Sentenza n. 120 del 2015

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SENTENZA N. 120

ANNO 2015

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Marta               CARTABIA                                                 Presidente

-           Giuseppe                     FRIGO                                             Giudice

-           Paolo                           GROSSI                                                   

-           Giorgio                       LATTANZI                                              

-           Aldo                            CAROSI                                                   

-           Mario Rosario              MORELLI                                                

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            

-           Giuliano                       AMATO                                                   

-           Silvana                         SCIARRA                                                

-           Daria                            de PRETIS                                               

-           Nicolò                          ZANON                                                   

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 23 novembre 2006, n. 26 (Ratifica dell’accordo tra la Regione del Veneto e la Provincia Autonoma di Trento per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico interessanti i rispettivi territori), e degli artt. 1 e 2 della legge della Provincia autonoma di Trento 5 febbraio 2007, n. 1 (Ratifica ed esecuzione dell’accordo tra la Provincia autonoma di Trento e la Regione del Veneto per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico interessanti il territorio della provincia di Trento e della regione Veneto), in relazione, per tutte le norme indicate, all’art. 10 dell’«Accordo tra Provincia autonoma di Trento e Regione del Veneto per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico attualmente in essere interessanti il territorio della Provincia autonoma di Trento e della Regione del Veneto», sottoscritto disgiuntamente il 25 ed il 29 novembre 2005, promosso dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, nel procedimento vertente tra Enel Produzione spa e Primiero Energia spa ed altri con ordinanza del 20 luglio 2011, iscritta al n. 233 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visti gli atti di costituzione di Enel Produzione spa, della Provincia autonoma di Trento, di Primiero Energia spa e della Regione Veneto;

udito nell’udienza pubblica del 26 maggio 2015 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

uditi gli avvocati Gianfranco Mazzullo per Enel Produzione spa e Cristina Carpani per la Provincia autonoma di Trento.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 20 luglio 2011 (r.o. n. 233 del 2011), la Corte di cassazione, sezioni unite civili, investita del ricorso avverso la sentenza n. 112 del 1° luglio 2009 del Tribunale superiore delle acque pubbliche, nel procedimento promosso da Enel Produzione spa contro Primiero Energia spa, Provincia autonoma di Trento e Regione Veneto, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 104 e 117, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 23 novembre 2006, n. 26 (Ratifica dell’accordo tra la Regione del Veneto e la Provincia Autonoma di Trento per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico interessanti i rispettivi territori), e degli artt. 1 e 2 della legge della Provincia autonoma di Trento 5 febbraio 2007, n. 1 (Ratifica ed esecuzione dell’accordo tra la Provincia autonoma di Trento e la Regione del Veneto per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico interessanti il territorio della provincia di Trento e della regione Veneto), con riguardo, per tutte le norme indicate, all’art. 10 dell’«Accordo tra Provincia autonoma di Trento e Regione del Veneto per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico attualmente in essere interessanti il territorio della Provincia autonoma di Trento e della Regione del Veneto», sottoscritto disgiuntamente il 25 ed il 29 novembre 2005.

Ricorda il giudice rimettente che le disposizioni censurate ratificano, ai sensi dell’art. 117, ottavo comma, Cost., l’intesa intervenuta tra Regione e Provincia autonoma, nel novembre del 2005, riguardo al regime concessorio di alcune grandi derivazioni idroelettriche, che interessano il territorio di entrambi gli enti pervenuti all’accordo.

All’art. 10 dell’intesa, il cui testo è allegato alle due leggi, è stabilito, in particolare, che la Regione Veneto «esprime il proprio assenso alla concessione a Primiero Energia s.p.a. della grande derivazione idroelettrica relativa agli impianti di Val Schener e Moline con derivazione dai torrenti Cismon e Vanoi (Provincia di Trento) e Val Rosna (Provincia di Belluno), di cui al R.D. 8 dicembre 1927, n. 4580 e successive modifiche, con decorrenza dal 19 ottobre 2001».

La Corte di cassazione, premesso che, in seguito alla ratifica, l’accordo in questione avrebbe valore normativo primario, ai sensi dell’art. 117, ottavo comma, Cost., ha censurato le disposizioni sopra indicate rilevando che l’art. 10 del medesimo accordo – nella parte che si riferisce alla decorrenza della titolarità della concessione a favore di Primiero Energia spa – introdurrebbe una disciplina con effetti retroattivi non compatibili con le disposizioni costituzionali evocate.

2.– Ad illustrazione delle ragioni della questione così sollevata, il rimettente ricostruisce nei seguenti termini la complessiva vicenda oggetto del giudizio a quo.

Con atto del 31 ottobre 2000, la società Enel spa, in allora titolare delle concessioni di grandi derivazioni di Val Schener e Moline, deliberava di avviare l’iter di cessione degli impianti e delle relative concessioni a Primiero Energia spa (costituita dall’Azienda Consorziale Servizi Municipalizzati di Primiero), sorta in attuazione del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia).

Successivamente, con determinazione dirigenziale del 21 giugno 2001, la Provincia autonoma di Trento, subentrata nell’esercizio delle funzioni statali in materia di grandi derivazioni d’acqua a scopi idroelettrici, rilasciava il nulla osta al sub-ingresso di Primiero Energia spa nella titolarità delle concessioni senza, tuttavia, aver raggiunto la preventiva intesa con la Regione Veneto, secondo quanto previsto dall’art. 89 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

A fronte di tale omissione, la Regione Veneto sollevava conflitto d’attribuzione davanti alla Corte costituzionale.

Nel frattempo, con atto pubblico del 19 ottobre 2001, le parti procedevano al trasferimento degli impianti a Primiero Energia spa, dando atto della pendenza del conflitto d’attribuzione davanti alla Corte costituzionale, e concordando una specifica clausola di garanzia: la società cessionaria avrebbe tenuto indenne Enel Produzione spa (succeduta nel frattempo ad Enel spa) da ogni responsabilità o pregiudizio conseguente ad eventuali controversie circa la legittimità del nulla osta al sub-ingresso nelle concessioni rilasciato dalla Provincia autonoma di Trento.

Con atto del 28 gennaio 2002, la Provincia autonoma di Trento attribuiva la titolarità delle concessioni a Primiero Energia.

