SENTENZA N. 202
ANNO 1971
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Michele FRAGALI, Presidente
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
dell'art. 152, capoverso, del codice di procedura penale, promosso con
ordinanza emessa il 3 maggio 1971 dal tribunale di Taranto nel procedimento
penale a carico di D'Antona Simeone ed altro, iscritta al n. 229 del registro
ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 184
del 21 luglio 1971.
Udito nella camera di consiglio del 28
ottobre 1971 il Giudice relatore Costantino Mortati.
Ritenuto in
fatto
Nel corso del procedimento penale contro
D'Antona Simeone e Santoro Alessandro, il tribunale di Taranto ha sollevato,
con ordinanza in data 3 maggio 1971, questione di legittimità costituzionale
dell'art. 152, capoverso, del codice di procedura penale, nella parte in cui
impedisce al giudice, una volta intervenuta la prescrizione del reato, di
prosciogliere l'imputato perché il fatto non sussiste o perché egli non lo ha
commesso o perché non é preveduto dalla legge come reato, se di ciò non é stata
già acquisita la prova evidente, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e
24, secondo comma, della Costituzione.
La norma impugnata sarebbe in contrasto con
l'art. 24, secondo comma, in quanto, precludendo al giudice, in caso di
compiuta prescrizione, l'indagine in merito alla mancanza di prove di
responsabilità dell'imputato verrebbe a ledere il diritto di difesa di
quest'ultimo per il fatto di rendergli impossibile la presentazione di altri
elementi di prova eventualmente idonei a dimostrare l'infondatezza dell'accusa.
Sussisterebbe inoltre ingiustificata
differenza di trattamento fra l'ipotesi dell'imputato giudicato prima del
compimento del termine di prescrizione del reato, cui é riconosciuta piena
possibilità di difesa, e quella dell'imputato giudicato dopo il decorso del
termine di prescrizione, cui tale possibilità viene invece negata per effetto
della norma di cui trattasi.
L'ordinanza é stata regolarmente
notificata, comunicata e pubblicata e la causa é stata discussa in camera di
consiglio, ai sensi degli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, delle Norme integrative, non essendovi stata costituzione di parti.
Considerato
in diritto
1. - Le censure dedotte nell'ordinanza non
sono da ritenere fondate.
Non lo é quella relativa alla violazione
dell'art. 24 della Costituzione. Infatti é vero che, secondo dedotto
dall'ordinanza, può sussistere l'interesse del prevenuto ad ottenere dal
giudice una sentenza di piena assoluzione da cui risulti l'insussistenza o la
non commissione del fatto-reato, ma tale interesse nel caso di prescrizione non
può non cedere di fronte all'interesse generale di non più perseguire i reati
rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto
venire meno, o notevolmente attenuato, insieme al loro ricordo, anche l'allarme
della coscienza comune, ed altresì reso difficile, a volte, l'acquisizione del
materiale probatorio.
Non contrasta con l'esigenza ora
prospettata l'art. 152, secondo comma, c.p.p. secondo cui deve farsi luogo ad
una pronuncia in merito quando, pur risultando una causa di estinzione del
reato, esistano prove evidenti dell'insussistenza del fatto, della sua non
previsione come reato, o dell'estraneità ad esso dell'imputato, poiché in tali
casi la pronuncia stessa assume carattere puramente dichiarativo di una
situazione già concretata al momento della sopravvenienza della prescrizione.
Mentre é chiaro che contrasto si verificherebbe ove per giungere a quel
risultato si rendesse necessario il compimento di nuovi atti istruttori, e cioè
la prosecuzione dell'istruttoria per un reato ormai estinto.
Non potrebbe condurre a contrario avviso la
considerazione che la Corte, con la sua sentenza
n. 175 del corrente anno, ha
affermato il diritto dell'imputato ad ottenere una sentenza di merito allorché
l'estinzione del reato consegua all'intervento di un'amnistia, perché a tale
statuizione si é giunti in quanto si é ritenuto costituzionalmente garantito il
diritto di rinunciare all'amnistia, diritto il cui esercizio, facendo venir
meno l'effetto estintivo ad essa proprio, rende possibile l'ulteriore
svolgimento dell'istruttoria in corso. E appare chiaro che a soluzione analoga
non può giungersi allorché l'effetto estintivo si faccia discendere, non già,
come nel caso dell'amnistia, da statuizioni di volta in volta emesse dal
legislatore, sotto l'influsso di considerazioni politiche, ma da un evento come
il decorso del termine, sottratto ad ogni discrezionalità.
2. - Le considerazioni per ultimo
prospettate rendono ragione dell'infondatezza anche della seconda denuncia, di
violazione dell'art. 3 della Costituzione. Invero la diseguaglianza di
trattamento che si verifica, secondo che si sia giudicati prima o dopo il
sopravvenire del termine di prescrizione, appare conseguenza di una mera
disparità di fatto, che non si può evitare se non facendo venire meno lo stesso
istituto della prescrizione.
PER QUESTI
MOTIVI
LA CORTE
COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 152, capoverso, del codice di procedura
penale, proposta, con l'ordinanza del tribunale di Taranto del 3 maggio 1971,
in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di
consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10
dicembre 1971.
Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI -
Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO -
Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo
Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI
Depositata in cancelleria il 16 dicembre
1971.