Sentenza n. 263 del 2014

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SENTENZA N. 263

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                  Presidente

-    Giuseppe                FRIGO                                                  Giudice

-    Alessandro             CRISCUOLO                                            ”

-    Paolo                      GROSSI                                                     ”

-    Giorgio                   LATTANZI                                               ”

-    Aldo                       CAROSI                                                     ”

-    Marta                     CARTABIA                                               ”

-    Sergio                     MATTARELLA                                         ”

-    Mario Rosario        MORELLI                                                 ”

-    Giancarlo               CORAGGIO                                              ”

-    Giuliano                 AMATO                                                     ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito delle deliberazioni della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata, 18 marzo 2014, nn. 51, 52, 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59 e 60, promosso dalla Regione Basilicata con ricorso notificato il 15 maggio 2014, depositato in cancelleria il 29 maggio 2014 ed iscritto al n. 4 del registro conflitti tra enti 2014.

Visto l’atto di costituzione di Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 4 novembre 2014 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato Maurizio Roberto Brancati per la Regione Basilicata e l’avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.− La Regione Basilicata, con ricorso notificato in data 14/15 maggio 2014, depositato il successivo 29 maggio ed iscritto al n. 4 del registro conflitto tra enti del 2014, ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alle seguenti deliberazioni della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata, del 18 marzo 2014, aventi ad oggetto il controllo sui rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali relativamente all’esercizio 2013: 1) n. 51/2014/FRG, di accertamento e dichiarazione dell’irregolarità del rendiconto del gruppo PD; 2) n. 52/2014/FRG, di accertamento e dichiarazione della regolarità del rendiconto del gruppo consiliare SEL; 3) n. 53/2014/FRG, di accertamento e dichiarazione della regolarità del rendiconto del gruppo consiliare IAL; 4) n. 54/2014/FRG, di accertamento e dichiarazione della regolarità del rendiconto del gruppo consiliare IDV; 5) n. 55/2014/FRG, di accertamento e dichiarazione dell’irregolarità del rendiconto del gruppo PU; 6) n. 56/2014/FRG, di accertamento e dichiarazione dell’irregolarità del rendiconto del gruppo Misto; 7) n. 57/2014/FRG, di accertamento e dichiarazione dell’irregolarità del rendiconto del gruppo PDL; 8) n. 58/2014/FRG, di accertamento e dichiarazione dell’irregolarità del rendiconto del gruppo UDC; 9) n. 59/2014/FRG, di accertamento e dichiarazione dell’irregolarità del rendiconto del gruppo MPA; 10) n. 60/2014/FRG, di accertamento e dichiarazione della regolarità del rendiconto del gruppo PSI.

Secondo la ricorrente tali deliberazioni sarebbero lesive degli artt. 114, secondo comma, e 117 della Costituzione, in relazione alla sua autonomia istituzionale e legislativa, dell’art. 119 Cost., in relazione all’autonomia finanziaria, degli artt. 121 e 123 Cost., in relazione all’autonomia statutaria e del Consiglio regionale, nonché «di quelle prerogative aventi fondamento nello statuto regionale (artt. 11, 15 e 21) e nella legge regionale 2 febbraio 1998, n. 8» (Nuova disciplina delle strutture di assistenza agli organi di direzione politica ed ai gruppi consiliari della Regione Basilicata).

1.1.− Premette la ricorrente che − in forza dell’art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213 − è rimesso alla Corte dei conti il controllo sui rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali; competenza, questa, riconosciuta anche dalla legge della Regione Basilicata 21 dicembre 2012, n. 28 (Recepimento d.l. 174/2012 convertito nella legge 7 dicembre 2012, n. 231. Modifiche alla legge regionale 2 febbraio 1998, n. 8).

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 39 del 2014, prosegue la Regione Basilicata, avrebbe chiarito che il controllo in questione non lede l’autonomia dei gruppi consiliari, poiché il legislatore ha previsto, in un’ottica «collaborativa», un’analisi obbligatoria di tipo documentale che, pur non scendendo nel merito dell’utilizzazione delle somme, è volta a verificare la prova dell’effettivo impiego in conformità al modello predisposto in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

1.2.− Ciò premesso, deduce la ricorrente che le deliberazioni impugnate, benché giungano a esiti differenti, sarebbero sorrette da un identico approccio metodologico, dal momento che la sezione regionale della Corte dei conti avrebbe ritenuto «di poter spingere l’attività di controllo verso riscontri che non si risolvessero nella constatazione della corrispondenza del rendiconto […] al modello astratto approvato in sede di Conferenza permanente e adottato con le “linee-guida”».

La sezione avrebbe per contro rivendicato «la competenza a operare delle verifiche di tipo sostanziale che prendessero in esame scelte di merito», per ciò solo invadendo le legittime prerogative dei gruppi consiliari.

