SENTENZA N. 232
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE
SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale degli artt. 55, 57, 58, 59, 61, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70,
72, 116, 117 e 175 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale), promossi dalle Regioni Emilia-Romagna (n. 2 ricorsi),
Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia,
Campania, Marche e Basilicata, con ricorsi notificati il 24 aprile, l’8, il 9,
il 12, il 13, il 12-21 ed il 12-27 giugno 2006, depositati in cancelleria il 27
aprile, il 10, il 14, il 15, il 16, il 17, il 20, il 21 ed il 23 giugno 2006,
ed iscritti ai nn. 56, 68, 69, 70, 71, 72, 73, 74,
75, 76, 78, 79 e 80 del registro ricorsi 2006.
Visti gli atti di
costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché gli atti di
intervento dell’Associazione Italiana per il World Wide Fund
for Nature (WWF Italia) - Onlus, della Biomasse
Italia s.p.a. ed altre;
udito nell’udienza
pubblica del 5 maggio 2009 il Giudice relatore Gaetano Silvestri, sostituito
per la redazione della sentenza dal Giudice Luigi Mazzella;
uditi gli avvocati
Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e Luigi
Manzi per
Ritenuto in fatto
1. –
1.1. – La ricorrente, ricostruito l’iter che ha condotto all’emanazione del
d.lgs. n. 152 del 2006, censura anzitutto gli artt. 63, comma 3, e 64. Il primo
stabilisce che «le autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n.
183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo),
sono soppresse a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono
esercitate dalle Autorità di bacino distrettuale di cui alla parte terza del
presente decreto»; il secondo accorpa i precedenti, numerosi, bacini in otto
distretti idrografici (il distretto della Sardegna, quello della Sicilia, il
distretto idrografico pilota del Serchio ed altri
cinque corrispondenti a macro Regioni).
Al riguardo, la ricorrente afferma che
le norme contenute nella Sezione I («Norme in materia di difesa del suolo e
lotta alla desertificazione») della Parte terza del d.lgs. n. 152 del 2006
(alla quale appartengono gli artt. 63 e 64), incidono sulla materia «governo
del territorio» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., sulla quale lo Stato
può intervenire solo con norme di principio e, seppure l’«attrazione al centro»
di funzioni «unitarie» si ritenesse giustificata in virtù del principio di
sussidiarietà, ciò potrebbe avvenire solo «nel rispetto del principio di leale
collaborazione, inteso in senso "forte” (e quindi attraverso procedure di codecisione, non semplicemente "sentendo”
Ad avviso della difesa regionale, le
norme che sopprimono le Autorità di bacino e istituiscono le Autorità
distrettuali sarebbero pertanto illegittime, perché realizzano un
ingiustificato accentramento con conseguente espropriazione delle competenze
regionali. Infatti, le nuove Autorità distrettuali costituirebbero «una sorta
di amministrazione decentrata dello Stato in cui la centralizzazione
amministrativa è appena temperata da elementi di partecipazione minoritaria
delle Regioni». In particolare, la ricorrente si duole del fatto che, mentre ai
sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo
e funzionale della difesa del suolo), le Regioni erano «contitolari del governo
dei bacini nazionali (configurati come organismi a partecipazione mista
Stato-Regioni) e titolari esclusive delle funzioni relative ai bacini regionali
e interregionali», oggi i rappresentanti delle Regioni sono presenti in netta
minoranza nel fondamentale organo decisionale,
1.2. –
La previsione di questo potere
regolamentare, connesso all’accorpamento delle Autorità di bacino, sarebbe
illegittima per le stesse ragioni, prima esposte, per le quali lo è la stessa
riunificazione. Inoltre, se pure siffatta previsione potesse essere
giustificata in virtù del principio di sussidiarietà, il potere regolamentare de quo dovrebbe essere esercitato
d’intesa con
1.3. – Oggetto di specifica censura è la
previsione (contenuta nell’art. 63, comma 3) del 30 aprile 2006 quale data di
soppressione delle Autorità di bacino, denunciando
Ciò, ad avviso della difesa regionale,
determinerebbe il rischio di un periodo di incertezza sulle competenze ad
emanare gli atti e a svolgere le funzioni di gestione, vigilanza e controllo
che le Autorità di bacino svolgono da tempo.
1.4. – Infine,
Quanto all’oggetto, la ricorrente
evidenzia come l’art. 1, comma 1, della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega
al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della
legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione) abbia
conferito al Governo il potere di procedere al «riordino, coordinamento e
integrazione delle disposizioni legislative […], anche mediante la redazione di
testi unici». Pertanto, in assenza di princìpi e
criteri direttivi volti a consentire l’innovazione del quadro normativo
vigente, il Governo non avrebbe potuto adottare un decreto legislativo
contenente norme che sopprimono le Autorità di bacino preesistenti ed
introducono un sistema radicalmente diverso.
Inoltre,
Da quanto detto la difesa regionale
deduce che la legge di delega presuppone «il mantenimento ed il miglioramento
della funzionalità degli organismi esistenti» e conclude rilevando che nel caso
di specie la violazione della legge di delega incide sulle prerogative
regionali.
2. – Nel giudizio si è costituito il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza
delle censure.
2.1. – In riferimento all’impugnazione
dell’art. 63, comma 3, il resistente eccepisce l’inammissibilità delle censure
concernenti la violazione del principio di leale collaborazione, perché la
legge delega non stabiliva un procedimento di codecisione,
ma soltanto l’obbligo di acquisire il parere non vincolante della Conferenza
unificata, sicché la doglianza si appunta sulla norma della legge delega.
2.2. – La difesa erariale contesta, poi,
la correttezza della riconduzione degli artt. 63, comma 3, e 64 alla materia
«governo del territorio», poiché la riorganizzazione delle Autorità di bacino
distrettuali è strumentale ad una preminente esigenza di tutela dell’ambiente,
mirando a garantire la piena operatività degli organi amministrativi e tecnici
preposti alla tutela ed al risanamento del suolo e del sottosuolo.
Inoltre, la ristrutturazione dei
distretti idrografici sarebbe stata compiuta nell’osservanza dell’art. 1, comma
8, lettera e), della legge di delega,
allo scopo di dare attuazione all’art. 3, comma 1, della direttiva 23 ottobre
2000, n. 2000/60/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che
istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque) ed in vista
del superamento della sovrapposizione tra i diversi piani di rilievo ambientale
e di un loro coordinamento con i piani urbanistici, mediante una
razionalizzazione dell’organigramma istituzionale e delle articolazioni
territoriali.
Al riguardo, il Presidente del Consiglio
dei ministri afferma che la definizione geografica dei distretti idrografici e
l’attribuzione delle competenze spettanti alle Autorità di bacino attiene ad
interessi di carattere unitario che rendono inammissibile la frammentazione
della disciplina pretesa dall’istante.
La difesa erariale aggiunge che, anche
se le norme impugnate fossero riconducibili alla materia «governo del
territorio», esse sarebbero comunque legittime, sia perché non sarebbero norme
di dettaglio, sia perché l’ambiente è un valore a tutela del quale lo Stato può
fissare standard di tutela uniformi anche incidenti sulle competenze
legislative delle Regioni. D’altronde, gli artt. 61, comma 1, e 75, comma 1,
del d.lgs. n. 152 del 2006 fanno salvi espressamente funzioni e compiti delle
Regioni, sicché un’interpretazione costituzionalmente orientata del medesimo
decreto legislativo conduce a ritenere non precluso l’esercizio della
competenza legislativa della Regione nelle materie a questa attribuite.
Ad avviso del resistente, neppure è
fondata la pretesa della ricorrente secondo cui il potere di accorpare i bacini
idrografici avrebbe dovuto essere esercitato d’intesa con
2.3. – Secondo la difesa erariale, la
censura avente ad oggetto l’art. 63, comma 3, nella parte concernente la
asserita «assurdità» della norma in quanto produttiva di effetti il giorno
successivo alla sua entrata in vigore, è inammissibile in quanto motivata apoditticamente e facendo valere presunti vizi di
illogicità che non comportano lesione delle attribuzioni regionali.
L’Avvocatura generale dello Stato aggiunge che la mancata attuazione della
disciplina transitoria non configurerebbe un vizio denunciabile in questa sede
e che il procedimento normativo per l’adozione di tale disciplina è stato
avviato.
2.4. – Il Presidente del Consiglio dei
ministri eccepisce, poi, l’inammissibilità della censura diretta a denunciare
il vizio di eccesso di delega degli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006,
trattandosi di vizio che non comporta lesione delle attribuzioni regionali.
Peraltro, nel merito, tale censura
sarebbe infondata, perché l’art. 1, comma 1, della legge n. 308 del
2.5. – La difesa erariale deduce infine
l’infondatezza dell’istanza di sospensione, in primo luogo, in quanto le
censure sono inammissibili ed infondate. In secondo luogo, in quanto non
sussiste il requisito dell’irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico,
prospettato con deduzioni assertive e non motivate.
3. – In prossimità della camera di
consiglio del 21 giugno 2006,
4. – In data 14 giugno 2006, il
Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato atto di rinuncia
all’intervento nel presente giudizio di legittimità costituzionale.
5. – Con l’ordinanza n. 245
del 2006
6. – In prossimità dell’udienza pubblica
del 5 maggio 2009,
In particolare, la ricorrente si
sofferma sull’evoluzione normativa che ha fatto seguito all’entrata in vigore
del d.lgs. n. 152 del 2006, rilevando come sia stata disposta la proroga delle
preesistenti Autorità di bacino, prima, con il decreto legislativo 8 novembre
2006, n. 284 (Disposizioni correttive e integrative del d.lgs. 3 aprile 2006,
n. 152, recante norme in materia ambientale) e, poi, con il decreto-legge 30
dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di
protezione dell’ambiente), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1
della legge 27 febbraio 2009, n. 13.
Inoltre, l’art. 1, comma 2, del
decreto-legge n. 208 del
Pertanto, osserva la difesa regionale,
sono rimaste ferme le censure di incostituzionalità formulate nel ricorso, in
quanto la normativa suindicata ha solo prorogato transitoriamente le precedenti
Autorità, ma non ha cambiato le «norme sostanziali».
7. –
7.1. – In particolare,
La previsione generalizzata della
funzione di indirizzo e coordinamento determinerebbe l’illegittimità delle
disposizioni sopra indicate anche per violazione della legge di delega.
Infatti, l’art. 1, comma 8, lettera m),
della legge n. 308 del 2004 indica tra i princìpi e
criteri direttivi la «riaffermazione del ruolo delle Regioni», che non può
realizzarsi in presenza di atti statali di indirizzo e coordinamento. Secondo
Sarebbero pertanto illegittime sia la
norma di cui al comma 1, lettera a), n. 4, dell’art. 57, sia quella di
cui al comma 6, nella parte in cui prevede il mero parere della Conferenza al
posto dell’intesa.
Peraltro, aggiunge la ricorrente,
già l’art. 52 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali,
in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) prevedeva che
l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio con
riferimento alla difesa del suolo, pur rientrando tra i compiti di rilievo
nazionale (comma 1), dovesse avvenire «attraverso intese nella Conferenza
unificata» (comma 3).
Pertanto, il comma 6 dell’art. 57 del
d.lgs. n. 152 del 2006 si pone in contrasto anche con il principio del rispetto
delle competenze regionali, contenuto nell’art. 1, comma 8, della legge di
delega n. 308 del 2004.
L’art. 57, comma 1, lettera a), n. 1, nella ricostruzione della
difesa regionale, sarebbe ulteriormente illegittimo nella parte in cui
attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri il compito di deliberare i
«metodi» e «criteri, anche tecnici», in relazione allo svolgimento delle
attività di cui agli artt. 55 e 56, cioè delle attività conoscitive, di
pianificazione, di programmazione e di attuazione. Tale previsione violerebbe
il principio di legalità, perché l’oggetto del conferimento è del tutto
indeterminato, nonché l’art. 117, secondo, terzo, quarto e sesto comma, perché
tale conferimento darebbe luogo ad un abnorme potere normativo, non
suscettibile di essere inquadrato negli schemi costituzionali dei rapporti tra
legge statale e legge regionale.
Nell’ipotesi in cui siffatta potestà
normativa fosse ammissibile, la ricorrente ritiene che il suo esercizio, senza
il coinvolgimento delle Regioni nella forma dell’intesa in sede di Conferenza
Stato-Regioni, è comunque illegittimo.
La difesa regionale rileva, inoltre, che
già l’art. 54, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998, prevedeva che le funzioni
relative alla identificazione dei criteri per la raccolta e l’informatizzazione
di tutto il materiale cartografico ufficiale esistente fossero esercitate
d’intesa con
Le suddette censure verrebbero meno, a parere
della ricorrente, ove dovesse ritenersi che le norme relative ai criteri e
metodi riguardino soltanto le attività di cui agli artt. 55 e
La regione Emilia-Romagna impugna anche
l’art. 57, comma 1, lettera a), n. 2,
secondo cui i piani di bacino sono approvati dal Presidente del Consiglio dei
ministri con proprio decreto, sentita
Ad avviso della ricorrente, siffatta
censura deve estendersi all’art. 66, nella parte in cui non prevede l’intesa
della Conferenza per l’approvazione dei piani di bacino.
Al riguardo,
Anche il potere sostitutivo, previsto
dall’art. 57, comma 1, lettera a), n.
3, qualora siffatta disposizione dovesse essere intesa come «norma di
conferimento di effettivi poteri sostitutivi», risulterebbe illegittimo sia per
violazione del principio di legalità, in quanto generica ed indeterminata, sia
perché non sono previste modalità di collaborazione con le Regioni.
Secondo
Ad avviso della ricorrente, anche l’art.
57, comma 1, lettera b), che
attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri l’approvazione del
programma nazionale di intervento senza prevedere alcun coinvolgimento delle
Regioni, si porrebbe in contrasto con i princìpi di
sussidiarietà e di leale collaborazione e con i criteri direttivi della legge
di delega. Infatti, anche in questo caso l’intesa con
7.2. –
Con riferimento alla lettera a), concernente «programmazione,
finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo», la
difesa regionale ricorda quanto previsto negli artt. 86, comma 3, e 89, comma
1, lettera h), e comma 5, del d.lgs.
n. 112 del 1998.
Quanto alla lettera d), concernente la «identificazione delle linee fondamentali
dell’assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e
ambientali e alla difesa del suolo, nonché con riguardo all’impatto ambientale
dell’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di
competenza statale e delle trasformazioni territoriali», invece, la ricorrente
osserva come, ai sensi dell’art. 52, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998,
l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio
nazionale con riferimento alla difesa del suolo, sia compito di rilievo
nazionale e debba essere compiuta attraverso intese nella Conferenza unificata.
7.3. –
Tale riduzione delle competenze della
Conferenza si tradurrebbe in una violazione della legge di delega ed in
particolare, dell’art. 1, comma 9, lettera c),
che, tra l’altro, pone il vincolo della valorizzazione del ruolo e delle
competenze degli organismi a composizione mista statale e regionale.
7.4. – Riguardo agli artt. 70, commi 1 e
3, e 72, comma 4, la ricorrente afferma che anche da essi risulterebbe evidente
che le Regioni sono private di poteri decisionali in relazione alla
pianificazione degli interventi attuativi del piano. In particolare, sarebbe
previsto solo il parere della Conferenza Stato-Regioni e quest’ultimo si
riferirebbe solo all’indicazione del fabbisogno finanziario per il successivo
triennio (art. 70, comma 3).
Pertanto, secondo la ricorrente, la
suddette norme sono illegittime per violazione del principio di leale
collaborazione e delle attribuzioni regionali, nella parte in cui prevedono il
parere anziché l’intesa e nella parte in cui non richiedono l’intesa in
relazione all’adozione e all’approvazione del programma.
In proposito, la difesa regionale
sostiene che, a ben vedere, neanche lo strumento dell’intesa in sede di
Conferenza garantirebbe la piena tutela delle competenze regionali, perché non
si tratterebbe di decisioni indivisibili di livello nazionale, alle quali le
Regioni collaborano come un insieme, ma di decisioni di interventi che
interessano ciascuna singola Regione come tale. Di conseguenza, ad avviso della
ricorrente, sarebbe necessario prevedere l’intesa della singola Regione, in
relazione alle opere da eseguire nel proprio territorio. In definitiva, l’art.
70, comma 1, sarebbe illegittimo nella parte in cui non prevede sul programma
di interventi l’intesa di ciascuna Regione territorialmente interessata.
Quanto all’art. 72, comma 4,
8. – In prossimità dell’udienza
pubblica,
9. –
9.1. – La ricorrente premette che deve
essere incontestabilmente esclusa la possibilità per lo Stato di disciplinare
autonomamente la materia «difesa del suolo». Al riguardo
Secondo la difesa regionale, in questo
caso il prevalente titolo di competenza è quello del «governo del territorio»,
con la conseguenza che si verte in una materia di potestà legislativa
concorrente, caratterizzata tra l’altro «da una forte accentuazione del modulo
cooperativo, tale da richiedere una costante dialettica tra i diversi livelli
di governo nell’impostazione delle linee generali della politica di difesa del
suolo».
9.2. – Passando all’esame delle singole
norme impugnate, la ricorrente sostiene l’illegittimità dell’art. 57, relativo
alle competenze del Presidente del Consiglio dei ministri e del Comitato dei
ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo, poiché esso
opererebbe un accentramento organizzativo e funzionale che priva di qualsiasi
coinvolgimento le autonomie territoriali, pur trattandosi di normativa che
incide sulla materia «governo del territorio», di potestà legislativa
concorrente.
