Sentenza n. 166 del 2020

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SENTENZA N. 166

ANNO 2020

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Marta CARTABIA;

 

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 15, 61, 66, 72, 86 e 93 della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2018, n. 67, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2019 e bilancio pluriennale 2019-2021 della Regione Puglia (Legge di stabilità regionale 2019)», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 1°-7 marzo 2019, depositato in cancelleria l’8 marzo 2019, iscritto al n. 42 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

udito nella udienza pubblica del 7 luglio 2020 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

 

udito l’avvocato dello Stato Giammario Rocchitta per il Presidente del Consiglio dei ministri;

 

deliberato nella camera di consiglio del 9 luglio 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Con ricorso notificato il 1°-7 marzo 2019 e depositato l’8 marzo 2019 (reg. ric. n. 42 del 2019), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato varie disposizioni della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2018, n. 67, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2019 e bilancio pluriennale 2019-2021 della Regione Puglia (Legge di stabilità regionale 2019)», fra cui gli artt. 15, 61, 66, 72, 86 e 93, in riferimento complessivamente agli artt. 9, 97, 117, commi secondo, lettere g) ed s), e terzo, della Costituzione.

 

1.1.– È, innanzitutto, impugnato l’art. 15 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018, secondo il quale «1. Fatte salve le eventuali sanzioni penali applicabili, chiunque realizzi interventi in aree individuate ai sensi dell’articolo 143, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), come ulteriori contesti senza la previa sottoposizione agli strumenti di controllo preventivo previsti nel medesimo piano paesaggistico o in difformità al provvedimento autorizzativo rilasciato dall’autorità competente all’esperimento della procedura di verifica, è soggetto al pagamento di una sanzione pecuniaria. L’entità della sanzione è determinata sulla base della maggiore somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito, da calcolare ai sensi del decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali del 26 settembre 1997. 2. All’accertamento degli illeciti amministrativi di cui al comma 1 concorre la Sezione vigilanza ambientale della Regione Puglia. 3. La Regione, ai fini dell’accertamento degli illeciti amministrativi di cui al comma 1, può avvalersi del supporto, previa stipula di specifica convenzione, del Comando unità per la tutela forestale ambientale e agroalimentare dei Carabinieri. 4. All’irrogazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 1 provvede il Presidente della Regione Puglia, ovvero il legale rappresentante dell’ente delegato a norma della legge regionale 7 ottobre 2009, n. 20 (Norme per la pianificazione paesaggistica), ove individuato. 5. I proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 1 sono destinati alla salvaguardia nonché alla realizzazione di interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. 6. Le somme introitate dalla Regione a seguito dell’irrogazione delle sanzioni di cui al comma 1 sono iscritte nel bilancio regionale autonomo, parte entrata, nell’ambito del titolo 3, tipologia 200, e destinate nel bilancio regionale autonomo, parte spesa, nell’ambito della missione 9, programma 5, titolo 2, alla salvaguardia nonché alla realizzazione di interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. 7. Per il triennio 2019-2021, nel bilancio regionale autonomo, parte entrata, nell’ambito del titolo 3, tipologia 200 e parte spesa, nell’ambito della missione 9, programma 5, titolo 2, è assegnata una dotazione finanziaria per l’esercizio finanziario 2019, in termini di competenza e cassa, di euro 5 mila. La medesima dotazione finanziaria, in termini di competenza, è assegnata per ciascuno degli esercizi finanziari 2020 e 2021».

 

Ad avviso del ricorrente la disposizione impugnata, introducendo un sistema sanzionatorio riferito agli interventi realizzati sugli ulteriori contesti paesaggistici di cui all’art. 143, comma l, lettera e), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), norma che in materia di piano paesaggistico riserva allo Stato l’individuazione di eventuali ulteriori contesti diversi da quelli indicati dall’art. 134 del detto d.lgs. n. 42 del 2004, violerebbe gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.

