SENTENZA N. 283
ANNO 2010
Commento alla
decisione di
Claudia Marchese
Elettorato
passivo: quali limiti? Ricostruzione e critica di un diritto in evoluzione
(per gentile concessione
della Rivista telematica Federalismi.it)
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE
SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
- Luigi MAZZELLA ”
- Gaetano SILVESTRI ”
- Sabino CASSESE ”
- Maria Rita SAULLE ”
- Giuseppe TESAURO ”
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera r), della legge
della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste 7
agosto 2007, n. 20 (Disciplina delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità
con la carica di consigliere regionale, ai sensi dell’articolo 15, comma
secondo, dello Statuto speciale), promosso dalla Corte di cassazione, sezione
prima civile, nel procedimento vertente tra C.N. e L.T. e altri, con ordinanza del 14 settembre 2009, iscritta
al n. 321 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2010.
Visti gli atti di
costituzione di C.N., di L.T.,
P.L., M.V. e G.B., di P.P., nonché l’atto di intervento della Regione Valle
d’Aosta.
Udito
nell’udienza pubblica del 22 giugno 2010 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
uditi gli
avvocati Laura Formentin ed Enrico Lubrano per C.N., Domenico Palmas per L.T., P.L., M.V. e G.B., Roberto Longhin
per P.P. e Francesco Saverio Marini per
Ritenuto in
fatto
1.—
L’ordinanza di rimessione è stata pronunciata nell’ambito
del giudizio proposto contro la sentenza della Corte d’appello di Torino che
annullava la delibera di convalida dell’elezione del Sig. C.N.,
adottata il 1° luglio 2008 dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta, e
dichiarava la situazione di ineleggibilità di quest’ultimo al momento della
consultazione elettorale, in quanto svolgeva le funzioni di legale
rappresentante di una struttura sanitaria privata che aveva stipulato una
convenzione con l’Azienda regionale sanitaria della Valle d’Aosta, in ragione
di accreditamento istituzionale.
Dopo aver specificato le ragioni della rilevanza nel giudizio a quo della questione,
L’ineleggibilità costituisce, infatti, una grave deroga al diritto di elettorato passivo tutelato dall’art. 51 Cost. e deve essere prevista in relazione a condizioni personali tassative, quali la condanna penale definitiva per determinati reati, oppure la titolarità di un ufficio o di una carica che possa determinare una captatio benevolentiae, o indurre un metus publicae potestatis.
Diversamente, l’incompatibilità sottende un conflitto di interessi o, quanto meno, un giudizio di inopportunità in ordine all’esercizio contemporaneo della carica elettiva e di altra, privata o pubblica, ricoperta dal candidato. In presenza di una causa di incompatibilità non si produce l’invalidità dell’elezione, ma l’eletto è chiamato ad effettuare l’opzione nei termini previsti dalla legge.
Il
giudice a quo ricorda, quindi, come
L’articolo
51 Cost., infatti, stabilisce come regola l’eleggibilità e solo come eccezione
l’ineleggibilità (è richiamata, «per affinità di oggetto», la sentenza n. 27 del
2009).
Ad avviso della Corte di cassazione,
peculiare rilievo assumerebbe la sentenza di questa Corte n. 25 del 2008,
che ha riguardato altra disposizione contenuta nella legge regionale n. 20 del
2007, e, segnatamente, nell’art. 2, commi 1, lettera s), e 2, lettera e).
Il remittente ritiene di non poter
procedere ad un’interpretazione adeguatrice della
norma censurata e che, quindi, la stessa debba essere sottoposta al vaglio di
legittimità costituzionale sul seguente punto: «se la qualità di legale
rappresentante di una struttura
socio-sanitaria privata, che intrattenga rapporti contrattuali
con l’Azienda USL regionale giustifichi la deroga assoluta al diritto di
elettorato passivo, sotto forma di causa di ineleggibilità non rimovibile ex
post».
Infine
2.— In data 5
gennaio 2010, si è costituito il Sig. P.P., primo dei non eletti subentrato al
Sig. C.N. e controricorrente nel giudizio principale,
ed ha chiesto di dichiarare inammissibile – tenuto conto della discrezionalità
del legislatore – o, comunque, non fondata, la questione in esame.
In primo luogo, la suddetta parte privata ha dedotto che il diritto di elettorato passivo non è un diritto incondizionato.
La disposizione censurata ravvisa una condizione di ineleggibilità nella
qualità di legale rappresentante di una struttura sanitaria privata
convenzionata con l’USL con la quale intrattiene rapporti contrattuali. Ed
infatti, da un lato, sarebbe evidente il possibile conflitto di interessi;
dall’altro, sarebbe parimenti evidente la posizione di potere – specie in una
piccola realtà qual’é quella valdostana – che può consentire al suddetto
soggetto di influire sull’esito del voto, potendo esercitare una indebita
influenza distorsiva e condizionante sulle libere
scelte degli elettori.
