelte discrezionali, avendo per contro la Procura regionale verificato esclusivamente l’inerenza delle spese dei gruppi alle finalità istituzionali.

Con riferimento alla lamentata violazione dell’immunità dei consiglieri regionali, la difesa dello Stato osserva che «altro è perseguire un soggetto per un voto dato nell’espletamento della sua funzione», «altro è promuovere un giudizio volto ad accertare la responsabilità contabile».

3.− Si è costituita in entrambi i giudizi anche la Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili ovvero infondati.

3.1.− In punto di fatto, secondo la Procura regionale della Corte dei conti la dinamica di svolgimento degli accertamenti espletati sulle spese dei gruppi sarebbe molto più complessa di come esposto in ricorso.

Tali accertamenti avrebbero riguardato il triennio 2010-2012, come sarebbe evidente dal diverso giudizio originato dall’atto di citazione per le spese remunerative dei costi delle interviste a pagamento commissionate dai gruppi consiliari: questo giudizio avrebbe ad oggetto gli stessi soggetti raggiunti dagli atti impugnati nei presenti giudizi costituzionali e sarebbe sorretto dalla stessa metodologia istruttoria, senza però che sia stato proposto, in relazione ad esso, alcun conflitto di attribuzione.

Sull’ampio «raggio» di tali accertamenti si sarebbe «giustapposto» l’intervento della sezione di controllo, che avrebbe acquisito l’integrale documentazione giustificativa della spese dei gruppi per l’esercizio finanziario 2012, mediante l’estrazione di copia degli atti sottoposti a vincolo penale.

La descritta sequenza temporale mostrerebbe la piena autonomia e indipendenza delle iniziative della magistratura inquirente rispetto all’esercizio della funzione di controllo.

3.2.− Ciò premesso, la Procura regionale ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità dei ricorsi perché volti a contestare un cattivo uso della funzione giurisdizionale da far valere innanzi alla giurisdizione comune.

3.3.– La Procura contabile ha altresì eccepito l’inammissibilità del primo ricorso per contraddittorietà della prospettazione di fondo, dal momento che la Regione ricorrente, dopo avere lamentato l’illegittimità della mera trasposizione dell’attività di controllo nell’azione di «prosecuzione contabile», avrebbe ammesso che la trasmissione degli atti dal controllo alla giurisdizione era avvenuta in relazione ad indagini già in corso sulla base di altre fonti informative.

3.4.– Ha poi eccepito l’inammissibilità del primo ricorso per inesistenza ictu oculi del lamentato controllo di merito sulle spese dei gruppi.

3.5.− Con riferimento al primo motivo del primo ricorso la Procura regionale ha eccepito l’inammissibilità per tardività, essendo la nota impugnata risalente a oltre un anno addietro la proposizione del conflitto.

3.6.– L’ultimo motivo di ricorso, invece, sarebbe inammissibile per difetto di lesività, poiché il tenore della nota n. 5190 del 9 luglio 2014 mostrerebbe come l’ufficio inquirente non abbia in alcun modo voluto vincolare le determinazioni liberamente assumibili dal Presidente del Consiglio regionale, muovendosi per contro in una logica essenzialmente collaborativa.

3.7.– La Procura contabile ha poi eccepito l’inammissibilità del secondo ricorso, poiché, nei giudizi di responsabilità instaurati con gli atti di citazione, le parti convenute avrebbero manifestato, ante iudicium, la disponibilità al versamento spontaneo delle somme contestate, pervenendosi, in due casi, all’adesione alla determinazione degli addebiti, con conseguente risarcimento spontaneo del danno.

3.8.– La Procura regionale ha infine eccepito l’inammissibilità del secondo motivo del secondo ricorso per mancanza di tono costituzionale, in ragione della omessa indicazione delle specifiche attribuzioni costituzionali asseritamente violate.

3.9.– Nel merito, la Procura contabile ha osservato che nessuna norma, di rango costituzionale od ordinario, vieterebbe il raccordo tra le funzioni di controllo e quelle giurisdizionali della Corte dei conti.

L’esame degli atti di contestazione impugnati evidenzierebbe poi l’infondatezza della censura avversaria, poiché sarebbe chiaro che non vi è stata alcuna automatica trasposizione dell’attività di controllo in quella inquirente.

Nell’espletamento di quest’ultima, per contro, la Procura regionale avrebbe accertato singoli fatti di gestione, desumendoli dalla rendicontazione di ogni spesa. L’unico tratto che nella specie avrebbe accomunato le due funzioni starebbe nella identità della documentazione proveniente dalle indagini penali.

Essa, ancora, avrebbe esercitato in maniera appropriata la funzione inquirente, volta a verificare non il merito ma l’inerenza delle spese al mandato istituzionale, senza incidere sulla sfera di autonomia dei gruppi e dei consiglieri. Allo stato degli atti le uniche spese la cui inerenza sarebbe stata provata sarebbero i due esempi menzionati in ricorso e di cui la Procura contabile dà conto di voler prendere atto.

