SENTENZA N.366
ANNO 1992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori Giudici:
-
Dott. Aldo
CORASANITI, Presidente
-
Prof. Giuseppe
BORZELLINO
-
Dott. Francesco
GRECO
-
Prof. Gabriele
PESCATORE
-
Avv. Ugo
SPAGNOLI
-
Prof. Francesco
Paolo CASAVOLA
-
Prof. Antonio
BALDASSARRE
-
Prof. Vincenzo
CAIANIELLO
-
Avv. Mauro
FERRI
-
Prof. Luigi
MENGONI
-
Prof. Enzo
CHELI
-
Dott. Renato
GRANATA
-
Prof. Giuliano
VASSALLI
-
Prof. Francesco
GUIZZI
-
Prof. Cesare
MIRABELLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale della legge 6 dicembre 1991, n.394 (Legge quadro sulle aree
protette) promossi con ricorsi della Provincia autonoma di Bolzano e della
Regione Sardegna contro il Presidente del Consiglio dei ministri, notificati
rispettivamente l'11 e il 13 gennaio 1992, entrambi depositati in cancelleria
il 16 successivo ed iscritti rispettivamente ai nn. 6
e 7 del registro ricorsi 1992.
Visti gli atti di costituzione del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 14
aprile 1992 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;
uditi l'Avvocato Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano e per
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso regolarmente notificato
e depositato, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato questione di legittimità
costituzionale nei confronti della intera legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge
quadro sulle aree protette) per violazione dell'art. 8, nn.
1, 5, 6, 7, 14, 15, 16, 17, 19, 21, 22, 24 e 29; dell'art. 9, nn. 8, 9 e 11; dell'art. 14, secondo e terzo comma;
dell'art. 16, primo comma; dell'art. 18, secondo comma; e degli artt. 68 e 107
dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R.
31 agosto 1972, n. 670), e delle norme di attuazione contenute nei dd.PP.RR. 20 gennaio 1973, n. 115; 1 novembre 1973, n. 689;
22 marzo 1974, n. 279; 22 marzo 1974, n. 381; 22 marzo 1975, n. 475; 31 luglio
1978, n. 1017; 22 marzo 1981, n. 228 e 19 novembre 1987, n.526, nonchè per violazione dell'autonomia finanziaria di cui al
titolo VI dello Statuto, come attuato dalla legge 30
novembre 1989, n.
La stessa ricorrente contesta, in
riferimento ai medesimi parametri costituzionali, anche specifiche disposizioni
contenute nella legge impugnata. Innanzitutto, censura l'art. 1, quinto comma,
il quale prevede che "nella tutela e nella gestione delle aree naturali
protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione
e di intesa ai sensi dell'art. 81 del d.P.R. 24
luglio 1977, n. 616 e dell'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142".
Questa disposizione sarebbe illegittima perchè: a)
introduce forme dì intesa e di cooperazione non previste da norme statutarie o
da norme di attuazione; h) riferisce alla Provincia autonoma l'applicabilità
dell'art. 81 del d.P.R. n. 616, mentre il d.P.R. n. 526 del
Oggetto di censura sono, poi, il sesto e
settimo comma dell'art. 2 della legge n. 394 del 1991, i quali prevedono che la
"classificazione" delle aree naturali protette di rilievo nazionale
ed internazionale, oltrechè la
"classificazione" e l'"istituzione" dei parchi nazionali e
delle riserve naturali statali, qualora rientrino nel territorio delle Province
autonome di Trento e di Bolzano (e delle regioni a statuto speciale), siano
effettuate d'intesa con queste ultime. Secondo la ricorrente, si tratterebbe di
una previsione illegittima, in quanto la competenza esclusiva spettante in
materia (art. 8, nn. 16 e 6, dello Statuto) alla
Provincia verrebbe arbitrariamente sostituita con l'"intesa", in
violazione, tra l'altro, di quanto disposto dall'art. 3 del d.P.R.
n. 279 del 1974 e, consequenzialmente, in contrasto
con l'art. 107 dello Statuto speciale, che disciplina la modificazione delle
norme di attuazione.
L'autonomia costituzionalmente garantita
alla stessa Provincia in materia di parchi, nonchè,
limitatamente alle previsioni relative al finanziamento dei parchi esistenti,
l'autonomia finanziaria, risulterebbero lese, semprechè
si ritenesse che siano applicabili anche alle aree protette ubicate nel
territorio della Provincia autonoma di Bolzano, dagli artt. 3, 4 (lett. a, b,
e, d,) e 5, della legge n. 394 del 1991, i quali prevedono l'istituzione del
Comitato per le aree naturali protette e della Consulta tecnica per le aree
naturali protette ed affidano a tali organi il compito di classificare e di
individuare le aree naturali protette, di adottare i programmi e i criteri di
gestione, attribuendo, peraltro, anche poteri di attivazione al Ministro
dell'ambiente e poteri sostitutivi al Consiglio dei ministri.
Anche l'art. 6 lederebbe le competenze
provinciali in materia di parchi, innanzitutto, perchè
attribuisce al Comitato per le aree naturali protette e alla Consulta tecnica
il potere di esame delle proposte di istituzione di un'area protetta e delle
relative misure di salvaguardia, senza che, tra l'altro, in tali organismi sia
assicurata una adeguata presenza della provincia stessa; in secondo luogo, perchè affida al Ministro dell'ambiente il potere di
concedere eventuali deroghe e di adottare provvedimenti sanzionatori. Infine,
il comma 3 dello stesso articolo sarebbe illegittimo perchè
detta prescrizioni in materia di urbanistica, di piani regolatori, di tutela
del paesaggio e di opere idrauliche, materie tutte attribuite alla competenza
esclusiva della ricorrente.
Secondo la Provincia autonoma di
Bolzano, anche l'art. 7 sarebbe illegittimo, per due motivi: innanzitutto, perchè, in violazione di quanto previsto dall'art. 3 del d.P.R. n. 279 del 1974, individuerebbe misure di
incentivazione per specifici interventi nell'ambito del parco nazionale, le
quali sono, fra l'altro, contrastanti con le disposizioni vigenti nella
Provincia, anche con riferimento al Parco nazionale dello Stelvio; in secondo
luogo, perchè disciplinerebbe il finanziamento ai
comuni e alle province per interventi, impianti ed opere entro i confini del
parco, anche se tali attività rientrano nelle competenze provinciali di tipo
esclusivo, omettendo di attribuire direttamente alla Provincia autonoma i relativi
finanziamenti, così come é invece richiesto dall'art. 5 della legge 30 novembre
1989 n. 386.
Una censura complessiva investe, poi,
gli artt. 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 e 17, i quali attribuiscono allo Stato
l'istituzione e la delimitazione dei parchi nazionali e delle riserve naturali
statali nel territorio provinciale, previa intesa con la Provincia nel caso in
cui parco e riserva interessino il territorio di questa stessa. Secondo la
ricorrente, infatti, queste disposizioni sarebbero lesive delle proprie
attribuzioni in materia di parchi, quali risultanti dalle citate disposizioni
statutarie e dalle relative norme di attuazione.
Gli stessi artt. 8, 9, 10, 11, 12, 13,
14 e l'art. 15 sono impugnati anche perchè
l'ordinamento gestionale ivi previsto si discosterebbe sensibilmente dalla
organizzazione prescelta in ambito provinciale (legge provinciale 12 marzo
1981, n. 7). In particolare, la ricorrente censura la previsione della
istituzione di un Ente parco (ente gestore), con personalità di diritto pubblico,
sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente; la previsione in
dettaglio delle attività consentite o vietate nel parco o nella riserva
naturale; la previsione della liquidazione dei diritti esclusivi di caccia e
degli usi civici; l'attribuzione al Ministro dell'ambiente del potere di
approvare il regolamento del parco e di dettare i contenuti dei piani dei parco
e della riserva naturale, anche con poteri sostitutivi; l'attribuzione all'Ente
parco della competenza ad organizzare corsi di formazione per le guardie del
parco e a rilasciare il relativo titolo professionale.
Una ultima censura é dalla Provincia
ricorrente mossa all'art. 15, il quale, nel disciplinare le modalità ed i
contributi relativi all'espropriazione e all'indennizzo dei vincoli derivanti
dal piano del parco nazionale, prevedendo anche interventi del Ministro
dell'ambiente, lederebbe la competenza esclusiva attribuita alla Provincia
dall'art. 8, n. 21, dello Statuto speciale.
