Sentenza n. 38 del 2018

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SENTENZA N. 38

ANNO 2018

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Giorgio                       LATTANZI                                       Presidente

-           Aldo                           CAROSI                                            Giudice

-           Marta                          CARTABIA                                              ”

-           Mario Rosario             MORELLI                                                 ”

-           Giancarlo                    CORAGGIO                                             ”

-           Giuliano                      AMATO                                                    ”

-           Silvana                        SCIARRA                                                 ”

-           Daria                           de PRETIS                                                 ”

-           Nicolò                         ZANON                                                     ”

-           Augusto Antonio        BARBERA                                                ”

-           Giulio                         PROSPERETTI                                         ”

-           Giovanni                     AMOROSO                                               ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 6, e 21 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 dicembre 2016, n. 18 (Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato l’11-15 febbraio 2017, depositato in cancelleria il 15 febbraio 2017 ed iscritto al n. 14 del registro ricorsi 2017.

Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;

udito nella udienza pubblica del 23 gennaio 2018 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato l’11 febbraio 2017 e depositato il successivo 15 febbraio 2017, (reg. ric. n. 14 del 2017), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 6, e dell’art. 21 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 dicembre 2016, n. 18, recante «Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale», in riferimento agli artt. 4 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), e agli artt. 81, 117, secondo comma, lettera l) e lettera o), della Costituzione.

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato l’art. 12 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, che, nel disciplinare il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti non inseriti in ruolo, ha previsto una clausola risolutiva automatica dei contratti, in caso di dichiarazione di dissesto dell’amministrazione che ha conferito l’incarico ovvero di situazione “strutturalmente deficitaria”.

A parere dell’Avvocatura generale dello Stato, vertendosi in materia di rapporto di pubblico impiego, la previsione dell’automaticità della risoluzione del contratto ad opera della legge regionale contrasterebbe con l’art. 4, primo comma, dello statuto regionale, approvato con legge cost. n. 1 del 1963, e con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

In particolare, la difesa statale ha rappresentato che l’art. 4 dello statuto speciale attribuisce alla Regione la potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed economico del personale addetto, prevedendo però che venga esercitata in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell’ordinamento giuridico e con le norme fondamentali di riforma economico-sociale, di cui costituirebbero espressione la disciplina del pubblico impiego prevista dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), applicabile anche alle Regioni a statuto speciale, e l’art. 2119 del codice civile.

In particolare, il d.lgs. n. 165 del 2001 prevede, all’art. 19, comma 1-ter, che la revoca degli incarichi dirigenziali nel pubblico impiego può essere disposta solo nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati o di inosservanza di direttive; mentre l’art. 2119 cod. civ. prevede che le difficoltà economiche del datore di lavoro non possono integrare un motivo di recesso per giusta causa dal rapporto di lavoro; le suddette norme, quindi, sarebbero incompatibili con una clausola risolutiva automatica che, invece, opera sulla base di circostanze finanziarie non imputabili al dipendente.

La violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., invece, verrebbe in rilievo poiché il rapporto di lavoro contrattualizzato del dipendente pubblico, anche regionale, rientrerebbe nella materia “ordinamento civile”, di competenza esclusiva del legislatore nazionale, la cui disciplina deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale.

3.– Con il medesimo ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri ha censurato l’art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, che, per favorire il ricambio generazionale e l’inserimento lavorativo dei giovani, ha previsto una riduzione, da un minimo del 35 per cento ad un massimo del 70 per cento, dell’orario di lavoro a tempo pieno negli ultimi tre anni di servizio per il personale che è in procinto di essere collocato a riposo; la riduzione può essere concessa su domanda del dipendente e, in ogni caso, l’amministrazione provvede, per questo personale e per il corrispondente periodo, al versamento dei contributi di previdenza e quiescenza riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno. I risparmi di spesa vengono impiegati per l’assunzione di personale con contratto di lavoro a tempo parziale.

La materia della previdenza sociale, prosegue l’Avvocatura dello Stato, è di competenza esclusiva del legislatore nazionale e rispetto ad essa, ai sensi dell’art. 6 dello statuto speciale, il legislatore della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha una mera competenza attuativa e integrativa delle disposizioni nazionali.

La legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 avrebbe introdotto un istituto giuridico nuovo, comportante una sorta di contribuzione “figurativa” non corrispondente ad alcuna prestazione lavorativa, sconosciuto dal legislatore nazionale e, quindi, esorbitante dai limiti della potestà normativa attuativa e integrativa.