Né vi sarebbe alcuna inversione dell’onere della prova, poiché graverebbe sul beneficiario della spesa indicare la causa del mandato istituzionale.

Ha ancora osservato la Procura regionale che gli adempimenti connessi alla rendicontazione e al controllo sulla spesa dei gruppi non hanno alcuna attinenza con le funzioni normative o con quelle di supporto alle stesse, sicché non opererebbe l’invocata guarentigia di cui all’art. 122, quarto comma, Cost.

Quanto alla nota di invito al recupero amministrativo delle spese ritenute irregolari, essa apparterrebbe, secondo la Procura contabile, alle "buone pratiche” elaborate ai fini della semplificazione ed effettività dell’esercizio delle funzioni inquirenti e si baserebbe su una lettura evolutiva del potere di richiesta di informazioni documentali previsto dall’art. 74 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti).

In ipotesi di danni erariali di importo modesto sarebbe prassi diffusa tra gli uffici inquirenti quella di segnalare alla pubblica amministrazione la necessità di provvedere al recupero in autotutela, salva la sussistenza di situazioni legittimanti da documentare con la trasmissione delle relative prove. Tale richiesta, ispirata ai principi di leale collaborazione e cooperazione istituzionale, inciderebbe su attività meramente amministrative e di gestione contabile della spesa, senza alcuna interferenza con attività normative e di rilevanza costituzionale.

4.– La Regione ricorrente in date 9 e 15 settembre 2015 ha depositato memorie nei due giudizi, volte a replicare alle eccezioni del Presidente del Consiglio dei ministri e della Procura contabile.

4.1.– Con riferimento alle eccezioni di difetto di interesse e di legittimazione attiva sollevate in entrambi i giudizi, sostiene la ricorrente, rispettivamente, che, pur avendo gli atti impugnati natura istruttoria, ciò che essa lamenta è l’esercizio di un’attività illegittima perché prosecuzione di quella di controllo censurata dalla Corte costituzionale, e che quest’ultima avrebbe già ammesso l’interesse della Regione a sollevare conflitto di attribuzione in caso di lesione delle prerogative dei suoi gruppi consiliari.

4.2.– Infondata sarebbe anche l’eccezione di assenza di tono costituzionale, come dimostrato dal rilievo che i conflitti aventi ad oggetto i presupposti atti di controllo sui rendiconti dei gruppi erano già stati ritenuti ammissibili dalla Corte costituzionale.

4.3.– Del pari infondata sarebbe l’eccezione di inammissibilità del primo ricorso per genericità e contraddittorietà dei motivi, poiché la ricorrente avrebbe illustrato compiutamente le censure, richiamando le norme costituzionali poste a presidio della sua autonomia e indicando le ragioni della lesione della sua sfera di attribuzioni.

4.4.– Quanto all’asserita inidoneità lesiva della nota di trasmissione impugnata con il primo ricorso, osserva la Regione Emilia-Romagna che essa non ha mera rilevanza interna, trattandosi di un atto di esternazione che ha sortito effetti materiali precisi, consistiti nell’utilizzo da parte della Procura contabile della documentazione trasmessa.

4.5.– Infondata sarebbe infine l’eccezione di inammissibilità del secondo ricorso per acquiescenza, poiché la disponibilità al risarcimento spontaneo proverrebbe da due consiglieri non coinvolti nella vicenda che ha dato luogo al conflitto e in ogni caso non inciderebbe sulla permanenza del distinto interesse della Regione.

4.6.– In relazione alle deduzioni avversarie attinenti al merito dei ricorsi, la Regione Emilia-Romagna ribadisce di non contestare l’assoggettamento dei consiglieri alla responsabilità erariale ma la riproduzione in concreto, ad opera della Procura contabile, di un’attività dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale; che gli atti di gestione dei fondi dei gruppi rientrano nella sfera di insindacabilità garantita dall’art. 122, quarto comma, Cost.; che, infine, avendo l’art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 102, espressamente previsto che l’azione inquirente possa essere avviata esclusivamente a fronte di una notitia damni specifica e qualificata, sarebbe tutt’altro che irrilevante la circostanza che il materiale istruttorio sia stato illegittimamente acquisito dalla sezione di controllo.

Considerato in diritto

1.– La Regione Emilia-Romagna, con i ricorsi iscritti al n. 8 del registro conflitti tra enti 2014 (d’ora innanzi il "primo ricorso”) e al n. 1 del registro conflitti tra enti 2015 (d’ora innanzi "il secondo ricorso”), ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione, rispettivamente: 1) alla nota del Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna n. 3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna della deliberazione n. 249 del 2013, avente ad oggetto la dichiarazione di irregolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari per l’anno 2012; 2) agli atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre, del 5 giugno 2014 e date successive, adottati dalla Procura contabile nei confronti dei capigruppo e di alcuni consiglieri regionali; 3) alla nota del Procuratore regionale n. 5190 del 9 luglio 2014, indirizzata al Presidente del Consiglio regionale, di invito al recupero di somme; 4) nonché a tredici atti di citazione emessi dalla Procura contabile nei confronti dei capigruppo e di alcuni consiglieri regionali per i medesimi fatti oggetto degli inviti a dedurre.