In particolare,
Illegittima sarebbe anche la norma di
cui al comma 1, lettera a), n. 3,
dell’art. 57, per violazione degli artt. 117, quinto comma, e 120, secondo
comma, Cost., perché prevede un’attività sostitutiva da parte del Governo «in
caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni
previste dalla presente sezione». Secondo la ricorrente, tale previsione, a
causa della sua genericità, consentirebbe allo Stato di agire in via
sostitutiva al di fuori delle fattispecie espressamente contemplate nelle
disposizioni costituzionali sopra indicate. Infatti, l’inserimento di formule
legislative generiche, come quella impugnata, produrrebbe «un rischio
permanente di riappropriazione, da parte dello Stato […] di attività
amministrative di cui esso non ha più né la titolarità né la responsabilità»,
con conseguente violazione dell’art. 118 Cost.
Il comma 1, lettera a), n. 4, ed il comma 3 dell’art. 57 violerebbero, invece, gli
artt. 117 e 118 Cost., in quanto attribuiscono al Presidente del Consiglio dei
ministri (comma 1, lettera a), n. 4) ed al Comitato dei ministri (comma
3) il potere di adottare atti di indirizzo e coordinamento in un ambito
materiale di potestà legislativa concorrente, per il quale l’art. 8, comma 6,
della legge n. 131 del 2003, esclude che siffatti atti possano essere adottati.
Dall’illegittimità del comma 1, lettera a), n. 4, e del comma 3 dell’art. 57
deriverebbe quella del comma 6 del medesimo articolo, che postula la
sussistenza di un potere di indirizzo e coordinamento, disciplinandone
l’esercizio.
In termini analoghi, la ricorrente
ritiene che debba concludersi per il comma 4 dell’art. 57, per la parte in cui
presuppone, anch’esso, un potere di indirizzo e coordinamento del Comitato dei
ministri.
Secondo la ricorrente, siffatta
ricostruzione sarebbe confermata dall’esame della normativa previgente;
infatti, nell’art. 4, comma 3, della legge n. 183 del 1989 l’attribuzione delle
funzioni di alta vigilanza al Comitato dei ministri era limitata ai «servizi
tecnici nazionali». Per tali ragioni il censurato comma 3 dell’art. 57 si
porrebbe in contrasto anche con i princìpi contenuti
nella legge di delega e quindi con l’art. 76 Cost.; in particolare, l’art. 1,
comma 8, della legge n. 308 del 2004, prescrivendo il rispetto delle
attribuzioni delle Regioni e degli enti locali, «come definite ai sensi
dell’articolo 117 della Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112», garantirebbe agli enti infra-statuali, come soglia minima di autonomia, il
mantenimento dello status quo.
L’illegittimità della previsione
del potere di «alta vigilanza» si estenderebbe anche al comma 4 dell’art. 57,
nella parte in cui concretizza tale potere attraverso la verifica della
«coerenza nella fase di approvazione» degli atti di pianificazione.
9.3. – Oggetto di censura è anche l’art.
58, che individua le competenze del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio. Al riguardo,
Inoltre, per alcune norme contenute
nell’art. 58, alla violazione del principio di leale collaborazione si
aggiungerebbe l’eccesso di delega. In particolare, il comma 3, lettera d), violerebbe l’art. 1, comma 8, della
legge n. 308 del 2004, e quindi l’art. 76 Cost., nella parte in cui attribuisce
al Ministro dell’ambiente il compito di identificare le «linee fondamentali
dell’assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori naturali e
ambientali e alla difesa del suolo, nonché con riguardo all’impatto ambientale
dell’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere di
competenza statale e delle trasformazioni territoriali».
La ricorrente afferma che il potere in
questione è già contemplato dall’art. 52 del d.lgs. n. 112 del 1998, il cui
comma 3 prevede che sia esercitato «attraverso intese nella Conferenza
unificata». La scomparsa di ogni riferimento a questa istanza di codecisione porrebbe la norma impugnata in contrasto con
l’art. 1, comma 8, della legge di delega n. 308 del 2004, che invece, stando
alla ricostruzione della difesa regionale, imporrebbe il mantenimento dello status
quo.
Infine, sono censurati il comma 2,
lettera c), ed il comma 3, lettera c), dell’art. 58, perché attribuiscono
al Ministro un potere di indirizzo e coordinamento non più esercitabile da
parte dell’organo di vertice del Governo, e dunque esorbitante anche rispetto
alle attribuzioni di un Ministro.
9.4. –
Quest’ultima norma, incidendo su una
materia di potestà legislativa concorrente, violerebbe anche l’art. 119 Cost.,
«che imporrebbe una intesa sulla ripartizione dei finanziamenti».
9.5. – La difesa regionale ritiene,
inoltre, che la violazione delle competenze legislative ed amministrative delle
Regioni emerga dal combinato disposto degli artt. 61, 63 e 64 del d.lgs. n. 152
del 2006.
Le norme sulle Autorità di bacino e sui
distretti idrografici segnerebbero, infatti, un arretramento, per le ragioni
delle autonomie, rispetto alla normativa previgente sulla difesa del suolo
contenuta nella legge n. 183 del
L’art. 61 violerebbe gli artt. 76, 117 e
118 Cost. per due ordini di ragioni, desumibili dal confronto tra la norma
impugnata e l’art. 10 della legge n. 183 del 1989.
Innanzitutto,
In secondo luogo, la violazione dei
suindicati parametri costituzionali discenderebbe dalla mancata previsione
nell’art. 61 del d.lgs. n. 152 del 2006 di due funzioni attribuite alle Regioni
dall’art. 10 della legge n. 183 del 1989. Si tratta, in particolare, della
competenza a delimitare «i bacini idrografici di propria competenza» (art. 10,
comma 1, lettera a), ad attivare «la
costituzione di comitati per i bacini di rilievo regionale e di rilievo
interregionale» ed a stabilire «le modalità di consultazione di enti,
organismi, associazioni e privati interessati, in ordine alla redazione dei
piani di bacino» (art. 10, comma 1, lettera h).
Quanto all’art. 63 del d.lgs. n. 152 del
2006,
La ricorrente ritiene che il vizio di
eccesso di delega abbia riflessi sulle attribuzioni costituzionali delle
Regioni, poiché l’ordinamento amministrativo introdotto dal d.lgs. n. 152 del
2006 sostituisce quello previsto dalla legge n. 183 del 1989 che attribuiva
alle Regioni la costituzione delle Autorità di bacino di rilievo regionale e di
quelle di rilievo interregionale, fissando specifiche competenze regionali
all’art. 10, comma 1, lettera h), ed
all’art. 15, comma 3. Inoltre l’art. 12 della legge n. 183 del 1989 stabiliva
che gli organi delle Autorità di bacino di rilievo nazionale fossero
caratterizzati da una composizione mista e da regole di funzionamento che
garantivano una partecipazione effettiva delle Regioni alla politica di
gestione.
Pertanto, le Regioni erano contitolari
del governo dei bacini nazionali (configurati come organismi a partecipazione
mista Stato-Regioni) e titolari, in via tendenzialmente esclusiva, delle
funzioni relative ai bacini regionali e interregionali. L’entrata in vigore del
d.lgs. n. 152 del 2006 avrebbe reso insignificanti i poteri delle Regioni; ciò
sarebbe reso ancor più evidente da quanto stabilito dai commi 4, quarto
periodo, e 6, secondo periodo, dell’art. 63, secondo cui gli organi delle nuove
Autorità di bacino (caratterizzati da una presenza minoritaria dei rappresentanti
delle Regioni) deliberano a maggioranza.
Infine, il rinvio ad un decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, contenuto nei commi 2 e 3 dell’art. 63,
si porrebbe in contrasto con l’art. 117, sesto comma, Cost., poiché in una
materia di competenza legislativa concorrente è precluso allo Stato l’utilizzo
del potere regolamentare. Quand’anche si ritenesse di poter giustificare
siffatta previsione, sussisterebbe comunque la violazione del principio di
leale collaborazione, perché, per poter incidere sulla materia del «governo del
territorio», dovrebbe essere prevista un’intesa e non il semplice parere della
Conferenza Stato-Regioni.
Quanto all’art. 64 del d.lgs. n. 152 del
2006 (che individua i distretti idrografici),
La norma violerebbe, poi, il principio
di ragionevolezza espresso dall’art. 3 Cost., poiché la ripartizione dei nuovi
distretti idrografici sarebbe stata effettuata in maniera arbitraria e
l’irragionevolezza della delimitazione dei bacini avrebbe conseguenze
pregiudizievoli sulla gestione dei bacini idrografici, di spettanza regionale.
In particolare, l’unificazione sotto
un’unica autorità di bacini che, in molti casi, non hanno alcuna correlazione,
realizzerebbe un accentramento privo di giustificazione, espropriando le
Regioni delle proprie naturali competenze. Inoltre l’indistinto accorpamento
dei bacini si porrebbe in contrasto con «la ragione stessa del significato di
"bacino”, che deve essere considerato quale "ecosistema unitario”».
In particolare, la ricorrente si
sofferma su quanto riportato nel tredicesimo considerando della direttiva, in
cui si sottolinea la necessità che le decisioni siano adottate «al livello più
vicino possibile ai luoghi di utilizzo effettivo o di degrado delle acque», e
sul contenuto del trentatreesimo considerando, in cui si precisa che
«l’obiettivo di ottenere un buono stato delle acque dovrebbe essere perseguito
a livello di ciascun bacino idrografico, in modo da coordinare le misure
riguardanti le acque superficiali e sotterranee appartenenti al medesimo
sistema ecologico, idrologico e idrogeologico».
La difesa regionale ricorda le
definizioni dei concetti di base, riportate nell’art. 2, numeri 13, 14 e 15
della direttiva, e sottolinea come l’art. 3, par. 1, di quest’ultima,
stabilisca che «Gli Stati membri individuano i singoli bacini idrografici
presenti nel loro territorio e, ai fini della presente direttiva, li assegnano
a singoli distretti idrografici. Ove opportuno, è possibile accomunare in un
unico distretto bacini idrografici di piccole dimensioni e bacini di dimensioni
più grandi, oppure unificare piccoli bacini limitrofi. Qualora le acque
sotterranee non rientrino interamente in un bacino idrografico preciso, esse
vengono individuate e assegnate al distretto idrografico più vicino o più
consono. Le acque costiere vengono individuate e assegnate al distretto
idrografico o ai distretti idrografici più vicini o più consoni».
Il sistema dei distretti idrografici
determinerebbe pertanto la riattribuzione al centro
di attività già delegate o trasferite e la vanificazione delle attività di
gestione, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., «in materia di
"governo del territorio”» e dell’art. 118 della Costituzione.
Infine,
9.6. – Secondo la ricorrente, dall’illegittimità
degli artt. 61, 63 e 64 deriva quella di alcuni articoli successivi che dei
primi rappresentano la specificazione e che, dunque, contrasterebbero con il
riparto di competenze di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Ciò varrebbe, innanzitutto, per l’art.
65, che disciplina il piano di bacino distrettuale. La sua illegittimità
costituzionale, nella ricostruzione operata dalla difesa regionale, discende
dall’illegittima centralizzazione della politica di gestione dei bacini.
In subordine, qualora gli artt. 61, 63 e
64 non dovessero essere ritenuti incostituzionali,
In ulteriore subordine, l’art. 65
sarebbe illegittimo in quanto non prevede una partecipazione delle Regioni
nella procedura di approvazione dei piani di bacino; quest’ultimo vizio sarebbe
aggravato dal fatto che il comma 4 del medesimo art. 65 stabilisce che «Le
disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente
vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonché per i soggetti
privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso
Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo
socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o
comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato».
L’illegittimità costituzionale dell’art.
65 dovrebbe comportare un’analoga dichiarazione in riferimento all’art. 66, che
specifica ulteriormente il procedimento che si conclude con l’approvazione del
piano di bacino. Per questa ragione, la ricorrente chiede una declaratoria di
incostituzionalità ex art. 27, secondo
periodo, della legge n. 87 del 1953.
Gli stessi motivi che inducono a
ritenere incostituzionale l’art. 65 si ripresentano, secondo la difesa
regionale, in ordine all’art. 67, che disciplina l’adozione, nelle more
dell’approvazione dei piani di bacino, dei piani di stralcio di distretto per
l’assetto idrogeologico (PAI). In particolare,
L’illegittimità costituzionale dei commi
2, 3, 4, 5 e 6 dell’art.
9.7. – Parimenti illegittimi sono, nella
prospettiva seguita dalla ricorrente, i commi 2 e 3 dell’art.
Il comma 3, invece, prevedendo la
possibilità per le Regioni di provvedere con propri stanziamenti alla
realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, violerebbe
il solo art. 119 Cost., poiché tali stanziamenti sarebbero indebitamente
condizionati al previo parere favorevole della Conferenza istituzionale
permanente di cui all’art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006. Secondo la
ricorrente, il citato comma 3 comporterebbe la «mancata comprensione delle
diversità territoriali degli enti, i quali debbono poter decidere liberamente
in ordine al finanziamento degli interventi necessari per il proprio
territorio».
9.8. – Il carattere dettagliato delle
norme determinerebbe l’illegittimità anche dell’art. 70, che disciplina il
procedimento di adozione dei programmi di intervento.
9.9. –
Il comma 3 stabilisce che il Comitato
dei ministri, sentita
Il comma 5 dell’art. 72 attribuisce al
Ministro dell’ambiente, su proposta della Conferenza Stato-Regioni, il potere
di individuare, con proprio decreto, le opere di competenza regionale, che
rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo
idrografico principale e del demanio idrico. Questa norma violerebbe gli artt.
117 e 118 Cost., perché attribuirebbe al Ministro «un potere condizionante nei
confronti dell’autonomia anche legislativa delle Regioni» e, in subordine, il
principio di leale collaborazione, poiché il coinvolgimento delle Regioni è
limitato soltanto alla semplice proposta iniziale della Conferenza
Stato-Regioni.
9.10. – Infine,
Dall’illegittimità del comma 4 dell’art.
55 discenderebbe, in via consequenziale, quella del comma 5 del medesimo
articolo, che postula l’affidamento all’ANCI dell’attività conoscitiva di cui
sopra. Per questa ragione la ricorrente chiede una dichiarazione di
illegittimità costituzionale ex art.
27, secondo periodo, della legge n. 87 del 1953.
9.11. – La ricorrente chiede che sia
disposta la sospensione dell’efficacia degli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152
del
10. – In prossimità dell’udienza
pubblica del 5 maggio 2009,
11. –
11.1. – Preliminarmente, la difesa
regionale osserva che le norme impugnate rientrano nella materia «governo del
territorio», di potestà legislativa concorrente; di conseguenza, lo Stato può
solo dettare i princìpi fondamentali cui devono
attenersi le Regioni nell’elaborazione delle proprie normative. In particolare,
le norme censurate incidono sulla pianificazione territoriale e sugli atti di
programmazione regionali, dettando una disciplina puntuale.
11.2. – La ricorrente censura,
innanzitutto, l’art. 57, commi 4 e 6, per violazione degli artt. 117 e 118
Cost. e del principio di leale collaborazione.
Secondo
Sarebbe violato anche l’art. 118 Cost.,
poiché non si prevede che i suddetti indirizzi siano definiti previo adeguato
coinvolgimento delle Regioni interessate, che sono poi tenute a recepirli e ad
adeguarsi ad essi.
Ad evitare l’illegittimità del comma 4
non sarebbe sufficiente quanto disposto dal successivo comma 6 del medesimo
art. 57, ove si stabilisce che «I princìpi degli atti
di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo sono definiti sentita
Pertanto,
Infine, la ricorrente censura l’ultimo
periodo del comma 4 dell’art. 57, nella parte in cui prevede che il Comitato
dei ministri verifica la coerenza delle politiche settoriali nella fase di
approvazione dei relativi atti. In questo modo si introdurrebbe una forma di controllo
di atti regionali non prevista da norme costituzionali e idonea a interferire
nelle decisioni adottate a livello regionale, con conseguente ulteriore
violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione.
11.3. – L’art. 58, comma 3, lettere a) e d),
è impugnato per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale
collaborazione.
In particolare, la norma di cui alla
lettera a) sarebbe illegittima,
perché riguarda la programmazione, il finanziamento ed il controllo di tutti
gli interventi in materia di difesa del suolo, attribuiti al Ministero, senza
alcun ruolo delle Regioni alle quali è riconosciuto un mero potere di proposta
e di osservazione da esercitarsi in sede di Conferenza Stato-Regioni.
La lettera d), invece, interferirebbe in modo rilevante con le attribuzioni
regionali in materia di governo del territorio poiché alloca in capo al
Ministero, senza alcuna intesa con
Al riguardo,
11.4. – La ricorrente impugna l’art. 61,
comma 1, lettere d) ed e), per violazione degli artt. 76 e 117
della Costituzione.
La disposizione censurata elenca le
competenze regionali e fra queste prevede che le Regioni: «per la parte di
propria competenza, dispongono la redazione e provvedono all’approvazione e
all’esecuzione dei progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei
distretti idrografici, istituendo, ove occorra, gestioni comuni» (lettera d) e «provvedono, per la parte di
propria competenza, all’organizzazione e al funzionamento del servizio di
polizia idraulica ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e
degli impianti e la conservazione dei beni» (lettera e).