Inoltre la previsione di un siffatto obbligo contributivo, non accompagnato da un’esatta quantificazione e indicazione di entrate idonee a far fronte ai maggiori oneri che ne derivano, costituirebbe un aggravio per la finanza pubblica, contrastante con l’art. 81 Cost., non potendo garantirsi l’equilibrio del bilancio regionale mediante la compensazione derivante dalle assunzioni a tempo parziale.

Il ricorrente ha chiesto, dunque, la declaratoria di illegittimità costituzionale anche dell’art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 per contrasto con gli artt. 81 e 117, secondo comma, lettera o), Cost., nonché con l’art. 6 dello statuto speciale regionale.

4.– Con atto del 13 marzo 2017, depositato il 14 marzo 2017, si è costituita la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, chiedendo il rigetto del ricorso perché inammissibile e infondato.

Con successiva memoria del 29 dicembre 2017 la Regione ha illustrato le proprie ragioni deducendo la cessazione della materia del contendere in riferimento all’impugnazione dell’art. 12, comma 6, poiché la norma è stata abrogata dall’art. 9, comma 2, lettera c), della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n. 9 (Funzioni onorifiche delle soppresse Province e altre norme in materia di enti locali, Centrale unica di committenza regionale, personale del Comparto unico del pubblico impiego regionale e locale, trasporti e infrastrutture), in vigore dal 27 aprile 2017, e non ha prodotto effetti poiché la sua entrata in vigore era stata differita al 1° giugno 2017 dall’art. 59 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016.

5.– In ogni caso, la difesa della Regione ha dedotto l’inammissibilità della questione per la mancata corrispondenza tra i motivi di ricorso e la delibera di autorizzazione alla sua proposizione, che non avrebbe menzionato l’art. 4 dello statuto speciale regionale tra i parametri che si assumono violati, e per l’omessa illustrazione delle ragioni per le quali si debba applicare il parametro dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in luogo delle previsioni statutarie.

6.– Quali ulteriori profili di inammissibilità la difesa regionale ha dedotto il difetto di motivazione, in relazione al rapporto in cui si trovano le norme costituzionali invocate con le previsioni dello statuto speciale, e la contraddittorietà delle censure poiché esse, da un lato, riconoscono la competenza legislativa regionale di cui all’art. 4 dello statuto speciale, deducendo però che essa sarebbe stata esercitata in violazione delle norme di grande riforma, e, dall’altro, la negano, ritenendo la materia riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato sull’ordinamento civile.

7.– Nel merito la difesa della Regione ha dedotto l’infondatezza della questione, poiché la norma censurata sarebbe espressione della competenza legislativa statuaria in materia di ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione, con conseguente inconferenza del richiamo all’ordinamento civile, e sarebbe coerente con la legislazione nazionale e, in particolare, con l’art. 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), che prevede analoga clausola di risoluzione di diritto dei contratti a tempo determinato stipulati con soggetti esterni al ruolo, in caso di dissesto dell’ente locale.

8.– Quanto alle censure di incostituzionalità dedotte in riferimento all’art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, la difesa della Regione ha dedotto la loro infondatezza poiché la disciplina normativa ricadrebbe nell’ambito della materia, di competenza statutaria primaria, relativa all’ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto, nonché nella materia della tutela del lavoro, di competenza regionale ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), in ragione della finalità da essa perseguita, di favorire nuova occupazione.

Il profilo previdenziale, secondo la Regione, rimarrebbe secondario e marginale, costituendo il mezzo incentivante per favorire il ricambio generazionale e troverebbe nella stessa legge la propria copertura, derivante dai risparmi di spesa realizzati mediante la riduzione dell’orario di lavoro del personale in procinto di essere collocato a riposo.

9.– In ogni caso, se pure si riconducesse la disciplina dell’art. 21 alla materia della previdenza sociale e, quindi, alla competenza legislativa regionale integrativa di cui all’art. 6 dello statuto speciale, secondo la difesa regionale non sarebbe configurabile alcuna illegittimità costituzionale.

La contribuzione prevista dalla legge regionale, infatti, si inscriverebbe nei più ampi interventi normativi previsti dal legislatore nazionale per favorire le assunzioni di nuovo personale, di cui costituirebbero esempi significativi l’art. 41, commi 1, 2-bis, e 5, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), che disciplina i cosiddetti contratti di solidarietà espansivi, attraverso i quali viene concordata, a livello aziendale, una riduzione dell’orario di lavoro per favorire nuove assunzioni, che viene incentivata anche mediante la contribuzione previdenziale in favore dei lavoratori interessati dalla riduzione dell’orario, e l’art. 1, comma 284, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», che prevede incentivi previdenziali per favorire il passaggio al lavoro part-time in prossimità del pensionamento di vecchiaia.