Secondo la ricorrente tali atti, in quanto prosecuzione di un’attività di controllo già dichiarata illegittima da questa Corte con la sentenza n. 130 del 2014 e volti a realizzare un indebito controllo di merito sulle scelte discrezionali dei gruppi consiliari, sarebbero, sotto svariati profili, lesivi della sua autonomia istituzionale e dell’autonomia organizzativa e contabile del Consiglio regionale, e violerebbero l’art. 122, quarto comma, della Costituzione, che garantisce l’insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai consiglieri regionali nell’esercizio delle funzioni.

2.– I giudizi, data l’identità delle parti e la stretta connessione oggettiva, vanno riuniti.

3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri e la Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, costituitisi in entrambi i giudizi, hanno sollevato diverse eccezioni di inammissibilità, alcune rivolte ai ricorsi nella loro interezza, altre mirate a singole censure.

L’esame delle prime, per ovvie ragioni, precede quello delle seconde, alcune delle quali, tuttavia, essendo identiche o strettamente connesse a quelle generali, verranno trattate congiuntamente ad esse.

4.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità di entrambi i ricorsi per difetto di interesse, perché l’intervento della Procura della Corte dei conti si sarebbe svolto nell’interesse della Regione ricorrente, che non sarebbe pertanto legittimata alla proposizione dei conflitti.

L’eccezione non è fondata alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la quale, «partendo dall’osservazione che i gruppi consiliari sono stati qualificati come organi del Consiglio regionale (sentenza n. 39 del 2014), ha affermato che "La lamentata lesione delle prerogative dei gruppi si risolve dunque in una compressione delle competenze proprie dei consigli regionali e quindi delle Regioni ricorrenti, pertanto legittimate alla proposizione del conflitto (sentenze n. 252 del 2013, n. 195 del 2007 e n. 163 del 1997)”. Identica considerazione non può che essere svolta con riferimento ai presidenti dei gruppi consiliari» (sentenza n. 107 del 2015, che richiama la sentenza n. 130 del 2014) e ai singoli consiglieri.

5.– L’Avvocatura generale dello Stato ha poi eccepito l’inammissibilità del primo ricorso per mancata indicazione delle prerogative costituzionali regionali violate dagli atti impugnati.

L’eccezione può essere esaminata unitamente all’altra, sollevata dalla stessa difesa dello Stato in entrambi i giudizi, secondo cui i ricorsi mancherebbero di tono costituzionale, essendo gli atti impugnati riconducibili a funzioni regolarmente attribuite dall’ordinamento alla magistratura contabile, nonché a quella sollevata dalla Procura regionale, in relazione al secondo motivo del secondo ricorso, di omessa indicazione, da parte della Regione ricorrente, delle specifiche attribuzioni costituzionali violate comporterebbe l’assenza di tono costituzionale.

Anche tali eccezioni non sono fondate.

Si legge nel primo ricorso che gli atti impugnati sono considerati lesivi «dell’autonomia e delle prerogative costituzionali dell’Assemblea legislativa, quali garantite dal complesso delle regole e dei principi» di cui agli artt. 100, secondo comma, 103, secondo comma, 114, secondo comma, 117 e 123 Cost., «e per quanto riguarda specificamente il Consiglio regionale» agli artt. 121, primo e secondo comma, e 122, quarto comma, Cost.

La lettura congiunta delle censure sollevate dalla ricorrente nel secondo ricorso, poi, consente di comprendere con sufficiente chiarezza come le prerogative costituzionali asseritamente violate siano, anche qui, quelle della sua autonomia istituzionale, di quella organizzativa e contabile del suo Consiglio regionale, nonché la guarentigia di insindacabilità apprestata ai consiglieri regionali dall’art. 122, quarto comma, Cost.

La prospettazione della lesione delle competenze costituzionali della ricorrente, salvo quanto si dirà circa l’ammissibilità dei conflitti innescati da atti giurisdizionali, conferisce ai ricorsi, di per sé, il necessario tono costituzionale (sentenze n. 263 e n. 137 del 2014, n. 380 del 2007 e ordinanza n. 27 del 2006).

6.– La Procura regionale ha eccepito l’inammissibilità di entrambi i ricorsi perché la Regione Emilia-Romagna avrebbe in realtà contestato un cattivo uso del potere giurisdizionale, censura, questa, da fare valere in seno alla giurisdizione contabile e non in sede di conflitto di attribuzione.

