SENTENZA
N. 4
ANNO 1977
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL
POPOLO ITALIANO
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio
di legittimità costituzionale dell'art. 20 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383 (testo
unico della legge comunale e provinciale), promosso con ordinanza emessa il 6
giugno 1974 dal pretore di Rieti, nel procedimento penale a carico del Prefetto
di Rieti, iscritta al n. 367 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 284 del 30 ottobre 1974.
Visto l'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito
nell'udienza pubblica del 10 novembre 1976 il Giudice relatore Vezio
Crisafulli;
udito il vice
avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio
dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel
corso del procedimento penale per abuso innominato ex art. 323 c.p. promosso a
carico del Prefetto di Rieti a seguito di denuncia della segreteria generale
della federazione dei sindacati del personale della scuola, per avere la
predetta autorità, durante uno sciopero a tempo indeterminato, ordinato a
dodici unità del personale ausiliario di riprendere il servizio, il pretore di
Rieti ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 del
t.u. della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383, a norma del quale
il Prefetto aveva provveduto, per contrasto con gli articoli 40, 70, 76 e 77
della Costituzione, e con i principi generali dell'ordinamento costituzionale.
L'ordinanza,
richiamando la sentenza
di questa Corte numero
26/1961 relativa all'art. 2 del t.u. delle leggi di p.s., assume che la
norma dell'art. 20 del t.u. comunale e provinciale, attribuendo al Prefetto il
potere di emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente in materia di
edilità, polizia locale e igiene, per motivi di sanità e di sicurezza pubblica
interessanti l'intera provincia o più comuni della medesima, contrasterebbe con
le sopra citate norme costituzionali in quanto consentirebbe l'emanazione da
parte dell'autorità amministrativa di provvedimenti assolutamente discrezionali
aventi ad oggetto non solo la concreta limitazione di diritti fondamentali
(nella specie, il diritto di sciopero) ma anche l'individuazione dei casi e
delle situazioni in cui tali limitazioni possono essere disposte, materia che
la Costituzione stabilisce sia disciplinata dalla legge.
2. - É
intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con atto depositato il 15 ottobre
1974.
Dopo aver
preliminarmente contestato l'equiparabilità dell'art. 20 del t.u. n. 383 del
1934 all'art. 2 del t.u. delle leggi di p.s. per la loro diversa finalizzazione
(tutela dell'incolumità pubblica nel primo caso, tutela dell'ordine pubblico,
nel secondo), l'Avvocatura osserva che il diritto alla salute é garantito in
Costituzione come interesse fondamentale dell'individuo e dell'intera
collettività. Il problema del contemperamento tra diritto alla salute e diritto
di sciopero deve, quindi, essere risolto alla stregua della giurisprudenza di
questa Corte che, con sentenza n. 31 del
1969, ha affermato che lo sciopero non può essere esercitato in misura
lesiva di altri principi costituzionali indirizzati alla tutela di beni
pariordinati a quelli affidati all'autotutela di categoria oppure alle esigenze
necessarie ad assicurare la vita stessa della comunità e dello Stato.
Ma, oltre che
in relazione all'art. 40, la questione sarebbe infondata anche rispetto agli
artt. 70, 76 e 77 Cost., ed ai principi generali dell'ordinamento costituzionale,
in quanto la norma impugnata non attribuisce una potestà legislativa bensì una
competenza ad emettere atti amministrativi di urgenza, sindacabili in sede
giurisdizionale in situazioni né astrattamente né tempestivamente prevedibili
con legge.
3. - Alla
pubblica udienza, la difesa dello Stato ha insistito per l'accoglimento delle
proprie tesi e conclusioni.