Il d.lgs. n. 112 del 1998, invece, aveva
trasferito alle Regioni le funzioni relative «alla progettazione, realizzazione
e gestione delle opere idrauliche di qualsiasi natura» (art. 89, comma 1,
lettera a), «ai compiti di polizia idraulica e di pronto intervento» (art. 89,
comma 1, lettera c) e «alla polizia delle acque» (art. 89, comma 1, lettera g).
Pertanto, ad avviso della ricorrente,
sarebbe ravvisabile un palese contrasto tra l’art. 1, comma 8, della legge di
delega n. 308 del 2004, che individua, tra i princìpi
e criteri direttivi, il rispetto delle attribuzioni regionali, come definite
dal d.lgs. n. 112 del 1998, e l’art. 61 del d.lgs. n. 152 del 2006, che limita
le funzioni esercitabili dalle Regioni alla «parte di loro competenza».
11.5. –
In particolare, la ricorrente sottolinea
che sono state soppresse le Autorità di bacino istituite dalla legge n. 183 del
1989, che rappresentavano gli organismi di cooperazione tecnica ed
istituzionale tra lo Stato e le Regioni, ed al loro posto sono state istituite
le Autorità distrettuali, che sono emanazione diretta del Ministero
dell’ambiente, alle quali le Regioni partecipano con un numero minoritario di
rappresentanti in seno alla Conferenza istituzionale e alla Conferenza
operativa.
La difesa regionale si sofferma,
inoltre, sui compiti assegnati agli organi delle nuove Autorità di bacino,
evidenziando come
Per queste ragioni la ricorrente ritiene
che il rispetto delle competenze regionali imponga che le Autorità di bacino si
limitino a dettare criteri ed indirizzi generali per la difesa del suolo, che
poi le Regioni dovrebbero disciplinare e specificare nella propria legislazione
e negli atti di pianificazione territoriale o che, negli organi delle Autorità
di bacino, vi sia sempre una paritaria partecipazione regionale.
Secondo la ricorrente l’art. 63 non
rispetta alcuno di tali criteri; infatti, i commi 5, 6, 7 e 8 attribuiscono
all’Autorità di bacino «compiti puntuali e specifici di programmazione,
gestione e controllo idonei a sovrapporsi alle scelte regionali». Fra questi, i
compiti più significativi sarebbero quelli previsti al comma 5, lettera c), e al comma 7, lettera b).
Particolarmente lesiva sarebbe la norma
contenuta nell’art. 63, comma
Infine, l’art. 63 violerebbe l’art. 76
Cost. sia a causa del suo carattere fortemente innovativo a fronte di una
delega che riguardava il «riordino, coordinamento ed integrazione», sia perché
sovverte le attribuzioni regionali previste dal d.lgs. n. 112 del 1998, mentre
l’art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004 imponeva il loro rispetto.
11.6. – La ricorrente afferma, poi, che
l’art. 64 contrasta con gli artt. 11, 76, 117 e 118 della Costituzione.
In particolare, la norma violerebbe
l’art. 76 Cost. per le stesse ragioni esposte a proposito dell’analoga censura
formulata contro l’art. 63.
L’art. 64 violerebbe, poi, l’art. 11
Cost., perché l’individuazione degli otto nuovi distretti idrografici in esso
contenuta prescinde dalla dimensione del bacino, ponendosi in contrasto con i princìpi espressi dalla direttiva n. 2000/60/CE, che
definisce i distretti idrografici come bacini omogenei specie in relazione alle
finalità della direttiva stessa, e quindi agli obiettivi di qualità e di
bilancio idrico da garantire.
Ad avviso della Regione Toscana, la
nuova delimitazione dei bacini distrettuali lederebbe anche le attribuzioni
regionali di cui all’art. 117 Cost. e, quand’anche si volesse giustificare
l’intervento statale in nome di presunte esigenze di carattere unitario,
residuerebbe l’illegittimità della previsione per il mancato coinvolgimento
regionale nella nuova delimitazione, con conseguente violazione dell’art. 118
Cost.
11.7. – Infine, la ricorrente impugna
l’art. 65 per violazione degli artt. 76, 117 e 118 Cost. e del principio di
leale collaborazione.
In particolare,
La ricorrente censura inoltre la
procedura prevista per l’approvazione del piano di bacino, evidenziando come le
Regioni non siano adeguatamente coinvolte, a causa della presenza minoritaria
dei loro rappresentanti in seno alla Conferenza istituzionale e della
previsione di un mero parere della Conferenza Stato-Regioni ai fini
dell’approvazione dei piani di bacino, ex
art. 57, comma 1, lettera a), punto
2. Ciò determinerebbe la violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio
di leale collaborazione.
Oggetto di specifica censura è il comma
6 dell’art. 65, secondo cui «Fermo il disposto del comma 4, le Regioni, entro
novanta giorni dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi
Bollettini Ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni
concernenti l’attuazione del piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale
termine, gli enti territorialmente interessati dal Piano di bacino sono
comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora
gli enti predetti non provvedano ad adottare i necessari adempimenti relativi
ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di comunicazione
delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi dalla pubblicazione
dell’approvazione del Piano di bacino, all’adeguamento provvedono d’ufficio le
Regioni».
Secondo la difesa regionale, tale norma
risulta lesiva delle attribuzioni regionali, perché impone un termine incongruo
ed eccessivamente breve per dettare le norme necessarie per l’attuazione
urbanistica del piano di bacino, con conseguente lesione del principio di leale
collaborazione e delle competenze urbanistiche regionali garantite dall’art.
117 Cost.
È impugnato anche il comma 7 dell’art.
65, il quale prevede l’adozione da parte delle Autorità di bacino di misure di
salvaguardia ed, in caso di una loro mancata attuazione, l’intervento
sostitutivo del Ministro dell’ambiente.
Quand’anche il potere sostitutivo fosse
ricondotto al principio di sussidiarietà,
Infine, l’art. 65, come i precedenti
artt. 63 e 64, violerebbe l’art. 76 Cost. sia a causa del suo carattere
fortemente innovativo a fronte di una delega che riguardava il «riordino,
coordinamento ed integrazione», sia perché sovverte le attribuzioni regionali
previste dal d.lgs. n. 112 del 1998, mentre l’art. 1, comma 8, della legge n.
308 del 2004, imponeva il rispetto di queste.
12. – Nel giudizio si è costituito il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza
delle censure.
12.1. – In particolare, quanto alla
questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 57, commi 4 e 6, la
difesa erariale sottolinea la necessità di un coordinamento e di un indirizzo unitario
al livello di politiche settoriali statali, da cui discenderebbe la legittimità
di affidare al Comitato dei ministri le proposte di indirizzo e coordinamento,
sentita
12.2. – In merito alle censure rivolte
all’art. 58, comma 3, lettere a) e d), il resistente osserva che
non esiste un diritto delle Regioni all’intesa «forte», in materia di tutela
dell’ambiente e salvaguardia del territorio. Nondimeno, le norme in esame non
derogano la disciplina vigente in tema di localizzazione delle opere.
12.3. – Le questioni relative all’art.
61, comma 1, lettere d) ed e), sarebbero invece inammissibili per
genericità. In ogni caso, aggiunge la difesa erariale, il quadro delle
competenze in materia di ambiente e di tutela del territorio ha subito,
rispetto all’originaria attrazione nell’edilizia (intesa come scienza globale
del territorio), una evoluzione di cui è testimone la formulazione del nuovo
titolo V della parte seconda della Costituzione e la stessa nozione di ambiente
fatta propria dalla giurisprudenza della Corte costituzionale.
12.4. – In relazione alle censure
rivolte all’art. 63, il Presidente del Consiglio dei ministri deduce che la
legge statale, in materia di competenza esclusiva (come sarebbe quella in
esame), può legittimamente modificare gli assetti di uffici ed organismi, anche
a partecipazione mista, sempre che si tratti di organi dello Stato. Quanto alla
presenza «minoritaria» delle Regioni in seno agli organi delle nuove Autorità
di bacino, il resistente osserva che «in siffatti organismi "i voti non si
contano ma si pesano” e la legittimità delle deliberazioni adottate è
strettamente connessa alla valutazione e ponderazione degli effettivi interessi
in gioco».
12.5. – Inoltre, la creazione delle
nuove Autorità distrettuali, prevista nell’art. 64, risponderebbe alla
necessità di tener conto della struttura geofisica del Paese e prescinderebbe
dalle delimitazioni amministrative dei confini regionali. Pertanto, non vi
sarebbe alcuna violazione della normativa comunitaria, ma anzi una sua
attuazione.
12.6. – Infine, il termine di novanta
giorni, previsto dall’art. 65, comma 6, avrebbe una funzione meramente acceleratoria, nel senso che, una volta decorso, la
disposizione di piano si applicherebbe, ma resterebbe ferma la possibilità
della legge o di altro strumento di competenza regionale di provvedere alle
necessarie norme di adattamento nei termini che le stesse autorità locali
riterranno opportuni e congrui.
13. – In prossimità dell’udienza
pubblica,
Inoltre, l’art. 1, comma 2, del
decreto-legge n. 208 del
Al riguardo, la difesa regionale rileva
che, in virtù delle suddette modifiche, la questione di legittimità
costituzionale relativa all’art. 63, comma 3, «non presenta più un interesse
attuale», perché, come già evidenziato, il d.lgs. n. 284 del 2006 e il
decreto-legge n. 208 del 2008 hanno disposto la proroga delle preesistenti
Autorità di bacino sino alla costituzione dei nuovi distretti.
Per il resto, invece, la difesa
regionale conferma le censure di incostituzionalità formulate nel ricorso.
14. –
14.1. – La difesa regionale osserva
preliminarmente che le norme impugnate rientrano nella materia «governo del
territorio», di potestà legislativa concorrente e che l’art. 176, comma 1, del
d.lgs. n. 152 del 2006 afferma che «Le disposizioni di cui alla parte terza del
presente decreto che concernono materie di legislazione concorrente
costituiscono princìpi fondamentali ai sensi
dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione». La ricorrente considera
«superficiale e non corretta» questa affermazione, sia per la sua genericità,
riferendosi indistintamente a tutta la disciplina della parte terza del d.lgs.
n. 152, sia perché le norme in oggetto contengono una «completa revisione» ed
una disciplina puntuale e di dettaglio, escludendo ogni ambito legislativo
regionale.
Secondo la difesa regionale, con le
norme contenute nella parte terza del d.lgs. n. 152 del 2006 è stata abrogata
la disciplina preesistente in tema di difesa del suolo, ma non è stata
riordinata la materia in maniera organica, né sono stati coordinati i diversi
livelli di pianificazione.
14.2. – In particolare, ad avviso della
Regione Piemonte, con l’art. 64 sono stati individuati, senza alcuna concertazione
con le Regioni, otto distretti idrografici, eliminandosi così la precedente
ripartizione del territorio funzionale alla difesa del suolo, ispirata al
principio di sussidiarietà, al fine di assicurare il più appropriato livello di
governo in rapporto all’ambito territoriale preso a riferimento e di garantire
autonomia decisionale alle Regioni.
14.3. – Quanto all’art. 63, la
ricorrente contesta la composizione della Conferenza istituzionale permanente
in seno alle Autorità di bacino distrettuali, poiché già l’inserimento dei
ministri delle attività produttive e per la funzione pubblica renderebbe la
disposizione viziata da irragionevolezza e travolgerebbe un assetto
istituzionale idoneo a bilanciare in concreto gli interessi unitari dello Stato
e gli interessi delle collettività locali.
14.4. – Inoltre, ai sensi dell’art. 57,
comma 1, lettera a), n. 2, tutti i
piani di bacino sono approvati dal Presidente del Consiglio dei ministri con il
mero parere della Conferenza Stato-Regioni; ciò esautorerebbe le Regioni di
ogni potere.
14.5. – Particolarmente lesiva sarebbe
poi la norma di cui all’art. 63, comma 3, che, secondo la ricorrente, risulta
irragionevole sotto il profilo temporale, poiché l’entrata in vigore al 30
aprile 2006 delle norme in oggetto avrebbe determinato la paralisi del sistema
istituzionale di pianificazione di bacino e l’interruzione dei procedimenti e
delle attività in corso.
14.6. – Per le ragioni anzidette
14.7. – Sono poi impugnati gli artt. 65,
66, 67 e 68 del d.lgs. n. 152 del 2006, che, a parere della ricorrente,
individuano numerosi strumenti di pianificazione, diversificati per contenuti,
modalità di elaborazione, adozione e approvazione, rilevanza ed effetti, senza
apprezzabile fondamento della distinzione e senza che ne siano definiti i
reciproci rapporti.
Secondo la difesa regionale,
l’illogicità manifesta dell’articolazione di questo sistema configura anche una
violazione delle norme comunitarie, poiché l’incoerenza che ne deriva determina
l’impossibilità di perseguire gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE di cui
il decreto intende costituire recepimento (art. 170, comma 4, lettera r) e che invece prevede, quale strumento
di pianificazione unitaria, il piano di gestione che può essere articolato per
piani più dettagliati o tematici.
Sussisterebbe, inoltre, violazione
dell’art. 76 Cost., sia per il contrasto con l’art. 1, comma 1, della legge n.
308 del 2004, che individua l’oggetto della delega nel «riordino, coordinamento
e integrazione» della normativa esistente, sia per il contrasto con l’art. 1,
comma 8, della legge n. 308 del 2004 – che impone il rispetto della
attribuzioni regionali definite dall’art. 117 Cost., dalla legge n. 59 del 1997
e dal d.lgs. n. 112 del 1998 – e con l’art. 1, comma 9, lettera c), della medesima legge. L’eccesso di
delega si sarebbe concretato nella compressione delle prerogative istituzionali
regionali ed in generale del ruolo delle autonomie territoriali nell’ambito
considerato della difesa del suolo.
15. – Si è costituito il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato «inammissibile ed
infondato».
La difesa erariale deduce che il
carattere trasversale della materia ambientale, pur legittimando le Regioni a
provvedere attraverso la propria competenza legislativa esclusiva o concorrente
su temi che hanno riflessi sulla materia ambientale, non costituisce però un
limite alla competenza esclusiva dello Stato a dettare regole omogenee nel
territorio nazionale per procedimenti e competenze che attengono
specificatamente alla tutela dell’ambiente ed alla salvaguardia del territorio.
In tale materia la legislazione statale non è condizionata ad una «intesa
forte», oltretutto di difficile perseguibilità in sede di redazione di testi
normativi di notevole complessità.
16. –
16.1. – Preliminarmente, la difesa
regionale rileva che le norme contenute nell’art. 63 esorbitano palesemente dai
limiti di oggetto imposti dall’art. 1, comma 1, della legge di delega n. 308
del
Inoltre, la soppressione delle Autorità
di bacino previste dalla legge n. 183 del 1989 non sarebbe riconducibile in
alcun modo ai princìpi e criteri direttivi di cui
all’art. 1, comma 9, lettera c),
della legge n. 308 del 2004, che impone di valorizzare il ruolo e le competenze
svolti dagli organismi a composizione mista statale e regionale.
In merito alla composizione degli
organi delle nuove Autorità di bacino,
Il quadro normativo introdotto con il
censurato art. 63 appare alla ricorrente tanto più inaccettabile in quanto, in
materia di utilizzazione delle acque pubbliche, è prevista in Valle d’Aosta una
gestione coordinata e paritetica basata sull’art. 8, terzo comma, dello Statuto
di autonomia speciale.
Le norme contenute nell’art. 63
violerebbero, inoltre, le competenze legislative di rango primario di cui
all’art. 2 dello Statuto speciale in materia di piccole bonifiche ed opere di
miglioramento agrario e fondiario (lettera e), urbanistica, piani
regolatori per zone di particolare importanza turistica (lettera g),
acque minerali e termali (lettera i), acque pubbliche destinate ad
irrigazione ed a uso domestico (lettera m), tutela del paesaggio
(lettera q), nonché la competenza concorrente in materia di governo del
territorio, ex art. 117, terzo comma,
Cost., che, secondo la ricorrente, si estende anche alla Valle d’Aosta per
quanto eccedente la materia urbanistica ed edilizia, assegnata alla competenza
primaria della ricorrente.
Parimenti menomate sarebbero le
competenze amministrative della Regione, di cui all’art. 4 dello Statuto
speciale ed al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 89 (Norme di attuazione
dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta in materia di acque
pubbliche), il quale all’art. 1, comma 1, stabilisce che «Sono trasferite al
demanio della regione tutte le acque pubbliche utilizzate ai fini irrigui o
potabili, compresi gli alvei e le pertinenze relative» ed al comma 2 che «La
regione Valle d’Aosta esercita tutte le attribuzioni inerenti alla titolarità
di tale demanio ed in particolare quelle concernenti la polizia idraulica e la
difesa delle acque dall’inquinamento».
La rilevanza delle attribuzioni
regionali e delle garanzie partecipative nella materia in oggetto risulterebbe
chiaramente anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 524 del 2002,
con la quale è stata dichiarata illegittima una norma che attribuiva alle
determinazioni assunte in sede di Comitato istituzionale delle Autorità di
bacino (bacini idrografici di rilievo nazionale) il valore di «variante agli
strumenti urbanistici».
Un ulteriore profilo di
incostituzionalità riguarda l’art. 63, comma 3, che, secondo la ricorrente,
crea un vuoto normativo senza approntare alcuna disciplina transitoria,
determinando anche in Valle d’Aosta una situazione di incertezza in ordine agli
strumenti di pianificazione e gestione.