 

1.2.– Sono, anche, impugnati, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., gli artt. 61, 66, 86 e 93 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 che, ad avviso del ricorrente, pur nella loro diversità contenutistica, sarebbero accomunati dalla circostanza di non essere riconducibili ai livelli essenziali di assistenza fissati nel piano nazionale dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia in proposito che alle Regioni impegnate in piani di rientro dal disavanzo sanitario, come risulta essere la Puglia, è vietato effettuare spese non obbligatorie dall’art. l, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2005)» e che l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni in materia di tutela della salute, con particolare riferimento ai profili della gestione del servizio sanitario, trova dei limiti in ragione degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa, specie «in un quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (è citata la sentenza n. 104 del 2013).

 

Pertanto, le disposizioni impugnate, nel disporre l’assunzione a carico del bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire livelli di assistenza non essenziali, violerebbero il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica, la cui determinazione è riservata allo Stato dall’art. 117, terzo comma, Cost.

 

1.3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, infine, l’art. 72 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018, in forza del quale «1. Gli specialisti ambulatoriali a rapporto convenzionale, veterinari e di altre specialità, che alla data del 31 dicembre 2017 svolgevano esclusivamente attività ambulatoriale, i veterinari in regime di convenzione di cui alla legge regionale del 3 agosto 2007 n. 25 (Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007) e personale laureato dirigente di cui alla legge regionale 9 giugno 1987, n. 16 (Norme organiche per l’integrazione scolastica degli handicappati), a convenzione a tempo indeterminato ad esaurimento nell’ambito del servizio sanitario nazionale, a domanda, possono essere inquadrati nei ruoli con il trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro della dirigenza, nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche. Ai fini dell’inquadramento di cui sopra gli interessati devono essere titolari d’incarico a tempo indeterminato non inferiore a trentotto ore settimanali e avere almeno cinque anni di anzianità di servizio nella pubblica amministrazione. 2. Resta fermo il giudizio d’idoneità espletato con le procedure di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 luglio 1997, n. 365 (Regolamento per il giudizio d’idoneità ai sensi dell’articolo 9, comma 8, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517). 3. L’ingresso nei ruoli determina l’automatica eliminazione dei relativi rapporti convenzionali, pertanto, non comporta riflessi diretti o indiretti a carico del bilancio dell’ente».

 

Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata, stabilendo il diritto di inquadramento nei ruoli della dirigenza sanitaria del personale indicato, a semplice domanda e senza concorso, si porrebbe in contrasto con l’art. 15, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), il quale prevede, in tema di disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie, che «[a]lla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484», con conseguente violazione degli artt. 97 e 117, secondo comma, lettera g), Cost.

 

2.– La Regione Puglia si è costituita in giudizio solo con riferimento alla impugnativa avente ad oggetto l’art. 102 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018, riservata a separata pronuncia.

 

3.– Con atto depositato il 20 marzo 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, in conformità alla delibera assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 7 marzo novembre 2019, ha rinunciato al ricorso limitatamente all’impugnazione dell’art. 15 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018.

 

4.– Il ricorrente ha depositato il 3 giugno 2020 una memoria integrativa in cui, dato atto della rinuncia parziale al ricorso in relazione all’impugnazione dell’art. 15 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018, ribadisce la richiesta di declaratoria di illegittimità costituzionale delle altre disposizioni impugnate, evidenziando che l’intervenuta sostituzione, a decorrere dal 30 novembre 2019, dell’art. 72 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 da parte dell’art. 10 della legge della Regione Puglia 30 novembre 2019, n. 52 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021) «sembra implicare il riconoscimento della fondatezza del motivo di impugnazione proposto avverso la norma originaria».

 

Considerato in diritto

 

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra gli altri, degli artt. 15, 61, 66, 72, 86 e 93 della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2018, n. 67, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2019 e bilancio pluriennale 2019-2021 della Regione Puglia (Legge di stabilità regionale 2019)».

