Ordinanza n. 497 del 1991

 

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ORDINANZA N. 497

ANNO 1991

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Dott. Aldo CORASANITI                                         Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO                                  Giudice

Dott. Francesco GRECO                                                 “

Prof. Gabriele PESCATORE                                           “

Avv. Ugo SPAGNOLI                                                    “

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA                               “

Prof. Antonio BALDASSARRE                                     “

Prof. Vincenzo CAIANIELLO                                       “

Avv. Mauro FERRI                                                         “

Prof. Luigi MENGONI                                                    “

Prof. Enzo CHELI                                                           “

Dott. Renato GRANATA                                                “

Prof. Giuliano VASSALLI                                              “

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 del decreto legge 5 maggio 1957, n. 271 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali), convertito in legge 2 luglio 1957, n. 474 promosso con ordinanza emessa il 16 aprile 1991 dal Pretore di Pordenone sezione distaccata di Spilimbergo nel procedimento penale a carico di Rossi Armando ed altro iscritta al n. 361 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1991;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 6 novembre il Giudice relatore Vincenzo Caianiello;

Ritenuto che il Pretore di Pordenone, con ordinanza in data 16 aprile 1991, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 del decreto legge 5 maggio 1957, n. 271 (convertito in legge 2 luglio 1957, n. 474) nella parte in cui, punendo il reato di omessa denuncia di un deposito di oli minerali - di capacità superiore a 10 metri cubi, se non destinato alla vendita al pubblico - lo sanziona con una pena pecuniaria che varia dal doppio al decuplo dell'imposta relativa "ai prodotti trovati nel deposito", espressione questa che, secondo l'interpretazione della giurisprudenza, deve intendersi riferita a tutte le quantità di prodotto movimentate dall'agente e quindi anche a quelle immesse nel deposito in epoca anteriore all'accertamento;

che in tal senso la norma impugnata si porrebbe in contrasto:

a) con l'art. 3 della Costituzione, creando un'ingiustificata disparità di trattamento sanzionatorio tra l'ipotesi in cui il deposito abbia superato di poco la soglia (dei 10 mc. di capacità) di cui all'art. 1, primo comma, lett. a) dello stesso testo legislativo, "rispetto all'ipotesi in cui l'abbia invece superata in termini molto più consistenti ma sia utilizzato da un tempo inferiore";

b) con l'art. 27, terzo comma, della Costituzione, ponendo alla sanzione dei limiti edittali che, calcolati con riferimento al prodotto movimentato, determinano una pena eccessiva, e quindi sproporzionata rispetto all'ipotesi in cui il deposito abbia una capacità solo di poco superiore alla soglia dei 10 mc.;

c) ancora, con l'art. 3 della Costituzione, in quanto la sanzione calcolata sulla base del prodotto movimentato risulterebbe molto maggiore, e quindi sperequata, "rispetto a quella applicabile per l'offesa ad altri beni con un disvalore sociale più sentito";

che è intervenuta l'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la questione venga dichiarata infondata;

Considerato che la sussistenza del reato di cui all'art. 13 del decreto legge 5 maggio 1957, n. 271, di omessa denuncia di un deposito di oli minerali destinato al consumo diretto dipende, secondo la giurisprudenza della Cassazione, dalla capacità del deposito (in quanto solo quelli di una certa consistenza possono costituire un più facile veicolo per le frodi fiscali), mentre, ai fini della relativa sanzione, rileva la quantità di prodotto effettivamente movimentata;

che, sotto quest'ultimo aspetto, il trattamento sanzionatorio non appare irragionevolmente commisurato alla quantità di prodotto effettivamente movimentata piuttosto che alla capacità del deposito, e ciò anche in relazione alla natura permanente del reato da cui consegue la punibilità di tutta la condotta mantenuta nel corso della situazione illecita;

che, pertanto, poiché la gravità del reato è commisurata alla quantità del prodotto immesso nel deposito, a nulla rileva - al fine di censurare il relativo trattamento sanzionatorio, sia in riferimento all'art. 3 che all'art. 27 della Costituzione - la circostanza che in concreto la soglia di capacità del deposito possa essere superata di poco o di molto;

che sotto tale profilo, la questione va dunque dichiarata manifestamente infondata;

che mancando l'individuazione di un preciso e pertinente tertium comparationis è manifestamente inammissibile l'altra censura, secondo cui la sanzione calcolata sulla base del prodotto "movimentato" risulterebbe comunque eccessiva rispetto a quella applicabile ad altri e più gravi reati che puniscono illeciti "con un disvalore sociale più sentito";

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 del decreto-legge 5 maggio 1957, n. 271 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali), convertito in legge 2 luglio 1957, n. 474, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Pretore di Pordenone con l'ordinanza indicata in epigrafe;

Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 del decreto-legge 5 maggio 1957 n. 271 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione delle frodi nel settore degli oli minerali), convertito in legge 2 luglio 1957, n. 474, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione - sotto il profilo della "sperequazione della pena così determinata, rispetto a quella applicabile per l'offesa ad altri beni con un disvalore sociale più sentito" - dal Pretore di Pordenone con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1991.

 

Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI - Renato GRANATA - Giuliano VASSALLI.

 

Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1991.