Lesivi dell'autonomia finanziaria
provinciale sarebbero, poi, secondo la ricorrente, sia l'art.16, il quale
prevede che i contributi ordinari e straordinari dello Stato siano devoluti
direttamente all'Ente parco, anzichè alla Provincia,
sia l'art. 38, il quale non attribuisce alla Provincia autonoma di Bolzano i
finanziamenti statali e le forme di contribuzione e di indennizzo previsti
dalla legge impugnata.
Oggetto di censura é anche l'art. 21, il
quale attribuisce al Ministro dell'ambiente il potere di vigilanza sulla
gestione delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale
comprese nel territorio provinciale, potere che deve esercitarsi attraverso il
Corpo forestale dello Stato. Secondo la ricorrente, in base all'art. 8, n. 16,
dello Statuto, il quale individua tra le materie di competenza esclusiva
"l'apicoltura e i parchi per la protezione della flora e della
fauna", non sarebbe possibile distinguere le aree protette in base al loro
preteso rilievo nazionale o internazionale. in particolare, poi, la
sorveglianza dovrebbe essere affidata a personale provinciale, la formazione
professionale del quale spetta esclusivamente alla Provincia.
Una censura complessiva é dalla
Provincia autonoma di Bolzano rivolta agli artt. 22, 23, 24, 25, 26, 27 e 28, e
cioé all'intero titolo III della legge n. 394 del
1991, concernente le aree naturali protette regionali. La stessa ricorrente
specifica, peraltro, di proporre tale censura solo in via condizionata alla
ritenuta applicabilità delle disposizioni impugnate nel proprio territorio, pur
se tale applicabilità dovrebbe essere esclusa, a rigore, in considerazione dei
limiti previsti dal secondo comma dell'art. 22 e della clausola di salvezza
delle competenze provinciali contenuta nello stesso articolo.
Un'ulteriore censura concerne l'art. 29,
il quale, attribuendo il potere sanzionatorio a tutela dell'ambiente naturale
al legale rappresentante dell'ente gestore del Parco, anzichè
alla Provincia, lederebbe le competenze di quest'ultima. Per ragioni analoghe
sarebbe illegittimo l'art. 30, secondo comma, il quale sembra precludere alla
Provincia il potere di determinare l'importo delle sanzioni in materia.
Oggetto di impugnazione é anche l'art.
34, primo comma, il quale, secondo la ricorrente, sarebbe illegittimo, in
quanto sottrarrebbe alla Provincia il potere di concordare con lo Stato estero
interessato forme integrate di protezione e criteri di gestione di aree
protette confinanti, prevedendo in luogo di tale potere una "intesa"
con lo Stato.
La Provincia autonoma di Bolzano
impugna, infine, l'art. 35, il quale pretenderebbe dì applicarsi al Parco
nazionale dello Stelvio, prevedendo l'adeguamento della disciplina posta dal d.P.R. n. 279 del 1974 ai principi Posti dalla legge
impugnata, senza, peraltro, identificare e specificare i princìpi.
Tale articolo si porrebbe in contrasto con l'art. 107 dello Statuto, che
stabilisce la disciplina per l'approvazione e le modificazioni delle norme di
attuazione dello Statuto speciale.
2.- Si é costituito il Presidente del
Consiglio dei ministri chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale
sollevate dalla Provincia autonoma di Bolzano siano dichiarate non fondate.
L'Avvocatura dello Stato osserva,
innanzitutto, con riferimento alle censure concernenti l'art. 2, sesto e
settimo comma, che, non potendosi escludere affatto, in via di principio, che
nel territorio della Provincia autonoma di Bolzano possano essere individuate
aree caratterizzate dalla presenza di valori naturalistici la cui conservazione
risponda ad un interesse di rango nazionale o internazionale, le previsioni
contenute nelle disposizioni impugnate, secondo cui alla classificazione delle
aree e alla istituzione dei parchi nazionali si procede di intesa con la
Provincia autonoma di Bolzano, sarebbero più che idonee a salvaguardare
l'autonomia di quest'ultima. L'intesa, infatti, richiede il concorso
determinante dei soggetti interessati. Pertanto, essa appare adeguata, non
potendosi rimettere in via esclusiva alla Provincia l'iniziativa di soddisfare
un interesse naturalistico di rilievo nazionale o internazionale.
In riferimento, poi, ai profili
attinenti al già esistente Parco nazionale dello Stelvio, l'Avvocatura dello
Stato ricorda che, poichè l'esistenza dei parchi
nazionali risponde ad un interesse della intera collettività (v. sent. n. 1031 del
1988), si giustificherebbe per ciò stesso il potere attribuito al Ministro
dell'ambiente di emanare le direttive necessarie al raggiungimento degli
obiettivi scientifici, educativi e di protezione naturalistica perseguiti dal
parco nazionale (v. sent. n. 210 del
1987).
Quanto alle censure concernenti gli
artt. 3, 4 e
In ordine alle censure relative all'art.
Riguardo alle numerose censure
concernenti gli artt. da
L'Avvocatura dello Stato rileva, poi, la
manifesta infondatezza sia dell'impugnazione concernente l'art. 34, terzo
comma, dal momento che la Provincia rivendica poteri in campo internazionale correttamente
attribuiti al Ministro degli affari esteri, sia di quella relativa all'art. 38,
considerato che la copertura finanziaria dallo stesso prevista attiene a spese
di funzionamento di organi centrali e di gestione di parchi nazionali, in
relazione ai quali é inconferente il richiamo
all'art. 5 della legge n.386 del 1990.
Infine, l'Avvocatura dello Stato
contesta la fondatezza della censura relativa all'art. 35, primo comma, dal
momento che quest'ultimo prevede la revisione delle disposizioni concernenti il
Parco nazionale dello Stelvio nel rispetto dei principi e delle procedure di
cui all'art. 3 del d.P.R.n.279 del 1974.
3.- La Regione autonoma della Sardegna,
con ricorso regolarmente notificato e depositato, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale degli artt. 6, terzo comma, 18, primo comma, 22,
quinto comma, e 32, terzo comma, della legge n. 394 del 1991, ritenendo tali
disposizioni lesive delle competenze ad essa attribuite dagli artt. 3 e 6 dello
Statuto speciale (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), come attuati
dal d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348.
In particolare, l'art. 6, terzo comma,
nell'estendere anche ai centri edificati, sia pure per gravi motivi di
salvaguardia ambientale e con provvedimento motivato, il divieto di eseguire
nuove costruzioni e di trasformare quelle esistenti, e nell'introdurre divieti
vari in ordine alla utilizzazione del territorio, lederebbe le competenze che
l'art. 3 dello Statuto assegna alla Regione autonoma della Sardegna in materia
di urbanistica. Nè, ad avviso della ricorrente, la
disposizione in esame potrebbe essere qualificata principio generale
dell'ordinamento o norma fondamentale di riforma economico-sociale, dal momento
che, in considerazione della sua specificità, non sussisterebbero i requisiti
che, in base alla giurisprudenza di questa Corte, consentono di qualificarla
nei modi indicati.
Anche l'art. 18, primo comma, della
legge n. 394 del 1991, il quale affida al Ministro dell'ambiente, di concerto
con il Ministro della marina mercantile e d'intesa con il Ministro del tesoro,
l'istituzione delle aree protette manne, sarebbe illegittimo, perchè, in contrasto anche con quanto stabilito dall'art.
1, quinto comma, della stessa legge, non prevede alcuna ma della Sardegna.
Inoltre, l'art. 22, quinto comma, il
quale vieta l'istituzione, da parte della Regione, di aree protette nel
territorio di un parco nazionale o di una riserva naturale statale,- sarebbe
illegittimo, in quanto irrazionalmente impedirebbe di approntare per aree di
rilevante interesse naturalistico una tutela rafforzata.
Infine, l'art. 32, terzo comma, sarebbe
illegittimo, perchè, nell'escludere che nelle aree
contigue a quelle protette la Regione possa consentire a soggetti diversi da
quelli residenti nei comuni dell'area protetta e dell'area contigua di
cacciare, invaderebbe le competenze esclusive attribuite alla Regione autonoma
della Sardegna in materia di caccia. Anche per questa disposizione, del resto,
mancherebbero, ad avviso della ricorrente, ì requisiti che consentono allo
Stato di introdurre limiti alla competenza legislativa primaria.
4.- Si é costituito anche in questo
giudizio il Presidente dei Consiglio dei ministri, chiedendo che tutte le
questioni siano dichiarate non fondate.