 

Va riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe.

 

2.– È, innanzitutto, impugnato l’art. 15 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 che, ad avviso del ricorrente, introducendo un sistema sanzionatorio riferito agli interventi realizzati sugli ulteriori contesti paesaggistici di cui all’art. 143, comma l, lettera e), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), norma che in materia di piano paesaggistico riserva allo Stato l’individuazione di eventuali ulteriori contesti diversi da quelli indicati dall’art. 134 del detto d.lgs. n. 42 del 2004, violerebbe gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost.

 

Tuttavia, nelle more del presente giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base dei chiarimenti e delle precisazioni fornite dalla Regione Puglia, ha dichiarato di rinunciare alla relativa impugnazione, con atto depositato il 20 marzo 2019, in conformità alla delibera assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 7 marzo novembre 2019.

 

Non essendosi la Regione Puglia costituita in giudizio, in relazione alle questioni oggetto del presente esame, l’intervenuta rinuncia determina, ai sensi dell’art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del processo (ex multis, ordinanze n. 202 del 2019, n. 55 del 2018, n. 27 del 2016, n. 199 e n. 134 del 2015), limitatamente alla detta questione.

 

3.– Sono, inoltre, impugnati gli artt. 61, 66, 86 e 93 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 che, ad avviso del ricorrente, violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost.

 

Ciò in quanto alle Regioni impegnate in piani di rientro dal disavanzo sanitario, come la Puglia, sarebbe vietato effettuare spese e stabilire misure sanitarie non riconducibili ai livelli essenziali di assistenza fissati a livello nazionale dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).

 

In proposito, questa Corte ha ripetutamente sostenuto che, tanto l’art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2007)», quanto l’art. 2, commi 80 e 95, della successiva legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2010)», possono essere qualificati «come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010).

 

Tali norme, infatti, hanno reso vincolanti per le Regioni gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge finanziaria 2005)», finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria e a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato (sentenza n. 91 del 2012).

 

La Regione Puglia, in particolare, ha stipulato il 29 novembre 2010 un accordo con il Ministro della salute ed il Ministro dell’economia e delle finanze, comprensivo del piano di rientro del disavanzo sanitario (Piano di rientro e di riqualificazione del sistema sanitario regionale 2010-2011) ed ha, poi, approvato tale piano con la legge della Regione Puglia 9 febbraio 2011, n. 2 (Approvazione del Piano di rientro della Regione Puglia 2010-2012).

 

3.1.– Tanto premesso, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 61 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 non è fondata.

 

La norma regionale impugnata stabilisce che «[n]ell’ambito del Fondo sanitario regionale, con l’adozione del D.I.E.F. è destinata una dotazione finanziaria di euro 400 mila per assicurare il rimborso delle spese delle associazioni di volontariato impegnate nei centri di orientamento oncologico (COrO) della Rete oncologica regionale».

 

Ad avviso del ricorrente, tale misura, come già evidenziato, non rientrerebbe nei livelli di assistenza previsti dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017.

 

Ma, a ben vedere, l’art. 31 (Assistenza sociosanitaria residenziale alle persone nella fase terminale della vita) del menzionato d.P.C.m. prevede, per le persone nella fase terminale della vita, affette da malattie progressive e in fase avanzata, a rapida evoluzione e a prognosi infausta, un complesso integrato di prestazioni, anche infermieristiche, riabilitative e psicologiche, da svolgersi nell’ambito dell’assistenza sociosanitaria territoriale.

 

A tale specifica disposizione e a tale ambito di assistenza vanno ricondotte anche le attività svolte dalle associazioni di volontariato impegnate nei centri di orientamento oncologico (COrO) della rete oncologica della Regione Puglia, in considerazione sia degli scopi delle attività svolte, sia dell’integrazione di tali associazioni nell’apparato organizzativo dell’assistenza territoriale.