L’art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, peraltro, sarebbe specificamente attuativo del principio contenuto nell’art. 17, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) che ha delegato il Governo a riorganizzare le pubbliche amministrazioni, prevedendo la facoltà di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione dell’orario di lavoro del personale in procinto di essere collocato a riposo e il conseguimento dell’invarianza della contribuzione previdenziale mediante la contribuzione volontaria ad integrazione ai sensi dell’art. 8 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 (Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 39, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di contribuzione figurativa e di copertura assicurativa per periodi non coperti da contribuzione).

Secondo la difesa regionale, la mancata attuazione della delega in parte qua non avrebbe precluso la possibilità di dare attuazione al principio in essa affermato, in ragione della immediata portata precettiva della legge di delega, e, quindi, la potestà legislativa di cui all’art. 6 dello statuto speciale sarebbe stata legittimamente esercitata.

Tale conclusione non sarebbe neppure inficiata dal fatto che l’istituto previsto dal legislatore nazionale poneva la contribuzione volontaria a carico del lavoratore e non del datore di lavoro, come invece è stato previsto dalla legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, poiché il Friuli-Venezia Giulia, quale Regione autonoma, coprirebbe con entrate proprie il costo del personale regionale e degli locali.

10.– Ad ulteriore sostegno delle proprie argomentazioni, la difesa regionale ha ricordato che l’istituto del “patto generazionale” nel pubblico impiego è stato regolato, in maniera analoga a quanto fatto dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, da altre autonomie speciali, ovvero dalla Provincia autonoma di Trento con la legge provinciale 22 aprile 2014, n. 1, recante «Disposizioni per l’assestamento del bilancio annuale 2014 e pluriennale 2014-2016 della Provincia autonoma di Trento (legge finanziaria provinciale di assestamento 2014)» e dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige con la legge regionale 12 dicembre 2014, n. 12, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2015 e pluriennale 2015-2017 della Regione autonoma Trentino-Alto Adige (Legge finanziaria)», le cui previsioni non sono state impugnate dallo Stato.

11.– La natura attuativa della previsione regionale censurata deriverebbe, inoltre, dalla clausola di invarianza finanziaria contenuta al comma 4 dell’art. 21, che ricalcherebbe fedelmente la previsione contenuta nella legge delega n. 124 del 2015, e che, imponendo che l’attuazione del ricambio generazionale avvenga nei limiti delle risorse risparmiate per effetto della riduzione dell’orario di lavoro del personale dipendente, assicurerebbe l’integrale copertura delle nuove spese.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato due norme della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 dicembre 2016, n. 18 (Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale): l’art. 12, comma 6, che ha imposto che i contratti di lavoro a tempo determinato conferiti a soggetti non iscritti nel ruolo delle amministrazioni del comparto unico sono risolti di diritto nel caso in cui l’amministrazione che ha conferito l’incarico dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie; e l’art. 21, che prevede che le amministrazioni del comparto unico possono concedere, a domanda dell’interessato, negli ultimi tre anni di servizio del personale in procinto di essere collocato a riposo, la riduzione dell’orario di lavoro a tempo pieno, da un minimo del 35 per cento ad un massimo del 70 per cento, provvedendo al versamento dei contributi previdenziali e di quiescenza riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno; la norma è intesa a favorire il ricambio generazionale, sicché i risparmi realizzati sono destinati dall’amministrazione all’assunzione di personale con rapporto di lavoro a tempo parziale.

Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la previsione di una clausola risolutiva automatica del rapporto di pubblico impiego si porrebbe in contrasto con l’art. 4, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) che, nell’attribuire alla Regione l’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e di stato giuridico ed economico del personale addetto, imporrebbe che il suo esercizio avvenga in conformità con i principi generali dell’ordinamento giuridico, di cui costituirebbero espressione l’art. 19, comma 1-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), secondo cui la revoca degli incarichi dirigenziali nel pubblico impiego può essere disposta solo nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati o di inosservanza di direttive, e l’art. 2119 del codice civile, che esclude che le difficoltà economiche del datore di lavoro possano integrare un motivo di recesso per giusta causa dal rapporto di lavoro.