Non sarebbe leso, pertanto, né il principio di ragionevolezza, né l’art.
51 Cost., tenuto conto del bilanciamento di interessi sotteso alla previsione
in questione. Non appare irragionevole, infatti, la preoccupazione che possa
essere influenzata la scelta dell’elettore, con un eventuale pericolo per la
deformazione del risultato elettorale.
La qualità soggettiva del legale rappresentante di una struttura sanitaria privata che operi contrattualmente con l’unica USL della Regione Valle d’Aosta, presa in considerazione dal legislatore regionale, si collocherebbe, in una posizione di interferenza e di conflitto potenziale tale da rendere necessario disciplinare come "ineleggibilità”, in senso tecnico, la fattispecie di cui alla lettera r) in esame, proprio a tutela dei principi di imparzialità e di buon andamento dell’amministrazione.
La difesa della parte privata rileva che analoga previsione è presente nell’art. 60 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) e che anche altre Regioni a statuto speciale e Province autonome hanno analoghe previsioni.
In proposito sono richiamati, in particolare:
a) l’art. 10 della legge della Regione Siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei deputati dell’Assemblea regionale siciliana), come sostituito dall’art. 1, comma 3, della legge della Regione Siciliana 5 dicembre 2007, n. 22 (Norme in materia di ineleggibilità e di incompatibilità dei deputati regionali);
b) l’art. 2 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 luglio 2004, n. 21 (Determinazione dei casi di ineleggibilità e incompatibilità relativi alla carica di consigliere regionale e di membro della Giunta regionale, ai sensi dell’articolo 12, secondo comma, dello Statuto);
c) l’art. 12 della legge della Provincia autonoma di Trento 30 novembre 1994, n. 3 (Elezione diretta del sindaco e modifica del sistema di elezione dei consigli comunali nonché modifiche alla legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1).
Infine, è richiamata la sentenza di questa Corte n. 27 del 2009.
3.— Lo stesso 5 gennaio 2010, si è
costituita
4.— In data 5 febbraio 2010,
si è costituito il Sig. C.N., che ha chiesto di
accogliere la questione sottoposta all’esame della Corte.
Ad avviso della parte privata la norma
censurata sarebbe del tutto irragionevole.
L’art. 51 Cost. prevede il libero
accesso di tutti i cittadini alle cariche elettive, mentre l’ineleggibilità
costituisce una «situazione limite».
Tradizionalmente, il legislatore ha ritenuto di ricollegare la previsione di cause di ineleggibilità a particolari condizioni personali o alla titolarità di uffici o cariche che la legge ritenga possano determinare il rischio di un’indebita influenza distorsiva sulle libere scelte degli elettori.
In tal senso, è
richiamato l’art. 2, comma 1, lettera a),
della legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo
122, primo comma, della Costituzione).
La parte privata
ricorda, quindi, che l’art. 51 Cost. sottende un bilanciamento di interessi tra
il diritto elettorale passivo e la tutela delle cariche pubbliche, che deve
essere operato tenuto conto che le
cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e volte a soddisfare
esigenze di pubblico interesse.
Diversamente, la ratio delle cause di incompatibilità va ravvisata nella inconciliabilità tra la cura dell’interesse dell’ente ed il diverso, potenzialmente contrastante, interesse dell’eletto, ragione per la quale l’eletto è chiamato a scegliere tra le due cariche.
Le differenze tra i
due istituti non possono essere ignorate
dal legislatore, né questi ultimi possono essere accomunati senza violare
l’art. 3 Cost.
Ne deriva, ad avviso della difesa del Sig. C.N., che l’utilizzo di una causa di ineleggibilità o di incompatibilità per il perseguimento di un fine diverso dalla rispettiva ratio ispiratrice non può ritenersi costituzionalmente legittimo, poiché introduce una limitazione non giustificata del diritto di elettorato passivo, e determina la violazione del principio di eguaglianza.
Sono, quindi,
richiamate, in particolare, alcune sentenze di questa Corte che hanno operato una distinzione tra i casi in cui
il legislatore può stabilire rispettivamente una causa di ineleggibilità ovvero
di incompatibilità.
5.— Il 9 febbraio 2010 si sono
costituiti i Signori L.T., P.L., M.V. e G.B. altri controricorrenti nel giudizio principale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
non fondata.
L’inammissibilità della questione viene argomentata sul
rilievo secondo cui l’ordinanza di rimessione pur invocando, quali parametri
che si assumono lesi dalla norma impugnata gli artt. 3 e 51 Cost., non illustra
con chiarezza le ragione della asserita violazione.
Nel merito, si deduce che la norma censurata è conforme ai principi enunciati dalla Corte costituzionale, secondo i quali le norme che stabiliscono fattispecie di ineleggibilità devono avere portata generale ed astratta e devono essere formulate in termini precisi e chiari.