 

In questi termini, deve, quindi, ritenersi che l’art. 61 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 non venga a determinare un livello ulteriore di assistenza rispetto a quelli definiti dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017.

 

3.2.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 66 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 è fondata.

 

La disposizione impugnata stabilisce che «1. Al fine di dare piena attuazione, in aderenza alle previsioni dell’articolo 8 della legge 14 agosto 1991, n. 281 (legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), alle finalità e ai principi previsti dagli articoli 8 e 9 della legge regionale 5 aprile 1995, n. 12 (Norme per la tutela degli animali d’affezione e prevenzione del randagismo), e in ragione della necessità di potenziare la lotta al randagismo attraverso la realizzazione e/o ristrutturazione da parte dei comuni di canili sanitari, nel bilancio regionale autonomo, nell’ambito della missione 13, programma 7, titolo 2, è assegnata una dotazione finanziaria per l’esercizio finanziario 2019, in termini di competenza e cassa, di euro 500 mila. 2. Il finanziamento regionale potrà essere concesso ai comuni che ne faranno richiesta per procedere alla realizzazione e/o ampliamento di canili sanitari, di proprietà comunale nell’ambito del proprio territorio comunale».

 

Tale misura non può, tuttavia, essere ricondotta ai livelli essenziali di assistenza stabiliti dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017 che, infatti, nel suo Allegato 1, lettera D (Salute animale e igiene urbana veterinaria), si limita a prevedere la sterilizzazione dei cani randagi e delle colonie feline. Né, d’altra parte, la disposizione impugnata potrebbe dirsi connotata da una diversa finalità, meramente socio-assistenziale (sentenza n. 94 del 2019).

 

Ciò emerge dal contenuto della norma e dall’imputazione stessa della spesa, operata dall’articolo impugnato alla missione 13 del bilancio regionale, relativa alla tutela della salute.

 

La disposizione impugnata, pertanto, stabilendo l’assunzione a carico del bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire un livello di assistenza supplementare, in contrasto con gli obiettivi di risanamento del piano di rientro, viola il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica e, in definitiva, l’art. 117, terzo comma, Cost.

 

3.3.– La questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 86 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 non è fondata.

 

La disposizione impugnata stabilisce che «[a]l fine di fronteggiare l’aumento della prevalenza dell’incidenza di patologie, disturbi e disagi psicosociali, la Regione impegna i direttori generali delle ASL a potenziare l’assistenza psicologica nei dipartimenti salute mentale (DSM), nei distretti, nei dipartimenti delle dipendenze patologiche, nella riabilitazione dei deficit fisici, psichici e sensoriali e nelle aree ospedaliere critiche», prevedendo che a tale scopo la Giunta regionale destini nel Documento di indirizzo economico-funzionale (DIEF) la somma di un milione di euro nell’ambito dell’utilizzo del Fondo sanitario regionale.

 

Anche tali prestazioni di assistenza psicologica, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, risultano riconducibili ai livelli essenziali di assistenza definiti dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017 e, in particolare, a quelli previsti dagli artt. 28 (Assistenza sociosanitaria alle persone con dipendenze patologiche), 32 (Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo) e 33 (Assistenza sociosanitaria semiresidenziale e residenziale alle persone con disturbi mentali).

 

D’altronde, la disposizione impugnata si limita a stabilire la finalità di fronteggiare l’aumento della prevalenza dell’incidenza di patologie, disturbi e disagi psicosociali, rimettendo alla Giunta regionale l’atto di destinazione della somma.

 

Né, per pervenire a diverse conclusioni, potrebbe considerarsi utile l’argomento dedotto dal ricorrente, ossia che il Programma operativo 2016-2018 della Regione Puglia, attuativo del piano di rientro, non preveda espressamente e specificamente tali azioni, non potendosi ritenere che ciò sia sufficiente per determinare senz’altro una incoerenza della legislazione regionale rispetto agli obiettivi fissati dal piano di rientro dal disavanzo sanitario.