16.2. – Secondo la ricorrente, quanto
dedotto in merito all’art. 63 implica, in via consequenziale, l’illegittimità
costituzionale anche dell’art. 64, contenente la nuova ripartizione dei
distretti idrografici, all’interno dei quali sono esercitate le funzioni delle
nuove Autorità di bacino distrettuali.
16.3. –
17. – In prossimità dell’udienza
pubblica del 5 maggio 2009,
18. –
18.1. – La ricorrente impugna,
innanzitutto, l’art. 55, comma 2, per violazione del principio di leale
collaborazione, contestando l’accentramento in un soggetto statale – il
Servizio geologico d’Italia - Dipartimento difesa del suolo dell’Agenzia per la
protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) –, senza coinvolgimento
delle Regioni, delle scelte di costituzione e gestione di un unico sistema
informativo; inoltre si censura l’obbligo del raccordo dei sistemi informativi
regionali, nella misura in cui questo accordo non sia bilaterale.
18.2. –
Secondo la difesa regionale, la norma di
cui alla lettera a) accentrerebbe in
capo al Ministero dell’ambiente funzioni che erano attribuite alle Regioni o
alle Autorità di bacino preesistenti o che, comunque, erano svolte con la
partecipazione regionale. In proposito, la ricorrente sottolinea come l’art.
86, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998 preveda l’intesa con
La censurata lettera a) sarebbe dunque illegittima per
violazione dell’art. 76 Cost., sia per il carattere innovativo delle norme, sia
perché «peggiora» la posizione regionale (art. 1, commi 1 e 8, della legge n.
308 del 2004); inoltre, sarebbero violati l’art. 118 Cost. ed il principio di
leale collaborazione, perché la norma in esame accentrerebbe in capo allo Stato
funzioni amministrative in materie regionali senza alcun coinvolgimento delle
Regioni.
In relazione alla funzione di controllo,
la lettera a), oltre ad essere
illegittima per le ragioni anzidette, lo sarebbe anche perché «accentra una
funzione allo Stato in mancanza di esigenze di esercizio unitario, dato che il
controllo sugli interventi di difesa del suolo può essere adeguatamente svolto
a livello locale».
La lettera b), invece, violerebbe l’art. 118 Cost. ed il principio di leale
collaborazione in quanto attribuisce allo Stato una funzione amministrativa in
assenza di esigenze di esercizio unitario e, comunque, senza prevedere l’intesa
della Regione interessata. Inoltre, la norma impugnata innova nell’ordinamento,
alterando il riparto di funzioni previsto in relazione al rischio idrogeologico
e quindi violando, per le ragioni anzidette, l’art. 76 Cost.
Nel caso di specie le norme impugnate
ricadrebbero negli ambiti materiali del governo del territorio e della
protezione civile, di competenza legislativa concorrente.
18.3. – La ricorrente impugna, inoltre,
gli artt. 63 e 64, prospettando le medesime questioni di legittimità costituzionale
proposte dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 56 del 2006.
18.4. – Infine,
Secondo la ricorrente, questa norma
espropria le Regioni delle funzioni in oggetto ed assegna, in materie di competenza
regionale esclusiva o concorrente, un ruolo preponderante ad un atto al quale
le Regioni partecipano in misura assai limitata, con conseguente violazione
dell’art. 118 Cost. e del principio di leale collaborazione.
19. – In prossimità dell’udienza pubblica
20. –
20.1. – In relazione agli artt. 58, 59,
63 e 64, la ricorrente prospetta le medesime questioni di legittimità
costituzionale proposte dalle Regioni Emilia-Romagna e Umbria, con i ricorsi
numeri 56, 72 e 73 del 2006.
20.2. – La ricorrente impugna, inoltre,
gli artt. 65, 67, 69, 116 e 117, per violazione dell’art. 76 Cost. e della
normativa comunitaria.
Le norme censurate prevedono,
rispettivamente, il piano di bacino distrettuale, i piani stralcio per la
tutela dal rischio idrogeologico, i programmi di misure, che a loro volta
integrano i piani di tutela di cui all’art. 121, ed i piani di gestione.
Secondo la difesa regionale, i diversi
piani di tutela «così intrecciati e parzialmente sovrapposti», violano l’art. 1,
comma 8, lettera g), della legge n.
308 del 2004, che individua quale criterio direttivo quello di prevedere misure
che assicurino la tempestività e l’efficacia dei piani e dei programmi di
tutela ambientale, e l’art. 1, comma 9, lettera c), della medesima legge, che stabilisce il criterio del
superamento della sovrapposizione tra i diversi piani settoriali di rilievo
ambientale.
Inoltre, quanto ai piani di gestione dei
bacini idrografici, la ricorrente lamenta l’incompleta attuazione dell’art. 14
della direttiva 2000/60/CE, concernente l’obbligatoria fase di informazione e
consultazione pubblica. Per queste ragioni risulterebbe violato il principio di
delega relativo alla piena attuazione delle direttive comunitarie.
21. – In prossimità dell’udienza pubblica,
22. –
La ricorrente prospetta le medesime
questioni di legittimità costituzionale proposte dalla Regione Emilia-Romagna
con il ricorso n. 56 del 2006, chiedendo anche la sospensione dell’efficacia
degli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del
23. –
23.1. – Ad avviso della ricorrente,
l’art. 58, comma 3, lettere a) e b), determina un’illegittima
concentrazione di funzioni in capo al Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio ed una marcata riduzione del ruolo delle Regioni, in un ambito
materiale riconducibile al «governo del territorio», che l’art. 117, terzo
comma, Cost., affida alla potestà legislativa concorrente.
Quanto all’art. 59,
Per queste ragioni la ricorrente
sostiene che gli artt. 58, comma 3, lettere a)
e b), e 59 vìolino
l’art. 76 Cost., per contrasto con i princìpi
generali della legge di delega, e gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., a
causa della preponderanza dei poteri riconosciuti al Ministero dell’ambiente.
23.2. – Sono inoltre censurati gli artt.
63, comma 3, e 64, per violazione degli artt. 76, 117, terzo comma, e 118 della
Costituzione.
Quanto all’art. 64, la difesa regionale
ritiene che la nuova suddivisione dei distretti idrografici sia disomogenea ed
arbitraria, perché stabilita senza il contributo delle Regioni.
23.3. – Da ultimo,
24. – In prossimità dell’udienza
pubblica,
Pertanto, la difesa regionale rileva
che, in relazione all’art. 63, comma 3, «deve considerarsi venuto meno
l’interesse della Regione Puglia all’impugnativa proposta, in ragione
dell’intervenuto aggiustamento in via legislativa».
Per il resto, invece, la difesa
regionale conferma le censure di incostituzionalità formulate nel ricorso.
25. –
La ricorrente prospetta le medesime
questioni di legittimità costituzionale proposte dalla Regione Emilia-Romagna
con il ricorso n. 56 del 2006 e, in prossimità dell’udienza pubblica, ha
depositato memoria con la quale insiste nelle conclusioni già rassegnate nel
ricorso.
26. –
La ricorrente prospetta, in riferimento
ai predetti parametri costituzionali, le medesime questioni di legittimità
costituzionale proposte dalla Regione Toscana con il ricorso n. 69 del 2006.
27. – In prossimità dell’udienza
pubblica,
Per il resto, invece, la difesa
regionale conferma le censure di incostituzionalità formulate nel ricorso.
28. –
Secondo la ricorrente, le norme
impugnate violano l’art. 1, comma 1, della legge n. 308 del
Pertanto, il legislatore delegato non
aveva «il potere di abrogare le norme ed il sistema delineato dalla legge n.
183 del 1989 e di sostituirlo con un sistema diverso, […] di tipo centralistico».
Al contempo, le norme censurate
avrebbero espropriato le Regioni delle proprie attribuzioni nelle materie in
oggetto, con conseguente violazione dell’art. 117 Cost. e del principio di
sussidiarietà.
Secondo la difesa regionale, lo Stato,
trattandosi di una materia (la difesa del suolo) che afferisce al governo del
territorio, avrebbe potuto dettare solo norme di principio, senza possibilità
di riservarsi funzioni amministrative, se non nel rispetto del principio di
leale collaborazione e quindi attraverso procedure di codecisione
tra Stato e Regione.
29. – In tutti i giudizi, ad eccezione
di quello promosso con il ricorso n. 68 del 2006, è intervenuta l’Associazione
Italiana per il World Wide Fund for
Nature (WWF Italia) - Onlus, chiedendo che le norme impugnate dalle Regioni
siano dichiarate illegittime e, in prossimità dell’udienza di discussione, ha
depositato memorie con le quali insiste nelle conclusioni già rassegnate negli
atti di intervento.
30. – Nel giudizio introdotto dal
ricorso n. 70 del 2006 sono intervenute
Successivamente, le stesse società hanno
depositato una memoria con la quale insistono nelle conclusioni formulate
nell’atto di intervento e, per alcune questioni, chiedono una dichiarazione di
«sopravvenuta improcedibilità».
Considerato in diritto
1. – Le Regioni Emilia-Romagna (con due
distinti ricorsi), Calabria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria,
Abruzzo, Puglia, Campania, Marche, Basilicata, hanno proposto in via
principale, tra l’altro, questioni di legittimità costituzionale degli artt.
55, 57, 58, 59, 61, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 72, 116, 117 e 175 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale),
lamentando la violazione degli artt. 3, 5, 11, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120
della Costituzione, dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.
3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), degli artt.
2, lettere d), e), f), g), i),
m), q), 3, lettera d), e 4
della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per
Stante la loro connessione oggettiva, i
suddetti ricorsi devono essere riuniti ai fini di un’unica pronuncia.
2. – Riservata ad altre pronunce la
decisione sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale sollevate con
i medesimi ricorsi, in via preliminare va dichiarata l’inammissibilità
dell’intervento in giudizio dell’Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature (WWF Italia) -
Onlus, della Biomasse Italia s.p.a., della Società Italiana Centrali
Termoelettriche – SICET S.r.l., della Ital Green
Energy S.r.l. e della E.T.A. Energie Tecnologie Ambiente s.p.a., in applicazione
dell’orientamento della giurisprudenza costituzionale, secondo cui il giudizio
di costituzionalità in via principale si svolge «esclusivamente fra soggetti
titolari di potestà legislativa, fermi restando per i soggetti privi di tale
potestà i mezzi di tutela delle loro posizioni soggettive, anche
costituzionali, di fronte a questa Corte in via incidentale» (da ultimo, sentenza n. 405 del
2008).
3. – Le norme impugnate appartengono
alla Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006, intitolata «Norme in materia di
difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque
dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche» e, in particolare, fanno
parte della sezione I «Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla
desertificazione» (il solo art. 175 è compreso nella sezione IV «Disposizioni
transitorie e finali»).
Tutte le predette disposizioni sono
riconducibili alla materia «tutela dell’ambiente».
In effetti, già la prima delle norme
contenute nella sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006 (art. 53),
nell’individuare le finalità delle disposizioni che compongono la sezione
medesima, dichiara che esse «sono volte ad assicurare la tutela ed il
risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del
territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in
sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione». Sono
scopi che attengono con buona evidenza direttamente alla tutela delle
condizioni e qualità intrinseche del suolo e non già alla sua utilizzazione.
Simile osservazione vale per tutte le
disposizioni che compongono la sezione I. Si tratta di interventi
(conservazione e recupero del suolo, difesa e sistemazione dei corsi d’acqua,
moderazione delle piene, disciplina delle attività estrattive nei corsi
d’acqua, nei laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto
del territorio, difesa e consolidamento dei versanti e degli abitati contro
frane, valanghe e altri fenomeni di dissesto, contenimento dei fenomeni di subsidenza
dei suoli e di risalita delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche,
protezione delle coste e degli abitati dall’invasione e dall’erosione delle
acque marine, razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e
profonde, svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica e di
navigazione interna, nonché della gestione dei relativi impianti, manutenzione
ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e
conservazione dei beni; regolamentazione dei territori interessati dai predetti
interventi ai fini della loro tutela ambientale, riordino del vincolo
idrogeologico) miranti non già a disciplinare come e secondo quali regole
l’uomo debba stabilire propri insediamenti (abitativi, industriali, eccetera)
sul territorio, bensì a garantire un certo stato del suolo, così come le norme
contro l’inquinamento delle acque mirano a garantire un determinato standard qualitativo dei corpi idrici,
quelle contro l’inquinamento atmosferico uno specifico livello qualitativo dell’aria,
e così via.
4. – Le ricorrenti hanno denunciato, in
riferimento a numerose disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006, la violazione
dei criteri direttivi della legge n. 308 del 2004. E’ opportuno, pertanto,
prima di esaminare le singole questioni, precisare la portata ed il contenuto
dei princìpi enunciati dalla predetta legge di
delega.
L’art. 1 di tale legge ha conferito al
Governo il potere di adottare uno o più decreti legislativi in materia di: a)
gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati; b) tutela delle acque
dall’inquinamento e gestione delle risorse idriche; c) difesa del suolo e lotta
alla desertificazione; d) gestione delle aree protette, conservazione e
utilizzo sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e di fauna; e)
tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente; f) procedure per la
valutazione di impatto ambientale, per la valutazione ambientale strategica e
per l’autorizzazione ambientale integrata; g) tutela dell’aria e riduzione
delle emissioni in atmosfera.
La delega, pur mirando al riordino della
materia, consentiva al Governo di emanare norme innovative.
Ciò si ricava dal comma 1 dell’art. 1
della legge n. 308 del 2004, che attribuiva agli emanandi
decreti legislativi, non solo il compito di «coordinamento» delle previgenti
disposizioni, ma anche quello di «riordino» e di «integrazione» della normativa
relativa ai settori elencati nello stesso comma 1.
Il carattere innovativo della delega è
confermato dai princìpi e criteri direttivi indicati
nei successivi commi 8 e 9 dello stesso art. 1, molti dei quali, implicitamente
o esplicitamente, presuppongono o impongono la modifica sostanziale della
normativa ambientale all’epoca vigente.
Ad esempio, il comma 8, alla lettera b) impone al Governo il «conseguimento
di maggiore efficienza e tempestività dei controlli ambientali»; alla lettera d) fissa, quale obiettivo del
legislatore delegato, lo «sviluppo e coordinamento […], delle misure e degli
interventi che prevedono incentivi e disincentivi, finanziari o fiscali, volti
a sostenere, ai fini della compatibilità ambientale, l’introduzione e
l’adozione delle migliori tecnologie disponibili […], nonché il risparmio e
l’efficienza energetica, e a rendere più efficienti le azioni di tutela
dell’ambiente e di sostenibilità dello sviluppo, anche attraverso strumenti
economici, finanziari e fiscali»; alla lettera e) impone la «piena e coerente attuazione delle direttive
comunitarie»; alla lettera l)
richiede al Governo la «semplificazione, anche mediante l’emanazione di
regolamenti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.
400, delle procedure relative agli obblighi di dichiarazione, di comunicazione,
di denuncia o di notificazione in materia ambientale».
Con specifico riferimento all’assetto
delle competenze in materia ambientale, poi, lo stesso comma 8, formula in
apertura, un criterio generalissimo, secondo cui i decreti legislativi dovevano
conformarsi a princìpi direttivi quali, a livello
costituzionale, il rispetto: dei princìpi e delle
norme comunitarie; delle competenze per materia delle amministrazioni statali,
nonché delle attribuzioni delle Regioni e degli enti locali, come definite ai
sensi dell’articolo 117 della Costituzione; del principio di sussidiarietà,
fatte salve le norme statutarie e le relative norme di attuazione delle Regioni
a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e, in
materia di legislazione ordinaria, il rispetto della legge 15 marzo 1997, n. 59
(Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed
enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa) e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed
agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).
La contestuale menzione, accanto alla
legge n. 59 del 1997 ed al d.lgs. n. 112 del 1998, dell’art. 117 Cost. (che, al
secondo comma, attribuisce allo Stato competenza esclusiva in tema di «tutela
dell’ambiente») e del flessibile principio di sussidiarietà (che consente allo
Stato – competente per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema – di riservare
a sé le funzioni amministrative in siffatta materia tutte le volte in cui, ai
sensi dell’art. 118 Cost., sia ravvisata l’esigenza di un loro esercizio
unitario), conferma l’ipotesi che nessun carattere di intangibilità può
attribuirsi alle previsioni delle predette norme ordinarie. Se così non fosse,
la pretesa immodificabilità della distribuzione delle
funzioni amministrative in materia ambientale contenuta nel d.lgs. n. 112 del
1998 impedirebbe l’attuazione di gran parte dei princìpi
precisati subito dopo nello stesso comma 8 e nel successivo comma 9.
Pertanto i criteri indicati nell’incipit dell’art. 1, comma 8, della
legge n. 308 del 2004, debbono essere valutati e coordinati alla luce degli
ulteriori criteri espressi dalla legge di delega, nel senso che il legislatore
delegato era abilitato a modificare le attribuzioni già conferite alle Regioni
quando la modifica fosse coerente con uno dei princìpi
direttivi indicati nelle lettere progressive che compongono i commi 8 e 9
dell’art. 1. Ad esempio, se l’attuazione di una direttiva comunitaria avesse
richiesto, per assicurarne l’esercizio unitario, uno spostamento, nel settore
interessato, delle funzioni amministrative, la riallocazione di competenze
avrebbe potuto legittimamente essere disposta dal legislatore delegato anche
presso il livello statale.