La norma in esame risponde, altresì, al principio di ragionevolezza, in quanto la volontà del legislatore valdostano non è stata quella di evitare una situazione di conflitto di interessi, ma è stata quella di evitare una potenziale alterazione della competizione elettorale.
Mentre, infatti, per i legali rappresentanti e per i direttori, quindi per i ruoli apicali, delle strutture sanitarie private è prevista l’ineleggibilità, per altre figure – sempre comprese nelle strutture sanitarie private che intrattengono rapporti contrattuali con l’Azienda USL, ma non in ruoli apicali, quali i dirigenti sanitari – è prevista l’incompatibilità.
Il legislatore valdostano – come si evince, altresì, dai lavori preparatori della normativa in oggetto – mostra, quindi, di avere ben chiara la. differenza tra il ruolo delle figure apicali ed il ruolo di chi, pur svolgendo funzioni dirigenziali nell’ambito della struttura sanitaria privata, non può determinarne gli indirizzi complessivi. Conseguentemente, ha ben distinto la posizione dei primi, prevedendo per essi un caso di ineleggibilità, da quella dei secondi, prevedendo per essi un’ipotesi di incompatibilità.
Si ricorda, inoltre, da un lato, che la norma impugnata ricalca la previsione dell’art. 2, comma 1, n. 9, della legge 23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale); dall’altro, che l’art. 60, comma 1, n. 9, del d.lgs. n. 267 del 2000 – dopo la sentenza di questa Corte n. 27 del 2009 – contiene una previsione sostanzialmente uguale a quella contenuta nella legge regionale valdostana.
La norma impugnata, sempre sotto il profilo della ragionevolezza, è stata adottata tenendo conto – in armonia con quanto previsto dall’art. 2, comma 1, lettera a), della legge n. 165 del 2004 – delle peculiarità della Regione.
6.—
In primo luogo, la difesa regionale
ritiene che l’ordinanza di remissione sia carente, in quanto non offre adeguate
motivazioni in ordine alla assunta violazione degli artt. 3 e 51 Cost. Non
sarebbe quindi rispettato, dando luogo ad inammissibilità, il principio di
autosufficienza dell’atto con cui viene sollevata questione di legittimità
costituzionale.
In secondo luogo, la questione si
paleserebbe inammissibile anche in quanto si chiede alla Corte costituzionale
una pronuncia additiva non a rime obbligate.
Nel merito la questione sarebbe non
fondata per le seguenti ragioni: a) la discrezionalità della Regione Valle
d’Aosta nel disciplinare le cause di ineleggibilità ed incompatibilità dei
consiglieri regionali, come è dato evincere dall’art. 15 dello statuto di
autonomia; b) la ragionevolezza della norma, tenuto conto, altresì, che i
poteri spettanti al direttore e al legale rappresentante di una struttura
sanitaria privata, contrattualmente legata alla ASL, possono essere assimilati
a quelli esercitati dagli organi apicali di quest’ultima.
Infine
7.— In data 1° giugno 2010 anche i controricorrenti L.T. e altri
hanno depositato una memoria, insistendo nelle conclusioni già rassegnate e
contrastando le argomentazioni difensive svolte da C.N.
Considerato
in diritto
1.—
2.— La disposizione impugnata
stabilisce che non sono eleggibili alla
carica di consigliere regionale, tra gli altri, «il legale rappresentante e i direttori di
struttura sanitaria o socio-sanitaria privata che intrattenga rapporti
contrattuali con l’Azienda regionale Usl della Valle d’Aosta».
Tale causa di ineleggibilità, come
sancito dal successivo art. 3, comma 1, della medesima legge regionale, non ha
effetto «se l’interessato cessa dalle
funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del comando,
collocamento in aspettativa non retribuita, non oltre sei mesi dalla data di
scadenza naturale della legislatura».
Diversamente, l’art. 8, comma 4,
della medesima legge stabilisce che in presenza di una delle cause di
incompatibilità disciplinate dal precedente art. 5, l’eletto al Consiglio
regionale deve dichiarare, entro otto giorni dalla data di convalida delle
elezioni, quale carica presceglie.
3.— In punto di fatto, la vicenda
che ha dato origine alla questione attiene alla partecipazione alla elezione
per il rinnovo del Consiglio regionale della Valle d’Aosta del legale
rappresentante di una struttura privata che aveva stipulato una convenzione con
l’unica Azienda sanitaria locale della Regione, in ragione di accreditamento
istituzionale.
L’ordinanza di rimessione è stata
pronunciata nell’ambito del giudizio vertente sul ricorso proposto
dall’interessato, Sig. C.N., eletto al Consiglio
regionale, contro la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 19 settembre
2008, n. 1258, che ha annullato la delibera adottata dal Consiglio regionale di
convalida della sua elezione, sul presupposto della ineleggibilità in cui egli
si trovava al momento della competizione elettorale.
