SENTENZA N.275
ANNO 1990
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori Giudici:
Dott. Francesco SAJA, Presidente
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli
artt. 157 del codice penale e 1S2, secondo comma, del codice di procedura
penale, promosso con ordinanza emessa il 31 luglio 1989 dal Pretore di Macerata
- Sezione distaccata di Civitanova Marche - nel procedimento penale a carico di
Senesi Mario, iscritta al n. 636 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno
1989.
Visto l'atto di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 7 marzo 1990 il
Giudice relatore Ettore Gallo.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza 31 luglio 1989, il Pretore di Macerata - Sezione
distaccata di Civitanova Marche - sollevava questione di legittimità costituzionale
degli artt. 157 codice penale e 152, secondo comma,
codice procedura penale del
Si apprende dall'ordinanza che, a seguito di numerosi rapporti da parte
degli Ufficiali di polizia giudiziaria, della U.S.L.
n. 15 di Macerata e dell'Amministrazione provinciale, nonchè
di esposti da parte di privati cittadini, veniva aperta dal Pretore un'indagine
sulla gestione della discarica privata di rifiuti solidi urbani, sita in contrada
Asola del Comune di Morrovalle.
Sottoposto a sequestro l'impianto, e avviato
procedimento penale a carico di tale Mario Senesi, titolare della discarica, il
Pretore disponeva accertamenti peritali chimico-geologici, dai quali risultava
che nella discarica sarebbe stato consentito lo smaltimento di rifiuti tossici
nocivi, provenienti soprattutto dalla coibentazione di carrozze ferroviarie:
rifiuti quest'ultimi contenenti il noto "amianto blu",
pericolosissimo per la salute umana e per l'ambiente. In
relazione a tale fatto, al Senesi veniva, fra l'altro, mossa
l'imputazione in ordine al reato di cui all'art. 26 del d.P.R.
10 settembre 1982, n. 915.
Negli atti preliminari al dibattimento la difesa del Senesi presentava istanza di prova testimoniale difensiva proprio in relazione
ai fatti di cui alla detta imputazione Si opponevano, però, alla prova le parti
civili, costituitesi già nella fase istruttoria, e rappresentate dal Sindaco di
Morrovalle per l'amministrazione comunale, e dalla
Lega Ambiente - Sezione regionale - per la collettività comunale: si opponeva
altresì il pubblico ministero che eccepiva, assieme alle parti civili,
l'avvenuta prescrizione del reato e l'obbligo per il giudice di immediata
declaratoria a! sensi dell'art. 152 codice penale,,
essendo esclusa l'esistenza agli atti di Prove che rendessero evidente
l'insussistenza del fatto o la non commissione da parte dell'imputato.
Insisteva reiteratamente la difesa nella richiesta avanzata sostenendo
che il Senesi, proprio a causa di quell'imputazione, era stato vittima di una
clamorosa campagna di stampa sviluppatasi fin dal 1984, sicchè
non gli si poteva ora negare il diritto di dimostrare la sua innocenza
attraverso prove rigorose.
L'imputato, espressamente interpellato in proposito dal Pretore,
dichiarava di volere rinunziare - se possibile - alla prescrizione, avendo il
massimo interesse all'accertamento della verità: e il Pretore, constatato che agli atti non esisteva effettivamente prova
che consentisse il proscioglimento, e che, d'altra parte, i fatti di reato
essendo stati commessi alla fine del 1984, si era ormai maturata la
prescrizione della contravvenzione di cui all'art. 26 citato, sollevava la
questione di legittimità in esame.
2.- Sul punto, come é noto, "te una
pronunzia della Corte costituzionale (sentenza 16 dicembre 1971, n. 202), che
il Pretore ricorda e che sommariamente riporta nella parte conclusiva: una
sentenza, però, che - secondo l'ordinanza - non solo avrebbe a torto
influenzato la giurisprudenza della Corte di cassazione, ma avrebbe anche
congelato lo stato della dottrina. Il principio affermato sarebbe il seguente:
é vero che esiste un fondamentale interesse dell'imputato ad
ottenere una sentenza che riconosca o l'insussistenza del reato o che egli non
lo ha commesso, ma su questo prevale l'interesse generale di non più perseguire
reati in ordine ai quali il lungo tempo decorso ha fatto cessare l'allarme
sociale, e spesso reso difficile l'acquisizione delle fonti di prova.
Secondo il Pretore però, l'attuale linea evolutiva del sistema giuridico
suggerisce che i tempi sono maturi per una svolta
costituzionale.
Conseguentemente, ritiene il Pretore che gli articoli denunziati
contrastino:
1) con l'art. 3 della Costituzione in quanto
determinano una ingiustificata disparità di trattamento rispetto a coloro che possono
invece beneficiare della rinunzia ad altre cause di estinzione (amnistia; non
accettazione della remissione di querela).