Dopo aver ribadito, in ordine alle censure
relative all'art. 6, le argomentazioni già svolte in merito al ricorso proposto
dalla Provincia autonoma di Bolzano, l'Avvocatura dello Stato osserva che la
disposizione di cui all'art. 18 non ha affatto innovato la normativa contenuta
nell'art. 2, nono comma, della legge n. 349 del 1986. Inoltre, il principio
affermato da questa Corte in riferimento al Parco marino del Golfo di Orosei
"non é espressione di un dettato costituzionalmente vincolante in via
generale".
Riguardo all'art. 22, quinto comma,
l'Avvocatura dello Stato sottolinea come il divieto di duplicazione di
interventi pubblici sul medesimo territorio corrisponda ad un criterio dì buon
andamento.
Per quanto concerne, infine, le censure
relative all'art. 32, secondo comma, l'Avvocatura dello Stato, dopo aver
rilevato che il primo comma dello stesso art. 32, il quale prevede la
istituzione delle aree contigue ai parchi e alle riserve naturali, non é stato
impugnato, osserva che la limitazione della caccia in dette aree é pienamente
giustificabile in base alla stessa logica sottostante alla legge-quadro sulla
caccia.
5.- In prossimità dell'udienza, entrambe
le ricorrenti hanno depositato memorie difensive, insistendo per l'accoglimento
dei ricorsi.
La Provincia autonoma di Bolzano, in
risposta alle difese dell'Avvocatura dello Stato, sottolinea come nelle
decisioni di questa Corte si sia precisato che "il trasferimento alle
regioni della competenza in materia di protezione della natura riguarda anche i
parchi nazionali e le riserve naturali appartenenti allo Stato" e che la
futura legge quadro in materia di parchi avrebbe dovuto contenere norme di
principio, dirette a prevedere un nucleo minimo di poteri spettanti allo Stato
e alle "autorità" del parco o della riserva, al fine di lasciare il
resto della disciplina alle competenze provinciali. La legge impugnata,
viceversa, contiene indicazioni estremamente puntuali e dettagliate,
incompatibili con la competenza primaria attribuita alla Provincia ricorrente
in materia di parchi e di protezione della natura.
Anche la Regione autonoma della Sardegna
replica puntualmente alle deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, osservando,
innanzitutto, con riferimento all'art. 6, terzo comma, che se é vero che la
competenza regionale, in materia urbanistica deve coordinarsi con le esigenze
di tutela ambientale (esigenze, peraltro, affidate anche alla cura della
regione), é altrettanto vero che le modalità del coordinamento dovranno essere
previste dalla regione stessa, salva la possibilità per lo Stato di porre rimedio,
con propri atti, all'eventuale inerzia regionale. La disposizione impugnata, al
contrario, con prescrizione puntuale e dettagliata, prevede un generale divieto
a fini di salvaguardia, attribuendo al Ministro dell'ambiente il potere di
derogare allo stesso ed escludendo, così, qualsiasi forma di coordinamento.
Quanto all'art. 18, primo comma, la
Regione autonoma della Sardegna sottolinea che l'esigenza di una intesa con lo
Stato si collega all'attuazione dei principio costituzionale di cooperazione ed
é riconosciuta dalla stessa legge-quadro per le aree protette. Non si
spiegherebbe, quindi, il perchè della mancata
previsione dell'intesa per la istituzione delle aree marine protette.
Con riferimento alle deduzioni
dell'Avvocatura dello Stato in ordine all'art. 22, quinto comma, la Regione
autonoma della Sardegna precisa che la normativa regionale relativa a zone
ricomprese in un parco nazionale o in una riserva naturale statale dovrebbe
dare luogo, non già ad una duplicazione di interventi, ma all'approntamento di
misure integrative e complementari di protezione della natura. L'esclusione di
un qualsiasi intervento regionale per le zone comprese nei parchi nazionali
sarebbe perciò irrazionale e illegittima.
Da ultimo, la Regione autonoma della
Sardegna precisa di non contestare che nelle aree contigue a quella protetta
debba essere previsto per la caccia un regime di maggior rigore, ma rivendica
alla propria competenza la individuazione delle modalità di tale regime.
Considerato in diritto
l. - Con il ricorso indicato in
epigrafe, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato questioni di
legittimità costituzionale nei confronti dell'intera legge 6 dicembre 1991, n.
394 (Legge quadro sulle aree protette), e, in ogni caso, nei confronti degli
artt.1, quinto comma, 2, sesto e settimo comma, 3, 4, primo comma, lett. a, b,
c, d, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 21, primo e secondo comma,
29, 30, secondo comma, 34, primo comma, 35 e 38, nonchè,
in via condizionata alla loro applicabilità nel proprio territorio, degli
artt.22, 23, 24, 25, 26, 27 e 28 della stessa legge, deducendo il loro
contrasto con l'art. 8, nn. 1, 5, 6, 7, 14, 15, 16,
17, 19, 21, 22, 24 e 29; con l'art. 9, nn. 8, 9 e 11;
con l'art. 14, secondo e terzo comma; con l'art.16, primo comma; con l'art. 18,
secondo comma, e con gli artt. 68 e 107 dello Statuto speciale per la Regione
del Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n.
670) e relative norme di attuazione, nonchè con
l'autonomia finanziaria garantita alla stessa Provincia autonoma dal titolo VI del predetto Statuto speciale, come attuato dall'art. 5
della legge 30 novembre 1989, n. 386.
Con il distinto ricorso indicato in
epigrafe, la Regione autonoma della Sardegna ha sollevato questioni di
legittimità costituzionale nei confronti degli artt. 6, terzo comma, 18, primo
comma, 22, quinto comma, e 32, terzo comma, della anzidetta legge n. 394 del
1991, deducendone il contrasto con gli artt. 3 e 6 dello Statuto speciale per
la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 38), nell'attuazione ad
essi data dal d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (art.
58).
Poichè i predetti ricorsi prospettano questioni di
legittimità costituzionale identiche o connesse, è opportuno riunire i relativi
giudizi perchè siano decisi con un'unica sentenza.
2. -Va, innanzitutto, dichiarata
l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale proposta dalla
Provincia autonoma di Bolzano nei confronti dell'intera legge n. 394 del 1991,
sotto il profilo di una generale incompatibilità di quest'ultima con la
disciplina adottata nella stessa materia dalla ricorrente nell'esercizio della
sua competenza legislativa di tipo esclusivo.
Questa Corte ha costantemente affermato
che, al fine di procedere al vaglio in limine litis
della sussistenza in concreto dell'interesse a ricorrere in relazione alle
singole disposizioni impugnate e al fine di determinare inequivocabilmente il
contenuto della questione sottoposta al giudizio di costituzionalità, sussiste
a carico della parte ricorrente l'onere di motivare in relazione a ognuna delle
disposizioni contestate (v., ad esempio, sentt. nn. 517 del 1987, 483, 960 [rectius 360] e 212 del 1991). Poichè, nel caso, la Provincia autonoma di Bolzano ha
prospettato una generica censura nei confronti della totalità delle
disposizioni contenute nella legge e poichè tra le
disposizioni impugnate colpite da contestazioni adeguatamente motivate e le
restanti statuizioni della legge non sussiste un legame logico tale da poter
estendere le motivazioni addotte nei confronti delle prime alle altre
disposizioni, si deve concludere che, in relazione all'intera legge, sussiste
una carenza di motivazione, che rende inammissibile la corrispondente censura.
3.-Non fondata è la questione di
legittimità costituzionale proposta dalla Provincia autonoma di Bolzano nei
confronti dell'art. 1, quinto comma, della legge impugnata, il quale stabilisce
che <nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato,
le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa ai sensi
dell'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e
dell'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n.142>.
Nel lamentare la violazione dei
parametri costituzionali indicati nel precedente punto n. 1 della motivazione
in diritto, la ricorrente osserva, in particolare, che la disposizione
impugnata sarebbe illegittima sotto un triplice profilo: a) perchè
prescriverebbe forme di cooperazione e d'intesa non previste dalle norme
statutarie e da quelle di attuazione; b) perchè
renderebbe applicabile alla Provincia autonoma di Bolzano l'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977, mentre le norme di attuazione
contenute nel d.P.R.n. 526 del 1987 hanno esteso alla
suddetta Provincia soltanto alcune delle disposizioni del d.P.R.
n. 616 del 1977; c) perchè estenderebbe in toto e
incondizionatamente alla stessa Provincia l'art. 27 della legge n. 142 del
1990, mentre l'art. 1, secondo comma, di quest'ultima legge, ne condiziona
l'applicabilità nel territorio della Provincia alla compatibilità con le norme
statutarie e con quelle di attuazione.