La stessa eccezione è stata sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato con riferimento al secondo e al terzo motivo del primo ricorso, riguardanti gli atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre, e al terzo motivo del secondo ricorso con cui si lamenta che la Procura regionale abbia sconfinato, con gli atti di citazione impugnati, in non consentite valutazioni di merito.

L’eccezione va esaminata separatamente in relazione alla diversa natura degli atti impugnati.

6.1.− Parte del primo ricorso è rivolta avverso un atto non giurisdizionale, qual è la nota del Presidente della sezione regionale di controllo di trasmissione alla Procura contabile della deliberazione di accertamento dell’irregolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari relativi all’anno 2012, sulla base della ritenuta emersione di una notitia damni.

Essa, infatti, segue il procedimento di controllo attivato dalla Corte dei conti in forza dell’art. 1, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213 ed è estranea allo svolgimento delle funzioni giurisdizionali attribuite alla magistratura contabile, dal che consegue che in questa parte l’eccezione va rigettata.

6.2.− Sono invece giurisdizionali, nell’accezione lata in cui tale nozione viene in rilievo nei conflitti di attribuzione, gli altri atti impugnati provenienti dalla Procura contabile nell’esercizio o in occasione della sua funzione istruttoria preordinata all’accertamento giudiziale di responsabilità erariali (sentenze n. 252 del 2013 e n. 70 del 1985).

Secondo questa Corte gli «atti della giurisdizione sono suscettibili di essere posti a base di un conflitto di attribuzione tra Regione, o Provincia autonoma, e Stato, oltre che tra poteri dello Stato, solo "quando sia contestata radicalmente la riconducibilità dell’atto che determina il conflitto alla funzione giurisdizionale ovvero sia messa in questione l’esistenza stessa del potere giurisdizionale nei confronti del soggetto ricorrente” […] (sentenza n. 326 del 2003, in un passaggio testualmente riportato anche dalla successiva sentenza n. 150 del 2007)» (sentenza n. 252 del 2013).

In quest’ultima pronuncia si è precisato, proprio con riferimento agli atti provenienti dalla Procura contabile nello svolgimento delle sue funzioni istruttorie propedeutiche al giudizio di responsabilità, che, per fare valere eventuali «errori di giudizio, non vale, quindi, il conflitto di attribuzione, ma valgono i rimedi previsti dall’ordinamento processuale contabile in cui gli impugnati atti di giurisdizione si iscrivono».

Alla stregua di tali criteri l’eccezione non è fondata.

Difatti, con l’impugnazione della nota del Procuratore regionale di invito al recupero di somme si lamenta la sua non riconducibilità ai poteri assegnati dall’ordinamento alla magistratura inquirente; con l’impugnazione degli atti di contestazione e di citazione ci si duole dell’indebita trasposizione nell’ambito giurisdizionale dell’attività di controllo travolta ab imis dalla sentenza n. 130 del 2014 di questa Corte, dell’utilizzo di criteri di merito nella verifica di regolarità delle spese e della violazione dell’immunità dei consiglieri regionali: in tutti i casi viene, dunque, prospettata l’inesistenza o il palese sconfinamento dall’ambito del potere giurisdizionale assegnato alla Procura della Corte dei conti.

6.3.– Quest’ultima ha eccepito l’inammissibilità del primo ricorso per contraddittorietà della prospettazione di fondo, dal momento che la Regione ricorrente, dopo avere lamentato l’illegittimità della mera trasposizione dell’attività di controllo nell’azione di «prosecuzione contabile», avrebbe ammesso che la trasmissione degli atti dal controllo alla giurisdizione era avvenuta in relazione a indagini già in corso sulla base di altre fonti informative.

L’eccezione è infondata poiché emerge con sufficiente chiarezza che le censure cui essa si riferisce sono in realtà incentrate sulla presunta influenza determinante dell’illegittima attività di controllo su quella d’indagine successiva.

6.4.– La Procura regionale ha anche eccepito l’inammissibilità del secondo ricorso, poiché nei giudizi di responsabilità instaurati con gli atti di citazione le parti convenute avrebbero manifestato, ante iudicium, la disponibilità al versamento spontaneo delle somme contestate, pervenendosi, in due casi, l’adesione alla determinazione degli addebiti individuali, con conseguente risarcimento spontaneo del danno liquidato.

L’eccezione, oltre a riguardare già in tesi esclusivamente due dei soggetti raggiunti dagli atti di citazione impugnati con il ricorso, non è fondata, poiché quand’anche vi fosse, da parte di tutti i consiglieri regionali, un’accettazione della responsabilità addebitata, ciò non potrebbe determinare il venire meno del diverso interesse della Regione all’accertamento della lesione delle sue competenze costituzionali.

7.– Può passarsi ad esaminare le restanti eccezioni d’inammissibilità sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato e dalla Procura regionale in entrambi i giudizi con riferimento a specifici motivi di censura.

7.1.− Non è fondata l’eccezione della Procura contabile di inammissibilità per tardività del primo motivo del primo ricorso rivolto avverso la nota del Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna n. 3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione alla sezione regionale della deliberazione n. 249 di accertamento dell’irregolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari per l’anno 2012.