2) Con l'art. 24 della Costituzione perchè ambo le norme violano il diritto di difesa, e, in
particolare quello di ottenere il riconoscimento dell'innocenza.
3) Con l'art. 27, secondo comma, della
Costituzione perchè l'impossibilità di provare
l'effettiva innocenza ne violerebbe il principio di presunzione.
3.- É intervenuto nel giudizio innanzi alla
Corte il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura
generale dello Stato, che ha chiesto declaratoria di non fondatezza della
questione sollevata.
Considerato in diritto
1. - Come ricorda anche
l'ordinanza di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 202 del
1971, ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale
dell'art. 152, comma secondo, codice di procedura penale allora vigente, nella
parte in cui impedisce al giudice, una volta intervenuta la prescrizione del
reato, di prosciogliere l'imputato perchè il fatto
non sussiste o perchè egli non l'ha commesso o perchè non è previsto dalla legge come reato, se di ciò non
è stata già acquisita la prova evidente, in
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
2. -Ferma restando la validità generale di queste considerazioni (e
quindi l'erroneità del ritenere la prescrizione un
espediente processuale), stima questa Corte opportuno rimeditare l'ultima parte
dell'assunto riferito.
Quella cioé secondo cui il fenomeno
prescrittivo si sottrae ad ogni intervento
discrezionale.
É ben vero ed evidente che tale discrezionalità difetta in sede normativa
(o meglio si esaurisce nella valutazione astratta del tempo necessario a
prescrivere a seconda del tipo di reato), ma non
altrettanto evidente è invece escluderne la ricorrenza in sede applicativa.
Questa, infatti, per giustificare il sacrificio del diritto del prevenuto,
dovrebbe sempre essere improntata ad una solerte
attivazione degli istituti processuali diretti ad attuare la potestà punitiva
dello Stato, in una con le garanzie difensive dell'imputato.
Ora, se si considera che le cause che portano nel tempo alla prescrizione
raramente sono ascrivibili all'imputato, (e, se lo
sono, egli non ha evidentemente alcun interesse alla rinunzia, ed allora il
problema non si pone), ci si rende conto che in concreto l'istituto si presenta
con caratteri non dissimili, per quanto qui interessa, da quelli dell'amnistia.
Specie quando la sua applicazione, improvvisa ed
inaspettata, dipenda dal riconoscimento di attenuanti o da un giudizio di
bilanciamento sicuramente discrezionali, non meno di quanto lo sia, sul piano
normativo, la concessione dell'amnistia.
Nè potrebbe opporsi che simili inconvenienti
sono di mero fatto e che-in quanto tali-ad essi è
estranea la disciplina della prescrizione. Al riguardo, è costante
giurisprudenza di questa Corte quella per cui è compito del legislatore
approntare i mezzi diretti ad impedire che nel momento
applicativo si vanifichi quel bilanciamento di interessi idoneo, in astratto, a
giustificare la previsione normativa. E ciò tanto più quando in tale
bilanciamento venga a posporsi un diritto inviolabile dell'uomo.
3.- Dinanzi a questa realtà, il legislatore, nel disciplinare l'istituto
sostanziale della prescrizione, non poteva dunque non tener conto del carattere
inviolabile del diritto alla difesa, inteso come diritto
al giudizio e con esso a quello alla prova.
É insomma privo di ragionevolezza rispetto ad
una situazione processuale improntata a discrezionalità, che quell'interesse a
non più perseguire (sorto a causa di circostanze eterogenee e comunque non
dominabili dalle parti) debba prevalere su quello dell'imputato, con la
conseguenza di privarlo di un diritto fondamentale.
Dev'essere, pertanto, affermata la rinunciabilità anche della prescrizione dichiarando la
parziale illegittimità dell'art. 157 del codice penale che non la prevede.
4. - Una volta soddisfatto l'interesse sostanziale dell'imputato ad una sentenza di merito, resta assorbita ogni altra
richiesta di intervento sull'art. 152, secondo comma, codice di procedura
penale del 1930 (art. 129, codice procedura penale vigente), essendo ovvio che,
in presenza della rinuncia alla estinzione, il giudice non potrà dare ad essa
immediata applicazione perchè il reato non è estinto,
e dovrà, perciò, dare ingresso alle prove richieste e pronunciarsi sulla
imputazione. Mentre, in ogni altro caso, resta piena la validità della
disposizione processuale anche nel suo secondo comma, così come delineata dal legislatore.
PER QUESTI MOTIVI
1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 157 del codice
penale nella parte in cui non prevede che la prescrizione del reato possa
essere rinunziata dall'imputato;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del
l'art. 152, secondo comma, codice procedura penale del 1930, con riferimento
agli artt. 3, 24 e 27, secondo comma, della
Costituzione, sollevata dal Pretore di Macerata- Sezione distaccata di
Civitanova Marche- con ordinanza 31 luglio 1989.
Così deciso in
Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il
23/05/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Ettore GALLO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 31/05/90.