Sentenza n. 251 del 2014

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SENTENZA N. 251

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                     Presidente

-           Giuseppe                    FRIGO                                     Giudice

-           Alessandro                 CRISCUOLO                                           ”

-           Paolo                          GROSSI                                        ”

-           Giorgio                       LATTANZI                                   ”

-           Aldo                           CAROSI                                        ”

-           Marta                          CARTABIA                                  ”

-           Sergio                         MATTARELLA                            ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                     ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                 ”

-           Giuliano                      AMATO                                        ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 11-nonies, commi 1, lettere a) e b), e 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, promossi dal Consiglio di Stato con due ordinanze del 4 marzo 2013, iscritte ai nn. 126 e 127 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visti gli atti di costituzione della Adf – Società Aeroporto di Firenze Spa e della Sagat Spa, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 7 ottobre 2014 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l’avvocato Angelo Piazza per la Adf – Società Aeroporto di Firenze Spa e per la Sagat Spa e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con distinte ordinanze di analogo contenuto, in data 4 marzo 2013 (reg. ord. nn. 126 e 127 del 2013), la sesta Sezione del Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 41, e 77, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11-nonies, commi 1, lettere a) e b), e 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248.

Il Consiglio di Stato ha sollevato le suddette questioni di legittimità costituzionale nell’ambito di giudizi in appello, proposti rispettivamente da Adf-Società Aeroporto di Firenze Spa per la riforma della sentenza emessa dal TAR del Lazio, sezione III-ter, del 4 giugno 2007, n. 5142 (reg. ord. n. 126 del 2013) e da Sagat Spa., gestore dell’aeroporto di Torino Caselle, per la riforma della sentenza emessa dal TAR del Lazio, sezione III-ter, del 4 giugno 2007, n. 5144 (reg. ord. n. 127 del 2013). Con le sentenze impugnate il TAR ha respinto i ricorsi proposti avverso l’atto di indirizzo 31 dicembre 2005 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e le note 20 gennaio 2006, nn. 4071 e 4072 dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) e 21 febbraio 2006, n. 900411 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con i quali si è data attuazione alla nuova disciplina in materia di diritti aeroportuali.

2.– La nuova disciplina in materia di diritti aeroportuali era stata originariamente disposta dal decreto-legge 17 ottobre 2005, n. 211 (Misure urgenti per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e disposizioni in materia aeroportuale), articoli da 4 a 11, i quali prevedevano la riduzione dei diritti aeroportuali dovuti alle società di gestione, stabilendo tra le altre cose: l’abrogazione della maggiorazione nelle ore notturne e l’esclusione dell’aumento dovuto per l’adeguamento al tasso d’inflazione, nonché la riduzione per una quota non inferiore al 50 per cento del margine conseguito dal gestore aeroportuale in relazione allo svolgimento, nell'ambito del sedime aeroportuale, di attività non regolamentate, vale a dire le attività commerciali comuni, quali la vendita di abbigliamento o altro.

In fase di conversione, il contenuto delle suddette disposizioni è stato inserito dall’originario decreto-legge, n. 211 del 2005, come maxi-emendamento governativo, su cui veniva posta la fiducia, nella legge di conversione del decreto-legge n. 203 del 2005. Le nuove norme sui diritti aeroportuali, quali già previste dagli articoli da 4 a 11 del decreto-legge n. 211 del 2005, sono dunque state approvate immutate con la legge n. 248 del 2005, di conversione del decreto legge n. 203 del 2005, artt. 11-sexies a 11-terdecies; nel contempo il decreto-legge n. 211 del 2005 è stato lasciato decadere per mancata conversione in legge.

