Sentenza n. 35 del 1995

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SENTENZA N. 35

ANNO 1995

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-        Avv. Mauro FERRI

-        Prof. Luigi MENGONI

-        Prof. Enzo CHELI

-        Dott. Renato GRANATA

-        Prof. Giuliano VASSALLI

-        Prof. Francesco GUIZZI

-        Prof. Cesare MIRABELLI

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-        Avv. Massimo VARI

-        Dott. Cesare RUPERTO

-        Dott. Riccardo CHIEPPA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 9, primo comma, lettera a), 10, primo comma, lettera a) della legge regionale del Lazio, approvata il 2 marzo 1994 e riapprovata il 4 maggio 1994, recante "Istituzione della riserva natura parziale Selva del Lamone", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri notificato il 10 giugno 1994, depositato in cancelleria il 17 giugno 1994 ed iscritto al n. 50 del registro ricorsi 1994.

Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio;

udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1995 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

udito l'Avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri, per il ricorrente.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale in via principale della legge regionale del Lazio, approvata il 2 marzo 1994 e riapprovata il 4 maggio 1994, recante "Istituzione della riserva natura parziale Selva del Lamone", per contrasto con l'art. 117 della Costituzione.

Formano, in particolare oggetto di censura:

a) l'art. 9, primo comma, lettera a), relativo alla cattura di specie animali a scopo di ricerca scientifica, che risulterebbe in contrasto con il principio posto dall'art. 4, primo comma, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, che subordina la cattura per motivi di studio e ricerca scientifica alle condizioni che sia preventivamente udito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e che i beneficiari dell'autorizzazione alla cattura siano esclusivamente istituti scientifici, universitari o del Consiglio nazionale delle ricerche, oppure musei di storia naturale. Tali condizioni, ritenute dal ricorrente necessarie per garantire l'effettiva sussistenza di una motivazione scientifica ed altrettanto scientifica utilizzazione delle specie catturate, sarebbero assenti nella normativa regionale, con conseguente violazione dell'art. 117 della Costituzione;

b) l'art. 10, primo comma, lettera a), che nel vietare all'interno del territorio della riserva naturale parziale "Selva del Lamone" la caccia e l'uccellagione, fa salvi "i diritti di uso civico". Tale limitazione del divieto sarebbe in contrasto, a parere del ricorrente, con il coordinato disposto dalle leggi 11 febbraio 1992, n. 157 e 6 dicembre 1991, n. 394, che stabiliscono per un verso il divieto assoluto di esercizio venatorio nei parchi e nelle riserve naturali (art. 21.1 lettera a) - recte, lettera b) - della legge n. 157 del 1992); e per l'altro stabiliscono la liquidazione dei diritti esclusivi di caccia delle collettività locali e di altri usi civici di prelievo faunistico (art. 11, quinto comma, della legge n. 394 del 1991).

2. - Ha presentato domanda di intervento in giudizio la Federazione Italiana della Caccia, in persona del Presidente pro tempore, concludendo nel senso dell'inammissibilità e dell'infondatezza delle questioni di legittimità sollevate.

Considerato in diritto

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale in via principale degli artt. 9, primo comma, lettera a) e 10, primo comma, lettera a), della legge regionale del Lazio, approvata il 2 marzo 1994 e riapprovata il 4 maggio 1994, recante "Istituzione della riserva natura parziale Selva del Lamone", per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in relazione ai principi posti, rispettivamente, dall'art. 4, primo comma, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e del coordinato disposto dalle leggi 11 febbraio 1992, n. 157 e 6 dicembre 1991, n. 394.

2. - Va preliminarmente dichiarato inammissibile l'intervento in giudizio della Federazione Italiana della Caccia, in quanto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, sentenza n. 172 del 1994), nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale non è ammessa la presenza di soggetti diversi dalla parte ricorrente e dal titolare della potestà legislativa il cui atto è oggetto di contestazione.

3. - La questione di legittimità costituzionale sollevata nei riguardi dell'art. 9, primo comma, lettera a), è fondata.

La disposizione contenuta nella delibera legislativa della regione Lazio stabilisce che nel territorio della riserva naturale istituito nella stessa delibera è consentito catturare specie animali selvatiche "solo a scopo di ricerca scientifica e sulla base di un piano organico, funzionale alle finalità della riserva, preventivamente approvato dall'ente gestore, sentito l'assessorato regionale all'ambiente ed il comitato tecnico-scientifico di cui all'art. 5".

La materia oggetto della disposizione testé richiamata rientra tra quelle che l'art. 117 attribuisce alla competenza legislativa delle regioni ad autonomia ordinaria, mentre le relative funzioni amministrative sono state trasferite alle regioni con gli artt. 79 e 99 del d. P. R. 24 luglio 1977, n. 616. Secondo la disposizione costituzionale, la competenza legislativa regionale è di tipo concorrente, soggetta cioè ai principi fondamentali stabiliti con legge dello Stato.

Al riguardo, la legislazione nazionale, mediante l'art. 4, primo comma, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, ha introdotto il principio della subordinazione della cattura di animali per motivi di studio e ricerca scientifica alle condizioni che sia preventivamente udito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e che i beneficiari dell'autorizzazione alla cattura siano esclusivamente istituti scientifici, universitari o del Consiglio nazionale delle ricerche, oppure musei di storia naturale.