3.1.— Il 5
gennaio 2010, si è costituito il primo dei non eletti, il Sig. P.P. (subentrato
al soggetto dichiarato decaduto) controricorrente nel giudizio principale, che
ha chiesto che sia dichiarata inammissibile – in ragione della discrezionalità
del legislatore – o, comunque, non fondata la questione in esame.
La suddetta parte privata ha dedotto che il diritto di elettorato passivo non è incondizionato. Nella specie, non sarebbero lesi né il principio di ragionevolezza, né l’art. 51 Cost., tenuto conto del bilanciamento di interessi sotteso alla previsione normativa in questione.
3.2.— Lo stesso 5 gennaio 2010, si è
costituita in giudizio
3.3.— In data 5 febbraio
2010, si è costituito C.N., ricorrente nel giudizio a quo, il quale ha chiesto
l’accoglimento della questione.
A suo avviso, infatti, la norma
censurata sarebbe irragionevole, in rapporto a quanto prescritto dall’art. 51
Cost., il quale prevede il libero accesso di tutti i cittadini alle cariche
elettive, mentre l’ineleggibilità costituisce soltanto una «situazione limite»
e le norme che prevedono cause di
ineleggibilità sono di stretta interpretazione.
Al contrario, la ratio delle cause di incompatibilità deve essere ravvisata nella inconciliabilità tra la cura dell’interesse dell’organo elettivo ed il diverso, potenzialmente contrastante, interesse dell’eletto, ragione per cui quest’ultimo è chiamato ad una scelta tra le due cariche.
Le differenze tra i due istituti, a giudizio dell’interessato, non possono essere ignorate dal legislatore, né è possibile accomunare gli stessi senza violare l’art. 3 Cost.
3.4.— Il successivo
9 febbraio 2010 si sono costituiti i Signori L.T.,
P.L., M.V. e G.B., parti resistenti nel giudizio principale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
non fondata.
L’inammissibilità della questione, viene eccepita sul
rilievo secondo cui l’ordinanza di rimessione, pur invocando, quali parametri
che si assumono lesi dalla norma impugnata gli artt. 3 e 51 Cost., non
illustrerebbe con chiarezza le ragioni della asserita violazione.
Nel merito, si deduce, tra l’altro, che la norma censurata sarebbe conforme ai principi enunciati da questa Corte, secondo i quali le norme che stabiliscono fattispecie di ineleggibilità devono avere portata generale ed astratta e devono essere formulate in termini precisi e chiari.
3.5.— In prossimità dell’udienza
pubblica, il 31 maggio 2010,
La difesa regionale ritiene che la
questione sia inammissibile, da un lato, in quanto l’ordinanza di remissione
non sarebbe adeguatamente motivata in ordine alla dedotta violazione degli
artt. 3 e 51 Cost.; dall’altro, in quanto si chiederebbe a questa Corte una
pronuncia additiva non a rime obbligate.
Nel merito, la questione sarebbe non
fondata sia per la dicrezionalità attribuita, in
materia, al legislatore valdostano, sia per la ragionevolezza della norma
censurata.
3.6.— Anche i Signori L.T. e altri hanno depositato memoria, il 1° giugno 2010,
insistendo nelle conclusioni già rassegnate e contrastando le argomentazioni
difensive svolte dal soggetto dichiarato decaduto dalla conseguita elezione.
4.— Ciò premesso, va osservato
che, ad avviso della Corte remittente, la norma in esame violerebbe gli artt. 3
e 51 Cost., in quanto si prevede un’ipotesi di ineleggibilità, in presenza
della quale è sancita la decadenza dell’eletto e non già l’esercizio del
diritto di opzione da parte di questi tra le due cariche, come stabilito con
riferimento alla sussistenza di cause di incompatibilità.
Di conseguenza, il remittente
chiede a questa Corte di valutare «se la qualità di legale rappresentante di
una struttura socio-sanitaria privata che intrattenga rapporti contrattuali con
l’Azienda USL regionale giustifichi la deroga assoluta al diritto di elettorato
passivo, sotto forma di causa di ineleggibilità non rimuovibile ex post», rilevando, in sostanza che la
disposizione censurata violerebbe i suindicati parametri costituzionali.
5.— In via preliminare, deve
essere disattesa l’eccezione di
inammissibilità della questione sollevata dalle parti private resistenti sotto il
profilo secondo cui il giudice a quo,
pur invocando − quali parametri che si assumono violati − gli artt.
3 e 51 Cost., non illustrerebbe con chiarezza le ragioni della asserita
violazione.
Contrariamente a tale assunto, deve,
infatti, rilevarsi che l’ordinanza della Corte di cassazione indica in modo
adeguatamente specifico le ragioni relative sia alla rilevanza, sia alla non
manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata.