 

3.4.– La questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 93 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 è fondata.

 

La disposizione impugnata prescrive che «1. Al fine di potenziare la lotta al randagismo sono concessi contributi straordinari ai comuni per la realizzazione di campagne di sterilizzazione di cani patronali. Per la predetta finalità, nel bilancio regionale autonomo, nell’ambito della missione 13, programma 7, titolo 1, è assegnata una dotazione finanziaria per l’esercizio finanziario 2019, in termini di competenza e di cassa di euro 100 mila. 2. Con deliberazione della Giunta regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità per l’accesso e la rendicontazione delle risorse di cui al comma 1».

 

Tale misura non può essere ricondotta ai livelli essenziali di assistenza stabiliti dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017 che, infatti, nel suo Allegato 1, lettera D (Salute animale e igiene urbana veterinaria), si limita a prevedere, come già rilevato, soltanto la sterilizzazione dei cani randagi e delle colonie feline.

 

Sebbene sia possibile ravvisare una connessione tra il fenomeno della diffusione dei cani randagi e la mancata sterilizzazione dei cani di proprietà, nel caso in questione si deve però escludere la portata sociale della disposizione impugnata, la cui riconducibilità all’ambito delle misure di assistenza sanitarie è deducibile dalla stessa imputazione della spesa fatta dalla norma alla missione 13 del bilancio regionale autonomo, relativa appunto alla tutela della salute.

 

La disposizione impugnata, quindi, disponendo l’assunzione a carico del bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire un livello di assistenza supplementare, in contrasto con gli obiettivi di risanamento del piano di rientro, viola il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica e, in definitiva, l’art. 117, terzo comma, Cost.

 

4.– È, infine, impugnato l’art. 72 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018, in quanto la disposizione, ad avviso del ricorrente, stabilendo il diritto di inquadramento, a semplice domanda e senza concorso, nei ruoli della dirigenza sanitaria per il personale contemplato, si porrebbe in contrasto con l’art. 15, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), il quale prevede, in tema di disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie, che «[a]lla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484», con la conseguente violazione degli artt. 97 e 117, secondo comma, lettera g), Cost.

 

4.1.– Occorre preliminarmente rilevare che, nelle more del presente giudizio, è entrata in vigore la legge della Regione Puglia 30 novembre 2019, n. 52 (Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021). L’art. 10 di detta legge regionale, reca «Modifiche alla legge regionale 28 dicembre 2018, n. 67», sostituendo il testo dell’art. 72 impugnato con il seguente: «1. Le aziende sanitarie, per far fronte alle prestazioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 - allegato 1 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), nel rispetto del Piano triennale di fabbisogno di personale approvato da ciascun ente, attivano procedure selettive concorsuali finalizzate all’assunzione nei ruoli del personale dirigente medico/veterinario e dirigente sanitario non medico, valorizzando nei relativi bandi di concorso il possesso di comprovate competenze acquisite nel corso del rapporto convenzionale di cui alla legge regionale del 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2007), nonché le esperienze del personale dirigente di cui alla legge regionale 9 giugno 1987, n. 16 (Norme organiche per l’integrazione scolastica degli handicappati), che presta servizio a convenzione a tempo indeterminato ad esaurimento nell’ambito del servizio sanitario nazionale. 2. Rientrano nelle previsioni di cui al comma 1 coloro che, alla data del 31 dicembre 2018, siano titolari da almeno cinque anni d’incarico convenzionale a tempo indeterminato non inferiore a trentotto ore settimanali nella disciplina messa a bando. 3. L’ingresso nei ruoli determina l’automatica eliminazione dei relativi rapporti convenzionali e pertanto non comporta riflessi diretti o indiretti a carico del bilancio dell’ente».