1.3.− Anche a volere ritenere, poi, che alla Corte dei conti spetti il controllo sull’attività di gestione, prosegue la Regione Basilicata, quello effettuato sarebbe comunque viziato, perché fondato su parametri di giudizio non determinati ex ante e quindi non conosciuti dai soggetti agenti al momento delle condotte: tale sarebbe, in particolare, il caso delle spese del personale.

La sezione regionale di controllo, sul punto, avrebbe interpretato la disciplina normativa secondo criteri che non sarebbero stati seguiti da alcuno dei gruppi consiliari, e ciò tradirebbe la natura non collaborativa bensì «oppositiva» della sua attività.

Il parametro di riferimento, prosegue la ricorrente, sarebbe quello offerto dalla Conferenza permanente del 21 dicembre 2012 che avrebbe fissato, a decorrere dalla prima legislatura successiva a quella in corso all’entrata in vigore del d.l. n. 174 del 2012, il tetto massimo del costo di un’unità di personale, per ciascun consigliere regionale, in quello spettante a un dipendente di categoria D, posizione economica D6; per la legislatura corrente, invece, sempre secondo la Conferenza permanente, la spesa per tale voce sarebbe determinata «entro l’importo in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto», con esclusione di qualsiasi incremento.

Secondo la Regione Basilicata, dunque, anche alla luce dell’art. 21 della legge 22 maggio 1971, n. 350 (Approvazione, ai sensi dell’articolo 123, comma secondo, della Costituzione, dello Statuto della Regione Basilicata), la consistenza numerica dei consiglieri appartenenti al gruppo rappresenterebbe il parametro fondamentale per la determinazione dell’ammontare dei contributi da assegnare al gruppo medesimo.

Secondo la ricorrente, poi, il personale comandato «non grava affatto, in termini di spesa, sui contributi erogati dal Consiglio regionale per finanziare l’assistenza ai gruppi consiliari e ai consiglieri regionali […], in quanto detto personale […] è di ruolo presso l’ente Regione o presso altra P.A. […] e quindi costituisce voce di spesa […] a carico del bilancio regionale».

La Regione Basilicata sottolinea, ancora, come la sezione regionale di controllo abbia rilevato un esubero di personale, «nonostante fosse stata formalmente erudita sul contenimento della spesa, per l’esercizio 2013, entro i limiti di quelli relativi all’anno precedente e malgrado abbia potuto riscontrare […] che le spese per il personale contrattualizzato direttamente dal Gruppo non siano state imputate a capitoli di spesa di bilancio regionale per il personale del Consiglio regionale».

La ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento, previa sospensione, delle deliberazioni impugnate e per la dichiarazione che non spettava allo Stato, e per esso alla Corte dei conti, effettuare «un controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari regionali della Regione Basilicata per l’esercizio 2013, che esuli da un controllo meramente esterno e di natura documentale secondo il modello di rendicontazione di cui al D.P.C.M. 21 dicembre 2012 e che comunque comporti un sindacato prescrittivo sulle attività di provvista del personale compiute dall’ente ai fini dell’assegnazione ai gruppi consiliari».

2.− Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

2.1.− La difesa dello Stato eccepisce, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso per tardività, non avendo la ricorrente impugnato le precedenti deliberazioni del 6 febbraio 2014, con cui la sezione regionale avrebbe già espresso in modo non equivoco la decisione di esercitare il potere di controllo contestato ed esplicitato le sue modalità.

2.2.− Ancora in via preliminare, secondo l’Avvocatura generale dello Stato, sarebbe dubbio l’effettivo interesse del Presidente della Regione all’impugnazione del diniego di discarico delle rendicontazioni dei gruppi consiliari, sia perché il controllo della Corte dei conti ha natura meramente collaborativa e gli atti impugnati sono privi di attitudine lesiva delle competenze regionali, sia perché legittimati a ricorrere sarebbero solo i gruppi e, a tutto concedere, la Presidenza del Consiglio regionale.

2.3.− Il ricorso, poi, sarebbe inammissibile per genericità e contraddittorietà dei motivi.

Da un lato, la censura relativa allo scorretto esercizio del potere di controllo non indicherebbe «come e per quali spese» la Corte dei conti «avrebbe sconfinato “nel merito”»; dall’altro, la doglianza relativa all’erroneo computo del costo massimo delle spese di personale sarebbe intimamente contraddittoria, poiché, risolvendosi nella mera lamentata diversità d’interpretazione del quadro normativo da parte della sezione regionale di controllo rispetto a quella operata dai gruppi consiliari, sarebbe imperniata su «contenuti squisitamente ermeneutici».