Con la sentenza n. 133 del 2005, la Corte costituzionale dichiarava che non spettava alla Provincia autonoma di Trento, in difetto della necessaria previa intesa di cui all’art. 89, comma 2, del citato d.lgs. n. 112 del 1998, l’esercizio delle funzioni relative alle concessioni di derivazioni di acqua pubblica che interessassero, oltre alla Provincia autonoma di Trento, anche la Regione Veneto, e, per l’effetto, annullava il nulla osta al sub-ingresso nelle concessioni.

Conseguentemente, con provvedimento del 27 maggio 2005, la Provincia autonoma annullava l’atto di volturazione del 28 gennaio 2002, facendo però salvi tutti gli effetti già prodotti e concedendo un nuovo nulla osta provvisorio, in attesa del perfezionamento dell’intesa con la Regione Veneto.

Quest’ultimo provvedimento veniva impugnato da Enel Produzione spa, la quale lamentava che la disposta salvezza degli effetti prodotti avrebbe pregiudicato l’esito di una sua possibile azione risarcitoria.

Con sentenza n. 182 del 2007, passata in giudicato, il Tribunale superiore delle acque pubbliche accoglieva il ricorso e annullava il provvedimento del 27 maggio 2005, affermando che: «[...] se può ammettersi il riconoscimento di situazioni di fatto prive di regolamentazione per l’annullamento dell’atto presupposto, non può, invece, sanarsi o convalidarsi un atto annullato, atteso che le figure giuridiche di convalescenza dell’atto tendono alla eliminazione degli eventuali vizi, ma se l’atto è già stato eliminato dal mondo giuridico per effetto di una decisione giurisdizionale di annullamento, potrà procedersi solo alla rinnovazione dell’atto stesso, ma non già alla sua convalida o alla sua sanatoria».

La Provincia autonoma di Trento e la Regione Veneto concludevano l’accordo previsto dal d.lgs. n. 112 del 1998 nelle date del 25 e del 29 novembre 2005. Detto accordo veniva ratificato con la legge della Regione Veneto n. 26 del 2006 e con la legge della Provincia autonoma di Trento n. 1 del 2007.

La Provincia autonoma di Trento, con provvedimento del 29 febbraio 2008, ritenendo che, a seguito dell’approvazione delle due leggi ricordate, fossero superati, con efficacia ex tunc, gli originari vizi di legittimità evidenziati sia dalla Corte costituzionale, sia dalla sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche, riconosceva a Primiero Energia spa la titolarità delle concessioni di grande derivazione a decorrere dal 19 ottobre 2001, data dell’atto pubblico di cessione degli impianti da parte di Enel Produzione spa. Anche tale provvedimento veniva impugnato dalla società cedente.

Il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha deciso su tale ultimo ricorso con sentenza n. 112 del 2009. Tale sentenza afferma, in particolare, che il provvedimento impugnato non viola il giudicato, si fonda su una specifica autorizzazione legislativa volta a superare i vizi che inficiavano la determinazione amministrativa annullata, ed ha potuto disporre il trasferimento delle concessioni a far data dall’atto pubblico di cessione degli impianti del 19 ottobre 2001 perché i vizi procedimentali accertati dalla Corte costituzionale e dalla precedente sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche sono stati rimossi dalle leggi, regionale e provinciale, di ratifica dell’intesa. La sentenza nega fondamento, per altro verso, all’assunto per cui le norme indicate non avrebbero potuto esercitare una efficacia retroattiva perché non avrebbero potuto incidere su rapporti esauriti.

Il giudizio a quo scaturisce, infine, dal ricorso proposto da Enel Produzione spa contro la decisione appena citata.

3.– Compiuto tale inquadramento complessivo, i giudici rimettenti hanno esaminato le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale e del ricorso incidentale sollevate dalla Provincia autonoma di Trento e da Primiero Energia spa.

In particolare hanno ritenuto inammissibile, per mancanza di specifiche censure, il ricorso incidentale con il quale la Provincia autonoma di Trento lamentava il rigetto da parte del Tribunale superiore delle acque pubbliche delle eccezioni in punto di difetto dell’interesse ad agire e della legittimazione attiva in capo a Enel Produzione spa, basate sul rilievo che la concessione sarebbe scaduta, senza possibilità di proroga, fin dal 19 ottobre 1999.

La Corte di cassazione ha inoltre argomentato negativamente circa l’ammissibilità o la fondatezza di alcuni motivi del ricorso principale, riguardo ad asserite violazioni della normativa sul procedimento amministrativo e di quella in materia di concessioni per derivazioni idroelettriche.

I rimettenti hanno quindi esaminato il tema della denunciata elusione del giudicato formatosi sulla prima sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche, n. 182 del 2007, che aveva disposto l’annullamento del provvedimento n. 95 del 2005, adottato dalla Provincia autonoma di Trento, attraverso il quale erano stati fatti salvi gli effetti del nulla osta precedentemente annullato dalla Corte costituzionale con la citata sentenza n. 133 del 2005. In particolare, dopo aver osservato che «appare condivisibile la tesi del Tsap secondo cui il dedotto giudicato impeditivo della retroattività degli effetti del provvedimento di trasferimento delle concessioni sarebbe superato dalla disciplina dettata con le leggi regionale e provinciale e dall’accordo al quale le stesse fanno rinvio recettizio», la Corte di cassazione ha ritenuto che possa «dubitarsi che la retroattività della disciplina risultante dagli atti normativi indicati sia conforme a Costituzione».

Secondo le sezioni unite sarebbe dubbio, «a fronte della laconica disciplina contenuta nell’art. 20 del t.u. del 1933, […] che possa riconoscersi natura di principio fondamentale della materia all’irretroattività dei provvedimenti di trasferimento delle concessioni di derivazione, adottati in conseguenza di annullamento di precedente provvedimento di identica natura». Nondimeno, essendo pacifico che l’accordo e le leggi di ratifica della Regione Veneto e della Provincia autonoma di Trento sono entrati in vigore in pendenza del giudizio davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche, definito con sentenza n. 182 del 2007 di annullamento del nulla osta provvisorio del 2005, e prima che fosse iniziato il giudizio a quo (il quale, come già rilevato, ha per oggetto la valutazione dell’eccezione di elusione del giudicato formatosi sulla predetta sentenza), per il giudice rimettente si porrebbe il problema di accertare se la richiamata disciplina legislativa si ponga in contrasto con i limiti che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di Strasburgo, il legislatore (al di fuori della materia penale) incontra nell’attribuire effetti retroattivi alle norme approvate.

