SENTENZA N. 44
ANNO 1957
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori Giudici:
Avv. Enrico DE NICOLA, Presidente
Dott. Gaetano AZZARITI
Avv. Giuseppe CAPPI
Prof. Tomaso PERASSI
Prof. Gaspare AMBROSINI
Prof. Ernesto BATTAGLINI
Dott. Mario COSATTI
Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI,
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge
approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 3 ottobre 1956 recante
"interpretazione autentica dell'art. 2 della legge regionale 1 agosto
1953, n. 44", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei
Ministri e del Commissario dello Stato presso
Visto l'atto di costituzione in giudizio,con deposito nella cancelleria delle proprie deduzioni in data 17 ottobre 1956, del Presidente della Regione siciliana rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Virga;
udita nell'udienza pubblica del 13 febbraio 1957 la relazione del Giudice Giuseppe Cappi;
uditi il sost. avv. gen.
dello Stato Cesare Arias per il ricorrente e l'avv.
Pietro Virga per
Ritenuto in fatto
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa
deliberazione di detto Consiglio adottata nella riunione del 10 ottobre 1956,
ed il Commissario dello Stato presso
Il ricorso, firmato, per il Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Commissario dello Stato e firmato altresì da un sostituto avvocato generale dello Stato, fu notificato al Presidente della Giunta regionale in data 10 ottobre e depositato nella cancelleria di questa Corte il successivo giorno 19. Ne é stata fatta pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica il 3 novembre 1956 e nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana il 10 dello stesso mese.
Nel ricorso si premette che le disposizioni di temporaneo
favore per la registrazione di atti di anticipazione e
finanziamenti in genere in correlazione con operazioni di cessioni o di
costituzioni in pegno di crediti furono emanate dallo Stato con R.D.L. 19
dicembre 1936, n. 2170, e successivamente prorogate con altre numerose leggi,
la cui efficacia venne a scadere il 31 dicembre
Cessata, con il 31 dicembre 1951, ogni agevolazione,
Nei riguardi della disposizione dell'art. 2 é stata sollevata questione di legittimità costituzionale con ordinanza della Commissione provinciale delle imposte di Agrigento.
La successiva legge regionale del 1956, ora impugnata,
contiene due articoli. Il primo dichiara, nel primo comma, che la stipula degli
atti aggiuntivi previsti dall'art. 2 della legge regionale 1 agosto
L'art. 2 dichiara che le disposizioni contenute nell'art. 2 della legge regionale 1 agosto 1953, n. 44, si applicano a tutti gli atti, nello stesso articolo indicati, stipulati nella Regione siciliana posteriormente al 1 aprile 1947, i quali siano stati registrati in termine con la applicazione delle aliquote speciali stabilite dal R.D.L. 19 dicembre 1936, n. 2170, e successivi provvedimenti.
I motivi addotti per l'impugnazione della legge del 1956 possono così riassumersi:
1. -
Ma la legge stessa consuma altresì, in via autonoma e diversa dalla sua dipendenza da precedenti leggi incostituzionali, la medesima violazione dei limiti della competenza legislativa regionale, in quanto estende a tutti gli atti stipulati dopo il 1 luglio 1947, e quindi sottratti al regime delle leggi n. 49 del 1952 e n. 44 del 1953, il beneficio fiscale da queste illegittimamente istituito e quindi porta un contenuto normativo nuovo e diverso rispetto alle accennate leggi precedenti.
Per tale ragione non può avere rilievo la circostanza che le leggi precedenti non siano state impugnate tempestivamente dal Commissario dello Stato, perché per un verso la mancata impugnazione non poteva costituire in capo alla Regione un potere normativo che statutariamente non le compete e per altro verso la legge regionale 1 agosto 1953 é stata impugnata, in via incidentale, davanti a questa Corte. Ciò rende evidente la necessità che sia dato ingresso alla presente impugnazione perché altrimenti la eventuale declaratoria di inefficacia di detta legge precedente sarebbe resa vana dalla recezione di quella stessa norma nell'art. 2 della legge ora impugnata, che pretende di darne l'interpretazione autentica.