Considerato in diritto
1. - La
questione sollevata dal pretore di Rieti concerne l'art. 20 del t.u. della
legge comunale e provinciale del 1934, n. 383, che attribuisce al Prefetto di
adottare "ordinanze di carattere contingibile e urgente in materia di
edilizia, polizia locale e igiene, per motivi di sanità o di sicurezza pubblica
interessanti l'intera Provincia o più comuni della medesima". Tale
disposizione contrasterebbe con l'art. 40 Cost., incidendo sul diritto di
sciopero ivi garantito, con rinvio alla sola legge per disciplinarne
l'esercizio, nonché con gli artt. 70,76 e 77 Cost., a norma dei quali la
funzione legislativa é riservata esclusivamente al Parlamento ovvero, in
particolari ipotesi (delegazione legislativa, decretazione d'urgenza), al
Governo.
2. - La
questione non é fondata.
Giova
preliminarmente rilevare che i ripetuti richiami dell'ordinanza del pretore
alle sentenze di
questa Corte nn. 8 del 1956 e 26 del 1961 non
sono del tutto pertinenti, stante la diversità tra l'art. 2 del t.u. della
legge di pubblica sicurezza, cui quelle decisioni avevano riferimento, e l'art.
20 del t.u. comunale e provinciale, che forma oggetto del presente giudizio (di
contenuto identico al successivo art. 55, sul quale si fonda l'analogo potere
del Sindaco, quando la situazione cui provvedere non ecceda l'ambito
territoriale di un solo Comune). Mentre, infatti, nell'art. 2 non si rinviene
alcuna delimitazione di materie, autorizzandosi il Prefetto, "nel caso di
urgenza e per grave necessità pubblica", ad adottare "i provvedimenti
indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza
pubblica", l'art. 20 del t.u. del 1934, per un verso, circoscrive il
potere prefettizio a materie determinate, ancorandolo, per altro verso, ai soli
motivi di sanità o di sicurezza pubblica.
Quel che
tuttavia accomuna le due disposizioni, insieme con altre che é superfluo
rammentare qui partitamente, e consente di ricondurre i provvedimenti
rispettivamente previsti entro la più ampia categoria concettuale delle c.d.
"ordinanze libere" é, in primo luogo, che il contenuto dei
provvedimenti stessi non é prestabilito dalla legge, ma da questa rimesso alla
scelta discrezionale dell'organo agente, secondo richiesto dalle circostanze,
diverse da caso a caso, che ne impongono l'emanazione; in secondo luogo, che
dette circostanze non sono, a loro volta, previste - né, di regola, sono
prevedibili in astratto - da specifiche disposizioni di legge. Onde la
distinzione, corrente nella dottrina, tra "atti" necessitati e
"ordinanze" necessitate; i primi, come le seconde, fondantisi sulla
urgente necessità; ma i primi, emessi in attuazione di norme legislative che ne
prefissano il contenuto; le altre, nell'esplicazione di poteri soltanto
genericamente prefigurati dalle norme che li attribuiscono e perciò
suscettibili di assumere vario contenuto, per adeguarsi duttilmente alle
mutevoli situazioni.
Ciò
precisato, dev'essere qui ribadito (ed a fortiori), con riguardo all'art. 20
del t.u. comunale e provinciale, quanto la Corte ebbe a rilevare, nelle
decisioni sopra ricordate, per l'art. 2 del t.u. di p.s., e cioè che le
ordinanze prefettizie, anche se e quando (eventualmente) normative, non sono
certamente ricomprese tra le fonti del nostro ordinamento giuridico; non
innovano al diritto oggettivo; né, tanto meno, sono equiparabili ad atti con
forza di legge, per il sol fatto di essere eccezionalmente autorizzate a provvedere
in deroga alla legge. Le ordinanze ex art. 20 del t.u. comunale e provinciale,
sia che si rivolgano (come nella specie é avvenuto) a destinatari determinati,
prescrivendo loro un comportamento puntuale, sia che dispongano per una
generalità di soggetti e per una serie di casi possibili, ma sempre entro i
limiti, anche temporali, della concreta situazione di fatto che si tratta di
fronteggiare, sono provvedimenti amministrativi, soggetti, come ogni altro, ai
controlli giurisdizionali esperibili nei confronti di tutti gli atti
amministrativi.
Non sussiste
pertanto la denunciata violazione del disposto degli artt. 70, 76 e 77 della
Costituzione.