Tale conclusione è valida anche con
riferimento al settore della difesa del suolo, rispetto al quale l’art. 1,
comma 9, lettera c), detta, tra gli
altri criteri, quello di «valorizzare il suolo e le competenze svolte dagli
organismi a composizione mista statale e regionale». Questa previsione non deve
intendersi nel senso che essa imponesse al legislatore delegato l’obbligo di
conservare le precedenti competenze degli organismi in questione, né tantomeno
quello di mantenere la precedente proporzione tra le componenti statale e regionale
di questi organi. Essa comporta solamente che, nell’intervenire sulla
disciplina del settore, il Governo doveva comunque riconoscere un ruolo e
attribuire competenze ad organismi a composizione mista statale-regionale.
Dalle considerazioni che precedono
discende che il mero effetto riduttivo delle attribuzioni regionali derivante
dalla disciplina posta dal d.lgs. n. 152 del 2006 rispetto a quella contenuta
nel d.lgs. n. 112 del 1998 non è sufficiente per considerare illegittima una
disposizione del primo decreto legislativo, essendo necessario, invece,
dimostrare che la riallocazione a livello statale di determinate competenze non
costituisce attuazione di uno dei princìpi direttivi
indicati nei commi 8 e 9 dell’art. 1 della legge di delega.
5. – Passando all’esame delle singole
questioni,
La ricorrente deduce che la disposizione
violerebbe il principio di leale collaborazione, in quanto accentrerebbe in un
soggetto statale (l’APAT), senza coinvolgimento delle Regioni, le scelte di
costituzione e gestione di un unico sistema informativo; inoltre essa censura
l’obbligo del raccordo dei sistemi informativi regionali, «nella misura in cui
questo accordo non sia bilaterale».
La questione non è fondata.
Lo Stato è abilitato a dettare norme in
materia di «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati
dell’amministrazione statale, regionale e locale» [art. 117, secondo comma,
lettera r), Cost.]. L’art. 55, comma
2, del d.lgs. n. 152 del 2006 mira appunto alla creazione di un sistema
informativo avente ad oggetto la raccolta e l’elaborazione (secondo criteri e
metodi diretti ad assicurare l’omogeneità necessaria per la loro proficua
elaborazione ed utilizzazione) dei dati rilevanti nel settore della difesa del
suolo. Trattandosi di norma appartenente ad un ambito materiale riservato alla
competenza esclusiva dello Stato e considerata la natura eminentemente tecnica
della disciplina di coordinamento statale, va escluso che il principio di leale
collaborazione imponga nella fattispecie una forma di coinvolgimento delle
Regioni. Si aggiunga che obblighi costituenti espressione di un coordinamento
meramente informativo gravanti sulle Regioni non sono di per sé idonei a ledere
sfere di autonomia costituzionalmente garantite (sentenza n. 376 del
2003).
6. –
La stessa ricorrente invoca, poi, la
dichiarazione di illegittimità in via consequenziale ex art. 27, secondo periodo, della legge n. 87 del 1953, dell’art.
55, comma 5, contenente disposizioni in tema di esercizio, da parte dell’ANCI,
delle attività previste dal precedente comma 4.
6.1. – La questione relativa all’art.
55, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006 non è fondata.
La norma, infatti, si limita a prevedere
che l’ANCI «contribuisce» allo svolgimento dell’attività conoscitiva, senza
sottrarre alle Regioni alcuna competenza. Essa, dunque, è priva di idoneità
lesiva delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite.
6.2. – La questione relativa al comma 5
dello stesso art. 55 è invece inammissibile, perché la ricorrente, anziché
chiedere la dichiarazione di illegittimità della norma in via consequenziale,
avrebbe dovuto impugnare direttamente la disposizione in oggetto.
7. –
La questione è inammissibile per la
genericità dei termini in cui è stata formulata.
Infatti la motivazione è riferita ad un
complesso di norme dal contenuto eterogeneo e la ricorrente non puntualizza i
motivi di illegittimità delle singole disposizioni impugnate.
8. – Le Regioni Emilia-Romagna (reg.
ric. n. 73 del 2006), Calabria, Toscana, Piemonte e Marche propongono alcune
questioni aventi ad oggetto varie disposizioni contenute nell’art. 57 d.lgs. n.
152 del 2006.
Tale articolo, tra l’altro,
individua le competenze, in materia di difesa del suolo e lotta alla
desertificazione del Presidente del Consiglio dei ministri (comma 1) e del
Comitato dei ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo
(commi 3 e 4), e stabilisce la forma di partecipazione della Conferenza
Stato-Regioni [comma 1, lettera a),
n. 2) e comma 6].
8.1. –
Tale questione è inammissibile,
perché non è specificato quale, tra i numerosi parametri costituzionali
genericamente evocati dalla ricorrente, sarebbe leso dalla norma censurata
sulla base della motivazione enunciata nel ricorso.
8.2. – Le questioni proposte dalle
altre Regioni debbono invece essere esaminate nel merito.
Un primo gruppo di esse concerne le
disposizioni in tema di atti di indirizzo e coordinamento contenute nell’art.
57. Nel settore della difesa del suolo e della lotta alla desertificazione,
tali atti sono approvati dal Presidente del Consiglio dei ministri [art. 57,
comma 1, lettera a), n. 4]; il
Comitato dei ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo
«adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attività» (comma 3) e
«propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente
connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di distretto»
(comma 4); i princìpi di tutti questi atti di
indirizzo e coordinamento sono definiti sentita
Queste norme sono censurate dalle
Regioni Emilia-Romagna (ad eccezione del comma 3), Calabria, Toscana
(limitatamente ai commi 4 e 6) e Marche (limitatamente ai commi 4 e 6), le
quali sostengono, anzitutto, che la previsione di una funzione statale di
indirizzo e coordinamento in una materia di potestà legislativa concorrente
contrasterebbe con gli artt. 117 e 118 Cost. In secondo luogo, le predette disposizioni
dell’art. 57 del d.lgs. n. 152 del 2006 violerebbero l’art. 76 Cost., perché
l’art. 1, comma 8, lettera m), della legge di delega n. 308 del 2004
indicava tra i princìpi ed i criteri direttivi la
«riaffermazione del ruolo delle Regioni» (che non potrebbe realizzarsi in
presenza di atti statali di indirizzo e coordinamento) e imponeva il rispetto
delle attribuzioni regionali definite dal d.lgs. n. 112 del 1998 (e questo,
all’art. 52, prevedeva che l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto
del territorio con riferimento alla difesa del suolo, pur rientrando tra i
compiti di rilievo nazionale, dovesse avvenire «attraverso intese nella
Conferenza unificata»). Infine, gli artt. 117 e 118 Cost. sarebbero lesi dalla
mancata previsione della necessità dell’intesa con
Le questioni non sono fondate.
Non sussistono le denunciate
violazioni degli artt. 117 e 118 della Costituzione. Come si è già detto, l’art.
57 – al pari delle altre norme che compongono la sezione I della Parte III del
d.lgs. n. 152 del 2006 – appartiene, non
ad un ambito materiale di potestà legislativa concorrente, bensì alla materia
della tutela dell’ambiente (di competenza statale esclusiva). Conseguentemente,
da un lato, esso prevede legittimamente, in capo allo Stato, l’attività di
indirizzo e coordinamento e, dall’altro, per l’esercizio di quest’ultima
attività, non è costituzionalmente imposta, quale forma di collaborazione istituzionale,
l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
In ragione della possibile
influenza dell’attività in questione su attribuzioni regionali in materie di
competenza legislativa concorrente o residuale, è bensì necessario un
coinvolgimento delle Regioni che le norme impugnate assicurano in maniera
adeguata mediante la previsione del parere che deve essere espresso dalla
Conferenza Stato-Regioni sui princìpi degli atti di
indirizzo e coordinamento.
Deve poi essere escluso il rischio
(paventato dalle Regioni Toscana e Marche) che il compito, assegnato dall’art.
57, comma 4, al Comitato dei ministri, di proporre gli indirizzi delle
politiche settoriali riguardi anche piani di settore di competenza regionale;
infatti, la norma si riferisce esclusivamente alle politiche settoriali che
rientrano nelle materie di competenza statale.
Non sussiste neppure lesione
dell’art. 76 della Costituzione.
In particolare, non è violato il
principio direttivo relativo alla «riaffermazione del ruolo delle Regioni»
[art. 1, comma 8, lettera m), della
legge n. 308 del 2004]. Infatti, ricordato che si verte in materia di tutela
dell’ambiente, il riconoscimento di un potere di indirizzo e coordinamento in
capo allo Stato è connaturato all’attribuzione allo stesso Stato della competenza
legislativa esclusiva in materia. Del resto, la medesima lettera m) precisa che la riaffermazione del
ruolo delle Regioni deve avvenire «ai sensi dell’articolo 117 della
Costituzione», il quale, appunto, attribuisce la predetta competenza esclusiva
allo Stato e, come detto (supra, n. 4), il mero effetto riduttivo delle precedenti
attribuzioni regionali non è di per sé fonte di illegittimità delle previsioni
del d.lgs. n. 152 del 2006 per violazione dell’art. 76 della Costituzione.
8.3. –
In subordine, qualora siffatto
potere normativo fosse ammissibile, ad avviso della ricorrente l’art. 57, comma
1, lettera a), n. 1, violerebbe gli artt.
76 e 117 Cost., nella parte in cui non prevede il coinvolgimento delle Regioni
nella forma dell’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, e l’art. 1, comma
8, della legge n. 308 del 2004 (che impone il rispetto delle attribuzioni
regionali definite dal d.lgs. n. 112 del 1998) e quindi l’art. 76 Cost., perché
già l’art. 54, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998, prevedeva che le funzioni
relative alla identificazione dei criteri per la raccolta e l’informatizzazione
di tutto il materiale cartografico ufficiale esistente fossero esercitate
d’intesa con
La questione non è fondata.
Non sussiste violazione del
principio di legalità, perché la norma, riferendosi espressamente agli artt. 55
e 56, non è fonte di alcuna incertezza circa le attività in relazione alle
quali il Presidente del Consiglio dei ministri può deliberare.
Né l’attribuzione di un simile
compito al Presidente del Consiglio dei ministri, in una materia riservata alla
competenza esclusiva dello Stato, vìola il riparto di
competenza legislativa tra Stato e Regioni definito dall’art. 117 Cost.
Nella fattispecie, poi, non è
ravvisabile la necessità di un coinvolgimento regionale. In effetti, si tratta
di indicazioni metodologiche, di natura anche tecnica, dirette ad uniformare ed
omogeneizzare le attività in questione.
A proposito dell’asserita
violazione dell’art. 76 Cost., oltre alle considerazioni già svolte, si deve
aggiungere che la norma dalla quale la ricorrente desume un precedente maggior
coinvolgimento regionale [art. 54, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 112 del 1998] riguarda semplicemente la «indicazione dei criteri per la raccolta e
l’informatizzazione di tutto il materiale cartografico ufficiale esistente, e
per quello in corso di elaborazione, al fine di unificare i diversi sistemi per
una più agevole lettura dei dati» e, pertanto, non può costituire un valido
termine di raffronto rispetto all’art. 57, comma 1, lettera a), n. 1,
che concerne i metodi ed i criteri di svolgimento delle attività conoscitive,
di pianificazione, di programmazione e di attuazione in materia di difesa del
suolo.
8.4. – L’art. 57, comma 1, lettera a), n. 2, del d.lgs. n. 152 del 2006
nella parte in cui prevede che i piani di bacino siano approvati con un decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, «sentita
La questione non è fondata.
Infatti i piani di bacino,
costituendo il fondamentale strumento di pianificazione in materia di difesa
del suolo e delle acque, anche al fine di assicurare l’esercizio unitario delle
relative funzioni amministrative, rientrano a pieno titolo nell’ambito
materiale della tutela dell’ambiente. Pertanto gli interessi regionali
risultano adeguatamente tutelati dalla forma di collaborazione prevista dalla
norma impugnata (parere della Conferenza Stato-Regioni).
8.5. – L’art. 57, comma 1, lettera a), n. 3, del d.lgs. n. 152 del 2006,
nella parte in cui prevede l’attività sostitutiva del Governo «in caso di
persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le funzioni
previste dalla presente sezione», è impugnato dalla Regione Calabria per
lesione degli artt. 117, quinto comma, 118 e 120, secondo comma, Cost. (perché
esso, a causa della sua genericità, consentirebbe allo Stato di agire in via
sostitutiva al di fuori delle fattispecie espressamente contemplate nelle disposizioni
costituzionali sopra indicate) e dalla Regione Emilia-Romagna, qualora siffatta
disposizione dovesse essere intesa come «norma di conferimento di effettivi
poteri sostitutivi», per violazione del principio di legalità (in quanto
generica ed indeterminata) e perché non sono previste modalità di
collaborazione con le Regioni.
Le questioni non sono fondate.
La norma in oggetto si limita ad
attribuire al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di compiere gli
atti volti a provvedere in via sostitutiva in caso di persistente inattività
dei soggetti tenuti a provvedere, ma non configura una distinta fattispecie di
potere sostitutivo statale esercitabile al di fuori delle condizioni previste
dall’art. 120, secondo comma, della Costituzione.
8.6. –
La questione è fondata nei limiti
di seguito precisati.
Il programma nazionale di intervento
è un atto che, per l’ampiezza del proprio contenuto, è sicuramente suscettibile
di produrre significativi effetti indiretti anche nella materia del governo del
territorio, di competenza legislativa concorrente. Il principio di leale
collaborazione istituzionale richiede, pertanto, il coinvolgimento delle
Regioni nella forma del parere, come era già previsto dall’art. 88, comma 2,
del d.lgs. n. 112 del 1998.
Non è fondata, invece, la pretesa
della ricorrente di ottenere la dichiarazione dell’illegittimità dell’art. 57,
comma 1, lettera b), nella parte in
cui non prevede l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Infatti,
ricordato che era onere della ricorrente individuare le specifiche funzioni
attribuite alle Regioni dal d.lgs. n. 112 del 1998 che sarebbero state
illegittimamente sottratte ad esse dal d.lgs. n. 152 del 2006, le disposizioni
del d.lgs. n. 112 all’uopo indicate nella fattispecie dalla Regione
Emilia-Romagna, o sono norme già abrogate alla data di emanazione della legge
n. 308 del 2004 (art. 86, comma 3, d.lgs. n. 112 del 1998) – e, dunque, non
suscettibili di essere comprese nel rinvio al d.lgs. n. 112 del 1998 operato
dall’art. 1, comma 8, della legge di delega –, oppure [art. 89, commi 1,
lettera h), e 5 del d.lgs. n. 112 del
1998] concernevano funzioni diverse da quella generale di programmazione cui si
riferisce la norma oggetto della presente questione che, invece, è omogenea a
quella prevista dal citato art. 88, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998, che
prevedeva il semplice parere della Conferenza unificata.
Pertanto va dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006, nella
parte in cui non prevede che il programma nazionale di intervento sia approvato
previo parere della Conferenza unificata.
8.7. –
La questione non è fondata.
Per principio generale, la
competenza in tema di funzioni di vigilanza coincide con quella relativa
all’attività oggetto di vigilanza. Nei commi 3 e 4 dell’art. 57 non è contenuto
alcun riferimento che possa indurre a ritenere che i compiti di vigilanza da
essi attribuiti al Comitato dei ministri riguardino anche attività rientranti
nelle attribuzioni delle Regioni. Pertanto, dovendosi ritenere che quei compiti
di vigilanza abbiano ad oggetto esclusivamente attività di competenza statale,
la norma non lede le prerogative garantite alle Regioni dalla Costituzione.
9. – Le Regioni Calabria, Toscana,
Umbria, Emilia-Romagna, Liguria, Puglia e Marche propongono alcune questioni
aventi ad oggetto disposizioni contenute nell’art. 58 del d.lgs. n. 152 del
2006, norma che individua le competenze del Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio.
9.1. –
La questione è inammissibile per la sua
genericità, poiché la ricorrente impugna l’art. 58 nel suo complesso, senza
indicare quali competenze del Ministro dell’ambiente sarebbero lesive delle
attribuzioni regionali.
9.2. – Anche la questione avente ad
oggetto l’art. 58, comma 3, lettere b),
e) e g) sollevata dalla Regione Emilia-Romagna è inammissibile, perché
la ricorrente non motiva in alcun modo la propria censura.
9.3. – Le altre questioni proposte sulle
disposizioni dell’art. 58 del d.lgs. n. 152 del 2006 debbono essere esaminate
nel merito.
In primo luogo, è censurata la
previsione di cui alla lettera a) del
comma 3 dell’art. 58, per violazione degli artt. 117 e 118 e del principio di
leale collaborazione (Regioni Toscana, Umbria, Liguria, Puglia e Marche),
poiché la norma attribuisce al Ministro dell’ambiente funzioni di
programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa
del suolo senza alcun coinvolgimento delle Regioni. E’ denunciata altresì la
violazione dell’art. 76 Cost., poiché la disposizione impugnata, in contrasto
con l’art. 1, comma 8, della legge di delega n. 308 del
La questione è fondata, nei limiti di
seguito precisati, per gli stessi motivi indicati (v., supra, n. 8.6) a proposito
dell’approvazione del piano nazionale di intervento di cui all’art. 57, comma
1, lettera b).