2.4.– Il ricorso, infine, sarebbe inammissibile per difetto di tono costituzionale, dal momento che nessuna delle prerogative della Regione Basilicata potrebbe considerarsi lesa dal legittimo esercizio della funzione di controllo sui rendiconti demandata alla Corte dei conti ex art. 100, secondo comma, Cost.

3.− Nel merito, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, le deliberazioni impugnate sono «immuni da eccesso di potere e/o intrusione in scelte discrezionali».

Ad una attenta lettura, infatti, emergerebbe come le modalità di esercizio del potere di controllo siano state coerenti, sia con la normativa regionale vigente, sia con le indicazioni di cui alle linee guida recepite dal d.P.C.m. del 21 dicembre 2012.

Il criterio dell’inerenza delle spese dei gruppi alle finalità istituzionali, in particolare, sarebbe stato utilizzato in conformità alla legislazione regionale, ai suoi provvedimenti di attuazione e al menzionato d.P.C.m.

La questione del parametro numerico dei collaboratori, infine, atterrebbe esclusivamente all’interpretazione dell’art. 4 della legge regionale n. 28 del 2012, non involgendo alcun giudizio di merito sulla opportunità delle scelte gestionali.

Considerato in diritto

1.– La Regione Basilicata ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione alle dieci deliberazioni assunte dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata (dalla n. 51 alla n. 60 del 18 marzo 2014), con cui − in forza dell’art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213 − è stato esercitato il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari regionali relativi all’esercizio finanziario 2013.

La ricorrente si duole in primo luogo che la Corte dei conti, in violazione della sua autonomia legislativa, statutaria, finanziaria e contabile, abbia svolto un controllo di merito, diverso da quello meramente documentale che sarebbe stato delineato dal legislatore con il citato d.l. n. 174 del 2012 e da questa Corte con la sentenza n. 39 del 2014.

Con una seconda censura la Regione Basilicata lamenta, invece, che il controllo relativo al costo massimo delle spese di personale dei gruppi consiliari sia stato esercitato secondo criteri individuati ex post rispetto ai fatti di gestione.

Esso, inoltre, si sarebbe svolto in difformità rispetto a quelli seguiti dai gruppi medesimi, che − in applicazione della legge regionale 2 febbraio 1998, n. 8 (Nuova disciplina delle strutture di assistenza agli organi di direzione politica ed ai gruppi consiliari della Regione Basilicata), come modificata con la legge regionale 21 dicembre 2012, n. 31 (Recepimento D.L. n. 174/2012 convertito nella legge 7 dicembre 2012, n. 213. Modifiche all’art. 12 della legge regionale 5 agosto 2010, n. 28) − avrebbero rispettato i principi di non superamento del costo sostenuto al medesimo titolo nel 2012 e del non computo del personale comandato.

2.– In relazione alla prima censura è fondata e assorbente l’eccezione di inammissibilità per genericità sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato.

Le deliberazioni contestate dalla Regione Basilicata dichiarano nelle ampie premesse di fare applicazione, nel controllo di regolarità dei rendiconti dei gruppi consiliari, dei criteri di veridicità e correttezza della spesa previsti dall’art. 1 dell’Allegato «A» al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 2012, che, in forza dell’art. 1, comma 9, del d.l. n. 174 del 2012, ha recepito le linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

In ciò le deliberazioni sono in linea con quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 39 del 2014, ove si è posto in evidenza che il controllo in questione, se, da un lato, non comporta un sindacato di merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi, dall’altro, non può non ricomprendere la verifica dell’attinenza delle spese alle funzioni istituzionali svolte dai gruppi medesimi, secondo il generale principio contabile, costantemente seguito dalla Corte dei conti in sede di verifica della regolarità dei rendiconti, della loro coerenza con le finalità previste dalla legge.

La pronuncia, del resto, si pone in continuità con l’auspicio già formulato da questa Corte «che il conferimento di contributi finanziari e di altri mezzi utilizzabili per lo svolgimento dei compiti dei gruppi consiliari sia sottoposto a forme di controllo più severe e più efficaci di quelle attualmente previste, le quali, pur nel rispetto delle imprescindibili esigenze di autonomia garantite ai gruppi consiliari, siano soprattutto dirette ad assicurare che i mezzi apprestati vengano utilizzati per le finalità effettivamente indicate dalla legge» (sentenza n. 1130 del 1988).

Ciò premesso, non è chiaro se la ricorrente contesti la legittimità di questo controllo ovvero se intenda dolersi di un altro e più approfondito vaglio, che si sarebbe esteso al merito delle scelte discrezionali operate dai gruppi consiliari.