3. - Nemmeno
é violato l'art. 40 Cost., che - com'é ovvio - viene qui in considerazione
unicamente perché la questione va decisa nei limiti della rilevanza e della
conseguente prospettazione fattane dal giudice a quo, essendo appena il
caso di osservare che, di per sé, l'art. 20 del t.u. della legge comunale e
provinciale non ha alcun necessario riferimento al diritto di sciopero,
l'esercizio del quale può semplicemente rappresentare talora (come, appunto,
nella specie) una delle svariatissime situazioni suscettibili di dare occasione
all'adozione di un'ordinanza contingibile ed urgente nelle materie dalla
anzidetta disposizione indicate. Ora, in ordine all'art. 40 Cost., la
giurisprudenza di questa Corte é costante, a partire dalla sentenza n. 123 del
1962 sino alla più recente sentenza n. 222 del
1976, nel senso che, non essendosi dal legislatore provveduto ad emanare le
leggi regolatrici previste dalla norma costituzionale, i limiti
"coessenziali" al diritto di sciopero (non meno che a qualsiasi
altro: sentenza
n. 123 del 1962 cit.) vanno frattanto desunti dalla legislazione vigente,
se ed in quanto compatibili, beninteso, con i principi del mutato ordinamento
costituzionale, ed in particolare con la garanzia direttamente apprestata dallo
stesso art. 40: giacché, se così non fosse, si perverrebbe all'"assurdo di
un diritto suscettibile di svolgersi per un tempo indeterminato all'infuori di
ogni limite" (sentenza n. 31 del
1969).
Sempre alla
stregua dei criteri in precedenza enunciati dalla Corte in numerose decisioni,
la tutela della salute e dell'incolumità delle persone non può non limitare il
concreto esercizio del diritto di sciopero, così come avviene per altri
interessi, che trovano del pari riconoscimento nel testo costituzionale e
"la cui salvaguardia, insieme a quella della sicurezza verso l'esterno,
costituisce la prima ed essenziale ragion d'essere dello Stato" (sentenza
da ultimo cit.).
Interessi
siffatti sono perciò tra quelli che devono considerarsi "assolutamente
preminenti rispetto agli altri collegati all'autotutela degli interessi di
categoria" (sentenza
n. 123 del 1962) od a quelli che si riconnettono alle ulteriori e diverse
finalità cui l'esercizio del diritto di sciopero può, in ipotesi, essere
legittimamente rivolto.
Consegue da
quanto premesso che, nella perdurante assenza di nuova apposita normativa, i
particolari limiti che all'esercizio del diritto di sciopero possono derivare
dall'applicazione dell'art. 20 del t.u. comunale e provinciale del 1934 trovano
il loro fondamento nell'art.32 Cost., a norma del quale "la Repubblica
tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività ", poiché tra i motivi legittimanti il Prefetto a provvedere
con ordinanze contingibili e urgenti vi sono espressamente menzionati quelli
"di sanità " (concretamente invocati nel caso de quo
dall'ordinanza del Prefetto di Rieti). Ed a conclusioni analoghe deve giungersi
altresì per i motivi "di sicurezza", che hanno riferimento alla
integrità fisica ed incolumità delle persone e costituiscono perciò concetto
diverso da quello di "ordine pubblico" (distintamente richiamato,
infatti, nell'art. 2 del t.u. di p.s.): non potendosi dubitare che l'interesse
alla tutela di quei beni rientri nel nucleo essenziale degli interessi generali,
preminenti su ogni altro, sottostanti all'intera Costituzione e da questa
perciò recepiti e garantiti (anche espressamente, attraverso l'ampia
formulazione dell'art. 2 relativo ai "diritti inviolabili
dell'uomo").
PER
QUESTI MOTIVI
LA
CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20 del r.d. 3
marzo 1934, n. 383, testo unico della legge comunale e provinciale, sollevata,
in riferimento agli artt. 40, 70, 76 e 77 della Costituzione, dal pretore di Rieti
con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso
in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4
gennaio 1977.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE
MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio
CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA
- Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in
cancelleria il 4 gennaio 1977.