È noto che il conflitto di attribuzione deve essere proposto, in forza dell’art. 39, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), nel termine perentorio di 60 giorni dalla conoscenza degli atti assunti come lesivi.

Nel caso di specie non vi è la prova che la nota in questione, indirizzata esclusivamente alla Procura regionale, sia stata conosciuta dalla ricorrente prima dell’accesso agli atti disposto con la notificazione dei successivi atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre (in date successive al 5 giugno 2014), con la conseguenza che non vi è la prova che al momento della proposizione del ricorso (1° agosto 2014) il termine per l’impugnazione fosse spirato.

7.2.– Non fondata è anche l’eccezione dell’Avvocatura generale dello Stato di inammissibilità dello stesso motivo per la differente ragione che l’atto impugnato sarebbe sprovvisto di efficacia esterna e per ciò solo inidoneo a determinare, anche solo indirettamente, una lesione delle competenze costituzionali della ricorrente.

La nota in esame, che si presenta quale tratto terminale e accessorio della funzione di controllo espletata dalla sezione regionale, è naturaliter rivolta all’esterno, essendo indirizzata all’organo inquirente della magistratura contabile, ed è di per sé idonea a innescare il compimento di un’attività di indagine della Procura: queste caratteristiche conferiscono all’atto gravato una potenziale capacità lesiva delle prerogative costituzionali della ricorrente.

8.− È invece fondata l’eccezione dell’Avvocatura generale dello Stato di inammissibilità del secondo e terzo motivo del primo ricorso rivolti avverso gli atti di contestazione e invito a dedurre in quanto sprovvisti di idoneità lesiva.

Questa Corte ha già osservato che questi atti sono volti «all’acquisizione di ulteriori elementi, se del caso anche di carattere esimente, in vista delle conclusive determinazioni che non necessariamente dovranno essere nel senso dell’inizio dell’azione di responsabilità. Le accennate connotazioni degli atti oggetto di conflitto, ed in particolare l’assenza di ogni univocità circa l’ulteriore seguito dell’iniziativa assunta dal Procuratore regionale non consentono perciò di scorgere in essi quella lesività che il ricorso ritiene, invece, di individuare […]. L’inidoneità degli atti oggetto di conflitto a realizzare la lamentata lesione determina l’inammissibilità del ricorso» (sentenza n. 163 del 1997).

L’accoglimento della eccezione comporta l’assorbimento delle altre rivolte, di fatto, al terzo motivo del primo ricorso dal Presidente del Consiglio dei ministri e dalla Procura regionale, rispettivamente, per genericità e inesistenza ictu oculi del lamentato controllo di merito.

9.– Va invece rilevata d’ufficio l’inammissibilità per genericità del terzo motivo del secondo ricorso, con cui la Regione Emilia-Romagna lamenta che la Procura della Corte dei conti abbia effettuato, con gli atti di citazione impugnati, una indebita valutazione del merito delle scelte di spesa dei gruppi consiliari.

Difatti, a fronte delle numerose contestazioni mosse dalla Procura regionale ai capigruppo e ai consiglieri convenuti, la doglianza risulta circostanziata esclusivamente con riferimento a due addebiti: uno relativo alle spese di missione per l’inaugurazione di un ex edificio scolastico e l’altro al rimborso di un biglietto di trasporto pubblico per recarsi a un convegno in altra Regione. Al di fuori di questi due casi, la ricorrente non ha sviluppato la tesi con l’esame delle spese di cui la Procura contabile avrebbe valutato il merito, rendendo così la censura apodittica e priva di concretezza (sentenze n. 263 del 2014; n. 122, n. 77 e n. 46 del 2013; n. 246 del 2012; n. 200 del 2010 e n. 105 del 2009).

Essa è allo stesso tempo contraddittoria, perché la ricorrente in alcuni passaggi lamenta che la Procura regionale abbia sindacato il merito delle spese e in altri contesta la stessa legittimità del controllo di inerenza al mandato istituzionale, controllo che altrove nello stesso ricorso viene invece assunto come legittimamente riconducibile all’esercizio dell’attività inquirente, e ciò a ragione, perché questo controllo si risolve nella verifica della violazione della normativa sulla contribuzione pubblica ai gruppi consiliari che integra una species di condotta contra ius, la quale, laddove causativa di danno erariale, costituisce l’oggetto dell’accertamento nel giudizio di responsabilità.

10.– Risolte le questioni pregiudiziali nei termini riferiti, l’esame del merito si restringe alle residue censure rivolte alla nota di trasmissione del Presidente della sezione regionale di controllo, agli atti di citazione (con esclusione del motivo attinente al lamentato sconfinamento nel merito) e alla nota del Procuratore regionale di invito al recupero di somme.