Il Collegio rimettente ha poi precisato che, con nota del 16 novembre 2005, l’ENAC ha sottoposto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti alcuni dubbi interpretativi sulle nuove disposizioni. Il Ministro ha emanato, quindi, l’atto di indirizzo 31 dicembre 2005, precisando che le società aeroportuali avrebbero dovuto attestare l’adozione, alla data del 31 dicembre 2005, del sistema di contabilità analitica, indicando la formula da applicare per la riduzione dei diritti medesimi in ottemperanza alla nuova disciplina. L’ENAC, con nota 20 gennaio 2006, n.4071, ha comunicato i chiarimenti acquisiti e, con la successiva nota 20 gennaio 2006, n. 4072, ha attivato il procedimento di revisione dei diritti, in attuazione del censurato art. 11-nonies del decreto-legge n. 203 del 2005 convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge n. 211 del 2005. Con nota 21 febbraio 2006, n. 900411, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha infine chiarito che la nuova disciplina era già applicabile, tra le altre, anche alle società di gestione esponenti.

Sulla base di tali atti amministrativi, attuativi della nuova disciplina, veniva quindi ridotta la misura dei diritti aeroportuali dovuti dalle società di gestione che ricorrevano al TAR del Lazio, che respingeva i rispettivi ricorsi con le citate sentenze del 4 giugno 2007.

Nelle more del giudizio di impugnazione dinanzi al Consiglio di Stato, il legislatore ha dettato una nuova disciplina dei diritti aeroportuali con il decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture, e la competitività), convertito dall’art. 1, comma 1, della legge 24 febbraio 2012, n.14, il cui art. 76, comma 1, richiama, peraltro, il citato art. 11-nonies, stabilendo che «[a]l fine dell’applicazione del sistema dei diritti aeroportuali, l’Autorità di vigilanza, nel rispetto dei principi e dei criteri di cui all’art. 11-nonies del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, predispone specifici modelli tariffari, calibrati sulla base del traffico annuo di movimenti passeggeri registrato, al fine di assicurare che i diritti applicati agli utenti degli aeroporti rispondano ai principi di cui all’art. 80, comma 1».

3.– In punto di rilevanza, il Consiglio di Stato, dato atto dello jus superveniens di cui sopra, ha ritenuto che quest’ultimo non abbia fatto venire meno l’interesse dei ricorrenti alla contestazione delle disposizioni sospettate di illegittimità. In particolare è stato ritenuto permanere l’interesse in ordine alla disposizione di cui all’art. 11-nonies, comma 1, lettera a), in quanto fissa criteri di determinazione dei diritti aeroportuali ancora applicabili alla parte in quanto «quadro normativo di riferimento» del contratto di programma, in base al quale viene applicato alle società di gestione il meccanismo del cosiddetto “single till” nella determinazione dei diritti aeroportuali, vale a dire il meccanismo per il quale sono stati abbattuti, in misura corrispondente al 50% del margine commerciale conseguito dal gestore aeroportuale, i diritti dovuti in relazione allo svolgimento di attività non regolamentate nell’ambito del sedime aeroportuale.

Analogamente, in relazione all’art. 11-nonies, lettera b), è stato ritenuto permanere l’interesse dei ricorrenti medesimi, in quanto la disposizione ha trovato applicazione nella parte in cui esclude la maggiorazione del 50% dei diritti aeroportuali dovuti nei casi di approdo o partenza nelle ore notturne, così come nella parte in cui estende il meccanismo del citato single till ai corrispettivi per i servizi di sicurezza e per la determinazione della tassa d’imbarco.

L’art. 11-nonies, comma 2, ha poi trovato applicazione nei confronti dell’appellante per gli anni 2006, 2007 e 2008, nella parte in cui abroga l’adeguamento delle tariffe aeroportuali al tasso d’inflazione.

I dubbi di legittimità costituzionale sulle menzionate disposizioni sono stati, quindi, ritenuti rilevanti nei procedimenti a quibus, in quanto la caducazione delle disposizioni censurate comporterebbe l’annullamento dei provvedimenti impugnati, con conseguente soddisfazione dell’interesse della parte appellante al riconoscimento di un maggiore importo dei diritti da corrispondere.

4.– In punto di non manifesta infondatezza, lo stesso Collegio rimettente ha escluso – all’esito del parere richiesto sul punto alla Commissione europea (di cui alla nota 30 novembre 2012 della medesima Commissione) – che, in relazione alle disposizioni di cui sopra, possa configurarsi un aiuto di Stato in contrasto con gli artt. 107 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. La misura, infatti, non apparirebbe avere carattere selettivo, né risulterebbe provato, in ogni caso, il ricorso a risorse statali, elementi che devono, appunto, ritenersi necessari ai fini della configurazione di un aiuto di Stato vietato ai sensi della normativa comunitaria.