Le violazioni dei parametri ora indicati
devono essere escluse, poichè, come risulta anche
dall'inserimento della disposizione impugnata nel titolo dei <principi
generali>, l'art. 1, quinto comma, contiene una enunciazione di ampia
portata, volta a ispirare la complessiva intelaiatura della legge sulle aree
protette, senza pretendere di avere una applicazione diretta e immediata in
specifici ambiti di competenza provinciale. In altri termini, la disposizione
impugnata esprime un principio generale che ha svolgimenti puntuali in altre
disposizioni della stessa legge, svolgimenti in relazione ai quali soltanto si
può porre la questione della eventuale interferenza con le competenze che le
norme statutarie e quelle di attuazione riservano alla Provincia autonoma di
Bolzano. Ed è sotto questi più particolari profili che dovrà verificarsi se le
intese e le forme di collaborazione di volta in volta stabilite dalla legge
sulle aree protette siano o meno rispondenti alle esigenze di leale
cooperazione sottese alla ripartizione di competenze fissata dallo Statuto speciale
a favore della Provincia di Bolzano e dalle relative norme di attuazione.
Come disposizione puramente espressiva
di un principio generale, l'art. 1, quinto comma, non è contrario ai parametri
costituzionali invocati, poichè quel principio è tutt'altro
che irragionevolmente posto in relazione alle funzioni afferenti alla
<protezione della natura>. É, infatti, un consolidato orientamento di
questa Corte che lo svolgimento delle predette funzioni avviene in ambiti
oggettivi caratterizzati da un complesso intreccio di competenze concorrenti
dello Stato, delle regioni (o delle province autonome) e degli enti locali, in
ragione del quale si impongono fra i predetti soggetti adeguate forme di
collaborazione in ossequio al generale principio di leale cooperazione (v., ad
esempio, sentt. nn. 1029 del 1988, 337 del 1989).
4. - Non fondate sono le censure che la
Provincia autonoma di Bolzano muove all'art. 2, sesto e settimo comma, della
legge impugnata, il quale stabilisce che la classificazione delle aree naturali
protette di rilievo internazionale e nazionale, nonchè
la classificazione e l'istituzione dei parchi nazionali e delle riserve
naturali statali, sono effettuate, qualora rientrino nel territorio delle
regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano,
d'intesa con le stesse.
La ricorrente ritiene che le
disposizioni ora indicate siano lesive dei parametri costituzionali ricordati
nel punto n. 1 di questa motivazione sotto un duplice profilo: per un verso,
infatti, le predette disposizioni sottrarrebbero alla Provincia autonoma di
Bolzano le attribuzioni di classificazione e di istituzione dei parchi
nazionali e delle riserve naturali statali, che, a suo giudizio, le
spetterebbero ogni volta che quelle aree protette siano situate all'interno del
proprio territorio; per altro verso, le disposizioni ora considerate si
porrebbero in contrasto con le norme di attuazione contenute nell'art. 3 del d.P.R. 22 marzo 1974, n.279, relative alla protezione del
Parco nazionale dello Stelvio, di modo che tenderebbero a innovare rispetto a
tali norme senza adottare la speciale procedura prevista dall'art. 107 dello
Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.
Sotto il primo dei profili indicati,
occorre sottolineare che la censura prospettata muove dalla implicita premessa
che la competenza di individuazione delle aree protette di rilievo nazionale o
internazionale, nonchè quelle relative alla loro
classificazione e all'istituzione su di esse di parchi nazionali o di riserve
naturali statali, siano di spettanza provinciale allorchè
le predette aree ricadano nel territorio della Provincia stessa. Questa premessa
non può essere condivisa, poichè, come questa Corte
ha più volte affermato, pur in assenza della legge- quadro sulle aree protette
richiesta dall'art. 83, terzo comma, del d.P.R. n.
616 del 1977, le attività ora elencate rientrano nella competenza del soggetto
che deve valutare l'interesse naturalistico che si intende perseguire con la
costituzione del parco o della riserva naturale (v. spec. sent. n. 1029 del
1988).
Sicchè, ove l'interesse considerato sia non
irragionevolmente ritenuto d'importanza nazionale o internazionale, le
competenze relative all'individuazione delle aree, alla loro classificazione e
all'istituzione su di esse di parchi nazionali o di riserve naturali statali spettano
allo Stato, qualunque sia l'ubicazione dell'area da proteggere.
Sulla base di tali principi non si può
fondatamente dubitare della legittimità costituzionale di una disposizione,
come quella impugnata, che riconosce la titolarità allo Stato delle attribuzioni
in contestazione, vincolandone l'esercizio, qualora le aree considerate
rientrino nel territorio delle regioni a statuto speciale o delle province
autonome, a un'intesa con la regione o la provincia interessata. Questa
previsione, infatti, si collega direttamente al principio di leale
cooperazione, menzionato nel punto precedente della motivazione, che impone
allo Stato, o reciprocamente alla regione (o alla provincia autonoma), di
esercitare le proprie competenze in tema di protezione della natura attraverso
le forme di collaborazione adeguate al tipo di intreccio esistente tra la
competenza svolta e quelle di altri soggetti ad autonomia costituzionalmente
garantita.
E non v'è dubbio che l'intesa sia la
forma di cooperazione ragionevolmente adeguata rispetto all'ipotesi di
competenze statali interferenti con competenze, anche di tipo esclusivo,
spettanti a enti dotati di autonomia speciale.
Sotto l'ulteriore profilo della pretesa
violazione delle procedure d'intesa previste dalle norme di attuazione relative
al Parco nazionale dello Stelvio, contenute nell'art. 3 del d.P.R.
n. 279 del 1974, le disposizioni impugnate non sono affatto lesive dei
parametri costituzionali invocati.
L'art. 2, sesto comma, infatti, precisa
in modo esplicito che l'intesa richiesta per la classificazione delle aree
protette di rilievo nazionale o internazionale deve essere effettuata
<secondo le procedure previste dalle norme di attuazione dei rispettivi
statuti di autonomia>. La stessa interpretazione non può non valere anche
per l'art. 2, settimo comma, il quale, pur se non menziona affatto le procedure
previste dalle norme di attuazione, non può non presupporne l'applicazione, poichè, come questa Corte ha costantemente affermato (v. ad
esempio, sentt. nn. 517 del 1987, 37 e 49 del 1991), il
silenzio della legge, in mancanza di una chiara e univoca volontà diretta a
modificare le norme di attuazione, dev'essere
interpretato nel senso di comportare in ogni caso l'applicazione delle stesse.
E non si può dubitare che nella fattispecie sia del tutto assente un'espressa
volontà di modifica delle procedure previste nelle ricordate norme di
attuazione, tanto più che l'art. 35, primo comma, della legge impugnata,
contiene un generale rinvio, ai fini dell'adeguamento agli scopi della legge
stessa, <a quanto stabilito dall'art. 3 del decreto del Presidente della
Repubblica 22 marzo 1974, n. 279>.
5. - Per motivi analoghi a quelli ora
enunciati, non fondata va dichiarata anche la questione di legittimità
costituzionale sollevata dalla Provincia autonoma di Bolzano nei confronti
dell'art. 35, primo comma, appena citato.
Secondo la ricorrente, tale
disposizione, nello stabilire che all'adeguamento ai principi posti dalla legge
n. 394 del 1991 si provvede, per quanto riguarda il Parco nazionale dello
Stelvio, sulla base del disposto contenuto nell'art. 3 del d.P.R.
22 marzo 1974, n. 279, violerebbe i parametri costituzionali indicati nel
precedente punto 1 della motivazione, sia perchè non
specificherebbe i principi generali cui occorrerebbe adeguarsi con le procedure
d'intesa indicate, sia perchè l'ancoramento di queste
ultime procedure all'opera di adeguamento ai principi generali contenuti nella
legge impugnata comporterebbe in ogni caso una modifica dell'anzidetto art. 3
senza l'osservanza delle regole stabilite dall'art. 107 dello Statuto di
autonomia. Questi assunti, tuttavia, non possono essere condivisi, poichè, contrariamente a quanto suppone la ricorrente, la
disposizione impugnata ha il solo scopo di far salve le procedure d'intesa
contenute nell'art. 3 del d.P.R. n. 279 del 1974 e di
inserirle, senza apportarvi modifica alcuna, nel quadro della disciplina,
tendenzialmente uniforme, stabilita dalla legge impugnata riguardo alle aree
protette che presentino caratteristiche naturalistiche tali da far ritenere
sussistente un interesse nazionale alla loro tutela.