11.– Quanto alla nota di trasmissione della deliberazione n. 249 del 2013, la Regione Emilia-Romagna, con il primo motivo del primo ricorso, lamenta che essa comporti un’indebita prosecuzione dell’attività di controllo censurata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 130 del 2014, ledendo così la sua autonomia organizzativa e contabile.

La censura è fondata.

Questa Corte, con la sentenza n. 29 del 1995, ha affermato la legittimità del raccordo tra le funzioni della Corte dei conti di controllo sulla gestione e giurisdizionale: «è incontestabile che il titolare dell’azione di responsabilità possa promuovere quest’ultima sulla base di una notizia o di un dato acquisito attraverso l’esercizio dei ricordati poteri istruttori inerenti al controllo sulla gestione, poiché, una volta cha abbia avuto comunque conoscenza di un’ipotesi di danno, non può esimersi, ove ne ricorrano tutti i presupposti, dall’attivare l’azione di responsabilità. Ma i rapporti tra attività giurisdizionale e controllo sulla gestione debbono arrestarsi a questo punto, poiché si vanificherebbero illegittimamente gli inviolabili "diritti della difesa”, garantiti a tutti i cittadini in ogni giudizio dall’art. 24 della Costituzione, ove le notizie o i dati acquisiti ai sensi delle disposizioni contestate potessero essere utilizzati anche in sede processuale (acquisizioni che, allo stato, devono avvenire nell’ambito della procedura prevista dall’art. 5 della legge n. 19 del 1994)».

Tali affermazioni, che sono volte ad assicurare il rispetto del principio del contraddittorio, non possono non valere anche per le notizie o i dati acquisiti dalla magistratura contabile nell’esercizio di qualsivoglia funzione di controllo, ivi compresa quella sui rendiconti dei gruppi consiliari regionali, che, come questa Corte ha chiarito, «non può non ricomprendere la verifica dell’attinenza delle spese alle funzioni istituzionali svolte dai gruppi medesimi, secondo il generale principio contabile, costantemente seguito dalla Corte dei conti in sede di verifica della regolarità dei rendiconti, della loro coerenza con le finalità previste dalla legge» (sentenza n. 263 del 2014).

La stessa ricorrente, del resto, non contesta che l’obbligo di segnalazione discende dai principi generali e grava sulle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, laddove emergano fatti idonei a evidenziare una responsabilità contabile.

Quel che viene in rilievo, tuttavia, nel caso specifico, è la circostanza che la segnalazione alla Procura contabile trae origine da un’attività di controllo che, in quanto travolta dalla successiva sentenza n. 130 del 2014 di questa Corte, è illegittima ex tunc.

Con la sentenza in parola è stata annullata la deliberazione n. 249 del 2013, di accertamento dell’irregolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari della Regione Emilia-Romagna per l’anno 2012, e la presupposta deliberazione istruttoria n. 234 del 2013, sulla base della considerazione che la relativa attività di controllo avrebbe potuto essere intrapresa dalla Corte dei conti solo a partire dall’anno 2013, essendo nel disegno legislativo condizionata alla previa emanazione dei criteri definiti con le linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con d.P.C.m. 21 dicembre 2012 (Recepimento delle linee guida sul rendiconto di esercizio annuale approvato dai gruppi consiliari dei consigli regionali, ai sensi dell’art. 1, comma 9, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 28 del 2 febbraio 2013 ed entrato in vigore il 17 febbraio seguente.

La deliberazione annullata, del resto, conteneva l’ordine alla segreteria di trasmissione della deliberazione medesima «alla Procura della Repubblica di Bologna e alla Procura regionale della Corte dei conti di Bologna anche in relazione alle indagini in corso di rispettiva competenza», ordine che è rimasto travolto unitamente all’atto che lo conteneva.

La nota di trasmissione è quindi funzionalmente collegata in maniera indissolubile alla deliberazione di controllo, sì che l’annullamento della seconda non può che comportare la caducazione della prima.

12.− Anche con riferimento agli atti di citazione, la ricorrente, con la seconda censura del secondo ricorso, lamenta, in primo luogo, che essi sarebbero affetti da invalidità derivata dalla deliberazione di controllo, la cui trasmissione, ad iniziativa del Presidente della sezione regionale, darebbe luogo a una non consentita interferenza tra le due fondamentali funzioni della Corte dei conti. Lo stesso esame degli atti di contestazione e di citazione mostrerebbe la stretta derivazione dalla deliberazione annullata, di cui ricalcherebbero la struttura e l’impostazione.

Sebbene, infine, gli atti di citazione attribuiscano alla documentazione inviata dalla sezione regionale di controllo la funzione di "integrare” le preesistenti fonti di informazione della Procura, non vi sarebbe alcun elemento che faccia ipotizzare l’esistenza di tali informazioni.

In punto di fatto e con riferimento a tale ultimo aspetto, non è in realtà contestato che la Procura contabile, già prima della segnalazione del Presidente della sezione regionale di controllo, avesse avviato delle indagini sulle spese dei gruppi consiliari sulla base di notizie provenienti dalla stampa.