6.— Ancora in via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di
inammissibilità proposta dalla difesa della Regione, e da quella del resistente
Sig. P.P., sotto il profilo che, nella specie, sarebbe stata richiesta una non
consentita pronuncia additiva, come si desumerebbe, in primo luogo, dal fatto
che
L’eccezione non è fondata.
Il giudice a quo, in effetti, non chiede un intervento di questa Corte che
possa ritenersi manipolativo della norma impugnata, in quanto viene prospettato
soltanto che vi sarebbe stata una erronea valutazione, da parte del legislatore
valdostano, circa la natura della situazione in cui versa il legale
rappresentante di una struttura sanitaria privata convenzionata con il servizio
regionale di sanità.
Il predetto legislatore erroneamente
avrebbe qualificato come causa di ineleggibilità quella che, a dire del
remittente, sarebbe, invece, sostanzialmente, una causa di incompatibilità. E
dalla più esatta qualificazione giuridica di tale situazione deriverebbero,
secondo l’impostazione dell’ordinanza di rimessione, conseguenze previste dalla
normativa regionale attinente al procedimento elettorale per il rinnovo del
Consiglio regionale, nel senso che, dopo la sua elezione, l’interessato
dovrebbe soltanto optare tra il mantenimento della carica di legale
rappresentante della struttura sanitaria e quella di consigliere regionale.
D’altronde, in numerose fattispecie (sentenze n. 129 del
1975, n. 45
del 1977, n.
129 del 1977, n.
171 del 1984, n.
450 del 2000) questa Corte ha riconosciuto l’illegittimità costituzionale
di disposizioni che avevano previsto come cause di ineleggibilità situazioni
integranti, invece, vere e proprie cause di incompatibilità, senza alcuna
preliminare rilevanza della eventuale estraneità di tali pronunce al potere decisorio
della Corte, sotto il profilo secondo cui sarebbero state richieste sentenze
additive di tipo manipolativo, non consentite in sede di giudizio di
costituzionalità.
Questa Corte ha, dunque, affermato, in
rapporto a specifiche fattispecie sottoposte al suo esame, che determinate
situazioni, qualificate dalla legge come cause di ineleggibilità, debbano
essere ridotte, invece, a situazioni di incompatibilità attraverso la
declaratoria di illegittimità costituzionale di norme che abbiano, viceversa, disposto
la decadenza dell’eletto, in luogo della eliminazione ex post del contrasto di interessi mediante l’opzione da parte
dell’interessato tra le due cariche, da effettuare in un termine breve.
7.— Nel merito, la questione non è fondata.
Al
riguardo, va premesso che costituisce
principio costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale quello
secondo cui la eleggibilità costituisce la regola, mentre la ineleggibilità
rappresenta una eccezione; sicché le norme che disciplinano quest’ultima sono di
stretta interpretazione.
Analogamente è a dirsi per le cause di
incompatibilità. Le une e le altre, in definitiva, introducono limitazioni al
diritto di elettorato passivo.
Diverse, però, sono le ragioni
giustificative dei due istituti.
La differenza tra ineleggibilità e
incompatibilità è data dal fatto che la prima situazione è idonea a provocare
effetti distorsivi nella parità di condizioni tra i
vari candidati nel senso che – avvalendosi della particolare situazione in cui
versa il soggetto «non eleggibile» – egli può variamente influenzare a suo
favore il corpo elettorale. La seconda, invece, è una situazione che non ha
riflessi nella parità di condizioni tra i candidati, ma attiene alla concreta
possibilità, per l’eletto, di esercitare pienamente le funzioni connesse alla
carica anche per motivi concernenti il conflitto di interessi nel quale il
soggetto verrebbe a trovarsi se fosse eletto. Di qui la conseguenza che il
soggetto ineleggibile deve eliminare ex
ante la situazione di ineleggibilità nella quale versa, mentre il soggetto
soltanto incompatibile deve optare, ex
post, cioè ad elezione avvenuta, tra il mantenimento della precedente
carica e il munus
pubblico derivante dalla conseguita elezione.
8.— Tanto premesso, è anche
opportuno delineare, sia pure in sintesi, la ricostruzione del quadro
normativo, statale e regionale, in cui si inserisce la norma impugnata.
Se, infatti, da un lato, come questa Corte ha già avuto modo di
affermare, il principio di ragionevolezza opera con particolare rigore nella
materia elettorale (sentenza n. 376 del
2004), dall’altro, non di meno, occorre ricordare che, in primo luogo,
sussiste un’esigenza di tendenziale uniformità sul piano nazionale della
disciplina dell’elettorato passivo (così la citata sentenza), e, in secondo
luogo, che la costante giurisprudenza costituzionale ha subordinato la
possibilità di introdurre discipline regionali differenziate, rispetto a quella
nazionale, solo in presenza di particolari situazioni ambientali che
giustifichino normative autonome (da ultimo, sentenza n. 143 del
2010).