In particolare, poi, deve escludersi che
l'ancoramento delle intese all'adeguamento dei principi fissati dalla legge
sulle aree protette costituisca un vincolo illegittimo nei confronti dell'autonomia
provinciale.
Innanzitutto, perchè
i principi da tener presenti dovranno essere individuati in via interpretativa
in base alle materie specificamente interessate e alla natura delle competenze
relative a ciascuna delle materie considerate. In secondo luogo, perchè l'intesa, come tale, non può essere ipoteticamente
collocata in uno spazio ideale vuoto di fini, ma deve necessariamente
effettuarsi al servizio dei fini pubblici superiori che le competenze statali e
quelle provinciali sono concorrentemente tenute a
perseguire: e non si può negare che tali fini siano desumibili, secondo la
necessaria modulazione imposta dalla diversità della natura delle competenze
incise, dalla legge che ha inteso fissare una disciplina organica e programmata
delle aree naturalistiche protette.
6.-Non fondata è la censura che la
Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato nei confronti dell'art. 3 della
legge n. 394 del 1991, nella parte in cui, istituendo il Comitato per le aree
naturali protette (primo comma) e la Consulta tecnica per le aree naturali
protette (settimo comma), disciplina la composizione dei predetti organi in
modo tale da non prevedere affatto la partecipazione di un rappresentante
regionale o provinciale (Consulta) ovvero in modo da non garantire che tra i rappresentanti
regionali o provinciali possa esservi un delegato della Provincia autonoma di
Bolzano (Comitato).
Il Comitato per le aree naturali
protette è un organo misto, composto da rappresentanti statali e regionali (o
provinciali), che ha principalmente il compito di individuare e di classificare
le aree naturali da tutelare e di adottare il programma triennale per le aree
naturali protette. Nell'ambito di tale competenza, l'art. 4 della legge gli
attribuisce il compito di <specifica(re) i territori che formano oggetto del
sistema delle aree naturali protette di interesse internazionale, nazionale e
regionale, quali individuate nelle vigenti disposizioni di legge, statali e
regionali, operando la necessaria delimitazione dei confini>.
Interpretando siffatta disposizione in
correlazione con altre disposizioni della legge che fanno riferimento a
competenze contigue, va precisato che la norma considerata attribuisce al
predetto Comitato il compito di determinare, in via di massima sulla base
dell'individuazione di aree effettuata dalle vigenti leggi statali o regionali
(o provinciali), l'insieme dei territori sottoposti al sistema di tutela
naturalistica previsto dalla stessa legge, stabilendo in via generale il
riparto fra le aree di interesse nazionale (o internazionale) e quelle di
interesse regionale (o provinciale).
Valutata in relazione a tali
attribuzioni, la composizione del Comitato per le aree naturali protette
risulta essere il frutto di una scelta discrezionale del legislatore tutt'altro
che irragionevole e adeguata al livello di compenetrazione delle due
competenze, statale e provinciale (v. sent. n. 85 del
l990).
L'art. 3, primo comma, infatti, prevede
che il predetto Comitato sia costituito dal Ministro dell'ambiente, che lo
presiede, dal Ministro dell'agricoltura e foreste, dal Ministro della marina
mercantile, dal Ministro per i beni culturali e ambientali, dal Ministro dei
lavori pubblici, dal Ministro della ricerca scientifica e tecnologica (o da
sottosegretari delegati), nonchè da sei presidenti di
regioni o province autonome (o da assessori delegati), designati per un
triennio dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le Province autonome di Trento e di Bolzano. Lo stesso articolo, al medesimo
comma, stabilisce, inoltre, che alle riunioni del Comitato partecipano, con
voto consultivo, i presidenti (o gli assessori delegati) delle regioni (o delle
province autonome) nel cui territorio ricadono le aree protette, semprechè tali enti non facciano già parte della
rappresentanza regionale designata dalla Conferenza. Questo tipo di
composizione paritetica del Comitato e di rappresentanza degli interessi
regionali (o provinciali) è ragionevolmente commisurato alla qualità delle
competenze assegnate allo stesso Comitato, nel senso che non è certo arbitrario
che un organo, nel quale si compiono valutazioni di interesse per l'intera
collettività e si determinano globalmente le articolazioni territoriali delle aree
sottoposte tanto alla tutela di rilievo nazionale (o internazionale) quanto a
quella di rilievo regionale (o provinciale), abbia una composizione
<mista> che riflette adeguatamente sia l'esigenza della cooperazione
paritaria fra lo Stato e le regioni, sia l'istanza di rappresentanza degli
interessi propria dell'ente regionale (o provinciale) nel cui territorio
rientra l'area protetta.
Per quel che concerne le censure
relative alla composizione della Consulta tecnica per le aree naturali
protette, la mancata previsione della partecipazione di rappresentanti delle
regioni o delle province autonome non è affatto irragionevole, ove si consideri
che, a norma dell'art. 3, ottavo comma, tale organo è chiamato a esprimere
pareri di natura tecnico-scientifica, diretti a costituire un elemento di
conoscenza specialistica rispetto alle scelte attribuite alla competenza del
Comitato precedentemente indicato. Pertanto, la delimitazione della
composizione della Consulta a <esperti particolarmente qualificati per l'attività
e per gli studi realizzati in materia di conservazione della natura>
designati da associazioni e da enti di alto prestigio scientifico
predeterminati dalla legge medesima, è collegata, in modo tutt'altro che
arbitrario, alla natura delle funzioni conferite all'organo ora considerato.
7.-Non fondate sono anche le altre
censure che la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato nei confronti degli
artt. 3 e 4 della legge impugnata.
Non può considerarsi lesiva delle
competenze statutariamente assegnate alla ricorrente la previsione che il
Comitato di cui all'art. 3 debba predisporre un programma triennale per le aree
naturali protette, diretto a stabilire a livello nazionale la ripartizione
delle aree sottoposte a tutela statale o regionale (o provinciale) e delle
relative disponibilità finanziarie, nonchè gli
indirizzi e i criteri ai quali debbono uniformarsi lo Stato, le regioni (o le
province autonome) e gli organismi di gestione nell'ambito delle rispettive
competenze.
Per le ragioni esposte nel punto precedente
della motivazione, l'affidamento di tali poteri programmatori a un <organo
misto> a composizione paritetica, posto al vertice di una amministrazione di
settore, non è di per sè lesivo dell'autonomia
costituzionalmente garantita alle regioni e alle province autonome, ferma
restando la possibilità di verificare la legittimità dei singoli interventi
posti in atto nell'ambito di tali ampi poteri di pianificazione.
Per quanto riguarda la censura relativa
all'art. 4, primo comma, lettera a), la lesività
delle competenze costituzionalmente garantite alla ricorrente va esclusa per la
considerazione che la specificazione delle aree naturali protette di rilievo
regionale (o provinciale), ivi prevista accanto ad identico potere sulle aree
di rilievo nazionale o internazionale, deve avvenire, ai sensi della stessa
disposizione di legge impugnata, sulla base dell'individuazione già effettuata
dalle leggi regionali (o provinciali).
Nè può ritenersi lesivo delle medesime competenze
provinciali l'ulteriore potere programmatorio del
Comitato di cui all'art. 3, concernente l'indicazione del termine per
l'istituzione di nuove aree naturali protette o per l'ampliamento e la modifica
di quelle esistenti, accompagnata dall'individuazione della delimitazione di
massima delle aree stesse. Atteso che, come s'è appena precisato,
l'individuazione dell'area protetta di rilievo regionale (o provinciale)
compete alla regione (o alla provincia autonoma) interessata, la delimitazione
di massima delle aree medesime cui si riferisce l'art. 4, primo comma, lettera
b), non può consistere che in una conferma della delimitazione effettuata in
via provvisoria dalla regione (o dalla provincia) interessata o in una ridelineazione dei limiti stessi in caso di interferenza
con confini di aree protette di rilievo nazionale o internazionale.
Non si può negare, tuttavia, che un
potere del genere sia legittimamente ricompreso nell'ambito di una competenza pianificatoria quale quella attribuita all'<organo
misto> costituito dal Comitato, così come lo sono i termini per
l'istituzione di nuove aree, o per l'ampliamento o la modifica di quelle
esistenti, i quali appaiono giustificati anche in relazione alle scadenze
collegate alla distribuzione delle disponibilità finanziarie.