Quel che più conta, poi, è che l’attività d’indagine della Procura regionale e le sue determinazioni finali si fondano non già sulla deliberazione annullata dalla Corte costituzionale ma sulla documentazione contabile autonomamente acquisita presso la sezione regionale di controllo con la nota del 13 novembre 2013, documentazione che era stata trasmessa alla sezione dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Bologna, che, a sua volta, l’aveva acquisita nell’ambito delle indagini avviate già nel corso del 2012.

La documentazione in esame, dunque, legittimamente è stata ottenuta dalla Procura contabile nel rispetto della procedura prevista dall’art. 5, comma 1, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 19, e poi posta a base delle attività di indagine per l’accertamento delle responsabilità erariali.

L’istruttoria contabile, in conclusione, non può ritenersi una mera derivazione delle deliberazioni annullate, il che rende gli atti di citazione insensibili ai vizi di quest’ultime.

12.1.– La Regione Emilia-Romagna con il primo motivo del secondo ricorso ha poi lamentato l’illegittimità degli atti di citazione per violazione dell’art. 122, quarto comma, Cost., che garantisce l’insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai consiglieri regionali nell’esercizio delle funzioni.

La ricorrente ha esposto che il Consiglio regionale è dotato di autonomia contabile e organizzativa e che la disciplina delle spese dei gruppi consiliari e del relativo controllo era dettata, per l’esercizio 2012, dalla legge della Regione Emilia-Romagna 8 settembre 1997, n. 32 (Funzionamento dei gruppi consiliari − Modificazioni alla legge regionale 14 aprile 1995, n. 42). In base a tale disciplina, prosegue la ricorrente, il rendiconto annuale dei gruppi doveva essere oggetto di approvazione da parte di un comitato tecnico, rispetto al cui giudizio l’ufficio di presidenza poteva discostarsi solo con espressa motivazione.

Gli atti di approvazione delle spese si sarebbero tradotti in "voti” e "opinioni” sia da parte dei gruppi che da parte dell’ufficio di presidenza, con la conseguenza che sarebbero presidiati dall’immunità prevista dall’art. 122, quarto comma, Cost. a tutela dell’autonomia politica e di autorganizzazione interna del Consiglio regionale: gli atti di citazione si sovrapporrebbero illegittimamente a quelli di approvazione, comprimendo l’autonomia consiliare.

La censura non è fondata.

Questa Corte recentemente, proprio con riferimento alla gestione delle somme erogate a titolo di contributi pubblici ai gruppi consiliari, ha affermato che i capigruppo dei Consigli regionali, anche se sottratti alla giurisdizione di conto, «restano assoggettati alla responsabilità amministrativa e contabile (oltre che penale, ricorrendone i presupposti)» (sentenza n. 107 del 2015).

Questa affermazione, che va estesa a tutti i consiglieri regionali, non è inficiata dalla guarentigia invocata, che, in quanto deroga alla regola generale della giurisdizione (sentenza n. 200 del 2008), «non mira ad assicurare una posizione di privilegio ai consiglieri regionali, ma a preservare da interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti alla sfera di autonomia costituzionalmente riservata al Consiglio regionale (ex plurimis, sentenze n. 195 del 2007, n. 392 e n. 391 del 1999)» (sentenza n. 332 del 2011), e «non copre gli atti non riconducibili ragionevolmente all’autonomia ed alle esigenze ad essa sottese» (sentenza n. 289 del 1997).

Più in particolare, già con la sentenza n. 292 del 2001 si è evidenziato come la prerogativa d’insindacabilità in parola non riguardi l’attività materiale di gestione delle risorse finanziarie, che resta assoggettata alla ordinaria giurisdizione di responsabilità civile, penale e contabile, e la conclusione non muta in ragione dell’intervenuta approvazione dei rendiconti da parte del comitato tecnico (quand’anche composto da consiglieri regionali) o dall’ufficio di presidenza, poiché il voto dato in tali sedi rappresenta una ratifica formale di spese già effettuate dai gruppi e non già un atto deliberativo che ne costituisce ex ante il titolo giustificativo. Egualmente essa non può mutare in ragione dell’approvazione del rendiconto generale della Regione nel quale confluiscono quelli dei gruppi consiliari, poiché anche esso costituisce un mero documento di sintesi ex post delle risultanze contabili della gestione finanziaria e patrimoniale dell’ente, e non il titolo legittimante le spese.

Considerato che il rendiconto generale riguarda ogni attività dell’ente regionale, opinare diversamente condurrebbe, come correttamente osservato dalla giurisprudenza di legittimità e della Corte dei conti, al risultato abnorme, e senza dubbio contrario alla natura eccezionale della guarentigia di cui all’art. 122, quarto comma, Cost., di delineare un’area di totale irresponsabilità civile, contabile e penale in favore dei consiglieri regionali.