Al riguardo, le sezioni unite osservano che, secondo la Corte costituzionale, le norme di interpretazione autentica, ovvero le norme innovative con efficacia retroattiva, sarebbero costituzionalmente legittime, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, quali il principio di eguaglianza, la tutela dell’affidamento legittimamente posto sulla certezza dell’ordinamento giuridico, specialmente in materia processuale, in quanto elemento essenziale dello Stato di diritto, il rispetto della funzione giudiziaria, con il conseguente divieto di intervenire sugli effetti del giudicato e sulle fattispecie sub iudice (sono citate le sentenze della Corte costituzionale n. 170 del 2008, n. 416 del 1999, n. 111 del 1998, n. 211 del 1997, n. 311 del 1995 e n. 397 del 1994).

Su queste basi, il giudice rimettente ritiene non manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale della disciplina risultante dagli atti normativi più volte indicati, per contrasto con gli artt. 3 e 104 Cost., e, in particolare, con i principi di ragionevolezza, di eguaglianza, di tutela dell’affidamento e di rispetto della funzione giurisdizionale.

Nell’ordinanza di rimessione sono inoltre richiamate alcune decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo (21 giugno 2007, SCM Scanner de l’Ouest Lyonnais e altri contro Francia; 28 ottobre 1999, Zielinski e altri contro Francia; 9 dicembre 1994, Raffineries grecques Stran e Stratis Andreadis contro Grecia), ove si afferma che, pur non essendo precluso al legislatore di intervenire in materia civile con disposizioni retroattive, il principio dello Stato di diritto e la nozione di processo equo sancita dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, vietano l’interferenza dello stesso legislatore nell’amministrazione della giustizia, destinata a influenzare l’esito della controversia, fatta eccezione per il caso di motivi imperativi di interesse generale, in quanto la garanzia della parità delle armi comporta l’obbligo di dare alle parti una ragionevole possibilità di perseguire le proprie azioni giudiziarie, senza essere poste in condizione di sostanziale svantaggio rispetto agli avversari.

Il giudice a quo, in particolare, osserva che la disciplina di cui si tratta inciderebbe negativamente sulla sfera giuridica di Enel Produzione spa, la quale, per effetto delle norme censurate, si vedrebbe privata della garanzia dell’esonero da ogni responsabilità o pregiudizio «conseguenti ad eventuali controversie in ordine alla legittimità e all’esaustività del nulla osta al sub ingresso», concordata mediante l’art. 7 del contratto stipulato il 19 ottobre 2001 con Primiero Energia spa.

In definitiva, sotto questo profilo, non essendo la scelta compiuta dal legislatore regionale e provinciale dettata da motivi imperativi di interesse generale, le norme censurate confliggerebbero con l’art. 6 della CEDU, violando anche l’art. 117, primo comma, Cost.

4.– Con atto depositato il 18 ottobre 2011, si è costituita la Provincia autonoma di Trento, controparte nel giudizio a quo, eccependo, innanzitutto, l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza.

In particolare, secondo la Provincia, l’unico argomento addotto dal giudice rimettente in punto di rilevanza sottolinea che l’accordo legificato inciderebbe negativamente sulla sfera giuridica di Enel Produzione spa, che, per effetto dello stesso, si vedrebbe privata della garanzia di esonero da ogni responsabilità o pregiudizio. Tale motivazione, ad avviso della Provincia, si baserebbe su un’errata percezione della posizione di Enel Produzione spa rispetto al titolo concessorio, nonché su un’erronea lettura della disciplina contrattuale dei rapporti tra Primiero Energia spa ed Enel Produzione spa e dell’interesse processuale di quest’ultima, giacché la disciplina in questione non varrebbe a fondare una posizione di diritto in capo alla ricorrente e, di conseguenza, a ritenere come prodotta alcuna lesione o violazione della sua sfera giuridica.

La Provincia, dopo aver ricordato che, secondo la Corte di cassazione, la società Enel Produzione «avrebbe avuto interesse a procrastinare la volturazione in caso di mancanza di valido nulla osta», ha posto in luce che ciò, in realtà, non avrebbe mai potuto verificarsi, poiché la concessione di cui era titolare Enel Produzione spa era definitivamente scaduta, senza possibilità di proroga, il 19 ottobre 1999. Infatti, con la Convenzione del 19 aprile 1988, la Provincia autonoma di Trento aveva autorizzato Enel Produzione spa a subentrare anticipatamente a Sava Alluminio Veneto spa (precedente titolare), a condizione che la prima rinunciasse alla concessione, una volta che quest’ultima fosse pervenuta alla scadenza naturale del termine, già noto, del 19 ottobre 1999, onde consentire alla stessa Provincia il rilascio delle concessioni di grande derivazione idroelettrica in ambito locale, ai sensi dell’art. 13, ultimo comma, dello statuto speciale di autonomia del Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), dell’art. 11 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche), e dell’art. 1 del d.P.R. n. 235 del 1977. Quindi, avendo espressamente rinunciato ad esercitare ogni iniziativa di rinnovo della concessione successivamente al 19 ottobre 1999, Enel Produzione spa, al momento del trasferimento dei beni al nuovo concessionario – la cui attuazione era imposta e regolata dagli artt. 20 e 25 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) – «non poteva vantare a suo favore alcun titolo di concessione e, quindi, alcun diritto alla stessa collegato».

La Provincia autonoma di Trento sostiene inoltre la propria estraneità rispetto alla clausola di cui al citato art. 7 del contratto del 19 ottobre 2001, intercorso tra Enel Produzione spa e Primiero Energia spa. In effetti – si osserva – «la clausola suddetta, fissata nell’ambito della disciplina dei rapporti fra concessionario scaduto e concessionario subentrante, è una clausola di garanzia in favore di Enel da eventuale retrocessione dei beni compravenduti da Primiero Energia ad Enel, che si sarebbe potuta verificare nel caso di invalidazione del nulla osta – rappresentando quest’ultimo il presupposto necessario per la volturazione della concessione a Primiero Energia spa – ove tale evento avesse potuto provocare la invalidazione/risoluzione del contratto». La clausola, in altri termini, era destinata, secondo la Provincia, a spiegare i propri effetti nell’ambito della compravendita intercorsa tra le parti, garantendo Enel Produzione spa dagli effetti che l’eventuale illegittimità del nulla osta avrebbe potuto avere sulla sorte del contratto.