8.-Non fondate sono, poi, le questioni
di legittimità costituzionale relative all'art. 4, primo comma, lettere c) e
d), il quale include fra gli oggetti del programma triennale adottato dal
Comitato sia il riparto delle disponibilità finanziarie per ciascuna area e per
ciascun esercizio finanziario sia la previsione di contributi in conto capitale
relativamente alle attività nelle aree naturali protette istituite dalle
regioni con proprie risorse e relativamente ai progetti delle regioni
riguardanti l'istituzione di dette aree. Le disposizioni censurate, le quali si
limitano peraltro a prevedere il riparto di somme senza nulla disporre in
ordine alla loro concreta attribuzione, non si pongono affatto in contrasto con
le norme di coordinamento finanziario stabilite dall'art. 5 della legge 30
novembre 1989, n. 386. Queste ultime, infatti, dispongono semplicemente che i
finanziamenti previsti da leggi statali perchè siano
ripartiti fra le regioni vanno assegnati alle province autonome e affluiscono
al bilancio delle stesse per essere utilizzati, secondo normative provinciali,
nell'ambito del corrispondente settore, con riscontro nei conti consuntivi
delle rispettive province.
9.-Non fondata è la censura relativa
all'art. 5, il quale attribuisce al Consiglio dei ministri un potere sostitutivo
nel caso in cui dovessero verificarsi ritardi tali da pregiudicare l'attuazione
del programma triennale previsto nel precedente art.4.
Non si può non rilevare che il
procedimento per l'attività di sostituzione stabilito dalla disposizione
impugnata risponde pienamente ai requisiti di validità più volte enunciati da
questa Corte (v. sentt.
nn. 177 del 1988, 85 del 1990, 37, 38 e 49 del 1991), sicchè va in ogni caso esclusa la violazione, sotto tale
profilo, delle competenze statutariamente assegnate alla Provincia autonoma di
Bolzano. Nè, del resto, può negarsi che sussista un
rilevante interesse statale sotteso alla programmazione degli interventi per la
protezione della natura, che legittima, di fronte a eventuali carenze
verificabili sia nella predisposizione del programma sia in fase di esecuzione
dello stesso, l'attribuzione al Consiglio dei ministri di un potere sostitutivo
come quello previsto dalla disposizione impugnata.
10. - Non fondata è la questione di
legittimità costituzionale che la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato
nei confronti dell'art. 6.
Contrariamente a quanto suppone la ricorrente,
la disposizione impugnata non disciplina la proposta di istituzione delle aree
protette, ma prevede, più specificamente, un procedimento per situazioni nelle
quali particolari necessità impongano di provvedere urgentemente in ordine alla
individuazione di aree protette e alla predisposizione di idonee misure di
salvaguardia.
Tale potere di urgenza è conferito dalla
disposizione impugnata tanto al Ministro dell'ambiente quanto alle regioni (e
alle province autonome) <secondo le rispettive competenze>, con
l'espressa riserva che sia la proposta di istituzione sia le relative misure di
salvaguardia devono essere esaminate dal <Comitato per le aree naturali
protette> nel corso della prima seduta successiva alla pubblicazione del
provvedimento di individuazione dell'area stessa e nell'ambito del potere programmatorio precedentemente descritto.
La precisazione, chiaramente espressa
dalla disposizione impugnata, relativa al rispetto delle distinte competenze
esclude qualsiasi lesione delle attribuzioni costituzionalmente assegnate alla
ricorrente e induce a delimitare agli ambiti di competenza statale il potere
del Ministro dell'ambiente. Questa interpretazione è, del resto, confermata
dall'art. 23 della legge impugnata, per il quale il potere di disporre le
misure di salvaguardia nelle aree di interesse regionale spetta al legislatore
regionale.
Per gli stessi motivi va rigettata anche
la più specifica censura che tanto la Provincia autonoma di Bolzano quanto la
Regione autonoma della Sardegna hanno sollevato nei confronti dell'art. 6,
terzo comma, primo periodo.
In tale disposizione è stabilito che
<sono vietati, fuori dei centri edificati di cui all'art. 18 della legge 22
ottobre 1971, n. 865, e, per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con
provvedimento motivato, anche nei centri edificati, l'esecuzione di nuove
costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti, qualsiasi mutamento
dell'utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e
quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri
ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle
finalità istitutive dell'area protetta>. Nella medesima disposizione è
conferito al Ministro dell'ambiente il potere di consentire deroghe alle misure
stesse con provvedimento motivato e sentita la Consulta prevista dall'art. 3,
settimo comma, della legge n. 394 del 199l.
In virtù di siffatte norme non possono
considerarsi violate le competenze di tipo esclusivo possedute dalle ricorrenti
in materia urbanistica, non soltanto perchè i poteri
considerati restano confinati nell'ambito delle attribuzioni statali in tema di
protezione della natura, ma soprattutto perchè, in
base all 'art . 6, primo comma, resta salva l
'applicazione dell'art. 7 della legge 3 marzo 1987, n. 59. Ciò significa che il
Ministro dell'ambiente è abilitato ad adottare le opportune misure di
salvaguardia nelle aree protette di rilievo nazionale o internazionale e le
eventuali deroghe (v. art. 6, terzo comma, secondo periodo) <sentite le
regioni e gli enti locali interessati>.
1l. -Manifestamente infondata è la
questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Provincia autonoma di
Bolzano nei confronti dell'art. 7, che, sotto la rubrica <misure di
incentivazione>, individua interventi per i quali le province e i comuni, il
cui territorio è compreso in tutto o in parte in un parco nazionale o
regionale, possono beneficiare della concessione di finanziamenti statali e
regionali, stabilendo altresì un ordine di priorità tra gli stessi.
Non può affatto condividersi la prospettazione della ricorrente, secondo la quale, ove
dovesse ritenersi applicabile anche al Parco nazionale dello Stelvio, tale
disposizione lederebbe le competenze statutariamente assegnate ad essa,
definite in via di attuazione dall'art. 3 del d.P.R.
n. 279 del 1974, nonchè l'autonomia finanziaria,
quale risulta dall'art. 5 della legge n. 386 del 1989, che impone di
convogliare alla Provincia tutti i finanziamenti erogati dallo Stato relativi a
competenze provinciali. L'art.7, infatti, oltre a non prevedere affatto
l'erogazione di finanziamenti a favore delle province e dei comuni e a porsi,
pertanto, al di fuori dell'ambito di operatività del citato art. 5, dev'essere interpretato in correlazione con l'art.35, primo
comma, della stessa legge, il quale prevede che l'adeguamento della disciplina
del Parco nazionale dello Stelvio ai principi stabiliti con la nuova legge
sulle aree protette deve avvenire attraverso la procedura di cui all'art. 3 del
d.P.R. n.279 del 1974.
12.-Non fondate sono le questioni di
legittimità costituzionale che la Provincia autonoma di Bolzano ha
cumulativamente sollevato nei confronti di un complesso di articoli della legge
n. 394 del 1991: l'art. 8 (aree naturali protette nazionali), l'art. 9 (ente
parco), l'art. 10 (la comunità del parco), l'art. 11 (il regolamento del
parco), l'art. 12 (il piano del parco), l'art. 13 (il regime di interventi,
impianti ed opere nel territorio del parco), l'art. 14 (iniziative per la
promozione economica e sociale), l'art. 15 (acquisti, espropriazioni e
indennizzi) e l'art. 17 (le riserve naturali statali).
Va, innanzitutto, escluso che gli
oggetti regolati dalle disposizioni impugnate ricadano, in base allo Statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige, nell'ambito delle competenze provinciali,
nei cui confronti lo Stato potrebbe esercitare soltanto un potere di intesa.
Prima dell'adozione della legge n. 394 del 1991, la ripartizione delle
attribuzioni fra Stato e regioni (e province autonome) nelle materie regolate
dagli articoli impugnati era definita dall'art. 83 del d.P.R.
n. 616 del 1977, esteso alla Provincia autonoma di Bolzano dalle norme di
attuazione contenute nel d.P.R.n. 526 del 1987. Come
ha precisato questa Corte (v. sent. n. 1029 del
1988), quella ripartizione-anche se presupponeva la riserva allo Stato di
alcuni momenti decisivi della vita di un parco nazionale o di una riserva
naturale statale, entro lo schema della funzione di indirizzo e coordinamento,
- riconosceva alle regioni e alle province autonome ampi poteri di intervento
nelle stesse materie, come conseguenza del trasferimento alle regioni medesime
della <protezione della natura>.