2. - Quand'anche, in via di mera ipotesi, si volesse ritenere
che
3. - L'art. 2 della legge impugnata é inoltre affetto da un ulteriore vizio di incostituzionalità, in quanto con l'estendere l'agevolazione tributaria della legge 22 agosto 1952 agli atti stipulati anteriormente all'entrata in vigore di questa, per un verso contraddice alla legge stessa, la quale espressamente prevedeva che il beneficio sarebbe divenuto applicabile solo dopo la sua entrata in vigore, e per altro verso estende il valore retroattivo del beneficio ad un periodo, andante dal 1 gennaio 1952 al 6 settembre dello stesso anno, durante il quale nessuna agevolazione assisteva gli atti in questione. In tal modo si intenderebbe attribuire efficacia retroattiva alla legge regionale n. 49 del 1952 sotto il pretesto della interpretazione autentica delle disposizioni per la sua applicazione contenute nella legge regionale 1 agosto 1953, n. 44, violando così il disposto dell'ultimo comma dell'art. 73 della Costituzione che statuisce che le leggi entrano in vigore dopo la loro pubblicazione.
D'altra parte, applicando retroattivamente un beneficio di
legge che modifica il regime tributario di atti
sottoposti a registrazione secondo la legge statale vigente,
Né può tale illegittima interferenza nel potere legislativo statale trovare riparo dietro la forma dell'interpretazione autentica di una legge regionale, sia perché non é interpretazione autentica di una norma l'estensione della sua validità protratta all'indietro nel tempo in cui essa non aveva vigore, sia perché comunque la vigente Costituzione non contempla, come già lo Statuto Albertino, l'istituto specifico dell'interpretazione autentica; dal che deriva la conseguenza che la legge rivolta all'interpretazione di altra precedente può avere tale effetto solo nei limiti in cui l'interpretazione che ex novo si propone dal legislatore possa essere sopportata dalla legge vigente, nel senso cioè che non potrà aversi modifica ex tunc della legge anteriore ad opera della nuova ma solo sostituzione, con effetto abrogativo, dell'una all'altra.
Per le esposte considerazioni, si conclude
che
Si é costituito in giudizio il Presidente della Regione, la cui difesa ha depositato in data 17 ottobre 1956 deduzioni con le quali ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque respinto.
1. - Sostiene, anzitutto,
2. - Il ricorso é, poi,
inammissibile per difetto di legittimazione attiva, essendo stato proposto dal
Presidente del Consiglio dei Ministri e, per quanto possa occorrere, dal
Commissario dello Stato per
3. - Il ricorso é, inoltre, inammissibile per acquiescenza dello Stato nei confronti della legislazione in materia. Lo Stato non ha impugnato tre precedenti leggi aventi analogo oggetto. Da ciò deve desumersi l'accettazione da parte dello Stato dell'atto o del principio contro cui si intende ricorrere.
4. - La legge regionale approvata dall'Assemblea il 3 ottobre 1956 é confermativa di quella precedente, non impugnata, del 1 agosto 1953, n. 44, e quindi non poteva proporsi l'impugnativa principale contro la seconda senza che fosse contemporaneamente proposta impugnativa della legge confermata. Posto infatti che si tratta di legge interpretativa, la quale si limita a chiarire il significato delle norme della legge interpretata, é evidente come la invasione di competenza statale, se mai vi fosse, sarebbe derivata dalla legge interpretata e non già dalla legge interpretativa.
5. - É infondato il primo motivo del ricorso in quanto si nega la potestà legislativa della Regione in materia tributaria. L'assunto contrasta con uno dei caratteri essenziali dell'autonomia della Regione siciliana ed é chiaramente contraddetto dal disposto dell'art. 36 dello Statuto siciliano, che attribuisce alla Regione il potere di deliberare i tributi necessari al fabbisogno finanziario della medesima, attuando un regime di separazione con l'attribuzione di alcune imposte alla competenza esclusiva dello Stato e l'attribuzione di altre alla competenza esclusiva della Regione.
6. - Il secondo motivo del ricorso é inammissibile per due ordini di considerazioni. In primo luogo, perché esso si riferisce non già alla legge impugnata sì bene alla precedente legge regionale 1 agosto 1953, con la quale venne conferita la facoltà di precisare con apposito atto aggiuntivo le operazioni in relazione alle quali la cessione di credito era stata stipulata. Non può farsi valere in questa sede un vizio che inficiava eventualmente la legge interpretata, non impugnata entro i termini.
In secondo luogo, il motivo é inammissibile perché esso presuppone che la competenza legislativa regionale in materia tributaria trovi il limite dei principi a cui si informa la legislazione statale mentre, essendo stato adottato dalla Regione un sistema di separazione e non di quotità per la ripartizione dei tributi, la competenza tributaria della Regione stessa é esclusiva e non complementare.
Il motivo é infondato nel merito, perché il principio enunciato dal ricorso non costituisce un principio fondamentale della legislazione dello Stato. Difatti la legislazione dello Stato in materia tributaria ammette in casi determinati la regolarizzazione ai fini fiscali di atti stipulati. Basti ricordare l'esempio offerto dalla legge 6 agosto 1954, n. 604, sulla piccola proprietà contadina, la quale ha ammesso la regolarizzazione degli atti stipulati anteriormente alla entrata in vigore della legge stessa.