Inoltre, la Provincia autonoma di Trento ha posto in evidenza che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 133 del 2005, non aveva ravvisato, con riguardo al nulla osta annullato, effetti lesivi per Enel Produzione spa o vizi riconducibili al rapporto tra Provincia e soggetti privati. Rileva anche, nella stessa prospettiva, che il Tribunale superiore delle acque pubbliche, con la sentenza n. 182 del 2007, aveva annullato la determinazione del 27 maggio 2005, con cui la Provincia aveva fatto salvi gli effetti del citato nulla osta, esclusivamente per un vizio formale inerente alla tipologia dell’atto adottato (atto di sanatoria, anziché di rinnovazione).

Tali emergenze confermerebbero il difetto di motivazione sulla rilevanza della questione, non sussistendo alcuna posizione di diritto invocabile da Enel Produzione spa.

In via subordinata, nel merito, la parte ha sostenuto la non fondatezza della censura relativa all’asserito contrasto tra le disposizioni impugnate e l’art. 6 della CEDU. La decisione della Corte costituzionale n. 133 del 2005, infatti, aveva imposto la conclusione dell’accordo fra Regione Veneto e Provincia autonoma di Trento, la rinnovazione degli atti e la definizione della disciplina dei rapporti pendenti in materia di concessioni di grandi derivazioni, in coerenza con le funzioni svolte da Regione e Provincia. Tale accordo, poi, non poteva che essere ratificato con legge, secondo quanto stabilito dall’art. 117, ottavo comma, Cost.

5.– Con atto depositato il 16 novembre 2011 si è costituita Enel Produzione spa, parte ricorrente del giudizio a quo, sostenendo la fondatezza della questione.

Quanto al contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU, la parte ha premesso che l’accordo e le leggi regionali di ratifica della Regione Veneto e della Provincia autonoma di Trento sono entrate in vigore mentre era pendente il giudizio davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche, definito con sentenza n. 182 del 2007, e prima che fosse iniziato il giudizio a quo, che ha per oggetto l’eccezione di elusione del giudicato formatosi sulla predetta sentenza. Con ampie citazioni della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la parte rileva che l’art. 6 della CEDU impone al legislatore di uno Stato contraente di non interferire nella amministrazione della giustizia allo scopo d’influire su una singola causa o su di una determinata categoria di controversie.

Ciò premesso, la disciplina introdotta – non essendo dettata da motivi imperativi di interesse generale – pregiudicherebbe Enel Produzione spa, privandola delle garanzie dell’esonero da ogni responsabilità o pregiudizio conseguenti ad eventuali controversie, in ordine alla legittimità e all’esaustività del nulla osta al sub-ingresso nella concessione (art. 7 del contratto datato 19 ottobre 2001).

Inoltre, le disposizioni censurate inciderebbero sul procedimento giudiziario, interferendo con i poteri degli organi giurisdizionali. Da questo punto di vista, esse, attraverso un’incisione retroattiva su diritti già maturati, vanificando decisioni giurisdizionali, e intervenendo su fattispecie sub iudice, oltrepasserebbero i limiti che il legislatore (al di fuori della materia penale) incontra nell’attribuire effetti retroattivi alle norme approvate (è ampiamente citata giurisprudenza di questa Corte), violando i principi di ragionevolezza e di tutela dell’affidamento (art. 3 Cost.), il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e l’autonomia della funzione giurisdizionale (art. 104 Cost.).

Nella specie, le leggi della Regione Veneto e della Provincia autonoma di Trento avrebbero avuto il preciso scopo di interferire con il giudizio promosso da Enel Produzione spa innanzi al Tribunale superiore delle acque pubbliche, condizionandone l’esito. Le norme censurate, infatti, non avrebbero introdotto una disciplina retroattiva generale ed astratta, ma una regolamentazione normativa configurata ad hoc dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Veneto, integrante una fattispecie di legge-provvedimento.

6.– Con atto depositato il 28 novembre 2011, si è costituita Primiero Energia spa, controparte nel giudizio a quo, chiedendo il rigetto delle questioni sollevate.

Svolte alcune premesse in fatto e riassunti i profili della controversia, la parte sostiene l’inammissibilità della questione per carenza di rilevanza. Con la propria ordinanza di rimessione, la Corte di cassazione avrebbe infatti dimostrato d’aver già deciso su tutti i motivi di ricorso proposti da Enel Produzione spa, di talché la questione risulterebbe posta tardivamente e sarebbe, di conseguenza, manifestamente irrilevante. Ciò in quanto i giudici rimettenti avrebbero espressamente condiviso la tesi del Tribunale superiore delle acque pubbliche, secondo cui il giudicato impeditivo della retroattività degli effetti del provvedimento di trasferimento delle concessioni sarebbe stato superato dalla disciplina dettata con le leggi regionale e provinciale e dall’accordo al quale le stesse fanno rinvio recettizio.

Sotto altro profilo, la parte ha rilevato che la concessione originariamente rilasciata ad Enel Produzione spa era scaduta fin dal 19 ottobre 1999. Da tale data in poi la stessa Enel Produzione spa, non potendo vantare diritti sulle centrali o sui relativi utili, non avrebbe nemmeno potuto subire danni da lucro cessante, per effetto di una eventuale illegittimità dell’assegnazione a favore di Primiero Energia spa. In alcun modo, quindi, l’ex concessionaria avrebbe potuto subire una lesione per la disposta retroattività delle norme di cui si discute.

Infine, la parte ha prospettato l’inammissibilità della questione in virtù della asserita coincidenza tra il petitum, posto ad oggetto del giudizio costituzionale incidentale, e il petitum del processo a quo, ritenendo, in sostanza, che l’accoglimento della questione implicherebbe de plano l’annullamento dell’atto amministrativo impugnato.