 

Rispetto alla previsione di cui alla disposizione impugnata, l’art. 10 della legge reg. Puglia n. 52 del 2019 ha introdotto la previsione di specifiche procedure selettive concorsuali per l’assunzione nei ruoli del personale dirigente medico-veterinario e dirigente sanitario non medico, per cui la detta novella legislativa potrebbe essere considerata satisfattiva delle pretese fatte valere nel presente giudizio dal ricorrente.

 

4.2.– Tuttavia, secondo il costante orientamento di questa Corte, la materia del contendere «cessa solo se lo ius superveniens ha carattere satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e se le disposizioni censurate non hanno avuto medio tempore applicazione» (sentenza n. 68 del 2018; nello stesso senso, tra le più recenti, sentenze n. 140, n. 44 e n. 38 del 2018).

 

Nel caso in esame, la disposizione è rimasta in vigore per circa undici mesi, precisamente dal 31 dicembre 2018 al 30 novembre 2019.

 

Si tratta di un arco temporale piuttosto ampio, in relazione al quale non sono disponibili informazioni circa l’effettiva applicazione avuta dalla norma, per cui, in assenza della dimostrata ricorrenza di un presupposto imprescindibile per la dichiarazione della cessazione della materia del contendere, si deve ritenere che persista l’interesse dello Stato alla trattazione della questione.

 

4.3.– La questione avente ad oggetto l’art. 72 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 è fondata in riferimento all’art. 97 Cost.

 

4.4.– Va rilevato che questa Corte ha ripetutamente sostenuto che «la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle» (sentenza n. 40 del 2018; fra le tante, sentenze n. 110 del 2017, n. 7 del 2015 e n. 134 del 2014) e, comunque, sempre che siano previsti «adeguati accorgimenti per assicurare […] che il personale assunto abbia la professionalità necessaria allo svolgimento dell’incarico» (sentenza n. 225 del 2010).

 

In altri termini, le deroghe al principio del pubblico concorso possono ritenersi giustificate solo allorquando «l’area delle eccezioni sia delimitata in modo rigoroso e subordinata all’accertamento di specifiche necessità funzionali dell’amministrazione e allo svolgimento di procedure di verifica dell’attività svolta dal dirigente» (sentenza n. 189 del 2011, in conformità, ex plurimis, sentenze n. 108 e n. 52 del 2011, n. 195 del 2010, n. 293 del 2009, n. 363 del 2006).

 

La norma regionale qui impugnata non soddisfa, però, le condizioni che potrebbero giustificare una deroga al principio del pubblico concorso.

 

Essa, infatti, dispone l’inquadramento nei ruoli della dirigenza sanitaria della Regione del personale considerato sulla base della semplice domanda e a prescindere da una valutazione di professionalità, in palese contrasto con quanto disposto dall’art. 15, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992, il quale prevede, in tema di disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie, che «[a]lla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484». Inoltre, il mancato ricorso alla selezione concorsuale non trova alcuna ragione giustificatrice nel caso in esame, né con riferimento alle necessità funzionali dell’amministrazione, né con riguardo a peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico.

 

4.5.– Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 72 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018, per violazione dell’art. 97 Cost.

 

Resta assorbito ogni altro profilo di censura.

 

PER QUESTI MOTIVI 

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe;

 

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 66, della legge della Regione Puglia 28 dicembre 2018, n. 67, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2019 e bilancio pluriennale 2019-2021 della Regione Puglia (Legge di stabilità regionale 2019)»;

 

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 72 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018 nel testo precedente le modifiche apportate dall’art. 10 della legge della Regione Puglia 30 novembre 2019, n. 52 recante «Assestamento e variazione al bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021»;

 

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 93 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018;

 

4) dichiara estinto il processo relativamente alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018, promossa, in riferimento agli artt. 9 e 117, comma secondo, lettera s), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

 

5) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 61 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;

 

6) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 86 della legge reg. Puglia n. 67 del 2018, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2020.

 

F.to:

 

Marta CARTABIA, Presidente

 

Giulio PROSPERETTI, Redattore

 

Roberto MILANA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2020.