7. - Il terzo motivo del ricorso é anch'esso inammissibile per le due ragioni dedotte in ordine al motivo precedente.
Nel merito, é infondato.
a) In primo luogo non é esatto che la legge impugnata abbia violato la precedente legge regionale. La interpretazione data con la legge impugnata é la più aderente allo spirito della legge precedente, la quale intendeva riferirsi a tutti gli atti stipulati anteriormente alla entrata in vigore della legge stessa e contenenti le clausole generiche.
La legge in esame é interpretativa e non innovativa; ma del
resto, anche qualora volesse ritenersi che sia innovativa, é evidente che, una
volta riconosciuto un potere legislativo in materia,
b)
c) Quanto all'argomento relativo alla violazione del principio secondo cui la legge regionale non può abrogare con effetto retroattivo la legge statale, esso si riferirebbe, se mai, alla legge interpretata e non alla legge di interpretazione ed é comunque infondato, giacché una volta riconosciuto che la disciplina dei rapporti in questione é soggetta alla legge regionale, non si vede perché, limitatamente ad un periodo determinato, i rapporti dovrebbero considerarsi soggetti al legislatore statale.
d) É infine inaccettabile l'affermazione contenuta nel ricorso secondo cui l'interpretazione autentica é vietata dalla Costituzione solo perché non espressamente prevista dal Costituente. Non solo il legislatore statale ha fatto più volte uso del suo potere legislativo di interpretare autenticamente le leggi precedenti, ma non esiste alcun ostacolo costituzionale alla interpretazione autentica o ad alcune specie della medesima.
Nella discussione orale gli avvocati hanno illustrato le deduzioni e le conclusioni svolte negli scritti difensivi. L'Avvocato dello Stato ha precisato che nel ricorso non si é voluta specificamente porre la questione generale circa la legittimità costituzionale delle leggi di interpretazione autentica, ma si é inteso piuttosto negare tale potestà, nel caso concreto, alla Regione siciliana.
Considerato in diritto
Con sentenza n. 38 del 27 febbraio 1957 é stato deciso che spetta a questa Corte la competenza a giudicare, fra l'altro, sopra le impugnazioni proposte in via principale dal Governo dello Stato contro le leggi regionali siciliane. A tale pronuncia ed alle ragioni che la sorreggono basta qui far riferimento per respingere la prima eccezione di inammissibilità proposta dalla Regione.
Anche la seconda eccezione
pregiudiziale é infondata. Con la stessa sentenza ora richiamata,
Nella specie, il ricorso é stato proposto dal Presidente del Consiglio e dal Commissario dello Stato entro il termine stabilito dall'art. 28 dello Statuto predetto. É chiaro che, proponendo ricorso per quanto possa occorrere, é stata prevista l'ipotesi che si é ora verificata, che, cioè, fosse riconosciuto il principio che la legittimazione attiva spetti al Commissario dello Stato. É ovvio che il superfluo ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri non vizia il parallelo ricorso proposto dall'organo competente.
Vero é che il ricorso é stato sottoscritto dal Commissario dello Stato per il Presidente del Consiglio ed é anche vero che il Commissario non ha alcuna rappresentanza del Presidente del Consiglio, ma agisce in virtù di un potere inerente al proprio ufficio; é, tuttavia, da rilevare che il Commissario ha sicuramente proposto ricorso in nome proprio e che la incertezza della sottoscrizione dell'atto non é tale da far ritenere che l'atto manchi di un requisito formale indispensabile per il raggiungimento del suo scopo; tanto più che l'atto é stato formato nel periodo in cui questa Corte non si era ancora pronunciata sulla questione.
Si possono esaminare insieme le eccezioni di inammissibilità per acquiescenza e per il carattere confermativo del provvedimento.
Non si esclude a priori che nei giudizi di legittimità costituzionale, proposti in via principale, possano avere rilevanza preclusioni che spiegano efficacia nei giudizi inter partes, sempre che ciò sia compatibile con la natura peculiare del giudizio di legittimità costituzionale delle norme giuridiche. Non si può disconoscere che in determinati casi un giudizio si istituisca inutiliter, in quanto la mancata impugnazione di norme precedenti renda vana l'impugnazione di norme successive: un caso del genere si trova nella sentenza di questa Corte n. 18 del 6 luglio 1956, con la quale furono dichiarati inammissibili due ricorsi della Regione sarda per il fatto che l'impugnativa investiva norme statali che avevano carattere strettamente conseguenziale di fronte a precedenti norme non impugnate. Ma ammettere tali possibilità non significa riconoscere che nei giudizi di legittimità costituzionale, anche se proposti in via principale, possano avere rilievo istituti come quelli dell'inammissibilità del ricorso per acquiescenza e per il carattere confermativo del provvedimento impugnato, quali sono stati specialmente elaborati nella giurisprudenza amministrativa.