Tale disposizione - che mira ad assicurare l'effettiva realizzazione degli obiettivi scientifici nella cattura e nell'utilizzazione delle specie cacciabili, coerentemente alle finalità pubblicistiche complessive connesse alla protezione della fauna selvatica che la legge-quadro statale ha inteso perseguire (sentenza n. 454 del 1991), e che collega la decisione in merito alla cattura a valutazioni tecniche e fattuali tendenti a limitare l'ampiezza del potere discrezionale dell'ente gestore - rappresenta indubbiamente un principio fondamentale della materia, tale da condizionare e vincolare la potestà legislativa regionale.

Già in precedenti occasioni questa Corte aveva ritenuto, da un lato, che le norme costituenti affievolimento del diritto di caccia, attualmente subordinato all'interesse prevalente della conservazione del patrimonio faunistico e della protezione dell'ambiente agrario, rappresentano principi vincolanti la legislazione concorrente ed anche quella esclusiva delle regioni (sentenza n. 1002 del 1988); e, dall'altro, che l'istituzione di riserve naturali costituisce una tipica forma di intervento preordinato alla protezione della natura e, più precisamente, alla conservazione del bene naturale, in quanto tale comportante l'esclusione di ogni attività che possa comprometterne il relativo stato (sentenza n. 366 del 1992; analogamente sentenza n. 223 del 1984).

Applicando detti principi al caso in esame, risulta con tutta evidenza l'illegittimità costituzionale della disposizione contenuta nella legge del Lazio che, nel disciplinare l'esercizio della caccia a scopi scientifici nella riserva naturale del Parco del Lamone, omette di conformarsi ai principi stabiliti dalla legge statale a garanzia delle finalità sopra indicate.

E' pur vero, peraltro, che la disposizione regionale prevede il parere di un comitato tecnico-scientifico istituito dalla medesima delibera legislativa: ma tale previsione non può ritenersi sufficiente a soddisfare le esigenze di cui è espressione la normativa statale, che non solo attribuisce ad un organismo operante unitariamente su tutto il territorio nazionale l'espressione del parere richiesto, ma - soprattutto - stabilisce che la cattura sia riservata esclusivamente a determinati istituti scientifici, mentre la disposizione regionale, non specificando a quali soggetti tale facoltà sia attribuita, ne demanda l'individuazione all'ente gestore, all'interno del "piano organico".

4. - La questione di legittimità costituzionale sollevata nei riguardi dell'art. 10, primo comma, lettera a), va invece dichiarata inammissibile.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, sentenze nn. 292, 256 e 172 del 1994 e n. 496 del 1993), la necessaria previa delibera del Consiglio dei ministri, sulla cui base il Presidente del Consiglio promuove mediante ricorso la questione di legittimità costituzionale nei confronti delle delibere legislative regionali (ex artt. 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 2, 3° comma, lettera d) della legge 23 agosto 1988, n. 400), ha la ratio "in un'esigenza non di natura formale ma di sostanza, connessa all'importanza dell'atto di impugnativa della legge e alla gravità dei suoi possibili effetti di natura costituzionale": in quanto tale essa "comporta una scelta di politica istituzionale diretta a prefigurare, quantomeno nelle sue linee essenziali, la violazione ipotizzata, al fine di delimitare con sufficiente chiarezza l'oggetto della questione che si intende sollevare".

Nel caso presente, la delibera del Consiglio dei ministri posta a base del ricorso introduttivo del presente giudizio non contiene alcun riferimento all'art. 10 della legge regionale, né alla questione della salvezza degli usi civici che discende da tale norma. Infatti dall'estratto conforme al verbale, depositato in giudizio, risulta testualmente che il Consiglio dei ministri, in data 24 settembre 1993, ha approvato la "determinazione di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge della regione Lazio recante istituzione della riserva naturale parziale Selva del Lamone, in quanto, consentendo indiscriminatamente nel territorio della riserva naturale la cattura di specie animali selvatiche a scopo di ricerca scientifica, viola il principio contenuto nell'art. 4, primo comma, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, secondo cui tale attività è autorizzabile solo a favore di determinati soggetti".

Dal tenore di tale delibera emerge con evidenza la volontà del Consiglio dei ministri di impugnare la legge regionale con esclusivo riguardo alla disposizione contenuta nell'art. 9: essa pertanto va ritenuta inadeguata a fondare il ricorso presidenziale con riferimento all'art. 10, essendo priva dei contenuti minimi (rappresentati dall'oggetto della censura e dai parametri di riferimento: cfr. sentenza n. 233 del 1994) necessari per dedurre la volontà del Consiglio dei ministri di censurare anche detta disposizione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, primo comma, lettera a), della legge regionale del Lazio, approvata il 2 marzo 1994 e riapprovata il 4 maggio 1994, recante "Istituzione della riserva natura parziale Selva del Lamone";

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 10, primo comma, lettera a), della legge regionale del Lazio, approvata il 2 marzo 1994 e riapprovata il 4 maggio 1994, sollevata, in riferimento all'art. 117 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 1995.

Freancesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 13 febbraio 1995.