L’art. 12, comma 6, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 sarebbe, altresì, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., poiché il rapporto di lavoro contrattualizzato del dipendente pubblico, anche regionale, rientrerebbe nella materia “ordinamento civile”, di competenza esclusiva del legislatore nazionale, la cui disciplina deve essere uniforme su tutto il territorio nazionale, mentre la clausola risolutiva avrebbe applicazione nel solo territorio della Regione.

Quanto all’art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri lo ritiene in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera o), Cost. e con l’art. 6 dello statuto speciale regionale, poiché avrebbe introdotto un istituto giuridico nuovo nell’ambito della previdenza sociale, materia di competenza esclusiva del legislatore statale, rispetto alla quale la Regione ha una competenza statutaria meramente attuativa e integrativa; nonché con l’art. 81 Cost., poiché non sarebbe stata prevista idonea copertura finanziaria della spesa derivante dalla sua applicazione.

2.– L’art. 12, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 è stato abrogato dall’art. 9, comma 2, lettera c), della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 21 aprile 2017, n. 9 (Funzioni onorifiche delle soppresse Province e altre norme in materia di enti locali, Centrale unica di committenza regionale, personale del Comparto unico del pubblico impiego regionale e locale, trasporti e infrastrutture), con effetto satisfattivo del ricorrente e senza che la norma oggetto di censura di costituzionalità abbia mai avuto applicazione, poiché la legge abrogatrice è entrata in vigore il 27 aprile 2017, mentre, ai sensi dell’art. 59 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, l’entrata in vigore dell’art. 12, oggetto di impugnativa, era stata differita al 1° giugno 2017.

Va, dunque, dichiarata la cessazione della materia del contendere in riferimento alla prima delle questioni prospettate, avente ad oggetto l’art. 12, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016 (sentenze n. 50 del 2017, n. 253 del 2016 e n. 32 del 2012).

3.– La questione relativa all’art. 21 della citata legge regionale è fondata.

La difesa della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia si incentra sul preteso legittimo esercizio della propria competenza legislativa statutaria in materia di ordinamento degli uffici, nonché su quella attuativa e integrativa in materia di previdenza sociale, che avrebbe declinato i principi contenuti nella legislazione statale più recente, in base alla quale sono previsti incentivi previdenziali per favorire il ricambio generazionale.

In particolare, la Regione ritiene di aver dato attuazione ai principi di cui all’art. 1, comma 284, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)» e all’art. 41 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), nonché, con specifico riferimento al pubblico impiego, all’art. 17, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).

La norma censurata sembrerebbe porsi nell’alveo di una consolidata tendenza dell’ordinamento, volta a favorire un graduale avvicendamento occupazionale mediante l’apertura di prospettive di nuove assunzioni derivanti dalla proporzionale riduzione dei rapporti di lavoro esistenti con lavoratori anziani.

Secondo il ricorrente una siffatta disciplina involve profili, di competenza statale, relativi alla materia della previdenza sociale.

Orbene, la corresponsione da parte dell’amministrazione dei contributi riferiti alla prestazione a tempo pieno a fronte di un lavoro part-time, sganciando l’onere contributivo dalla retribuzione, interessa sicuramente la materia previdenziale di competenza statale in maniera non meramente marginale, come invece sostenuto dalla difesa della Regione; la norma censurata pone, infatti, un istituto peculiare non conforme, nell’attuale disciplina del pubblico impiego, alla ripartizione degli oneri previdenziali, con conseguente incisione della competenza statale in materia.

L’argomento della difesa della Regione, secondo cui l’assetto delineato dall’art. 21 della legge regionale in questione sarebbe già presente come principio nell’ordinamento, quand’anche fondato, non varrebbe comunque a consentire l’esercizio da parte della Regione della funzione legislativa in materia, che le è attribuita solo quale funzione integrativa-attuativa, rispetto alla quale eccede l’intervento legislativo in questione.

Pertanto va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 21 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, limitatamente alle parole: «; contestualmente l’amministrazione di appartenenza provvede, per tale personale e per il corrispondente periodo, al versamento dei contributi di previdenza e quiescenza riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno».

Rimane assorbita la censura relativa alla violazione dell’art. 81 Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 21, comma 1, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 dicembre 2016, n. 18 (Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale), limitatamente alle parole: «; contestualmente l’amministrazione di appartenenza provvede, per tale personale e per il corrispondente periodo, al versamento dei contributi di previdenza e quiescenza riferiti al rapporto di lavoro a tempo pieno»;

2) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 6, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 18 del 2016, promossa, in riferimento all’art. 4, primo comma, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) e all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giulio PROSPERETTI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2018.