Tali discipline, pertanto, possono considerarsi legittime, sul piano costituzionale, solo se trovano ragionevole fondamento in situazioni idonee a giustificare il peculiare trattamento riconosciuto dalle relative disposizioni (citata sentenza n. 143 del 2010).
9.— Punto di partenza dell’indagine è la considerazione che, con riferimento alla legislazione statale in materia elettorale, non è senza significato che si rinvengano disposizioni analoghe a quella ora censurata.
Assume, in tal senso, rilievo quanto disposto
dall’art. 2, comma 1, numero 9, della legge 23 aprile 1981, n. 154 (Norme in
materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere
regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di
incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale) che – pur
essendo stata abrogata dall’art. 274, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico
delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) – continua ad essere operante,
per espressa disposizione della norma abrogatrice,
per le elezioni regionali.
Il citato articolo 2, comma 1, numero 9,
prevede che non sono eleggibili alle suddette cariche i legali rappresentanti
ed i dirigenti delle strutture convenzionate con gli enti locali il cui
territorio coincide con quello dell’unità sanitaria locale con cui sono
convenzionate o lo ricomprende o degli enti che concorrono a costituire la
stessa unità sanitaria locale.
Detta norma è stata sottoposta al vaglio di questa Corte, la quale (sentenza n. 510 del 1989) ha riconosciuto la «ragionevolezza della disposizione, di cui al n. 8 dell’art. 2 della legge impugnata, che limita l’ineleggibilità a coloro che rivestono uffici direttivi nelle U.S.L., in quanto, avvalendosi del prestigio e delle occasioni inerenti alla loro posizione, hanno la possibilità di condizionare istituzionalmente il voto di settori significativi dell’elettorato. Ed è evidente che alla base della disposizione contenuta nel successivo n. 9 dello stesso art. 2 è la medesima ratio, in quanto il dirigente delle strutture convenzionate viene a trovarsi in una uguale posizione di prestigio rispetto agli assistiti».
La successiva legislazione speciale
sanitaria, contenuta nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino
della disciplina in materia sanitaria a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre
1992, n. 421) e successive modifiche, ha confermato che versano in situazione
di ineleggibilità «a membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali,
dei consigli e assemblee delle Regioni e del Parlamento, salvo che le funzioni
esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di
scadenza dei periodi di durata dei predetti organi», il direttore generale, i
direttori amministrativi e i direttori sanitari (art. 3, comma 9).
Infine, il d.lgs. n. 267 del 2000 (art.
60, comma 1, numeri 8 e 9), in tema di elezioni comunali e provinciali, ha
disposto la non eleggibilità a sindaco, presidente della provincia, consigliere
comunale, provinciale e circoscrizionale, da un lato, del direttore generale,
del direttore amministrativo e del direttore sanitario delle Aziende sanitarie
locali e ospedaliere; dall’altro, dei «legali rappresentanti» e dei dirigenti
delle strutture convenzionate per i consigli dei comuni, il cui territorio
coincide con il territorio dell’unità sanitaria locale con cui sono
convenzionate o lo ricomprende o dei comuni che concorrono a costituire la
medesima unità sanitaria locale.
10.— Alla luce della suindicata
ricognizione normativa, l’ineleggibilità dei vertici delle Aziende sanitarie
locali e delle strutture sanitarie private che operano in regime di convenzione
o di accreditamento, costituisce un dato di sistema della legislazione statale
e configura, dunque, un principio generale dell’ordinamento giuridico
elettorale, il quale tiene conto e attribuisce rilievo, da una parte, al ruolo
della Regione in tema di servizi sanitari, e, dall’altra, al parallelismo
esistente tra le suddette cariche operanti in modo analogo nelle strutture sia
pubbliche che private (sentenza n. 27 del
2009).
D’altronde, questa Corte, con specifico
riferimento alla potestà legislativa esclusiva di una Regione a statuto
speciale (quella Siciliana), proprio in tema di ineleggibilità ed
incompatibilità, ha in più occasioni affermato che «la disciplina regionale
d’accesso alle cariche elettive deve essere strettamente conforme ai principi
della legislazione statale, a causa della esigenza di uniformità in tutto il
territorio nazionale discendente dalla identità di interessi che Comuni e
Province rappresentano riguardo alle rispettive comunità locali, quale che sia
11.— Sotto altro, non meno importante, aspetto assumono rilievo nella materia in questione anche ulteriori disposizioni contenute nella stessa legge regionale della Valle d’Aosta n. 20 del 2007.
Come questa Corte ha precisato nella sentenza n. 25 del 2008, le disposizioni di cui si tratta, contenute nella citata legge, sono state adottate dalla predetta Regione in applicazione dell’art. 15 del vigente statuto speciale approvato con la legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano) e successive modifiche.