Essa, infatti, non sviluppa la tesi con l’esame delle spese di cui la sezione regionale di controllo della Corte dei conti ha affermato l’irregolarità, rendendo così la censura apodittica e priva di concretezza (sentenze n. 122, n. 77 e n. 46 del 2013, n. 246 del 2012, n. 200 del 2010, n. 105 del 2009).

Ciò è del resto reso evidente dalla stessa circostanza che la doglianza è rivolta contro tutte le deliberazioni impugnate, senza alcun distinguo tra quelle che hanno accertato la regolarità dei rendiconti e quelle che si sono pronunciate nel senso dell’irregolarità.

3.– La seconda censura è in realtà duplice, poiché la ricorrente lamenta, da un lato, la violazione della sua autonomia contabile in ragione dell’asserito utilizzo da parte della Corte dei conti, con riferimento alle spese di personale dei gruppi consiliari, di criteri individuati solo ex post, e, dall’altro, la violazione della normativa nazionale e regionale disciplinante la determinazione del costo massimo del personale medesimo.

La prima parte della censura non è fondata, poiché, come chiarito nelle deliberazioni impugnate, la sezione regionale della Corte dei conti ha operato la verifica della regolarità delle spese in esame sulla base dei criteri introdotti dalla legge regionale n. 31 del 2012 − in applicazione dell’art. 2, comma 1, lettera h), del d.l. n. 174 del 2012 − entrata in vigore il 1° gennaio del 2013, e quindi all’inizio del relativo esercizio finanziario.

La restante parte della censura è inammissibile.

È noto che le Regioni «possono proporre ricorso per conflitto di attribuzioni, a norma dell’art. 39, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, quando esse lamentino non una qualsiasi lesione, ma una lesione di una propria competenza costituzionale» (sentenze n. 380 del 2007 e n. 27 del 2006). «Qualora ciò non si verifichi, e tuttavia si prospetti l’illegittimo uso di un potere statale che determini conseguenze avvertite come negative dalle Regioni, ma non tali da alterare la ripartizione delle competenze indicata da norme della Costituzione (o, comunque, da norme di rango costituzionale come gli statuti di autonomia speciale), i rimedi dovranno eventualmente essere ricercati dagli interessati presso istanze giurisdizionali diverse da quella costituzionale» (sentenza n. 380 del 2007).

Ebbene, nel caso di specie, la Regione Basilicata si è limitata a dedurre la violazione, ad opera delle deliberazioni impugnate, di norme di legge statali e regionali riguardanti il costo massimo del personale e, in particolare, il computo in tale tetto del personale distaccato e di quello alle dipendenze dei gruppi e dei singoli consiglieri, senza indicare quali siano le competenze costituzionali incise e in che modo la violazione di legge si rifletta su di esse.

La questione prospettata, dunque, si risolve nella mera denunzia di una errata interpretazione della disciplina legale della materia e, in quanto tale, deve essere fatta valere nelle appropriate sedi giurisdizionali e non in sede di conflitto di attribuzione (sentenza n. 52 del 2013).

Questa Corte, del resto, con la citata sentenza n. 39 del 2014 ha chiarito che avverso le determinazioni della sezione regionale della Corte dei conti in materia di controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari «non può essere esclusa […] la garanzia della tutela dinnanzi al giudice assicurata dal fondamentale principio degli artt. 24 e 113 Cost. (sentenza n. 470 del 1997)».

Restava «in discussione, non già l’an, ma soltanto il quomodo di tale tutela, problema interpretativo della normativa vigente la cui definizione» (sentenza n. 39 del 2014) è stata ritenuta esulante dall’oggetto del giudizio di costituzionalità. Sul punto, peraltro, va dato atto del successivo intervento del legislatore che − con l’art. 33, comma 2, lettera a), n. 3, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 116 − ha introdotto un secondo periodo all’art. 1, comma 12, del d.l. n. 174 del 2012, specificando che «Avverso le delibere della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, di cui al presente comma, è ammessa l’impugnazione alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione, con le forme e i termini di cui all’articolo 243-quater, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».

4.− L’istanza di sospensione delle deliberazioni impugnate, formulata dalla Regione Basilicata nel ricorso introduttivo, rimane assorbita dalla decisione adottata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara in parte inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione sollevato, in relazione alle deliberazioni dalla n. 51 alla n. 60 del 18 marzo 2014 della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata, dalla Regione Basilicata nei confronti dello Stato, con il ricorso indicato in epigrafe;

2) respinge per il resto il ricorso, dichiarando che spettava alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata, operare la verifica della regolarità dei rendiconti consiliari anche sulla base dei criteri introdotti dalla legge regionale 21 dicembre 2012, n. 28 (Recepimento d.l. 174/2012 convertito nella legge 7 dicembre 2012, n. 231. Modifiche alla legge regionale 2 febbraio 1998, n. 8).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2014.

F.to:

Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2014.