Il Consiglio di Stato dubita, invece, della legittimità costituzionale del citato art. 11-nonies, comma 1, lettere a) e b), e comma 2, in relazione all’art. 77, secondo comma, Cost., in quanto le disposizioni citate sarebbero state inserite nella sola legge di conversione di un decreto-legge avente materia e finalità del tutto estranee alla disciplina in tal modo introdotta.

Infatti, secondo il Collegio rimettente, le ragioni della decretazione d’urgenza sono state indicate nel preambolo del decreto-legge n. 203 del 2005 come segue: «ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni per un più incisivo contrasto del fenomeno dell’evasione fiscale, nonché altre disposizioni tributarie e finanziarie urgenti». Ad avviso del Consiglio di Stato, risulterebbe palese che le disposizioni sui diritti aeroportuali introdotte con la legge di conversione esulino dall’ambito del decreto-legge come descritto nel citato preambolo e nel titolo dello stesso. In particolare, dovrebbe escludersi che la disciplina dei diritti aeroportuali rientri nella materia tributaria e finanziaria, posto che si tratta di corrispettivi per un servizio erogato, come risulta dall’art. 39-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 – secondo cui le disposizioni in materia di diritti aeroportuali si interpretano nel senso che dalle medesime non sorgono obbligazioni tributarie – e come chiarito dalle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione nella sentenza n. 379 del 2008.

In presenza di simile disomogeneità di materia, finalità e ratio delle disposizioni introdotte in sede di conversione rispetto all’originario decreto-legge, si sarebbe quindi verificata una violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., come precisato dalla sentenza n. 22 del 2012 di questa Corte.

Inoltre, il Consiglio di Stato ha rimarcato che le medesime disposizioni sarebbero state oggetto di un «maxiemendamento governativo» su cui è stata posta la questione di fiducia, così da far venire meno la motivazione del Governo sulla necessità e urgenza, oltre che il controllo del Presidente della Repubblica sui citati presupposti e il dibattito parlamentare sulle relative previsioni.

5.– In via subordinata, il Collegio rimettente ritiene che le medesime disposizioni contrastino con gli artt. 3 e 41 Cost., sotto il profilo della violazione dei principi di uguaglianza e di tutela della concorrenza, nella parte in cui decurtano i diritti aeroportuali tramite il citato meccanismo del single till e mediante l’abolizione della maggiorazione per voli notturni e l’esclusione dell’adeguamento al tasso d’inflazione, ciò in quanto da un esame comparatistico sarebbe risultato che, nella maggioranza degli aeroporti dell’Unione europea, la fissazione dei diritti aeroportuali è frutto di un accordo tra gestori e vettori e vige, in vario modo, la maggiorazione per i voli notturni.

6.– Con atti di analogo contenuto, depositati entrambi in data 24 giugno 2013, si sono costituite, rispettivamente, nei procedimenti di cui ai ricorsi n. 126 del 2013 e n. 127 del 2013, le società Adf-Società Aeroporto di Firenze Spa e Sagat Spa, gestore dell’aeroporto di Torino Caselle, chiedendo che questa Corte dichiari l’illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate, nella totale condivisione delle censure sollevate dal Consiglio di Stato, che sono state nuovamente illustrate e ribadite.

7.– Con atti del medesimo tenore, depositati entrambi in data 25 giugno 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri è intervenuto nei procedimenti relativi ai ricorsi indicati in epigrafe, chiedendo che le questioni vengano dichiarate manifestamente infondate.

In particolare, l’Avvocatura generale dello Stato ha rimarcato che, all’epoca della conversione in legge del decreto censurato, le disposizioni sui diritti aeroportuali venivano prevalentemente fatte rientrare nella materia tributaria, come affermato dalle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione nella sentenza n. 22245 del 2006, con la quale si è affermata la competenza della giurisdizione tributaria per la soluzione delle controversie sui diritti relativi all’imbarco dei passeggeri, quali previsti dalla legge 5 maggio 1976, n. 324 (Nuove norme in materia di uso degli aeroporti aperti al traffico aereo civile).