Ai sensi di
tale disposizione statutaria, sussiste, infatti, la potestà legislativa
primaria della Regione in materia di ineleggibilità e di incompatibilità alla
carica di consigliere regionale; competenza che deve essere esercitata,
tuttavia, in armonia con
Ciò premesso, occorre
ricordare come l’originaria Unità sanitaria locale della Valle d’Aosta sia
stata trasformata in Azienda dalla legge
regionale 8 giugno 1994, n. 24 (Trasformazione in Azienda regionale
dell’Unità sanitaria locale della Valle d’Aosta: organi di gestione) e come,
successivamente, essa sia stata denominata «Azienda regionale sanitaria USL
della Valle d’Aosta» dall’art. 9, comma 3, della legge 25 gennaio 2000, n. 5 (Norme per la
razionalizzazione dell’organizzazione del Servizio socio-sanitario regionale e
per il miglioramento della qualità e dell’appropriatezza delle prestazioni
sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali prodotte ed erogate nella
Regione).
Tale Azienda sanitaria ha
competenza sull’intero territorio della Regione ed è dotata di personalità
giuridica pubblica, oltre che di autonomia imprenditoriale (art. 9, comma 3,
citata legge reg. n. 5 del 2000).
Sempre la legge ora citata,
all’art. 13, commi 2 e 3, stabilisce che al direttore generale dell’azienda si applicano le cause di ineleggibilità
e di incompatibilità previste dalle vigenti disposizioni statali. Le medesime
disposizioni si applicano anche al direttore amministrativo e al direttore
sanitario dell’azienda stessa.
La disciplina regionale sopra citata non
si discosta, dunque, da quanto previsto dal richiamato art. 3, comma 9, del
d.lgs. n. 502 del 1992.
La legislazione regionale stabilisce,
altresì, che, qualora il direttore generale, il direttore amministrativo e il
direttore sanitario dell’Azienda sanitaria regionale della Valle d’Aosta si
siano candidati e non siano stati eletti, non possono esercitare le loro
funzioni nella suddetta Azienda per un periodo di cinque anni, decorrenti dalla
data di svolgimento delle elezioni (art. 4 della legge reg. n. 20 del 2007),
analogamente a quanto previsto dal suddetto art. 3, comma 9, del citato d.lgs.
n. 502 del 1992.
Diversamente da quanto sopra previsto, il
dirigente dell’area sanitaria della medesima Azienda sanitaria regionale (art.
30 della legge reg. n. 5 del 2000) e il dirigente sanitario di struttura
sanitaria o socio-sanitaria privata che intrattenga rapporti contrattuali con
l’azienda stessa, versano in situazione di incompatibilità con la carica di
consigliere regionale (art. 5, comma 1, lettera p, della legge reg. n. 20 del 2007).
Dal suddetto quadro della legislazione
della Regione valdostana, si ricava che sia per le posizioni apicali dell’unica
Azienda sanitaria regionale ivi esistente, sia per quelle delle strutture
sanitarie o socio-sanitarie private in regime di accreditamento con tale
azienda, vige il medesimo regime di ineleggibilità alla carica di consigliere
regionale. Diversamente, per le figure professionali intermedie è sancita
soltanto l’incompatibilità, rimuovibile ex
post nel termine stabilito dal già citato art. 8, comma 4, della legge reg.
n. 20 del 2007.
Si deve osservare, inoltre, come lo
stesso art. 2 della medesima legge ora citata, alle lettere n), o),
p), e q), preveda numerose altre ipotesi nelle quali la situazione di
soggetti che abbiano la "legale rappresentanza”, tra l’altro, di enti pubblici
non economici, agenzie, aziende dipendenti dalla Regione o partecipate dalla stessa,
integra una causa di ineleggibilità rimuovibile soltanto prima delle elezioni e
non già una causa di incompatibilità sottoposta, come si è precisato, ad un
diverso regime giuridico.
12.— Alle considerazioni che precedono
va aggiunto che in altre Regioni a statuto speciale e nella Provincia autonoma
di Trento, sono previste analoghe ipotesi di ineleggibilità a componenti dei
consigli e delle assemblee elettive.
In particolare, la legge della Regione
Siciliana 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei deputati dell’Assemblea regionale
siciliana), all’art. 8, comma 1,
lettera l), come sostituito
dall’art. 1 della legge regionale 5 dicembre 2007, n. 22 (Norme in materia di
ineleggibilità e di incompatibilità dei deputati regionali), stabilisce l’ineleggibilità a deputato
regionale dei direttori generali, dei direttori amministrativi e dei
direttori sanitari delle aziende unità sanitarie locali, delle aziende
ospedaliere e delle aziende policlinico universitarie esistenti nel territorio
della Regione, nonché degli amministratori straordinari delle suddette aziende.
