Ordinanza n. 327 del 1992

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ORDINANZA N. 327

 

ANNO 1992

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

-          Dott. Francesco GRECO

 

-          Prof. Gabriele PESCATORE

 

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-          Avv. Mauro FERRI

 

-          Prof. Luigi MENGONI

 

-          Prof. Enzo CHELI

 

-          Prof. Francesco GUIZZI

 

-          Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'articolo 13, comma primo, del decreto-legge 5 maggio 1957, n. 271 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali) convertito, con modificazioni, nella legge 2 luglio 1957, n. 474, come sostituito dall'articolo 21 della legge 31 dicembre 1962, n. 1852 (Modificazioni al regime fiscale dei prodotti petroliferi) promossi con ordinanze emesse il 21 ottobre, 18, 27 novembre, 6 dicembre 1991 e 12 febbraio 1992 dal Pretore di Prato nei procedimenti penali a carico di Mazzi Giancarlo, ed altri, iscritte rispettivamente ai nn. 109, 133, 134, 193 e 185 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn.10, 12 e 16, prima serie speciale, dell'anno 1992.

 

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1992 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

 

RITENUTO che nel corso di un procedimento penale a carico di Giancarlo Mazzi, imputato del reato di cui all'art. 13, primo comma, d.l. 5 maggio 1957, n. 271, convertito in legge 2 luglio 1957, n. 474, il Pretore di Prato con ordinanza del 21 ottobre 1991 (Reg. ord. n. 109 del 1992) sollevava, in riferimento all 'art . 27 , terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della norma ora citata, secondo cui < chiunque esercita un deposito di oli minerali carburanti, combustibili o lubrificanti, una stazione di servizio o un apparecchio di distribuzione automatica di carburanti, non denunciati a termini dell'art. 1, è punito con la multa dal doppio al decuplo dell'imposta relativa ai prodotti trovati nel deposito, nella stazione di servizio o nel distributore automatico, e, in ogni caso, non inferiore a lire 300.000>;

 

che il Pretore rilevava che nel caso di specie gli oli minerali non denunciati corrispondevano a Kg. 4.085 di olio combustibile denso ed a Kg.52 di olio diatermico, con un minimo di pena applicabile di Lire 121.281.170=;

 

che a suo avviso tale sanzione era irragionevolmente sproporzionata alla gravità del fatto, tenendo conto anche di quanto affermato da questa Corte con sent. n. 313 del 1990, ciò che lo induceva a dubitare del contrasto tra la norma denunciata e l'art. 27, terzo comma, della Costituzione;

 

che il medesimo Pretore sollevava la stessa questione con ordinanze del 18 novembre 1991 (Reg. ord. n. 133 del 1992, nel procedimento contro Piero Franco Baroni), del 27 novembre 1991 (Reg. ord. n. 134 del 1992, nel procedimento contro Rosalinda Lombardi ed altri) e 6 dicembre 1991 (Reg. ord. n. 193 del 1991, nel procedimento contro Vincenzo La Porta ed altro);

 

che sempre la stessa questione veniva sollevata dal Pretore di Prato con ordinanza del 12 febbraio 1992 (Reg. ord. n. 185 del 1992, nel procedimento contro Gabriele Maurizio Guasti ed altro), nella quale il Pretore afferma di conoscere l'ordinanza di questa Corte n. 427 del 1991, dichiarativa della manifesta infondatezza della questione, e tuttavia ritiene di prospettare il profilo di incostituzionalità costituito dall'inadeguatezza della norma impugnata alla finalità rieducativa della pena;

 

che la Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuta in tutte le cause, chiedeva dichiararsi la manifesta infondatezza della questione, richiamando la sentenza di questa Corte n. 887 del 1988 e l'ordinanza n. 129 del 1989.

 

CONSIDERATO che i giudizi debbono essere riuniti, stante l'identicità delle questioni;

 

che la sussistenza del reato di cui all'art. 13 del decreto-legge 5 maggio 1957, n. 271, di omessa denuncia di un deposito di oli minerali destinato al consumo diretto dipende, secondo la giurisprudenza della Cassazione, dalla capacità del deposito (in quanto solo quelli di una certa consistenza possono costituire un più facile veicolo per le frodi fiscali), mentre, ai fini della relativa sanzione, rileva la quantità di prodotto effettivamente introdotta nello stesso deposito ovvero estratta;

 

che, sotto quest'ultimo aspetto, il trattamento sanzionatorio appare non irragionevolmente commisurato alla quantità di prodotto effettivamente transitata piuttosto che alla capacità del deposito, e ciò anche in relazione alla natura permanente del reato, da cui consegue la punibilità di tutta la condotta mantenuta nel corso della situazione illecita;

 

che, pertanto, poichè la gravità del reato è commisurata alla quantità del prodotto complessivamente immesso nei recipienti, a nulla rileva- al fine di censurare il relativo trattamento sanzionatorio in riferimento all'art . 27 , terzo comma, Cost .-la circostanza che la quantità di olio rinvenuta nel deposito appartenente all'imputato sia stata esigua;

 

che in tal senso questa Corte già si è espressa con l'ordinanza n. 497 del 1991;

 

che a diverso avviso non può indurre il richiamo, operato dal giudice rimettente, alla sentenza di questa Corte n. 313 del 1990, nella quale sono indicate alcune caratteristiche generali del principio di proporzionalità della pena, poichè tali caratteristiche sono riscontrabili nella norma censurata, tenuto conto delle modalità di commisurazione della pena, tali da superare il dubbio di inadeguatezza della sanzione alla finalità rieducativa;

 

che pertanto la questione dev'essere dichiarata manifestamente in fondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 del decreto-legge 5 maggio 1957, n.271 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali), convertito in legge 2 luglio 1957, n. 474, sollevata, in riferimento all'art. 27, terzo comma, Cost. dal Pretore di Prato con le ordinanze indicate in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29/06/92.

 

Aldo CORASANITI, Presidente

 

Vincenzo CAIANIELLO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 08/07/92.