Nel caso di specie, poi, non può ravvisarsi alcuna ragione di inammissibilità del ricorso. Anche
se resta ferma la legittimità costituzionale della norma precedente, della
quale la legge impugnata costituirebbe interpretazione autentica, il giudizio
di legittimità della seconda legge é sempre possibile in quanto il fatto che
Il primo motivo del ricorso é infondato. Questa Corte, con la
sentenza n. 9
del 17 gennaio 1957, ha riconosciuto la potestà legislativa della Regione
siciliana in materia tributaria nei limiti derivanti dal carattere concorrente
che a tale potestà risulta attribuito. Del principio posto
nella sentenza ora ricordata
Passando all'esame del secondo e del terzo motivo del
ricorso,
Nel merito i due motivi in esame sono infondati per ciò che riguarda l'articolo primo della legge; sono fondati per quei che si riferisce all'art. 2.
É da premettere che per definire la presente controversia non occorre risolvere, nella loro portata di massima, alcune questioni prospettate dalle parti circa la legittimità costituzionale delle leggi statali e regionali di interpretazione autentica; del resto lo stesso Avvocato dello Stato, nella discussione orale, ha riconosciuto che tale questione, se posta in termini generali, non ha rilevanza nel presente giudizio.
Per dimostrare la legittimità dell'articolo 1 della legge
regionale in esame, basta richiamare le considerazioni esposte da questa Corte
nella sopra citata sentenza l marzo 1957 in ordine all'art. 2 della legge 1 agosto
1953, n. 44. La considerazione decisiva della Corte fu tratta dalla
constatazione che l'atto aggiuntivo non poteva contenere una nuova
manifestazione di volontà, la quale modificasse comunque
il contenuto dell'atto originario, quale fu voluto dalle parti e riconosciuto,
al momento della registrazione, dagli uffici finanziari; ma era ammesso
soltanto per confermare e precisare la stipulazione precedente, eliminando
unicamente i dubbi che, dopo avvenuta la registrazione dell'atto, qualche
clausola generica potesse far sorgere sul reale contenuto di essa in difformità
di quanto fu effettivamente voluto dalle parti. In vista di tale contenuto
degli atti aggiuntivi,
L'art. 1 della legge del 1956 ora in esame non fa altro che
consentire una ulteriore precisazione, senza spostare
per niente la situazione. Non sono permessi nuovi atti aggiuntivi; non sono
concesse nuove facilitazioni; non sono riaperti o prorogati termini al di là di quelli fissati dalla legge regionale del 1953.
La norma presuppone e conferma rigorosamente la situazione quale era al momento
in cui venne emanata la legge del
Ma, si ripete, l'unico intento della norme del 1956 é quello di ulteriormente chiarire la situazione, nel suo carattere di contingibilità e di eccezionalità, senza consentire che assumano rilevanza eventi nuovi. Anche l'accenno a successivi fatti concreti ("la cessione. . . ebbe efficacia") non é destinato a dare efficacia a tali fatti, ma a trarre dai fatti stessi elementi di ulteriore precisazione e chiarificazione della originaria stipulazione.
Quanto si é detto per dimostrare la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge in esame vale a chiarire le ragioni della illegittimità dell'art. 2.
Questa disposizione sarebbe superflua se non fosse
illegittima. Difatti, interpretandolo correttamente in
relazione alle precedenti leggi regionali del 1952 e del 1953 ed
all'art. 1 della stessa legge del
Ora, non é ammissibile che
PER QUESTI MOTIVI
1) respinge l'eccezione d'incompetenza della Corte a decidere sulla controversia;
2) respinge le eccezioni di inammissibilità proposte dalla Regione siciliana;
3) dichiara l'illegittimità costituzionale della norma
contenuta nell'art. 2 della legge regionale approvata dall'Assemblea regionale
siciliana in data 3 ottobre 1956 recante interpretazione autentica dell'art. 2
della legge regionale 1 agosto 1953, n.
4) respinge il ricorso predetto per quanto si riferisce all'art. 1 della stessa legge.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1957.
Enrico DE NICOLA - Gaetano AZZARITI - Giuseppe CAPPI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO
Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI
Depositata in cancelleria il 18 marzo 1957.