Nel merito, la società Primiero Energia assume che le leggi in esame avrebbero previsto la retroattività dei propri effetti avvalendosi del potere di cui all’art. 73, ultimo comma, Cost. Sul punto, la giurisprudenza costituzionale avrebbe stabilito che la legge civile può disporre con efficacia retroattiva, rispettando i criteri di ragionevolezza, parità di trattamento, tutela dell’affidamento, coerenza e certezza dell’ordinamento, rispetto delle funzioni del sistema giudiziario e assenza di contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti. Né tale possibilità sarebbe esclusa dall’art. 6 della CEDU, tenuto anche conto che, nella specie, l’intervento normativo era finalizzato non ad influire sul procedimento giurisdizionale in corso, bensì a sanare una situazione giuridica illegittima (determinata dalla mancata intesa con la Regione), ottemperando alle sentenze del Tribunale superiore delle acque pubbliche e della Corte costituzionale.

La parte costituita, inoltre, osserva che la prospettata illegittimità costituzionale potrebbe implicare il tentativo di “riformare” la sentenza della Corte costituzionale n. 133 del 2005, violando l’art. 137 Cost. che esclude qualunque forma di impugnazione contro le decisioni della stessa Corte.

Infine, Primiero Energia spa ricorda che la sentenza citata da ultimo aveva annullato il nulla osta esclusivamente per un vizio procedimentale, costituito dalla mancanza dell’intesa tra Provincia autonoma di Trento e Regione Veneto, e sostiene che, in ogni caso, le leggi intervenute a ratifica dell’accordo non potrebbero essere oggetto di «controllo di legittimità della Corte costituzionale», trattandosi del frutto di una «valutazione di natura politica», compiuta mediante uso del potere discrezionale spettante ai Consigli regionale e provinciale.

7.– Con atto depositato il 28 novembre 2011, si è costituita la Regione Veneto, intimata nel giudizio a quo, sollecitando il rigetto della questione sulla base, in sostanza, delle medesime considerazioni svolte da Primiero Energia spa nel proprio atto di costituzione.

La Regione osserva, in aggiunta, che la questione sarebbe inammissibile nella misura in cui è riferita ai principi di ragionevolezza ed uguaglianza, poiché il giudice rimettente non avrebbe indicato alcun tertium comparationis sul quale misurare, appunto, la legittimità della disciplina censurata.

Circa la retroattività delle leggi regionale e provinciale, la parte ritiene che la scelta di far retroagire la concessione, alla data in cui Primiero Energia spa è subentrata a Enel Produzione spa nella gestione degli impianti, sarebbe certamente ragionevole, alla luce dell’esigenza di tutelare la continuità del legittimo esercizio di un’attività di fondamentale importanza quale la produzione dell’energia elettrica.

Non si sarebbe, dunque, verificata alcuna lesione del principio dell’affidamento riposto sulla certezza dell’ordinamento giuridico, specialmente in materia processuale, e del rispetto della funzione giudiziaria.

Le disposizioni legislative censurate, infine, non sarebbero elusive del giudicato di cui alla sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche n. 182 del 2007, che annullava il nulla osta provvisorio per un vizio di mera forma, ed anzi varrebbero ad emendare quel vizio.

8.– Il 19 luglio 2012 Enel Produzione spa ha depositato una memoria, replicando, tra l’altro, alle osservazioni formulate dalla Provincia autonoma di Trento e ribadendo le ragioni dell’asserita illegittimità costituzionale delle norme impugnate.

In primo luogo, circa l’eccepita inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza, la parte, citando sentenze della Corte costituzionale, invoca il principio per cui il riscontro dell’interesse ad agire e la verifica della legittimazione delle parti sono rimessi alla valutazione del giudice rimettente e non sono suscettibili di riesame, ove sorrette da una motivazione non implausibile.

Inoltre, la parte ricorda che l’eccezione concernente una presunta carenza del suo interesse ad agire, già respinta dal Tribunale superiore delle acque pubbliche con la sentenza n. 112 del 2009, era stata riproposta con ricorso incidentale dinanzi alla Corte di cassazione, e che quest’ultima ha definito inammissibile il ricorso relativo con la stessa ordinanza di rimessione. Di conseguenza – assume la parte – tanto il Tribunale superiore delle acque pubbliche che la Corte di cassazione avrebbero definitivamente accertato e giudicato che, a dispetto di quanto insistentemente rappresentato dalla difesa della Provincia autonoma di Trento, Enel Produzione spa sarebbe stata pregiudicata dal prematuro (ed illegittimo) trasferimento delle concessioni a Primiero Energia spa nel 2001, poiché avrebbe avuto interesse a procrastinare la voltura in caso di mancanza di valido nulla osta.

L’eccezione di inammissibilità formulata dalla Provincia autonoma di Trento sarebbe infondata, del resto, anche perché l’ordinanza di rimessione soddisferebbe appieno l’esigenza di dar conto, nella sua motivazione, delle ragioni per le quali la questione proposta riveste i caratteri, oltre che della non manifesta infondatezza, della rilevanza nel giudizio a quo. In sintesi, detta rilevanza risiederebbe nel fatto che le disposizioni legislative censurate, emanate durante il giudizio innanzi al Tribunale superiore delle acque pubbliche ed aventi efficacia retroattiva, avrebbero fornito la «copertura» normativa con la quale lo stesso Tribunale superiore ha potuto superare il giudicato di cui alla sua precedente sentenza n.182 del 2007, respingendo i motivi di ricorso proposti da Enel Produzione spa. In assenza di tali leggi, i suddetti vizi (e, in particolare, il vizio di violazione del giudicato) avrebbero invece comportato l’annullamento del provvedimento della Provincia autonoma di Trento del 2008, il quale si era posto in contrasto con la richiamata sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche n. 182 del 2007, disponendo la retroattività (a partire dal 2001) del subentro di Primiero Energia spa nella concessione di grande derivazione idroelettrica.

Enel Produzione spa ribadisce poi la fondatezza della questione, sottolineando come, nel caso in esame, non si possano ravvisare motivi imperativi d’interesse generale idonei a giustificare l’effetto retroattivo di atti normativi che, peraltro, hanno concretamente interferito sulla controversia in corso. Del resto, osserva ancora la parte, neppure un’attenta lettura dell’accordo del 2005 (e delle relative leggi di ratifica) permetterebbe di identificare una ragione di interesse generale o imperativa che potesse giustificare il subentro ex tunc di Primiero Energia spa nella concessione, in violazione del giudicato. Né il legislatore regionale e provinciale (è citata la sentenza di questa Corte n. 303 del 2011), né le controparti processuali avrebbero indicato i principi, i diritti e i beni di rilievo costituzionale che il suddetto accordo avrebbe inteso tutelare, non potendo le questioni patrimoniali, afferenti la ripartizione dei canoni tra Regione e Provincia autonoma, giustificare un intervento retroattivo sulla decorrenza del trasferimento della concessione da Enel Produzione spa a Primiero Energia spa. Non sarebbe sostenibile neppure che la sentenza della Corte costituzionale giustifichi un tale intervento retroattivo, come adombrato nell’atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento. Altro infatti sarebbe procedere alla rinnovazione degli atti annullati, rispettando la prescrizione della previa intesa, altro sarebbe, intenzionalmente e specificamente, disporre, per mere finalità di carattere patrimoniale ed a scopi di interferenza sul giudizio in corso, che la concessione a Primiero Energia spa si debba considerare conferita a far tempo dal 2001.