Tale conclusione, peraltro, «comporterebbe, in maniera paradossale e del tutto ingiustificata, una tutela della insindacabilità delle opinioni dei consiglieri regionali più ampia di quella apprestata relativamente a quelle dei parlamentari nazionali» (sentenza n. 235 del 2007), «in contrasto sia con il principio di responsabilità per gli atti compiuti, che informa l’attività amministrativa (artt. 28 e 113 Cost.), sia con il principio che riserva alla legge dello Stato la determinazione dei presupposti (positivi e negativi) della responsabilità penale (art. 25 Cost.)» (sentenza n. 69 del 1985).

13.– La nota del Procuratore regionale n. 5190 del 9 luglio 2014, indirizzata al Presidente del Consiglio regionale, di invito al recupero amministrativo di somme spese irregolarmente, è oggetto dell’ultimo motivo del primo ricorso, secondo cui essa sarebbe espressione di un potere non attribuito dall’ordinamento alla Procura contabile e realizzerebbe un’ingerenza ingiustificata nella sfera di autonomia del Consiglio regionale.

La Procura regionale ha eccepito che l’atto in questione apparterrebbe alle "buone pratiche” elaborate ai fini della semplificazione ed effettività dell’esercizio delle funzioni inquirenti e troverebbe fondamento in una lettura evolutiva del potere di richiesta di informazioni documentali previsto dall’art. 74 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti).

In ipotesi di danni erariali di importo modesto sarebbe prassi diffusa tra gli uffici inquirenti quella di segnalare alla pubblica amministrazione interessata la necessità di provvedere al recupero in autotutela, salva la sussistenza di situazioni legittimanti da documentare con la trasmissione delle relative prove.

Il motivo è fondato.

Questa Corte, con la sentenza n. 100 del 1995, resa nell’ambito di un giudizio per conflitto di attribuzione tra la Regione Umbria e la Procura regionale della Corte dei conti, ha annullato una nota del Procuratore contabile fondata sullo stesso art. 74, con la quale si era richiesto all’amministrazione «l’attuale residenza» dei responsabili di documenti istruttori e degli autori di alcune deliberazioni.

In quell’occasione si è affermato che, «ai sensi del ricordato art. 74 del regio decreto n. 1214 del 1934, il Procuratore della Corte dei conti può chiedere in comunicazione atti e documenti "in possesso” di autorità amministrative, mentre non può esigere da queste ultime, come avviene con le richieste ora esaminate, una specifica e ulteriore attività di acquisizione di dati o di notizie»: quest’ultima, in altri termini, esula dalle facoltà della magistratura inquirente e per ciò solo incide sull’autonomia organizzativa della Regione.

Le medesime argomentazioni non possono che valere, a fortiori, in relazione a una richiesta di svolgimento di un’attività di recupero amministrativo, in danno di soggetti terzi, di somme spese irregolarmente, senza che peraltro sia intervenuta alcuna pronuncia giurisdizionale che abbia accertato effettivamente tale irregolarità.

14.– Deve pertanto concludersi nel senso che: 1) non spettava allo Stato, e per esso al Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Regione Emilia-Romagna, inviare alla Procura regionale la nota n. 3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione della deliberazione n. 249 del 2013; 2) non spettava allo Stato, e per esso alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, adottare la nota n. 5190 del 9 luglio 2014, di invito del Presidente del Consiglio regionale al recupero di somme; 3) spettava allo Stato, e per esso alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, adottare i tredici atti di citazione del 3 dicembre 2014 e date successive.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara inammissibili il secondo e il terzo motivo del ricorso iscritto al n. 8 del registro conflitti tra enti 2014, promosso dalla Regione Emilia-Romagna in relazione agli atti di contestazione di responsabilità e invito a dedurre del 5 giugno 2014 e date successive, adottati dalla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna;

2) dichiara inammissibile il terzo motivo del ricorso iscritto al n. 1 del registro conflitti tra enti 2015, promosso dalla Regione Emilia-Romagna in relazione ai tredici atti di citazione, del 3 dicembre 2014 e date successive, adottati dalla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna;

3) dichiara che non spettava allo Stato, e per esso al Presidente della sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Regione Emilia-Romagna, inviare alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna la nota n. 3660 del 10 luglio 2013, di trasmissione della deliberazione n. 249 del 2013;

4) annulla, per l’effetto, la nota di trasmissione indicata al punto che precede;

5) dichiara che non spettava allo Stato, e per esso alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna, adottare la nota n. 5190 del 9 luglio 2014, indirizzata al Presidente del Consiglio regionale, di invito al recupero di somme;

6) annulla, per l’effetto, la nota indicata al punto che precede;

7) respinge per il resto il ricorso, dichiarando che spettava alla Procura regionale presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia-Romagna adottare i tredici atti di citazione del 3 dicembre 2014 e date successive.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 ottobre 2015.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 19 novembre 2015.