Le disposizioni sui diritti aeroportuali introdotte nella legge di conversione appartengono, dunque, alla materia tributaria e risultano, pertanto, omogenee rispetto all’originario contenuto del decreto-legge n. 203 del 2005, concernente appunto «disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria»: ciò escluderebbe la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost.

Quanto poi alla dedotta violazione degli artt. 3 e 41 Cost., il Presidente del Consiglio dei ministri ha rilevato come, anche a prescindere dall’assoluta genericità della censura, non sussisterebbe nel nostro ordinamento un principio di rango costituzionale che impedisca la regolazione dei diritti aeroportuali per via legislativa.

8.– Con memoria depositata in data 15 settembre 2014, la società Sagat Spa insistito per l’accoglimento delle proposte questioni di legittimità costituzionale. In particolare, sono stati richiamati i principi di cui all’ordinanza n. 34 del 2013 e di cui alla sentenza n. 32 del 2014 di questa Corte, in ordine allo stretto collegamento che deve comunque sussistere tra le disposizioni inserite in sede di conversione e le originarie norme contenute in un decreto-legge pur ab origine a contenuto plurimo. Si è, quindi, rimarcato che il reale scopo delle disposizioni censurate era quello di agevolare la compagnia di bandiera, attraverso la riduzione dei diritti aeroportuali da pagare, così da fornire garanzie sulla ripresa economica di Alitalia alle banche chiamate a ricapitalizzarla. Peraltro, anche lo scopo e la ratio dichiarata di tali disposizioni – vale a dire, migliorare il controllo del traffico aereo, la sicurezza degli impianti e la competitività e lo sviluppo del sistema aeroportuale – avrebbero dovuto considerarsi completamente estranei a quelli – del contrasto al fenomeno dell’evasione fiscale e dell’emanazione di provvedimenti urgenti in materia tributaria e finanziaria – dell’originario decreto-legge.

Sotto questo profilo, sono state rimarcate la natura privatistica e non tributaria dei diritti aeroportuali e la portata retroattiva della legge di interpretazione autentica adottata in materia, sottolineandosi che l’illegittimità costituzionale sarebbe determinata anche dal fatto che le disposizioni censurate sono state inserite in fase di conversione con un maxi-emendamento sottoposto al voto di fiducia, seguendo cioè un iter che ha precluso al Presidente della Repubblica di vagliare la sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza e al parlamento di condurre un adeguato dibattito.

Infine, è stata ulteriormente ribadita la violazione degli artt. 3 e 41 Cost.

9.– Con memoria depositata in data 15 settembre 2014, la società Adf – Società Aeroporto di Firenze Spa ha insistito per l’accoglimento delle proposte questioni di legittimità costituzionale, con argomentazioni analoghe a quelle della società Sagat Spa.

Considerato in diritto

1.– Con distinte ordinanze di analogo contento, in data 4 marzo 2013 (R. O. nn. 126 e 127 del 2013), il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11-nonies, commi 1, lettere a) e b), e 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, per violazione degli artt. 3, 41 e 77, secondo comma, della Costituzione.

In particolare, il Collegio rimettente ha ritenuto che le disposizioni censurate, nella parte in cui modificano la disciplina dei diritti aeroportuali, violino l’art. 77, secondo comma, Cost., per difetto di omogeneità materiale e teleologica tra, da un lato, il contenuto, la finalità e la ratio dell’originario testo del decreto-legge – concernente la materia tributaria e finanziaria e l’evasione fiscale – e, dall’altro, le norme sui diritti aeroportuali, introdotte solo in sede di conversione e oggetto di un «maxiemendamento governativo» su cui è stata posta la questione di fiducia, così da far venire meno la motivazione del Governo sui presupposti di straordinaria necessità e urgenza, il controllo del Presidente della Repubblica sui presupposti medesimi e il dibattito parlamentare sulle relative previsioni.