Al successivo art. 10, comma 1, lettera g)
– anch’esso sostituito dalla legge reg. n. 22 del 2007 – la stessa legge reg.
n. 29 del 1951 prevede che non sono, del pari, eleggibili «i legali
rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate con
Identica disposizione si rinviene poi
nell’art. 2, comma 1, lettera l),
della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 luglio 2004, n. 21
(Determinazione dei casi di ineleggibilità e incompatibilità relativi alla
carica di consigliere regionale e di membro della Giunta regionale, ai sensi
dell’articolo 12, secondo comma, dello Statuto).
A sua volta, l’art. 12, comma 1, lettera
i), della legge della Provincia
autonoma di Trento 30 novembre 1994, n. 3 (Elezione diretta del sindaco e
modifica del sistema di elezione dei consigli comunali nonché modifiche alla
legge regionale 4 gennaio 1993, n.1), prevede che non sono eleggibili a
consigliere comunale «i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture
convenzionate con il Servizio sanitario provinciale».
13.— Pur riguardando la questione ora
oggetto di controversia una Regione a statuto speciale, occorre ricordare che,
quanto alle Regioni a statuto ordinario, la legge costituzionale 22 novembre
1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della
Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni), ha modificato l’art.
122 Cost., prevedendo che «i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del
Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei
consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei
principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce
anche la durata degli organi elettivi» (sentenza n. 2 del
2004).
In attuazione della suddetta novella costituzionale, lo Stato ha adottato la legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione), la quale ha fissato i principi fondamentali che le Regioni a statuto ordinario devono osservare. In particolare, l’art. 2, comma 1, lettera a), della citata legge ha stabilito che tali Regioni possono prevedere i casi di ineleggibilità «qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato, anche in relazione a peculiari situazioni delle regioni, possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati».
La citata statuizione deve essere letta in uno con la previsione di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), della medesima legge, che stabilisce la «inefficacia delle cause di ineleggibilità qualora gli interessati cessino dalle attività o dalle funzioni che determinano l’ineleggibilità, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito, ferma restando la tutela del diritto al mantenimento del posto di lavoro, pubblico o privato, del candidato».
Nel dettare la disciplina in materia, diverse Regioni hanno rinviato alla legislazione statale vigente in materia di ineleggibilità, introducendo in tal modo nel proprio interno una normativa analoga a quella sopra richiamata.
14.—
Dall’esame della suindicata legislazione, sia statale che regionale, emerge,
pertanto, che
15.— Alla luce delle considerazioni fin qui svolte non è dubitabile che la posizione delle autorità di vertice delle strutture sanitarie private, le quali operino in stretta collaborazione con le strutture sanitarie pubbliche della Regione, consenta di influire in vario modo sugli orientamenti degli elettori, sicché possono essere ravvisati, in concreto, pericoli di captatio benevolentiae o di metus publicae potestatis.
D’altra parte, la scelta tra la
previsione di una ipotesi di ineleggibilità o, in alternativa, di una ipotesi
di incompatibilità appartiene a quella discrezionalità legislativa che, nella
specie, non risulta esercitata in modo irragionevole.
16.— Né elementi a favore dell’illegittimità della norma impugnata possono trarsi dalla sentenza di questa Corte n. 25 del 2008, relativa ad una diversa fattispecie. La suddetta pronuncia ha affermato che le peculiarità che caratterizzano la figura del Rettore dell’Università della Valle d’Aosta consentivano di ritenere ragionevole la prevista ineleggibilità al fine di evitare che dette peculiarità potessero dare luogo ad interferenze sulla consultazione elettorale regionale, avuto riguardo alla posizione del Rettore, sia per le funzioni che è chiamato ad esercitare, sia per le modalità della sua nomina, nonché per le interazioni con gli altri organi dell’Università. Al contrario, questa Corte ha ritenuto che, per quanto concerne i professori, i ricercatori in ruolo ed i titolari di contratti di insegnamento in corsi universitari realizzati in Valle d’Aosta, proprio in ragione del ruolo e delle funzioni degli stessi, non sussistessero analoghe esigenze di interesse pubblico o adeguate motivazioni idonee a legittimare restrizioni al diritto di elettorato passivo dei soggetti sopra indicati.
per questi motivi
dichiara non fondata la questione di legittimità
costituzione dell’art. 2, comma 1, lettera r),
della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste
7 agosto 2007, n. 20 (Disciplina delle cause di
ineleggibilità e di incompatibilità con la carica di consigliere regionale, ai
sensi dell’articolo 15, comma secondo, dello Statuto speciale), sollevata,
in riferimento agli articoli 3 e 51 della Costituzione, dalla Corte di
cassazione, sezione prima civile, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio
2010.
F.to:
Roberto MILANA, Cancelliere
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