Tuttavia, poichè
le disposizioni impugnate sono dirette a sostituire la precedente ripartizione
di competenze effettuata, in via provvisoria, dall'art. 83 del d. P. R. n. 61 6
del 1 977 , ne consegue che la Provincia non può invocare come misura
dell'invalidità delle nuove norme di legge proprio quelle, contenute nel predetto
art.83, che le disposizioni impugnate intendono sostituire. A ciò non
costituisce ostacolo la circostanza che la disciplina stabilita dall'art. 83 è
stata recepita dalle norme di attuazione contenute nel d.P.R.
n. 526 del 1987, il quale, al fine di adeguare le autonomie speciali alle più
ampie funzioni trasferite alle regioni a statuto ordinario dal d.P.R. n. 616 del
Non può non sottolinearsi, peraltro,
come la disciplina impugnata sia ispirata a principi affermati da questa Corte
in sede di interpretazione dell'art. 83 del d.P.R. n.
616 del 1977 (v., spec., sent. n. 1029 del
1988) e come, pertanto, anche sotto questo ulteriore profilo, non possa, di
per sè, essere ritenuta lesiva delle competenze
statutariamente attribuite alla Provincia autonoma di Bolzano.
In conseguenza di tali affermazioni,
vengono meno le altre censure sollevate dalla Provincia autonoma di Bolzano nei
confronti delle medesime disposizioni, pur ad ammettere-e ciò non è
generalmente dimostrato dalla ricorrente-che sussistano puntuali contrasti tra
le norme adottate in materia di protezione della natura dalla Provincia e
quelle impugnate. Ciò vale, in particolare, relativamente alle censure
specificamente mosse all'art. 15, nonchè
relativamente a quelle concernenti l'art. 14, quinto comma, il quale non
riguarda la materia della formazione professionale rientrante nelle competenze
provinciali, dal momento che non si riferisce a titoli abilitanti all'esercizio
di professioni, ma attiene ad attività del tutto interne al funzionamento dei
parchi e alle finalità proprie di questi ultimi, attività che, come tali, non
hanno alcuna rilevanza sul mercato delle professioni.
13.-Non fondata è la più particolare
censura rivolta dalla Provincia autonoma di Bolzano all'art. 15, nelle parti
concernenti l'attribuzione al Ministro dell'ambiente dei poteri relativi
all'espropriazione e all'indennizzo per i vincoli derivanti dall'istituzione
del parco nazionale e per i danni provocati dalla fauna selvatica.
Contrariamente a quanto presuppone la
ricorrente, le disposizioni impugnate non sono riferibili alle norme statutarie
che attribuiscono alla Provincia competenza esclusiva in materia di
espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere di pubblica utilità
d'interesse provinciale. Esse, infatti, attribuiscono al Ministro dell'ambiente
un potere inerente a una materia, la disciplina dei parchi nazionali, che, come
si deduce anche dall'art. 26 della stessa legge, rientra nella competenza
statale.
Ciò non esclude, in ogni caso, che, ove
le attribuzioni contestate diano luogo a interferenze con le competenze
provinciali, si deve considerare necessario, a pena d'invalidità, il ricorso ad
adeguate forme di cooperazione fra lo Stato e la Provincia ricorrente.
14. -Non fondata è, altresì, la censura
che la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato avverso l'art. 16, il quale
stabilisce che costituiscono entrate dell'ente-parco da destinare al
conseguimento dei fini istitutivi anche <i contributi ordinari e
straordinari dello Stato>.
Non v'è spazio nella disposizione
impugnata per una lettura della stessa contrastante con i principi
dell'autonomia finanziaria delle province autonome, come attuati dall'art. 5
della legge n.386 del 1989, dal momento che, contrariamente a quel che suppone
la ricorrente, i contributi ivi considerati non fanno parte di finanziamenti
destinati ad esser ripartiti tra le regioni a statuto ordinario. Sulla base del
tenore letterale della disposizione impugnata e della sua collocazione
nell'ambito della legge, i predetti contributi afferiscono al finanziamento di
un ente, quale il parco, che è un'istituzione giuridica strumentale rispetto
all'esercizio di competenze statali vertenti su aree protette di interesse
nazionale o internazionale.
15. - Non fondata, nei sensi di cui in
motivazione, è la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla
Regione autonoma della Sardegna nei confronti dell'art. 18, primo comma, nella
parte in cui non prevede alcuna forma d'intesa con la Regione stessa in
relazione alla istituzione delle aree protette marine quando queste ultime
siano situate nel territorio della ricorrente.
L'istituzione delle aree marine protette
disciplinata dall'art.18, primo comma, non si pone in contrasto con gli artt. 3
e 6 dello Statuto speciale per la Sardegna, come attuati dall'art. 58 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, poichè
la disposizione impugnata, dovendosi interpretare in collegamento con l'art. 2,
sesto e settimo comma, della stessa legge, esige l'intesa con la Regione
autonoma della Sardegna ogni qual volta le aree protette classificate come di
rilievo nazionale (o internazionale) o erette a parco marino di interesse
nazionale (o internazionale) ovvero a riserva marina statale rientrino nel
territorio della regione stessa. Interpretato in tal senso, l'art. 18, primo
comma, non si discosta dalle leggi che in precedenza regolavano la stessa
materia le cui questioni di legittimità costituzionale sono state da questa
Corte dichiarate non fondate (v. sentt.nn.
1031 del 1988 e 125 del 1990).
16.-Non fondata è la questione di
legittimità costituzionale pro spettata dalla Provincia autonoma di Bolzano nei
confronti dell'art. 21 della legge n. 394 del 1991, il quale, al primo comma,
attribuisce al Ministro dell'ambiente il potere di vigilanza sulla gestione
delle aree naturali protette di rilievo nazionale e internazionale, anche se
comprese nel territorio della Provincia stessa, e, al secondo comma, stabilisce
che la sorveglianza sulle predette aree sia esercitata dal Corpo forestale
dello Stato.
L'attribuzione al Ministro dell'ambiente
del compito di vigilanza sulla gestione o, più precisamente, sugli organi di
gestione delle aree naturali protette di rilievo nazionale o internazionale, è
del tutto parallela all'attribuzione alle regioni (e alle province autonome),
operata dall'art.27 della stessa legge, dell'analogo compito di vigilanza e di
sorveglianza in relazione alle aree naturali protette di rilievo regionale (o
provinciale). Tale ripartizione di competenze, peraltro in armonia con
precedenti affermazioni di questa Corte, corrisponde ai principi costituzionali
esistenti in materia.
Analoghi motivi inducono a respingere
anche le censure relative all'art. 21, secondo comma, che in ordine alle aree
naturali protette di rilievo nazionale o internazionale ne attribuisce la
sorveglianza al Corpo forestale dello Stato. Anche questa disposizione dev'esser letta in connessione con l'art. 27, secondo
comma, della stessa legge, che, in relazione alle aree protette di rilievo
regionale, rimette alla definizione di apposite convenzioni fra le regioni
interessate e il Corpo forestale dello Stato l'affidamento a quest'ultimo dei
compiti di sorveglianza.
17. - Non fondata è la questione di
legittimità che la Provincia autonoma di Bolzano ha prospettato nei confronti
dell'art. 21, secondo comma, nella parte in cui attribuisce all'ente-parco
compiti di formazione professionale del personale forestale di sorveglianza.
La disposizione impugnata non lede la
competenza esclusiva che la ricorrente detiene in materia di formazione
professionale, dal momento che essa si riferisce ad attività relative a
dipendenti statali, cioè a membri del Corpo forestale dello Stato, e pertanto
concerne, alla luce dell'art. 40 del d.P.R. n. 616
del 1977, una materia riservata allo Stato. Ciò comporta, fra l'altro, che la
formazione professionale di cui parla la norma impugnata non può essere
riferita ai dipendenti del Corpo forestale dello Stato aventi sede nella
Provincia di Bolzano, a causa del trasferimento alle attribuzioni della
predetta Provincia delle relative competenze (v. artt
8, n. 21, dello Statuto, 1 e 14 del d.P.R. 22 marzo
1974, n. 279).
18. -Non fondate sono le questioni di
legittimità costituzionale che la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato
nei confronti degli artt. 22, 23, 24, 25, 26, 27 e 28, ricompresi nel titolo
III (Aree naturali protette regionali), semprechè si
ritenga che le disposizioni impugnate debbano essere applicate alla Provincia
stessa quali principi fondamentali della materia.
