Ordinanza n. 67 del 1993

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ORDINANZA N. 67

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, del decreto legge 5 maggio 1957, n. 271 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali), convertito nella legge 2 luglio 1957, n.474, come sostituito dall'art. 21 della legge 31 dicembre 1962, n.1852 (Modificazioni al regime fiscale dei prodotti petroliferi), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 4 maggio 1992 dal Tribunale di Termini Imerese nel procedimento penale a carico di Todaro Alfredo, iscritta al n. 392 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1992;

2) n. 2 ordinanze emesse il 15 aprile ed il 1° aprile 1992 dal Pretore di Prato nei procedimenti penali a carico di Franchi Piero Francesco e Favini Francesco ed altro, rispettivamente iscritte ai nn. 465 e 466 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 16 dicembre 1992 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale a carico di un imputato del reato di cui all'art. 13, primo comma, del decreto legge 5 maggio 1957, n. 271, convertito nella legge 2 luglio 1957, n. 474, come sostituito dall'art. 21 della legge 31 dicembre 1962 n. 1852, per aver esercitato un deposito di oli minerali senza la prescritta denuncia all'U.T.I.F., il Tribunale di Termini Imerese, con ordinanza del 4 maggio 1992 (reg. ord. n. 392 del 1992), ha sollevato, in riferimento all'art.27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale di detta norma, "nella parte in cui fissa la pena minima per il reato in essa previsto nel doppio dell'imposta relativa ai prodotti trovati nel deposito, intendendosi per 'prodotti trovati tutti i prodotti immessi nel deposito medesimo";

che il tribunale ha rilevato che, nel caso di specie, gli oli minerali non denunciati corrispondevano a Kg. 350 di olio lubrificante e di gasolio per autotrazione, con un minimo di pena applicabile di Lire 109.010.880 di multa;

che, a suo avviso, tale sanzione è da reputarsi irragionevolmente sproporzionata rispetto alla gravità del fatto e quindi contrastante con l'art. 27, terzo comma della Costituzione, tenuto anche conto di quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 313 del 1990, "con particolare riguardo al principio di proporzionalità fra qualità e quantità della pena da una parte ed offesa dall'altra, ... senza che in tale estremo rigore sia ravvisabile alcun segno della finalità di emenda, indefettibile ai sensi del richiamato principio costituzionale";

che la stessa questione è stata sollevata, nel corso di procedimenti penali a carico di più imputati del medesimo reato, dal Pretore di Prato con ordinanze del 15 aprile 1992 (reg. ord. n. 465 del 1992) e del 1° aprile 1992 (reg.ord. n. 466 del 1992), nelle quali il giudice a quo ritiene che sussista il dubbio di costituzionalità della norma denunciata in riferimento al principio di proporzionalità tra fatto e sanzione (art. 27, terzo comma, della Costituzione), e che tale dubbio non sia "dissipato dall'ordinanza di questa Corte n. 427 (rectius: 497) del 1991" - non essendosi all'epoca la Corte pronunziata, "perchè non chiamata a farlo dal giudice rimettente, sulla compatibilità fra la finalità rieducativa della pena e la fissazione del relativo minimo edittale nel doppio dell'imposta relativa ai prodotti immessi nel deposito" - tenuto anche conto che la sanzione si riferisce ad "una violazione formale, di mero pericolo, collocata, nella relazione alla legge di conversione del decreto legge n.271 del 1957, fra le infrazioni meno pericolose";

che la Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuta in tutti i giudizi, ha chiesto dichiararsi la manifesta infondatezza delle questioni, richiamando l'ordinanza di questa Corte n. 285 del 1992.

Considerato che i giudizi debbono essere riuniti, stante l'identità delle questioni;

che questa Corte, con la richiamata ordinanza n. 497 del 1991, ha dichiarato la manifesta infondatezza di analoga questione sollevata sotto il profilo della sproporzione della sanzione prevista dalla norma denunciata rispetto alla gravità del fatto e che, con ordinanza n. 327 del 1992 (successiva a quelle che hanno occasionato il presente giudizio), ha ribadito la manifesta infondatezza della questione stessa sia sotto il profilo della anzidetta asserita sproporzione, sia sotto il profilo della inadeguatezza della sanzione alla finalità rieducativa della pena, con considerazioni idonee a contrastare le questioni ora all'esame della Corte;

che nel presente giudizio non vengono prospettati argomenti nuovi che possano indurre a diverso avviso;

che pertanto le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, del decreto legge 5 maggio 1957 n. 271 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali), convertito nella legge 2 luglio 1957 n. 474, come sostituito dall'art. 21 della legge 31 dicembre 1962, n. 1852 (Modificazioni al regime fiscale dei prodotti petroliferi), sollevate, in riferimento all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Termini Imerese e dal Pretore di Prato con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/02/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

Depositata in cancelleria il 16/02/93.