In via subordinata, il Consiglio di Stato ha dedotto che le medesime disposizioni, nella parte in cui decurtano i diritti aeroportuali - in misura corrispondente al 50% del margine commerciale conseguito dal gestore aeroportuale per lo svolgimento di attività non regolamentate nell’ambito del sedime aeroportuale (art. 11-nonies, comma 1, lettera a), nonché mediante l’abolizione della maggiorazione per voli notturni (art. 11-nonies, comma 1, lettera b) e attraverso l’esclusione dell’adeguamento al tasso d’inflazione (art. 11, comma 2) – determinino la violazione dei principi di uguaglianza e di tutela della concorrenza di cui agli artt. 3 e 41 Cost.

2.– I giudizi promossi con le due ordinanze hanno il medesimo oggetto e, per l’identità delle questioni trattate, debbono essere riuniti e decisi con un’unica sentenza.

3.– Gli interventi della società Adf-Società Aeroporto di Firenze Spa e di Sagat Spa, gestore dell’aeroporto di Torino Caselle devono ritenersi ammissibili, in quanto si tratta dei ricorrenti nei rispettivi procedimenti dinanzi alla giurisdizione amministrativa rimettente e, quindi, parti dei giudizi a quibus (ex plurimis sentenze n. 304 del 2011, n. 138 del 2010 e n.263 del 2009).

4.– In via preliminare va poi rilevato che l’Avvocatura generale dello Stato ha eccepito la genericità della motivazione delle ordinanze di rimessione in ordine alla violazione degli artt. 3 e 41 Cost.

L’eccezione è fondata.

Invero, il Consiglio di Stato si è limitato a enunciare la violazione dei principi di uguaglianza e di tutela della concorrenza ad opera delle disposizioni censurate, nella parte in cui decurtano i diritti aeroportuali, in quanto, da un esame comparatistico, risulterebbe che, nella maggioranza degli aeroporti dell’Unione europea, la fissazione dei diritti aeroportuali è frutto di un accordo tra gestori e vettori e vige, in vario modo, la maggiorazione per i voli notturni.

Da tale succinta motivazione non è dato comprendere quale profilo della libertà di concorrenza sia compromesso dalla nuova disciplina dei diritti aeroportuali. Non è chiaro se si lamenti uno squilibrio delle condizioni di svolgimento dell’attività economica a vantaggio dei vettori – e, in particolare, della società di bandiera – rispetto alle ricorrenti società di gestione aeroportuale (come sembrano opinare, negli atti di intervento, le parti private costituite), oppure se venga allegata una disparità di trattamento tra le società di gestione aeroportuale italiane rispetto a quelle operanti nell’Unione europea (come potrebbe pure sostenersi in base al vago cenno alla comparazione sovranazionale contenuto nelle ordinanze).

Inoltre, non risulta adeguatamente esplorata la normativa comunitaria né quella italiana di ricezione (sia di rango primario, sia di rango secondario), nonché il rapporto tra queste ultime e le fonti negoziali dei diritti aeroportuali. Data la complessità della normativa di settore, per individuare l’asserita violazione degli artt. 3 e 41 Cost. sarebbe stato necessario un più compiuto esame della disciplina in vigore e degli effetti delle modifiche introdotte con le disposizioni impugnate, al fine di comprendere quali fossero gli effettivi profili di disparità concorrenziale che si intendevano far valere.

Parimenti indispensabile – per individuare correttamente e poi apprezzare la censura relativa alla irragionevole alterazione delle regole della concorrenza – sarebbe stata una adeguata allegazione delle ricadute economiche della normativa impugnata in capo ai vari soggetti coinvolti, anche alla luce dei diversi metodi alternativi di computo dei diritti aeroportuali attualmente disponibili e praticati.

In mancanza di questi essenziali elementi di descrizione normativa ed economica, la questione di legittimità costituzionale del citato art. 11-nonies, comma 1, lettere a) e b), e comma 2, per violazione degli art. 3 e 41 Cost., deve essere dichiarata inammissibile per insufficienza e oscurità della motivazione (ex plurimis ordinanze nn. 203 e 133 del 2011), nonché per incompleta ricostruzione del quadro normativo (ex plurimis sentenze n. 204 del 2013, n. 224 del 2012, n. 356 del 2010).