Il dubbio sollevato dalla ricorrente è
sicuramente escluso dall'art. 22, secondo comma, che fa salve le competenze
delle Province autonome di Trento e di Bolzano, oltrechè
quelle delle regioni a statuto speciale, precisando che devono intendersi come
norme di riforma economico-sociale e, in quanto tali, applicabili anche alle
materie di competenza esclusiva, soltanto i principi relativi alla
partecipazione degli enti locali alla istituzione e alla gestione delle aree
protette, nonchè quelli relativi alla pubblicità
degli atti concernenti l'istituzione dell'area protetta e la definizione del
piano del parco. A1 di 1à del rilievo, formulato più volte da questa Corte (v.,
ad esempio, sentt.
nn. 85 del 1990 e 349 del 1991),
secondo il quale non è certo sufficiente, nè
necessaria, l'autoqualificazione delle norme come
principi di riforma economico-sociale, resta il fatto che la precisazione
operata dalla disposizione impugnata in funzione selettiva manifesta
chiaramente la volontà del legislatore di non considerare le norme ricomprese
nel titolo III come applicabili alle Province autonome in qualità di principi fondamentali
della materia.
19.-Non fondata è la questione di
legittimità costituzionale sollevata dalla Regione autonoma della Sardegna
avverso l'art. 22, quinto comma, nella parte in cui, vietando di istituire aree
protette regionali nel territorio di un parco nazionale o di una riserva
naturale statale, preclude una tutela regionale integrativa rispetto a quella
statale.
Non può minimamente dubitarsi
della ragionevolezza di una norma, come quella impugnata, che, in relazione a
una medesima area naturale tutelata come parco nazionale o riserva statale,
esclude che possano essere introdotte forme di protezione (parco, riserva) di
carattere regionale. La non irragionevolezza di una tale disciplina va
chiaramente dedotta dai principi ispiratori della legge impugnata e, in
particolare, dall'art. 2, sesto e settimo comma, il quale regola nelle forme
della cooperazione il concorso delle regioni a statuto speciale rispetto alla
classificazione delle aree naturali protette e di rilievo nazionale e rispetto
alla istituzione in esse di parchi o di riserve statali. Ciò non toglie, in
ogni caso, che, come questa Corte ha già affermato (v. sentt. nn. 1029 e 1031 del 1988),
nel disciplinare le materie di propria attribuzione interferenti con la
gestione del parco o della riserva statale, la regione possa altrimenti
adottare, nel rispetto delle competenze dello Stato, norme volte a rafforzare
la tutela della natura perseguita con l'istituzione da parte dello Stato delle
sopraindicate aree protette.
20. - Non fondata è la questione di
legittimità costituzionale che la Provincia autonoma di Bolzano ha proposto
verso l'art. 29, il quale attribuisce poteri sanzionatori a tutela
dell'ambiente naturale al legale rappresentante dell'organo di gestione
dell'area naturale protetta.
In base ai criteri fissati nella
ripartizione delle competenze fra Stato e regioni (o province autonome),
ritenuti più volte non incostituzionali da questa Corte (v. sentt. nn. 1034 del 1988, 350 e 365 del 1991, 123 del 1992),
non si può dubitare che, in relazione alle aree protette di rilievo nazionale o
internazionale, i poteri sanzionatori relativi a prescrizioni del piano del
parco, del regolamento del parco e dei singoli provvedi menti di nulla-osta,
siano riservati allo Stato come poteri accessori rispetto all'esercizio di
proprie competenze.
Nella parte in cui si riferiscono alle
aree protette di rilievo regionale (o provinciale), le disposizioni impugnate, poichè riguardano l'organizzazione di enti non sottoposti
ai poteri di regolazione statale, non possono avere altro che efficacia
dispositiva, nel senso che sono applicabili in relazione alle predette aree
fino a tanto che la regione o la provincia autonoma non adottino una disciplina
nell'esercizio di proprie competenze.
Identica pronunzia va resa anche in
relazione alla censura che
2l.-Non fondata è la questione di
legittimità costituzionale sollevata dalla Regione autonoma della Sardegna nei
confronti dell'art. 32, terzo comma, il quale dispone che <all'interno delle
aree contigue le regioni possono disciplinare l'esercizio della caccia in
deroga al terzo comma dell'art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, soltanto
nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni
dell'area naturale protetta e dell'area contigua, gestita in base al secondo
comma dello stesso articolo 15 della medesima legge>.
Premesso che l'art. 15 della legge n.
968 del
Questa è, del resto, la ragione per la
quale vincoli del genere sono stati sempre presenti nella legislazione relativa
alle aree protette e alla disciplina della caccia.
22.-Non fondata è la questione di
legittimità costituzionale proposta dalla Provincia autonoma di Bolzano in
relazione all'art.34, nono comma, che attribuisce al Ministro degli affari
esteri il potere di concordare con altri Stati, sentite le regioni e le
province autonome interessate, forme integrate di protezione, criteri comuni di
gestione e facilitazione di accesso in relazione ad aree naturali protette i
cui territori siano confinanti o adiacenti ad aree d'interesse naturalistico
situate in territori stranieri. É, infatti, principio inerente alla
ripartizione costituzionale delle competenze fra Stato e regioni (o province
autonome) la riserva allo Stato dei rapporti internazionali, in relazione ai
quali le regioni o le province autonome interessate possono intervenire
soltanto con attività consultive o di proposta, come è appunto nel caso di
specie (v. sentt.
nn. 179 del 1987 e 564 del 1988).
23. - Va, infine, rigettata la questione
di legittimità costituzionale che la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato
nei confronti dell'art. 38, poichè, contrariamente a
quanto suppone la ricorrente, la norma impugnata non dispone la ripartizione
dei finanziamenti previsti a favore delle regioni, ma ha ad oggetto la
copertura finanziaria degli oneri connessi all'applicazione di altre
disposizioni della legge medesima.
Sicchè, non ricorrendo il presupposto cui è subordinata
l'operatività dell'art. 5 della legge n. 386 del 1989, non può riconoscersi
nella norma impugnata alcuna violazione dell'autonomia finanziaria sotto il
profilo del contrasto con il citato art. 5.
PER QUESTI MOTIVI
riuniti i giudizi,
dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale della intera legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge
quadro sulle aree protette), sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe,
dalla Provincia autonoma di Bolzano, in riferimento agli artt. 8, nn. 1, 5, 6, 7, 14, 15, 19, 21, 22, 24 e 29; 9, nn. 8, 9 e 11; 14, secondo e terzo comma; 16, primo comma;
18, secondo comma; 68 e 107, del d.P.R. 31 agosto
1972, n.670 (Statuto speciale per
dichiara non fondate le questioni di
legittimità costituzionale degli artt.1, quinto comma, 2, sesto e settimo
comma, 3, 4, primo comma, lett. a) e b), 5, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15,
17, 21, primo e secondo comma, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, secondo
comma, 34, nono comma, e 35, primo comma, della legge 6 novembre (Recte: dicembre) 1991, n. 394, sollevate, con il ricorso
indicato in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli
artt. 8, nn. 1, 5, 6, 7, 14, 15, 19, 21, 22, 24 e 29;
9, nn.8, 9 e 11; 14, secondo e terzo comma; 16, primo
comma; 18, secondo comma; 68 e 107, del d.P.R. 31
agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale per
dichiara non fondate le questioni di
legittimità costituzionale degli artt.4, primo comma, lett. c) e d), 16 e 38
della legge 6 novembre (Recte: dicembre) 1991, n.
394, sollevate, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Provincia autonoma
di Bolzano, in riferimento al titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, come attuato dall'art. 5
della legge 30 novembre 1989, n. 386;
dichiara manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge n. 6 novembre (Recte: dicembre) 1991, n. 394, sollevata, con il ricorso
indicato in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Bolzano, in riferimento al
titolo VI del d.P.R.31 agosto 1972, n. 670, come
attuato dall'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386;
dichiara non fondata, nei sensi di cui
in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, primo
comma, della legge 6 novembre (Recte: dicembre) 1991,
n. 394, sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione autonoma
della Sardegna in riferimento agli artt.3 e 6 della legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 3, come attuati dall'art. 58 del d.P.R.
19 giugno 1979, n. 348;
dichiara non fondate le questioni di
legittimità costituzionale degli artt.6, terzo comma, 22, quinto comma, e 32,
terzo comma, della legge 6 novembre (Recte: dicembre)
1991, n. 394, sollevate, con il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione
autonoma della Sardegna in riferimento agli artt. 3 e 6 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, come attuati dall'art. 58 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/07/92.
Aldo CORASANITI, Presidente
Antonio BALDASSARRE, Redattore
Depositata in cancelleria il 27/07/92.