Infatti, ribadito che anche gli
interventi in tema di difesa del suolo appartengono a pieno titolo alla materia
della tutela dell’ambiente, le generali funzioni di programmazione e
finanziamento che l’art. 58, comma 3, lettera a), assegna al Ministro dell’ambiente, sono tali da produrre
effetti significativi sull’esercizio delle attribuzioni regionali in materia di
governo del territorio. Nella fattispecie, pertanto, il principio di leale
collaborazione impone un coinvolgimento delle Regioni e la norma va dichiarata
illegittima nella parte in cui non stabilisce che la programmazione ed il
finanziamento degli interventi in difesa del suolo avvengano sentita
La declaratoria di illegittimità
costituzionale non riguarda il potere di controllo, anch’esso attribuito al
Ministro dell’ambiente dalla disposizione oggetto della presente questione,
perché – per motivi analoghi a quelli illustrati con riferimento alla non
fondatezza della questione sollevata relativamente alle funzioni di alta vigilanza attribuite al
Comitato dei ministri dall’art. 57, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 (v., supra, n. 8.7) –
si deve ritenere che le funzioni di controllo del Ministro dell’ambiente
riguardino esclusivamente attività di competenza statale.
Non è fondata la pretesa della
ricorrente Emilia-Romagna di ottenere la dichiarazione dell’illegittimità
dell’art. 58, comma 3, lettera a),
nella parte in cui non prevede l’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
Infatti, come nel caso dell’impugnazione dell’art. 57, comma 1, lettera b), anche nella presente questione
9.4. – Le Regioni Umbria, Liguria e
Puglia impugnano anche la disposizione di cui alla lettera b) del comma 3 dell’art. 58, che attribuisce al Ministro
dell’ambiente i compiti di «previsione, prevenzione e difesa del suolo da
frane, alluvioni e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel
lungo termine al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed
omogenee, ferme restando le competenze del Dipartimento della protezione civile
in merito agli interventi di somma urgenza». Ad avviso delle ricorrenti, la
norma violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost. ed il principio di leale
collaborazione (perché attribuisce al Ministro dell’ambiente funzioni
amministrative di competenza regionale senza che sussistano esigenze di
esercizio unitario) e l’art. 76 Cost. [per il carattere innovativo della norma
e perché – in contrasto con quanto previsto dall’art. 1, comma 8, della legge
di delega n. 308 del 2004 – peggiora la posizione regionale così come definita
dal previgente art. 108, comma 1, lettera a),
del d.lgs. n. 112 del 1998].
Le questioni non sono fondate.
La norma attiene ad un particolare
aspetto della più generale attività di difesa del suolo, e precisamente alla
parte relativa ai rischi derivanti dal dissesto idrogeologico che spesso
interessano più regioni. Rientra pertanto anch’essa nell’àmbito
materiale della tutela dell’ambiente. La disposizione non può invece essere
ricondotta alla materia del governo del territorio, perché essa non attribuisce
al Ministro dell’ambiente le funzioni in tema di utilizzazione del territorio,
ma competenze dirette ad assicurare la salvaguardia dello stato del suolo, come
affermato espressamente dalla stessa norma che individua il fine delle
attribuzioni ministeriali in quello di «garantire condizioni ambientali
permanenti ed omogenee».
Né l’art. 58, comma 3, lettera b) del d.lgs. n. 152 del 2006 invade le
attribuzioni regionali in materia di protezione civile, perché esso fa salve le
competenze del Dipartimento della protezione civile e, quindi, anche le
corrispondenti attribuzioni delle Regioni.
Quanto al principio di leale
collaborazione, la sua salvaguardia è assicurata dalla necessità del parere
della Conferenza unificata per l’esercizio delle funzioni di programmazione e
finanziamento, quale risulta a seguito della declaratoria di parziale
illegittimità della lettera a) dello
stesso art. 58, comma 3. Infatti, il parere sarà richiesto anche in caso di
programmazione e finanziamento riguardanti la prevenzione del rischio
idrogeologico.
Non sussiste neppure il denunciato
contrasto con l’art. 76 Cost., poiché la norma impugnata non fa venir meno le
competenze attribuite alle Regioni dall’art. 108, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 112 del 1998, che si
riferiscono, in generale, all’attività di previsione e prevenzione dei rischi
in materia di protezione civile. L’art. 58, comma 3, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006 si
riferisce, invece, all’attività di previsione e prevenzione funzionale allo
specifico scopo della difesa del suolo. In quest’àmbito,
esso trova una corrispondenza con l’art. 88, comma 1, lettere c) e z),
del d.lgs. n. 112 del 1998 che attribuiscono allo Stato i compiti relativi,
rispettivamente, agli «indirizzi volti all’accertamento, ricerca e studio degli
elementi dell’ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio» e «alla
determinazione di criteri, metodi e standard volti a garantire omogeneità delle
condizioni di salvaguardia della vita umana, del territorio e dei beni».
9.5. – Le Regioni Calabria, Toscana,
Emilia-Romagna (reg. ric. n. 73 del 2006) e Marche impugnano l’art. 58, comma
3, lettera d), del d.lgs. n. 152 del
2006, secondo cui al Ministro dell’ambiente compete identificare le «linee
fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento ai valori
naturali e ambientali e alla difesa del suolo, nonché con riguardo all’impatto
ambientale dell’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle
opere di competenza statale e delle trasformazioni territoriali». Sarebbero
violati gli artt. 117 e 118 Cost. ed il principio di leale collaborazione
(poiché la norma interferirebbe in maniera rilevante con le attribuzioni
regionali in materia di governo del territorio, onde sarebbe necessaria
l’intesa con
La questione è fondata nei limiti di
seguito precisati.
I compiti attribuiti al Ministro
dell’ambiente dall’art. 58, comma 3, lettera d), del d.lgs. n. 152 del 2006 sono sicuramente tali da produrre
effetti indiretti sulla materia del governo del territorio e dunque il loro
esercizio richiede un cointeressamento delle Regioni
che deve essere realizzato nella forma del parere della Conferenza unificata.
Né a esito diverso può pervenirsi per il
tramite di una pretesa violazione dell’art. 76 Cost., perché, come già chiarito
(v., supra,
n. 8.2), l’art. 52 del d.lgs. n. 112 del 1998 (il quale prevedeva che
l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio con
riferimento alla difesa del suolo dovesse avvenire «attraverso intese nella
Conferenza unificata»), richiamato anche nell’ambito della presente questione a
sostegno della denunciata lesione dei princìpi
direttivi della legge di delega n. 308 del 2004, rappresenta una delle
disposizioni del d.lgs. n. 112 del
1998 che può essere legittimamente superata dalla nuova normativa in
riferimento a esigenze di esercizio unitario ai sensi dell’art. 118 Cost.
9.6. –
Le questioni non sono fondate.
La lettera c) del comma 2 dell’art. 58 dispone che il Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio «opera, ai sensi dell’articolo 2, commi 5 e 6,
della legge 8 luglio 1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni
livello di pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli
interventi per la tutela e l’utilizzazione delle acque e per la tutela
dell’ambiente». Si tratta, pertanto, di un potere non riconducibile a quello di
indirizzo, bensì a quello di coordinamento proprio del Ministro dell’ambiente
in virtù della legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero
dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale).
La lettera c) del comma 3 dello stesso art. 58 stabilisce, invece, che il
Ministro dell’ambiente svolge funzioni
di «indirizzo e coordinamento dell’attività dei rappresentanti del
Ministero in seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui all’articolo 63».
La norma, riferendosi esclusivamente all’indirizzo ed al coordinamento di
rappresentanti ministeriali, non attribuisce al Ministro dell’ambiente un
potere di emanare atti indirizzati alle Regioni.
10. – Le Regioni Emilia-Romagna (reg.
ric. n. 73 del 2006), Puglia e Calabria impugnano l’art. 59 del d.lgs. n. 152
del 2006 che definisce le competenze della Conferenza Stato-Regioni.
Le prime due Regioni deducono la
violazione dell’art. 76 Cost.:
Le questioni non sono fondate.
Non sussiste il contrasto con l’art. 1,
comma 9, lettera c) della legge di
delega dedotto dalla regione Emilia-Romagna, perché, come detto (supra, n. 4),
quest’ultima disposizione non imponeva al Governo di conservare agli organismi
a composizione mista Stato-Regioni tutte le attribuzioni che gli stessi
vantavano in precedenza.
La deduzione della Regione Puglia secondo
cui sarebbero lesi i princìpi generali richiamati
dalla legge di delega è, invece, del tutto generica.
Non sono violati neppure gli artt. 117 e
118 Cost. ed il principio di leale collaborazione, perché l’art. 59 del d.lgs.
n. 152 del 2006 prevede adeguate forme di collaborazione istituzionale
(formulazione di pareri, proposte ed osservazioni), né può ritenersi
costituzionalmente imposta la necessità dell’intesa.
Infine, la censura svolta in riferimento
all’art. 119 Cost. (peraltro formulata in termini meramente assertivi), si
fonda sull’erroneo presupposto secondo cui si verterebbe in una materia di
competenza legislativa concorrente.
11. –
La questione non è fondata.
La mancata previsione, nel d.lgs. n. 152
del 2006, delle competenze regionali sopra ricordate è l’inevitabile
conseguenza della modifica del sistema di pianificazione in materia di difesa
del suolo e tutela delle acque introdotta dal d.lgs. n. 152 medesimo e,
soprattutto, della modificazione dell’ambito territoriale cui si riferiscono gli strumenti di pianificazione. Una volta che,
in conformità – come si dirà (infra, n. 13.1) – con la normativa comunitaria, il
precedente sistema di ripartizione del territorio nazionale in bacini
idrografici di rilievo nazionale, interregionale e regionale, è stato
sostituito dalla ripartizione per distretti idrografici, non è più ragionevole
l’attribuzione alle Regioni delle competenze che
Tale considerazione consente di
escludere, oltre alla sussistenza, nella fattispecie, della lesione delle
attribuzioni regionali garantite dagli artt. 117 e 118 Cost., anche quella
della violazione dell’art. 76 della Costituzione. Richiamando quanto detto a
proposito della corretta interpretazione del generalissimo criterio enunciato
all’inizio del comma 8 dell’art. 1 della legge n. 308 del 2004 (supra, n. 4), la
fattispecie costituisce un’ipotesi di riallocazione al livello centrale di
funzioni attribuite alle Regioni dal d.lgs. n. 112 del 1998 imposta dalla
necessità di assicurarne l’esercizio unitario e coordinato.
12. – Le Regioni Toscana e Marche
censurano l’art. 61, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 laddove stabilisce che
le Regioni «per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e
provvedono all’approvazione e all’esecuzione dei progetti, degli interventi e
delle opere da realizzare nei distretti idrografici, istituendo, ove occorra,
gestioni comuni» (lettera d), e
«provvedono, per la parte di propria competenza, all’organizzazione e al
funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la gestione e
la manutenzione delle opere e degli impianti e la conservazione dei beni»
(lettera e). Ad avviso delle
ricorrenti, tali disposizioni violerebbero gli artt. 76 e 117 Cost., perché il
d.lgs. n. 112 del 1998 aveva trasferito alle Regioni tutte le funzioni relative
alla progettazione, realizzazione e gestione delle opere idrauliche di
qualsiasi natura, ai compiti di polizia idraulica e di pronto intervento e alla
polizia delle acque e l’art. 1, comma 8, della legge di delega n. 308 del 2004
imponeva il rispetto delle attribuzioni regionali come definite dal d.lgs. n.
112 del 1998.
Le questioni non sono fondate.
Le disposizioni impugnate non hanno
effetti lesivi sulle attribuzioni regionali. Come reso evidente dall’utilizzo
dell’espressione «per le parti di propria competenza», la norma non sottrae, né
aggiunge alcunché alle attribuzioni delle Regioni.
13. – Tutte le Regioni ricorrenti
propongono questioni aventi ad oggetto gli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del
2006.
L’art. 63, disciplina l’Autorità di
bacino distrettuale, disponendo che, in ciascun distretto idrografico di cui
all’articolo 64, è istituita l’Autorità di bacino distrettuale, ente pubblico
non economico, ed enumerandone gli organi e le funzioni rispettive.
L’art. 64, invece, suddivide il
territorio nazionale in otto distretti idrografici.
13.1. – Le due norme attuano, pertanto,
una riorganizzazione del sistema delle autorità di bacino.
In precedenza, ai sensi dell’art. 13
della legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e
funzionale della difesa del suolo), l’intero territorio nazionale era ripartito
in bacini idrografici che potevano essere di tre tipi: bacini di rilievo
nazionale, bacini di rilievo interregionale e bacini di rilievo regionale. La
legge individuava 11 bacini di rilievo nazionale (art. 14) e 18 bacini di
rilievo interregionale (art. 15); i bacini di rilievo regionale erano quelli
non ricompresi nelle altre due categorie (art. 16).
Nei bacini di rilievo nazionale era
istituita l’Autorità di bacino (art. 12), anche se, a tal fine, alcuni bacini
erano raggruppati sotto un’unica Autorità (art. 14, comma 2).
Nei bacini di rilievo interregionale, le
Regioni definivano d’intesa la formazione del comitato istituzionale di bacino
e del comitato tecnico (art. 15, comma
3).
L’art. 64 del d.lgs. n. 152 del 2006,
individuando otto distretti idrografici, procede all’accorpamento dei
precedenti bacini nazionali, interregionali e regionali. Un’analoga
riorganizzazione interessa automaticamente anche le Autorità di bacino, proprio
perché l’art. 63 istituisce in ciascun distretto un’unica Autorità di bacino.
Tale riorganizzazione è stata attuata in
coerenza con la normativa comunitaria (che il legislatore delegato doveva
rispettare, ai sensi dell’art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004).
Infatti, la direttiva 2000/60/CE,
istitutiva di «un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque»,
all’art. 2, definisce «bacino idrografico» il «territorio nel quale scorrono
tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed
eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce», «sottobacino» il
«territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed
eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d’acqua» e
«distretto idrografico» la «area di terra e di mare, costituita da uno o più
bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere» e
stabilisce che quest’ultimo è «la principale unità per la gestione dei bacini
idrografici».
All’interno di ciascun distretto deve
essere individuata l’autorità competente per l’applicazione della direttiva
(art. 3, comma 2) e l’elenco di tali autorità deve essere fornito alla
Commissione europea (art. 3, comma 8); l’esame dell’impatto ambientale delle
attività umane e l’analisi economica dell’utilizzo idrico deve essere
effettuato su base distrettuale (art. 5); il registro delle aree protette deve
essere tenuto per ciascun distretto (art. 6); l’art. 13 individua, quale
strumento di pianificazione, il piano di gestione dei bacini idrografici che
deve essere predisposto «per ciascun distretto idrografico».
In sostanza, la normativa comunitaria in
materia di acque individua nel livello di distretto (più ampio di quello di
bacino) la dimensione territoriale nella quale concentrare l’attività diretta
alla tutela degli ecosistemi acquatici e di quelli terrestri direttamente
dipendenti.
E ciò è quanto risulta anche dal quadro
delineato dagli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006 che costituiscono
l’adeguamento, sotto questo profilo, dell’ordinamento interno a quello
comunitario. Tale conclusione non è contrastata dal fatto che la direttiva
2000/60/CE ha ad oggetto specifico la tutela delle acque e non anche la difesa
del suolo. Infatti, posto che la delega interessava tanto la tutela delle acque
dall’inquinamento, quanto la difesa del suolo e la desertificazione, è
ragionevole che il legislatore delegato abbia configurato un unico sistema di
distribuzione delle competenze amministrative per i due settori, i quali, tra
l’altro, sono intimamente connessi.
13.2. – Passando all’esame delle censure
proposte contro gli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006,
La questione è inammissibile, poiché la
ricorrente deduce genericamente la violazione di una pluralità di parametri
senza motivare in modo specifico sull’illegittimità della norma.
13.3 –
La questione è inammissibile.
Infatti la ricorrente indica una serie
di titoli di competenza legislativa ed amministrativa, senza motivare
adeguatamente sulle ragioni per le quali l’art. 63 del d.lgs. n. 152 del 2006 ledrebbe ciascuno di essi.
13.4. – Deve invece essere dichiarata la
cessazione della materia del contendere rispetto alle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 63, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte
in cui prevede la soppressione delle Autorità di bacino a partire dal 30 aprile
2006, sollevate, in riferimento: all’art. 3 Cost. dalle Regioni Emilia-Romagna
(con il ricorso n. 56 del 2006), Calabria, Umbria, Liguria e Abruzzo; agli
artt. 117 e 118 Cost. dalle Regioni Toscana e Marche; alle attribuzioni
regionali previste sia nello Statuto speciale per
Infatti le ricorrenti individuano la
ragione dei menzionati vizi di incostituzionalità nel fatto che la norma
impugnata stabiliva l’immediata cessazione delle vecchie autorità di bacino e
ciò avrebbe determinato l’interruzione di
qualsiasi attività sino all’effettiva entrata in funzione dei nuovi organismi
previsti dal d.lgs. n. 152 del 2006.
Tuttavia, l’art. 1, comma 3, del decreto
legislativo 8 novembre 2006, n. 284 (Disposizioni correttive e integrative del
d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale) ha inserito
nell’art. 170 del d.lgs. n. 152 del 2006 il comma 2-bis che ha previsto che le autorità di bacino di cui alla legge n.
183 del 1989 sono prorogate fino alla data di entrata in vigore del decreto
correttivo che, ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge n. 308 del 2004,
definisca la relativa disciplina. Il successivo comma 4 dello stesso art. 1 del
d.lgs. n. 284 del
Successivamente, l’art. 1 del
decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208 (Misure straordinarie in materia di
risorse idriche e di protezione dell’ambiente), convertito in legge, con
modificazioni, dall’art. 1 della legge 27 febbraio 2009, n.