Ancora, le leggi impugnate non si sottrarrebbero alla censura di violazione dell’art. 6 della CEDU, norma interposta rispetto all’art. 117, primo comma, Cost., né a quella dell’art. 111 Cost. Esse, inoltre, violerebbero gli artt. 3 e 104 Cost., superando i limiti che l’ordinamento costituzionale pone al legislatore nell’attribuire effetti retroattivi alle nuove norme. Ciò, ancora una volta, in quanto si tratterebbe di norme dettate al solo scopo di interferire con i giudizi promossi da Enel Produzione spa innanzi al Tribunale superiore delle acque pubbliche, condizionandone in modo decisivo l’esito.

9.– Il 26 luglio 2012, la Provincia autonoma di Trento ha depositato memoria con la quale replica alle deduzioni di Enel Produzione spa, contestando, anzitutto, l’interpretazione della clausola di garanzia inclusa nel contratto di alienazione dei beni afferenti la concessione, a suo tempo intercorso tra Enel Produzione spa e Primiero Energia spa. Tale clausola, secondo la Provincia, lungi dal prospettare una proroga della concessione scaduta o una qualsiasi forma di indennizzo per Enel Produzione spa, doveva solo garantire quest’ultima riguardo ad eventuali azioni di regresso promosse dalla società Primiero Energia, ove il nulla osta fosse venuto meno e si fosse dunque prospettata una risoluzione del contratto. La clausola, dunque, non avrebbe ingenerato un legittimo affidamento in capo ad Enel Produzione spa, la cui provvisoria gestione degli impianti, dalla scadenza del 1999 fino al contratto di alienazione, non aveva generato alcun diritto alla proroga del rapporto concessorio.

La Provincia autonoma osserva, inoltre, che il Tribunale superiore delle acque pubbliche, con la sentenza n. 187 (recte: 182) del 2007, sarebbe incorso in errore nell’affermare che la mancanza di un valido nulla osta (ottenibile dopo l’intesa con la Regione Veneto) avrebbe avuto il probabile effetto di procrastinare la volturazione del titolo. Ciò perché Enel Produzione spa non era più titolare della concessione, ed i beni e le infrastrutture per il relativo sfruttamento erano passati nella titolarità di Primiero Energia spa a seguito del contratto di vendita già menzionato. Inoltre, la stessa Primiero Energia spa era subentrata nell’esercizio della concessione – con l’immissione in possesso in data 1° agosto 2001 – ed aveva effettivamente gestito la centrale: non vi sarebbero dunque margini per riconoscere ad Enel Produzione spa «una locupletazione per l’attività che in realtà non avrebbe potuto più svolgere (cioè gestire la concessione) per scadenza del titolo, non più rinnovabile».

Secondo la parte, l’accordo ratificato non avrebbe sanato provvedimenti illegittimi, ma avrebbe rinnovato l’atto negoziale risalente al 2001, confermandone gli effetti. Del resto sia la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche n. 112 del 2009, impugnata nel giudizio a quo, sia l’ordinanza di rimessione della Corte di cassazione, rigettando la tesi di Enel Produzione spa, avrebbero stabilito che il dedotto giudicato impeditivo sarebbe superato dalla disciplina dettata con le leggi regionale e provinciale di ratifica dell’accordo.

Infine, la Provincia autonoma di Trento contesta in radice che le leggi censurate abbiano esercitato una efficacia retroattiva, avendo piuttosto formalizzato l’intesa fra la Regione Veneto e la Provincia autonoma di Trento, in ottemperanza della sentenza n. 133 del 2005 della Corte costituzionale, senza alcuna interferenza retroattiva rispetto ai rapporti giuridici intercorsi tra Provincia, Enel Produzione spa e Primiero Energia spa.

10.– Il 22 maggio 2015, in prossimità dell’udienza, tutte le parti costituite hanno depositato una congiunta istanza di rinvio della trattazione della causa, riferendo che, in data 16 settembre 2014, è stata sottoscritta una transazione che definisce il contenzioso in atto, e preannunciando la presentazione presso la Corte di cassazione di un’istanza congiunta per la dichiarazione di cessazione della materia del contendere nel giudizio a quo, dichiarazione la quale «avrà come conseguenza la sopravvenuta irrilevanza della questione di costituzionalità sollevata nel corso del giudizio a quo, che non concerne una questione di interesse generale».

Considerato in diritto

1.– La Corte di cassazione, sezioni unite civili, nel procedimento che oppone Enel Produzione spa a Primiero Energia spa, Provincia autonoma di Trento e Regione Veneto, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 104 e 117, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 23 novembre 2006, n. 26 (Ratifica dell’accordo tra la Regione del Veneto e la Provincia Autonoma di Trento per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico interessanti i rispettivi territori), e degli artt. 1 e 2 della legge della Provincia autonoma di Trento 5 febbraio 2007, n. 1 (Ratifica ed esecuzione dell’accordo tra la Provincia autonoma di Trento e la Regione del Veneto per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico interessanti il territorio della provincia di Trento e della regione Veneto), con riguardo, per tutte le norme indicate, all’art. 10 dell’«Accordo tra Provincia autonoma di Trento e Regione del Veneto per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico attualmente in essere interessanti il territorio della Provincia autonoma di Trento e della Regione del Veneto», sottoscritto disgiuntamente il 25 ed il 29 novembre 2005.

Le disposizioni censurate ratificano, ai sensi dell’art. 117, ottavo comma, Cost., l’intesa intervenuta tra Regione e Provincia autonoma, nel novembre del 2005, riguardo al regime concessorio di alcune grandi derivazioni idroelettriche, che interessano il territorio di entrambi gli enti territoriali.