5.– Il difetto di motivazione non è stato eccepito, né sussiste, con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. Tale questione deve, dunque, essere esaminata nel merito.

Il Consiglio di Stato, infatti, lamenta la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., in quanto le disposizioni censurate sono state introdotte, con un maxi-emendamento su cui è stata posta la fiducia, in sede di conversione di un decreto-legge disomogeneo, rispetto a dette disposizioni, per contenuto, finalità e ratio.

La questione non è fondata.

Invero, il decreto-legge n. 203 del 2005, in cui sono state inserite le disposizioni impugnate, reca «[m]isure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria». Il punto di correlazione tra la disciplina dei diritti aeroportuali introdotta in sede di conversione in legge e quella dell’originario decreto può essere identificato, come argomenta l’Avvocatura dello Stato, nella materia tributaria.

Il rimettente dubita che la disciplina dei diritti aeroportuali rientri in tale ambito, posto che si tratterebbe di corrispettivi per un servizio erogato e non di tributi, come chiarito dalle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione nella sentenza n. 379 del 2008 e come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 51 del 2008.

Tuttavia, occorre precisare che, all’epoca della conversione in legge del decreto in questione, la normativa sui diritti aeroportuali veniva prevalentemente fatta rientrare nella materia tributaria, come confermato anche dalle sezioni unite civili della Corte di cassazione nella sentenza n. 22245 del 2006. Del resto, solo successivamente all’entrata in vigore dell’impugnato art. 11-nonies, il legislatore è intervenuto con l’art. 39-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 29 novembre 2007, n. 222, stabilendo che le disposizioni in materia di diritti aeroportuali «si interpretano nel senso che dalle stesse non sorgono obbligazioni di natura tributaria».

Deve, quindi, concludersi che, all’epoca della conversione del decreto-legge n. 203 del 2005, sussisteva una obiettiva incertezza interpretativa sulla natura dei diritti aeroportuali e l’orientamento prevalente tendeva ad ascriverli all’ambito tributario.

D’altro canto, in riferimento al requisito dell’omogeneità, questa Corte ravvisa una violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., in caso di evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di interrelazione tra le disposizioni incorporate nella legge di conversione e quelle dell’originario decreto-legge (sentenze n. 32 del 2014 e n. 22 del 2012). Pertanto, la violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. per difetto di omogeneità si determina solo quando le disposizioni aggiunte siano totalmente «estranee» o addirittura «intruse», cioè tali da interrompere, in parte qua, ogni correlazione tra il decreto-legge e la legge di conversione.

Alla luce dei predetti criteri, tenuto conto del fatto che il decreto-legge originario ricomprende una pluralità di oggetti, tra cui «disposizioni urgenti in materia tributaria», e considerata l’incertezza sulla natura tributaria dei diritti aeroportuali esistente all’epoca dei fatti, le disposizioni impugnate superano il vaglio di legittimità costituzionale, in quanto, in queste condizioni, non possono dirsi prive di ogni plausibile legame con quelle originarie contenute nel decreto-legge.

Il rilievo di cui sopra deve ritenersi avere valore assorbente rispetto ad ogni ulteriore argomentazione ai sensi del parametro dedotto, ivi comprese quelle relative alla pur problematica prassi del ricorso da parte del Governo ai maxiemendamenti, in sede di conversione dei decreti-legge, su cui viene apposta la questione di fiducia.

Di conseguenza deve essere dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11-nonies, comma 1, lettera a) e b), e comma 2, del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 248 del 2005, sollevata con riferimento al predetto art. 77, secondo comma, Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11-nonies, commi 1, lettere a) e b), e 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 24, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., dal Consiglio di Stato con le ordinanze indicate in epigrafe;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11-nonies, commi 1, lettere a) e b), e 2, del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge n. 248 del 2005, sollevata in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., dal Consiglio di Stato con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2014.

F.to:

Paolo Maria NAPOLITANO, Presidente

Marta CARTABIA, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2014.