Conseguentemente le vecchie autorità di
bacino hanno continuato a svolgere le loro funzioni e continueranno a farlo
sino all’effettiva istituzione dei nuovi organismi. Pertanto, in virtù della
normativa successiva alla norma censurata, è venuto meno il rischio che la
norma medesima possa causare la lesione paventata dalle Regioni.
13.5. – Le questioni sollevate dalle
altre Regioni debbono invece essere esaminate nel merito.
Le Regioni Toscana, Marche e Basilicata,
impugnano l’art.
Le questioni non sono fondate.
L’art. 63 del d.lgs. n. 152 del 2006,
definendo struttura e funzioni delle Autorità di bacino distrettuale,
istituisce nuovi organismi per la tutela
del suolo e delle acque, vale a dire in un àmbito
materiale di competenza esclusiva statale.
Se è vero che le competenze di tale
nuovo organismo possono indirettamente avere conseguenze su àmbiti
materiali di competenza concorrente (come il governo del territorio), è anche
vero che il coinvolgimento delle Regioni è assicurato dalla norma in esame che
prevede la partecipazione dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è
interessato dal distretto idrografico di cui di volta in volta si tratta, alla
Conferenza istituzionale permanente (art. 63, comma 4), principale organo
dell’Autorità di bacino che assomma le vaste competenze elencate nel comma 5
dello stesso art. 63.
Non sussiste, pertanto, la denunziata
violazione delle attribuzioni regionali garantite dagli artt. 117 e 118 Cost. e
del principio di leale collaborazione.
Neppure è ravvisabile un contrasto con
l’art. 76 Cost., per i motivi già illustrati (supra, n. 4): la delega conferita
dalla legge n. 308 del 2004 al Governo consentiva a quest’ultimo di introdurre
anche innovazioni nell’ordinamento previgente e inoltre, nella fattispecie, la
redistribuzione delle competenze amministrative è coerente con l’attuazione del
criterio direttivo generale del «rispetto dei princìpi
e delle norme comunitarie» enunciato in apertura dell’art. 1, comma 8, e
ribadito dalla successiva lettera e)
dello stesso comma (che richiedeva la «piena e coerente attuazione delle
direttive comunitarie»).
13.6. – Alcune Regioni censurano gli
artt. 63, commi 2 e 3, e 64, perché, prevedendo l’accorpamento delle
preesistenti Autorità di bacino ed assegnando ad un decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri i compiti di definire «i criteri e le modalità per
l’attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e
finanziarie» e di regolamentare il trasferimento di funzioni ed il periodo
transitorio, violerebbero: a) l’art. 117, terzo comma, Cost., poiché incidono
sulla materia «governo del territorio», rientrante nella competenza legislativa
concorrente dello Stato e delle Regioni, dettando norme di dettaglio (Regioni
Emilia-Romagna, con il ricorso n. 56 del 2006, Umbria, Liguria, Abruzzo,
Campania); b) l’art. 118 Cost., poiché non assicurano il rispetto del principio
di leale collaborazione attraverso procedure di codecisione
(Regioni Emilia-Romagna, Calabria, Umbria, Liguria, Abruzzo, Campania); c)
l’art. 118 Cost., per violazione delle competenze amministrative delle Regioni,
che, prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 152 del 2006, erano contitolari
del governo dei bacini nazionali e titolari, in via tendenzialmente esclusiva,
delle funzioni relative ai bacini regionali e interregionali (Regione
Calabria); d) l’art. 117, sesto comma, Cost., perché in una materia di
competenza legislativa concorrente è precluso allo Stato l’utilizzo del potere
regolamentare (Regione Calabria).
Le questioni non sono fondate.
Tutti i profili di illegittimità dedotti
dalle ricorrenti presuppongono la riconducibilità degli artt. 63 e 64 alla
materia del governo del territorio, mentre invece le due norme attengono
pienamente alla materia della tutela dell’ambiente, le Autorità di bacino
distrettuale essendo preposte a compiti rientranti in quelli previsti in
generale dalla sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152 del 2006. Pertanto
non è ravvisabile alcuna invasione di competenze regionali, né il principio di
leale collaborazione richiede necessariamente che negli organismi a composizione
mista la componente regionale sia numericamente equivalente a quella statale;
infine, è consentito allo Stato esercitare la potestà regolamentare.
13.7. – Le Regioni Emilia-Romagna, con
il ricorso n. 56 del 2006, Calabria, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo e
Campania denunciano l’illegittimità costituzionale degli artt. 63 e 64 del
d.lgs. n. 152 del 2006 anche per la violazione dell’art. 76 Cost., derivante
dal contrasto con l’art. 1, commi 1, 8 e 9 della legge di delega n. 308 del
2004 che, in assunto, non consentiva al Governo di stravolgere l’impianto
normativo esistente e gli imponeva il rispetto delle competenze per materia
delle amministrazioni statali, nonché delle attribuzioni delle Regioni e degli
enti locali.
Le questioni non sono fondate, perché,
come già si è detto, la delega conferita dalla legge n. 308 del 2004
comprendeva anche il potere di introdurre innovazioni nell’ordinamento
previgente e, inoltre, la suddivisione del territorio nazionale in distretti idrografici e la connessa riorganizzazione
delle Autorità di bacino rispondono alla necessità di assicurare un esercizio
unitario e coordinato, secondo quanto consentito dall’art. 118 Cost. al
legislatore statale.
13.8. – Le Regioni Calabria, Toscana,
Piemonte, Puglia e Marche propongono questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 64, deducendo che l’individuazione degli otto distretti idrografici
contenuta in tale norma contrasterebbe con: a) il principio di leale
collaborazione, poiché le Regioni non sono state chiamate «ad esercitare alcun
ruolo nella determinazione concreta dell’ambito dei distretti» (Regione
Calabria); b) l’art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del principio
di ragionevolezza, poiché la divisione dei nuovi distretti idrografici sarebbe
stata effettuata in maniera arbitraria e l’irragionevolezza della delimitazione
dei bacini avrebbe conseguenze profondamente pregiudizievoli sulla gestione dei
bacini idrografici, di spettanza regionale (Regione Calabria); c) gli artt. 11
e 117, primo comma, Cost., perché l’art. 64 individuerebbe macroaree,
affidandole alle Autorità di bacino distrettuale, «in modo del tutto
disomogeneo, secondo criteri non meglio identificabili», non rispondenti alle
ragioni di opportunità che la direttiva n. 2000/60/CE esige (Regione Calabria);
d) la direttiva 2000/60/CE e quindi l’art. 11 Cost., perché l’individuazione
degli otto nuovi distretti idrografici prescinde dalla dimensione del bacino,
mentre la predetta direttiva definisce i distretti idrografici come bacini
omogenei in relazione alle finalità della direttiva stessa e, quindi, agli
obiettivi di qualità e di bilancio idrico da garantire (Regione Toscana); e)
l’art. 76 Cost., sia a causa del suo carattere fortemente innovativo a fronte
di una delega che riguardava il «riordino, coordinamento ed integrazione» della
normativa previgente, sia perché sovverte le attribuzioni regionali previste
dal d.lgs. n. 112 del 1998, mentre l’art. 1, comma 8, della legge n. 308 del
2004 ne imponeva il rispetto (Regioni Toscana e Marche); f) gli artt. 117,
terzo comma, e 118 Cost., poiché il sistema dei distretti idrografici
determinerebbe la «riappropriazione al centro di attività già delegate o
trasferite» e la «vanificazione delle attività di gestione, in violazione
dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di "governo del
territorio” e dell’art. 118 della Costituzione» (Regione Calabria); g) l’art.
117 Cost., perché la nuova delimitazione dei bacini distrettuali lederebbe la
competenza legislativa regionale in tema di governo del territorio (Regioni
Toscana e Marche); h) l’art. 118, poiché, quand’anche si volesse giustificare
l’intervento statale in nome di presunte esigenze di carattere unitario,
resterebbe l’illegittimità della previsione per il mancato coinvolgimento regionale
nella nuova delimitazione (Regioni Toscana e Marche); i) gli artt. 3, 5, 76,
97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost. ed i «princìpi di
leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione,
sussidiarietà, buon andamento della P.A. anche sotto l’aspetto della violazione
di princìpi e norme del diritto comunitario e di
convenzioni internazionali», perché sono stati individuati, senza alcuna
concertazione con le Regioni, otto distretti idrografici, eliminando così una
ripartizione del territorio funzionale alla difesa del suolo che si fondava su
una anticipata applicazione del principio di sussidiarietà (Regione Piemonte);
l) gli artt. 76, 117, terzo comma, e 118 Cost., perché la nuova suddivisione
dei distretti idrografici sarebbe «disomogenea ed arbitraria» e sarebbe stata
«stabilita in assenza del contributo delle Regioni, che peraltro svolgevano in
precedenza tutte le funzioni relative alla gestione dei bacini interregionali e
regionali» (Regione Puglia).
Le questioni sono in parte inammissibili
ed in parte non fondate.
Sono inammissibili le doglianze relative
alla presunta irragionevolezza della delimitazione degli otto distretti, anche
rispetto alla pretesa incoerenza con le indicazioni fornite dalla normativa
comunitaria [motivi sub lettere b), c),
d) ed l)], poiché le ricorrenti non vanno oltre una generica affermazione
di arbitrarietà del riparto dei distretti idrografici, senza indicare le
ragioni per le quali questi ultimi accorperebbero territori disomogenei.
Non sono invece fondate le censure con
le quali le ricorrenti lamentano il loro mancato coinvolgimento nel
procedimento di individuazione dei distretti [motivi sub lettere a), h), i)
ed l)]; infatti, la giurisprudenza di
questa Corte è ferma nel senso che l’esercizio dell’attività legislativa sfugga
al principio di leale collaborazione.
E’ insussistente la dedotta violazione
della legge n. 308 del 2004 [motivo sub
e)] in virtù delle già ripetute
considerazioni (carattere anche innovativo della delega, coerenza della nuova
ripartizione del territorio nazionale con i princìpi
direttivi imposti al Governo).
Sono infondate anche le censure svolte
in riferimento alla presunta lesione delle attribuzioni regionali
costituzionalmente garantite [motivi sub
f) e g)], poiché l’ambito materiale di competenza è quello della tutela
dell’ambiente e non – come affermato dalle Regioni – quello del governo del
territorio.
14. –
La questione è inammissibile perché la
ricorrente censura congiuntamente una pluralità di disposizioni evocando
numerosi parametri costituzionali senza fornire una specifica motivazione
dell’illegittimità costituzionale delle singole norme impugnate.
15. –
Anche tale questione è inammissibile per
genericità della censura, poiché la ricorrente impugna cinque articoli del
d.lgs. n. 152 del 2008, senza una adeguata specificazione delle disposizioni
lesive delle attribuzioni regionali.
16. – Le Regioni Calabria, Toscana,
Umbria e Marche sollevano varie questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 65 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale disciplina valore, finalità e
contenuti del piano di bacino distrettuale.
16.1. – In precedenza, la legge n. 183
del 1989 prevedeva che per ciascun bacino
idrografico occorreva adottare un piano di bacino, ma diverse erano le autorità
competenti alla sua elaborazione ed approvazione, a seconda del tipo di bacino
idrografico cui esso si riferiva.
Per i bacini di rilievo nazionale, il
progetto del piano era elaborato dal comitato tecnico, adottato dal Comitato
istituzionale (entrambi organi dell’Autorità di bacino), inviato per i pareri
al Comitato nazionale per la difesa del suolo ed alle Regioni interessate,
successivamente adottato dal Comitato istituzionale (tenuto conto dei predetti
pareri) (art. 18) e infine approvato dal
Presidente del Consiglio dei ministri previa delibera del Consiglio stesso
(art. 4, comma 1, lettera c).
Per i bacini di rilievo interregionale
il procedimento era il medesimo, ma i progetti, dopo le osservazioni formulate
dal Comitato nazionale per la difesa del suolo, erano approvati dalle Regioni
per le parti di rispettiva competenza territoriale e poi nuovamente trasmessi
al Comitato per la difesa del suolo; in caso di mancato adeguamento, da parte
delle Regioni, alle osservazioni del Comitato in questione, il Consiglio dei
ministri poteva adottare eventuali modifiche (art. 19).
Per i bacini di rilievo regionale, i
piani erano elaborati e approvati dalla Regione interessata e trasmessi al
Comitato nazionale per la difesa del suolo per la verifica del rispetto dei
criteri generali dettati dal Presidente del Consiglio dei ministri (art. 20).
Infine, il comma 6-ter dell’art. 17 prevedeva che «I piani di bacino idrografico
possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini o per stralci
relativi a settori funzionali».
L’art. 65 del d.lgs. n. 152 del 2006,
dunque, contiene una nuova disciplina del piano di bacino in coerenza con le
modificazioni introdotte nella suddivisione del territorio nazionale (in distretti
piuttosto che in bacini idrografici). In particolare, mentre sono rimasti
sostanzialmente confermati valore, finalità e contenuti del piano di bacino, è
cambiato l’àmbito territoriale cui esso si riferisce
(il distretto idrografico e non più il singolo bacino nazionale, interregionale
o regionale) e l’autorità che lo elabora (in tutti i casi l’Autorità di bacino
distrettuale).
16.2. – Passando ora all’esame delle
singole questioni di legittimità costituzionale, quelle relative al comma 6
dell’art. 65 sollevate, in riferimento al principio di leale collaborazione ed
all’art. 117 Cost., dalle Regioni Toscana e Marche sono inammissibili per
difetto di adeguata motivazione.
Infatti le ricorrenti censurano la
predetta disposizione perché stabilirebbe un termine eccessivamente breve per
dettare le norme necessarie per l’attuazione urbanistica del piano di bacino,
ma non indicano le ragioni per le quali il termine di novanta giorni previsto
dalla norma sarebbe insufficiente.
16.3. –
Le questioni non sono fondate.
Le censure con le quali
Infatti, riprendendo quanto affermato in
riferimento agli artt. 63 e 64 (supra, n. 13.1 e n. 13.5), l’attribuzione delle competenze
in ordine alla elaborazione ed all’adozione dei piani di bacino alle nuove
Autorità di bacino distrettuale è la
conseguenza del riordino del sistema di ripartizione del territorio nazionale
in distretti idrografici e il coinvolgimento delle Regioni nella procedura di
emanazione dei piani di bacino è adeguatamente assicurato dalla partecipazione
dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio è
interessato dal distretto di cui si tratta (o degli assessori dagli stessi
delegati) alla Conferenza istituzionale permanente che ha il compito di
stabilire gli indirizzi, i metodi ed i criteri di elaborazione del piano di
bacino (art. 65, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006) e, poi, di adottare il
piano medesimo (art. 66, comma 2).
Il richiamo dell’art. 117, terzo comma,
Cost., poi, non è pertinente, vertendosi in materia
di competenza esclusiva dello Stato e non di competenza legislativa
concorrente.
La questione relativa all’art. 66, la
cui illegittimità costituzionale è stata dedotta dalla Regione Calabria
solamente in via consequenziale, è invece inammissibile, perché la ricorrente
avrebbe dovuto impugnare direttamente la norma in oggetto.
16.4. – Le Regioni Toscana e Marche
sostengono che l’art.
Le questioni, da esaminare
congiuntamente a causa della loro intima connessione, non sono fondate.
L’art. 117 Cost. non è violato, perché
il piano di bacino costituisce il fondamentale strumento di pianificazione in
tema di difesa del suolo, lotta alla desertificazione e tutela delle acque,
onde esso appartiene alla materia della tutela dell’ambiente e il necessario
coinvolgimento regionale è soddisfatto dalla partecipazione dei rappresentanti
regionali alla Conferenza istituzionale permanente.
Le specifiche disposizioni censurate
dalle ricorrenti sono prive, poi, di idoneità lesiva.
In particolare, iniziando da quelle
concernenti il contenuto del piano di bacino, l’art. 65, comma 3, lettera d), n. 4, stabilisce che il piano debba contenere l’indicazione delle opere necessarie
distinte in funzione del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed
economico o di riequilibrio territoriale in funzione della tutela dell’ambiente
nonché del tempo necessario per assicurare l’efficacia degli interventi. Come
si vede, si tratta di una disposizione inidonea a produrre effetto sulle
competenze regionali, consistendo in una semplice prescrizione relativa alle
modalità di redazione del piano di bacino.
La successiva lettera e) afferma che il piano debba indicare
anche «la programmazione e l’utilizzazione delle risorse idriche, agrarie,
forestali ed estrattive». La norma deve essere letta tenendo conto del contesto
generale nel quale si colloca. Vale a dire che le prescrizioni in tema di programmazione
ed utilizzazione delle risorse da essa indicate sono solamente quelle
finalizzate direttamente ad assicurare la tutela dell’ambiente e, precisamente,
a garantire determinate condizioni e qualità intrinseche del suolo e delle
acque. Ad esempio, le risorse forestali sono sicuramente funzionali anche alla
prevenzione di movimenti franosi e,
pertanto, limitazioni al loro sfruttamento ovvero la programmazione di
interventi di forestazione ben possono integrare il contenuto del piano di
bacino senza perciò essere fonte di lesione di attribuzioni regionali.