All’art. 10 di tale intesa, allegata alle due leggi, è stabilito, in particolare, che la Regione Veneto «esprime il proprio assenso alla concessione a Primiero Energia s.p.a. della grande derivazione idroelettrica relativa agli impianti di Val Schener e Moline con derivazione dai torrenti Cismon e Vanoi (Provincia di Trento) e Val Rosna (Provincia di Belluno), di cui al R.D. 8 dicembre 1927, n. 4580 e successive modifiche, con decorrenza dal 19 ottobre 2001».

Secondo il giudice a quo, l’art. 10 dell’accordo – nella parte appena citata, che stabilisce la decorrenza retroattiva della titolarità della concessione – introdurrebbe una disciplina normativa primaria incostituzionale.

Tale disciplina si porrebbe, in primo luogo, in contrasto con gli artt. 3 e 104 Cost., violando esigenze di ragionevolezza, di eguaglianza, di tutela dell’affidamento e di rispetto della funzione giurisdizionale. Inoltre, essa lederebbe l’art. 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. Pur non essendo precluso al legislatore di intervenire in materia civile con disposizioni retroattive, il principio dello Stato di diritto e la nozione di processo equo sancita dall’art. 6 della CEDU vieterebbero, infatti, ogni interferenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia destinata a influenzare l’esito di una controversia giudiziaria, fatta eccezione per motivi imperativi di interesse generale. In ogni processo, la garanzia della parità delle armi comporterebbe l’obbligo di dare alle parti la possibilità di perseguire le proprie azioni giudiziarie, senza essere poste in condizione di sostanziale svantaggio rispetto agli avversari.

La «legificazione» dell’intesa interferirebbe, invece, nella controversia che oppone Enel Produzione spa a Primiero Energia spa, Provincia autonoma di Trento e Regione Veneto, incidendo negativamente sulla sfera giuridica della prima. Senza essere motivato da imperative ragioni d’interesse generale, l’intervento normativo censurato avrebbe, infatti, l’effetto di privare Enel Produzione spa della garanzia inserita nell’atto pubblico del 19 ottobre 2001, con il quale le parti avevano proceduto al trasferimento in favore di Primiero Energia spa della proprietà degli impianti relativi alla concessione di Val Schener e Moline, garanzia che prevede l’esonero di Enel Produzione spa da ogni responsabilità o pregiudizio conseguenti ad eventuali controversie in ordine alla legittimità e all’esaustività del nulla osta al sub-ingresso di Primiero Energia spa nella titolarità della concessione.

2.– In via preliminare, occorre rilevare che, con provvedimento collegiale comunicato in udienza, non è stata accolta la richiesta di rinvio della trattazione della questione, presentata congiuntamente dalle parti costituite in prossimità dell’udienza medesima, sul presupposto della sottoscrizione di una transazione che dovrebbe condurre, secondo gli instanti, alla dichiarazione della cessazione della materia del contendere nel giudizio a quo. Una tale dichiarazione non determinerebbe affatto, come asserito dalle parti, la «irrilevanza» della questione di costituzionalità. Ciò, in virtù del principio di autonomia del giudizio costituzionale rispetto al giudizio principale (art. 18 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale), la cui sorte non lo influenza (da ultimo, ex multis, sentenze n. 274 del 2011 e n. 227 del 2010; con riferimento all’analoga norma contenuta in precedenza nell’art. 22 delle norme integrative, sentenza n. 244 del 2005 e ordinanza n. 270 del 2003). Non potrebbe dirsi d’altra parte, e per quanto possa rilevare, che la disciplina censurata esaurisca i suoi effetti nella regolazione dei rapporti tra le parti, essendo per il resto la questione priva, come pure asserito, di interesse generale. La disciplina stessa, infatti, regola primariamente rapporti tra due enti territoriali.

3.− La questione, così come posta, è inammissibile per plurimi motivi tra loro concorrenti (ordinanza n. 181 del 2009), ovvero sia per carenza di motivazione sulla rilevanza, sia per carenza di motivazione sulla non manifesta infondatezza.

3.1.– In primo luogo, l’ordinanza di rimessione risulta non sufficientemente motivata in punto di rilevanza.

La costante giurisprudenza di questa Corte ritiene sufficiente che il rimettente proponga una giustificazione plausibile con riguardo alla rilevanza della questione, e riconosce finanche forme implicite di motivazione al proposito, sempreché, dalla descrizione della fattispecie, il carattere pregiudiziale della stessa questione emerga con immediatezza ed evidenza (ad esempio, sentenze n. 201 del 2014 e n. 369 del 1996).

Nel caso di specie i giudici rimettenti evocano sinteticamente, e però non sviluppano affatto, un asserito legame tra la ricordata clausola di garanzia a favore di Enel Produzione spa e l’esistenza di un valido nulla osta al sub-ingresso nella titolarità della concessione, osservando che, in mancanza del provvedimento poi annullato, la volturazione delle concessioni sarebbe stata procrastinata nel tempo, a vantaggio di Enel Produzione spa (la quale – questa almeno sembra l’argomentazione del giudice a quo – avrebbe potuto giovarsi del ritardo, continuando a gestire gli impianti e traendone i relativi profitti).

Se un cenno siffatto può sostenere l’esistenza dell’interesse a ricorrere di Enel Produzione spa, l’unica notazione specificamente riferibile alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale risulta il riferimento, altrettanto succinto, nella parte finale dell’ordinanza, all’effetto negativo in tesi provocato dalla disciplina censurata sulla sfera giuridica di Enel Produzione spa, che si vedrebbe privata della garanzia dell’esonero da ogni responsabilità o pregiudizio conseguenti ad eventuali controversie in ordine alla legittimità e all’esaustività del nulla osta al sub-ingresso (art. 7 del contratto 19 ottobre 2001).

Non è spiegato in che senso i vizi della procedura amministrativa, poi rinnovata, possano tradursi in effetti negativi per alcuna delle parti del giudizio a quo, e manca quindi una motivazione sufficiente sulla rilevanza. Né è possibile, stante il principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione in relazione alle condizioni di ammissibilità della questione di legittimità costituzionale (ex multis, ordinanza n. 52 del 2015), un riferimento, in funzione integratrice, agli argomenti proposti sul punto dalle parti, che sulla pertinenza del rinvio alla clausola di garanzia hanno viceversa speso, anche nel presente giudizio di legittimità costituzionale, dovizia e varietà di argomentazioni, a seconda dei rispettivi punti di vista (con specifico riguardo all’irrilevanza degli atti di parte in chiave integrativa, da ultimo, ordinanza n. 192 del 2013).