Ovviamente, nel caso in cui, in concreto, nei piani di bacino siano previsti
interventi o prescrizioni che eccedano dalla finalità di tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema ed invadano àmbiti di competenza
delle Regioni, queste ultime potranno tutelare le proprie prerogative
impugnando questi atti con gli strumenti che l’ordinamento mette loro a disposizione.
Le considerazioni ora svolte valgono
anche per i contenuti dei piani di bacino indicati nelle altre lettere del
comma 3 dell’art. 65 oggetto di specifica impugnazione da parte delle
ricorrenti: le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali
marini che sottendono il distretto idrografico (lettera h); il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con
specificazione degli scopi energetici, idropotabili,
irrigui od altri e delle portate (lettera p);
il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni che per
altri scopi, distinte per tipologie d’impiego e secondo le quantità (lettera r).
Le prescrizioni sull’efficacia del piano
di bacino contenute nell’art. 65, comma 4 (che dispone che le disposizioni del
piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per
amministrazioni ed enti pubblici, nonché
per i soggetti privati, ove si tratti di prescrizioni dichiarate di tale
efficacia dallo stesso piano di bacino e che i piani e programmi di sviluppo
socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o
comunque non in contrasto, con il piano di bacino approvato) sono espressione
della generale caratteristica delle norme in materia di tutela dell’ambiente
che, come già affermato da questa Corte (sentenze n. 12 del
2009 e n.
104 del 2008), funzionano come un limite alla disciplina che le Regioni e
le Province autonome dettano negli ambiti di loro competenza. Pertanto, il
carattere vincolante dei piani di bacino e la necessità che gli strumenti di
pianificazione per lo sviluppo socio-economico ed il governo del territorio non
si pongano in contrasto con essi, non ledono i precetti costituzionali.
Tali considerazioni valgono anche per il
successivo comma 5 dello stesso art. 65 che prevede il termine per
l’adeguamento dei piani territoriali e regionali (quali quelli relativi alle
attività agricole, zootecniche ed agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione dei
rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica).
Non sussiste, per le ragioni più volte
esposte, neppure la denunciata lesione dell’art. 76 della Costituzione.
16.5. – Le Regioni Toscana e Marche
censurano specificamente anche il comma 7 dell’art. 65 per violazione degli
artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione, sia perché le
misure di salvaguardia in esso previste incidono sulla potestà legislativa
regionale in materia di assetto del territorio, sia perché esso consente il
ricorso al potere sostitutivo anche nel caso in cui
La questione non è fondata.
Le misure di salvaguardia disciplinate
dalla norma impugnata hanno la stessa natura e la stessa funzione degli
interventi previsti in generale dal piano di bacino. Si tratta di misure, per
così dire, cautelari, dirette a tutelare le condizioni di suolo ed acque nelle
more dell’approvazione del piano di bacino. La relativa disciplina, pertanto,
appartiene a pieno titolo alla materia della tutela dell’ambiente e, anche in
questo caso, vale il rilievo secondo il quale la necessità del coinvolgimento
delle Regioni derivante dall’indiretto riflesso che tali misure possono avere
in materia di governo del territorio è adeguatamente soddisfatta dalla
partecipazione dei rappresentanti delle Regioni il cui territorio è interessato
dai provvedimenti in questione negli organi delle Autorità di bacino,
competenti anche all’adozione delle misure previste dall’art. 65, comma 7.
17. – E’ inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 66 del d.lgs. n. 152 del 2006 sollevata
dalla Regione Emilia-Romagna, poiché tale norma non è compresa fra le
disposizioni per le quali
18. –
La questione non è fondata.
I motivi dedotti dalla ricorrente sono
analoghi a quelli che la stessa Regione Calabria ha svolto a sostegno della
propria impugnazione dell’art. 65 del d.lgs. n. 152 del
19. – Ad avviso della Regione Calabria,
dovrebbe essere dichiarata l’illegittimità dell’art. 68 del d.lgs. n. 152 del
2006, perché esso costituirebbe specificazione ed attuazione dell’art. 67.
La questione è inammissibile perché
priva di specifica motivazione, considerato che l’art. 67 e l’art. 68
disciplinano aspetti diversi (il primo, l’oggetto e l’esecuzione dei piani
stralcio e delle misure di prevenzione per le aree a rischio; il secondo, il
procedimento per l’adozione dei piani stralcio).
20. –
La questione è inammissibile.
Infatti
21. –
In particolare, la ricorrente impugna i
commi 2 e 3 dell’art. 69.
Il primo (che indica alcune finalità cui
deve essere destinato almeno il quindici per cento degli stanziamenti previsti
dai piani triennali di intervento) violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost.,
perché recante norme di dettaglio in un ambito materiale di potestà legislativa
concorrente, e l’art. 119 Cost., poiché pretenderebbe di indirizzare attività
amministrative che non rientrano nella competenza dello Stato.
Il secondo (che prevede la possibilità
per le Regioni di provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di
opere e di interventi previsti dai piani di bacino) violerebbe l’art. 119
Cost., perché tali stanziamenti sarebbero indebitamente condizionati al previo
parere favorevole della Conferenza istituzionale permanente di cui all’art. 63,
comma 4, mentre invece i singoli enti dovrebbero poter decidere liberamente in
ordine al finanziamento degli interventi necessari per il loro territorio.
21.1. – Le questioni non sono fondate.
L’art. 69, comma 2, stabilendo la quota
minima complessiva degli stanziamenti che deve essere destinata a determinate
categorie di interventi ed attività, non lede i precetti costituzionali
invocati dalla ricorrente, perché esso interviene in materia di competenza
esclusiva statale e il coinvolgimento delle Regioni è assicurato dal parere
della Conferenza unificata che deve essere richiesto a norma dell’art. 58,
comma 3, lettera a), del d.lgs. n.
152 del 2006, quale risulta a seguito della dichiarazione della sua parziale
illegittimità (supra,
n. 9.3).
21.2. – Neppure l’art. 69, comma 3, è
lesivo di attribuzioni regionali. Le opere e gli interventi che le Regioni
intendano realizzare utilizzando propri stanziamenti sono compresi nella
generale pianificazione contenuta nel piano di bacino e, dunque, appartengono
ad un ambito di competenza materiale statale. Le possibili interrelazioni tra
le opere che la singola Regione propone di realizzare con propri stanziamenti e
gli altri interventi previsti dal medesimo piano di bacino giustifica la
previsione della necessità del parere favorevole della Conferenza istituzionale
permanente, al fine di garantire l’indispensabile coerenza complessiva
dell’attività di pianificazione.
22. –
La questione non è fondata, trattandosi
di materia di cui al comma secondo dell’art. 117 della Costituzione.
23. –
Le questioni non sono fondate.
I programmi di intervento sono atti
finalizzati alla concreta attuazione delle misure previste nei piani di bacino
e la loro disciplina, al pari di quella di questi ultimi, appartiene alla
materia della tutela dell’ambiente.
Il coinvolgimento delle Regioni è, poi,
realizzato sia dal comma 1, sia dal comma 3. Dal primo, nella parte in cui
prevede che i programmi di intervento sono adottati da un organismo a
composizione mista quale
24. – Le Regioni Calabria ed
Emilia-Romagna propongono questioni di legittimità costituzionale di alcune
disposizioni contenute nell’art. 72 del d.lgs. n. 152 del 2006, norma che
disciplina il finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo.
In particolare,
Infine,
24.1. – La questione concernente il
comma 3 non è fondata.
Occorre premettere che gli interventi
previsti a difesa del suolo dalla sezione I della Parte III del d.lgs. n. 152
«sono a totale carico dello Stato» (art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 152 del
2006). Gli stanziamenti che, a norma dell’art. 72, comma 3, sono ripartiti tra
amministrazioni statali e Regioni dal programma nazionale di intervento sono
quindi finanziamenti erogati dallo Stato per l’esecuzione di attività
riconducibili ad una materia rientrante nella sua competenza esclusiva (la
tutela dell’ambiente). Il principio di leale collaborazione è rispettato
mediante la previsione della necessità del parere della Conferenza
Stato-Regioni.
24.2. – La questione concernente il
comma 4 dell’art. 72 non è fondata.
La norma in oggetto dispone che il
programma di intervento nazionale e la ripartizione degli stanziamenti sono
approvati dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 57 del
d.lgs. n. 152 del 2006.
Quest’ultimo, al comma 1, lettera b), stabilisce che il programma
nazionale di intervento sia approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri
e, non contemplando alcuna forma di collaborazione istituzionale, è stato
dichiarato illegittimo nella parte in cui non prevede che l’approvazione del
programma nazionale di intervento sia preceduta dall’acquisizione del parere
della Conferenza unificata (supra, n. 8.6).
A seguito di tale declaratoria di
parziale illegittimità costituzionale, la questione relativa all’art. 72, comma
4, del d.lgs. n. 152 del 2006, deve essere dichiarata non fondata.
Infatti, relativamente all’approvazione
del piano nazionale di intervento, da un lato, non sussiste un obbligo
costituzionale di acquisizione dell’intesa con le Regioni (si rinvia, in
proposito, alle argomentazioni svolte sub
n. 8.6) e, dall’altro, il cointeressamento delle
Regioni è assicurato dalla previsione della necessità del previo parere della Conferenza unificata quale risulta a seguito
della dichiarazione di parziale illegittimità dell’art. 57, comma 1, lettera b).
Per quanto concerne la ripartizione
degli stanziamenti, l’art. 59, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 152 del 2006 già prevede che
24.3. – La questione concernente il
comma 5 dell’art. 72 del d.lgs. n. 152 del 2006 non è fondata.
La norma, pur prevedendo che le opere di
competenza regionale, che rivestono grande rilevanza tecnico-idraulica per la
modifica del reticolo idrografico principale e del demanio idrico, siano
individuate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio, stabilisce che ciò avvenga «su proposta della Conferenza
Stato-Regioni». Non sussiste, pertanto, la lesione delle competenze regionali e
del principio di leale collaborazione lamentati dalla Regione Calabria, perché
la disposizione impugnata, pur imputando formalmente l’individuazione delle
opere in questione all’atto ministeriale, attribuisce alle Regioni un ruolo
condizionante il contenuto dell’atto stesso.
25. – In considerazione della decisione
nel merito delle relative questioni di illegittimità costituzionale, non vi è
luogo a provvedere sulle istanze di sospensione dell’efficacia degli artt. 58,
59, 63, 64 e 175, comma 1, lettera l),
del d.lgs. n. 152 del 2006, avanzate dalle Regioni Calabria, Piemonte, Abruzzo
e Puglia.
per
questi motivi
riuniti i giudizi;
riservata a separate pronunce la
decisione sull’impugnazione dell’intero testo del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nonché di singole disposizioni
dello stesso decreto;
1) dichiara
inammissibili gli interventi in giudizio dell’Associazione Italiana per il
World Wide Fund for Nature
(WWF Italia) - Onlus, della Biomasse Italia s.p.a., della Società Italiana
Centrali Termoelettriche – SICET S.r.l, della Ital Green Energy S.r.l. e della E.T.A. Energie Tecnologie
Ambiente S.p.a;
2) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006, nella parte
in cui non prevede che il programma nazionale di intervento sia approvato con
il previo parere della Conferenza unificata;
3) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006, nella
parte in cui non prevede che le funzioni di programmazione e finanziamento
degli interventi in materia di difesa del suolo siano esercitate previo parere
della Conferenza unificata;
4) dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 3, lettera d), del d.lgs. n. 152 del 2006, nella
parte in cui non prevede che le funzioni in esso indicate siano esercitate
previo parere della Conferenza unificata;
5) dichiara
cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 63, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in
riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 della
Costituzione, alle attribuzioni regionali previste dallo statuto speciale per
6) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 5,
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta dalla Regione Calabria con il ricorso
indicato in epigrafe;
7) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 57, 63,
64, 65, 66, 67, 68 e 175 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento
all’art. 76 della Costituzione, dalla Regione Piemonte con il ricorso indicato
in epigrafe;
8) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1,
lettera a), n. 2, del d.lgs. n. 152
del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119
e 120 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, dalla Regione
Piemonte con il ricorso indicato in epigrafe;
9) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 58 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
10) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 58, comma 3,
lettere b), e) e g) del d.lgs. n. 152
del 2006, proposta dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006;
11) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 63 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114,
117, 118, 119 e 120 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione,
dalla Regione Piemonte con il ricorso indicato in epigrafe;
12) dichiara
inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 63 e 64
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 2, lettere d), e),
f) g), i), m), q),
3, lettera d) e 4 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per
13) dichiara
inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 64 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 3, 11, 76, 117,
primo e terzo comma, e 118, della Costituzione, dalle Regioni Calabria, Toscana
e Puglia con il ricorso indicato in epigrafe;
14) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 65, 66, 67
e 68 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 3, 5, 76,
97, 114, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione ed al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Piemonte con il ricorso indicato in epigrafe;
15) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 65, 67,
69, 116 e 117 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all’art. 76
della Costituzione, dalla Regione Liguria con il ricorso indicato in epigrafe;
16) dichiara
inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 65, comma 6,
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento all’art. 117 della Costituzione
ed al principio di leale collaborazione, dalle Regioni Toscana e Marche con i
ricorsi indicati in epigrafe;
17) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 66 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposta dalla Regione Calabria con il ricorso indicato
in epigrafe;
18) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 66 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione
ed al principio di leale collaborazione dalla Regione Emilia-Romagna con il
ricorso n. 73 del 2006;
19) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 68 del d.lgs.
n. 152 del 2006, proposta dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in
epigrafe;
20) dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 68 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma,
della Costituzione, dalla Regione Valle d’Aosta con il ricorso indicato in
epigrafe;
21) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 2,
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento al principio di leale
collaborazione, dalla Regione Umbria con il ricorso indicato in epigrafe;
22) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 4,
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all’art. 118 della
Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
23) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57, commi
1, lettera a), n. 4, 3, 4 e 6 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 della
Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006 e
dalle Regioni Calabria, Umbria e Marche con i ricorsi indicati in epigrafe;
24) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma
1, lettera a), n. 1, del d.lgs. n.
152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 76 e 117, commi secondo,
terzo, quarto e sesto, della Costituzione ed al principio di legalità, dalla
Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006;
25) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma
1, lettera a), n. 2, del d.lgs. n.
152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione
ed al principio di leale collaborazione, dalla Regione Emilia-Romagna con il
ricorso n. 73 del 2006 e dalle Regioni Calabria e Toscana con i ricorsi
indicati in epigrafe;
26) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57, comma
1, lettera a), n. 3, del d.lgs. n.
152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 117, quinto comma, 118 e 120,
secondo comma, della Costituzione ed al principio di legalità dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006 e dalla Regione Calabria con il
ricorso indicato in epigrafe;
27) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 57, commi
3 e 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 76 e 118
della Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
28) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 58, comma
3, lettera b), del d.lgs. n. 152 del
2006, proposte, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 della Costituzione ed
al principio di leale collaborazione dalle Regioni Umbria, Liguria e Puglia con
i ricorsi indicati in epigrafe;
29) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 58, comma
2, lettera c) e comma 3, lettera c), del d.lgs. n. 152 del 2006,
proposte, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione
Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
30) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 59 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 76, 117, terzo
comma, 118 e 119 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione,
dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006 e dalle Regioni
Calabria e Puglia con i ricorsi indicati in epigrafe;
31) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 61 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 della
Costituzione dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
32) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 61, comma
1, lettere d) ed e), del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt.
76 e 117 della Costituzione, dalle Regioni Toscana e Marche con i ricorsi
indicati in epigrafe;
33) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 63 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 della
Costituzione ed al principio di leale collaborazione, dalle Regioni Toscana,
Marche e Basilicata con i ricorsi indicati in epigrafe;
34) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 63,
commi 2 e 3, e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli
artt. 117, commi terzo e sesto, e 118 della Costituzione, dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso n. 56 del 2006 e dalle Regioni Calabria, Umbria,
Liguria, Abruzzo e Campania con i
ricorsi indicati in epigrafe;
35) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 63 e 64
del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento all’art. 76 della
Costituzione dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 56 del 2006 e dalle
Regioni Calabria, Valle d’Aosta, Umbria, Liguria, Abruzzo e Campania con i ricorsi indicati in epigrafe;
36) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 64 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 3, 5, 76, 97, 114,
117, 118, 119 e 120 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione,
dalle Regioni Calabria, Toscana, Marche, Piemonte e Puglia con i ricorsi
indicati in epigrafe;
37) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 65 del
d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 76, 117 e 118 della
Costituzione ed al principio di leale collaborazione dalle Regioni Calabria,
Toscana, Umbria e Marche con i ricorsi indicati in epigrafe;
38) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 67, commi
2, 3, 4, 5 e 6, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all’art.
117, terzo comma, della Costituzione ed al principio di leale collaborazione,
dalla Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
39) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 69, commi
2 e 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 117,
terzo comma, e 119 della Costituzione, dalla Regione Calabria con il ricorso
indicato in epigrafe;
40) dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 70 del d.lgs.
n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all’art. 117, terzo comma, dalla
Regione Calabria con il ricorso indicato in epigrafe;
41) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 70, commi
1 e 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento al principio di
leale collaborazione ed alle «attribuzioni regionali», dalla Regione
Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006;
42) dichiara
non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 72, commi
3, 4 e 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, proposte, in riferimento agli artt. 76,
117 e 118 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, dalla
Regione Emilia-Romagna con il ricorso n. 73 del 2006 e dalla Regione Calabria
con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio
2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Luigi MAZZELLA, Redattore
Giuseppe DI
PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 23 luglio
2009.