Decisivo è soprattutto il rilievo che, essendo sollevata questione di costituzionalità relativa alla ratifica con legge di un’intesa tra enti territoriali, destinata primariamente a regolare i reciproci rapporti, anche economici, avrebbero dovuto essere descritti e argomentati, e non solo enunciati in termini generici, gli effetti di tale intesa sui rapporti tra le parti del giudizio a quo, e in particolare sulla sfera giuridica della parte ricorrente.

L’assenza di qualunque indicazione sul punto determina, quindi, un vizio non emendabile di motivazione sulla rilevanza della questione.

3.2.– La questione è inammissibile anche per carente illustrazione delle ragioni di contrasto tra le disposizioni censurate e gli invocati parametri costituzionali.

Per costante giurisprudenza di questa Corte (ex multis, sentenza n. 236 del 2011, ordinanze n. 26 del 2012, n. 321 del 2010, n. 181 del 2009), è infatti inammissibile la questione di legittimità costituzionale posta senza un’adeguata ed autonoma illustrazione, da parte del giudice rimettente, delle ragioni per le quali la normativa censurata integrerebbe una violazione del parametro costituzionale evocato. Non basta, in altre parole, l’indicazione delle norme da raffrontare, per valutare la compatibilità dell’una rispetto al contenuto precettivo dell’altra, ma è necessario motivare il giudizio negativo in tal senso e, se del caso, illustrare i passaggi interpretativi operati al fine di enucleare i rispettivi contenuti di normazione.

Il giudice rimettente lamenta la violazione degli artt. 3, 104 e 117, primo comma, Cost. (quest’ultimo, in relazione all’art. 6 della CEDU), sul presupposto che le norme censurate avrebbero influenza sulla definizione della controversia pendente tra le parti. Ma la suddetta violazione risulta solo apoditticamente affermata, e non invece sufficientemente argomentata, con riferimento a ciascuno dei ricordati parametri costituzionali.

Con riguardo all’asserita violazione degli artt. 3 e 104 Cost., la Corte rimettente si limita a rilevare che le norme censurate sono entrate in vigore nella pendenza del primo procedimento promosso da Enel Produzione spa. Immediatamente dopo è compiuta una rapida citazione di giurisprudenza costituzionale concernente le leggi con efficacia retroattiva (nella quale si afferma che tali leggi devono essere ragionevoli, non lesive di interessi costituzionalmente protetti e del principio di affidamento, rispettose della funzione giudiziaria, con il «conseguente divieto di intervenire sugli effetti del giudicato e delle fattispecie sub judice»). Ad essa segue l’apodittica affermazione che, «dunque», non sarebbe manifestamente infondato, nella specie, «il dubbio sulla legittimità costituzionale della disciplina risultante dagli atti normativi di cui si tratta per contrasto con gli artt. 3 e 104 Cost.».

Nessuna argomentazione è così svolta con riguardo, per esempio, alla qualità e all’oggetto dell’affidamento che le parti del processo a quo potevano legittimamente riporre (in quale disciplina, rispetto a quali eventi), ovvero con riferimento ai profili di irragionevolezza attribuibili alla scelta compiuta in punto di decorrenza degli effetti della concessione. Dall’ordinanza di rimessione, anzi, non si evince alcun concreto elemento che valga a denunciare l’effettiva irragionevolezza dell’opzione effettuata con l’intesa poi ratificata dalle leggi regionale e provinciale, la quale doveva necessariamente risolvere, tra l’altro, le questioni patrimoniali relative ai canoni spettanti, ab origine, anche alla Regione Veneto.

Analogamente, con riferimento all’asserita violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU, il giudice a quo si limita ad una sommaria citazione di massime tratte dalla giurisprudenza della Corte EDU in materia di equo processo e di norme «destinat[e] a influenzare l’esito della controversia», cui segue l’affermazione che la disciplina censurata inciderebbe negativamente sulla sfera giuridica di una delle parti. Da ultimo, compare la mera ed apodittica enunciazione che detta disciplina «non appare dettata da motivi imperativi di interesse generale».

La stessa asserita elusione del giudicato, che assume notevole importanza nell’economia del giudizio a quo, non è argomentata con riferimento alla violazione del corrispondente parametro costituzionale. Il giudice rimettente lascia, anzi, intendere che le disposizioni legislative censurate non hanno né “voluto” né potuto influire su un giudicato in senso tecnico, per la semplice ragione che hanno preceduto la prima sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche. Non si comprende, allora, di quale giudicato ragioni il rimettente, quando evoca genericamente le relative massime della giurisprudenza costituzionale e sovranazionale.

In realtà, l’intera corrispondente porzione dell’ordinanza, nella parte in cui prospetta la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU, resta priva di una ragionevole spiegazione di pertinenza, anche solo implicita, in riferimento al caso concreto.

4.− Le rilevate ragioni di inammissibilità assorbono la valutazione e la decisione sulle eccezioni che, sempre con riguardo all’inammissibilità delle questioni, sono state sollevate dalle parti.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Veneto 23 novembre 2006, n. 26 (Ratifica dell’accordo tra la Regione del Veneto e la Provincia Autonoma di Trento per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico interessanti i rispettivi territori), e degli artt. 1 e 2 della legge della Provincia autonoma di Trento 5 febbraio 2007, n. 1 (Ratifica ed esecuzione dell’accordo tra la Provincia autonoma di Trento e la Regione del Veneto per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico interessanti il territorio della provincia di Trento e della regione Veneto), in relazione, per tutte le norme indicate, all’art. 10 dell’«Accordo tra Provincia autonoma di Trento e Regione del Veneto per l’esercizio delle funzioni amministrative relative alle concessioni di grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico attualmente in essere interessanti il territorio della Provincia autonoma di Trento e della Regione del Veneto», sottoscritto disgiuntamente il 25 ed il 29 novembre 2005, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 104 e 117, primo comma, della Costituzione (in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848), dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 2015.

F.to:

Marta CARTABIA, Presidente

Nicolò ZANON, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2015.