Sentenza n. 125 del 2015

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SENTENZA N. 125

ANNO 2015

 

Commento alla decisione di

 

Patrizio D’Andrea

La fissazione di limiti massimi delle prestazioni sanitarie nel riparto di competenze tra Stato e Autonomie speciali

 

per g.c. di Federalismi.it

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                  Presidente

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                               Giudice

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     

-           Paolo                           GROSSI                                                   

-           Giorgio                       LATTANZI                                               

-           Aldo                            CAROSI                                                   

-           Marta                           CARTABIA                                             

-           Mario Rosario              MORELLI                                                

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            

-           Giuliano                       AMATO                                                   

-           Silvana                         SCIARRA                                                

-           Daria                            de PRETIS                                               

-           Nicolò                          ZANON                                                   

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 15, commi 13, lettera c), 15, 16, 17, 22 e 24-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135 e dell’art 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2013), promossi dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, dalle Province autonome di Bolzano e di Trento, dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e dalla Regione siciliana con ricorsi notificati il 12-17, il 9 e il 13 ottobre 2012, il 19-22 e il 27 febbraio 2013, depositati in cancelleria il 16, il 17 e il 18 ottobre 2012, il 25 febbraio e l’8 marzo 2013, rispettivamente iscritti ai nn. 144, 149 e 156 del registro ricorsi 2012 e ai nn. 24 e 43 del registro ricorsi 2013.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 marzo 2015 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano sostituito per la redazione della decisione dal Giudice Aldo Carosi;

uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Michele Costa e Cristina Bernardi per la Provincia autonoma di Bolzano, Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento, Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 16 ottobre 2012 ed iscritto al registro ricorsi n. 144 del 2012, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha impugnato, tra le altre disposizioni, l’art. 15, comma 22, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini) – convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135 – in riferimento agli artt. 2, primo comma, lettera a), 3, primo comma, lettere f) ed l), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), in relazione agli artt. 34 e 36 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), ed agli articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta), nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ed ai principi di leale collaborazione e di ragionevolezza.

1.1.– L’art. 15, comma 22, alla luce delle precedenti disposizioni volte al contenimento della spesa per il settore sanitario, prevede la progressiva riduzione del livello di fabbisogno del Servizio sanitario nazionale (di 900 milioni di euro per il 2012, 1.800 per il 2013, 2.000 per il 2014, 2.100 a decorrere dal 2015). Tali riduzioni sono ripartite tra le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano secondo criteri e modalità proposti in sede di autocoordinamento regionale, da recepire attraverso intesa in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni per la ripartizione del fabbisogno sanitario e le disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale, entro il 30 settembre 2012, con riferimento al 2012, ed entro il 30 novembre 2012 con riferimento agli anni 2013 e seguenti. Qualora non intervenga la proposta in sede di autocoordinamento entro i termini prestabiliti, è la normativa vigente a regolare il concorso di ciascuna Regione e Provincia autonoma alla ripartizione del fabbisogno e delle disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale. Infine, il comma impugnato stabilisce che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, con l’esclusione della Regione siciliana, assicurino il concorso alla ripartizione del fabbisogno e delle disponibilità mediante le procedure previste dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione). Fino all’emanazione di tali norme di attuazione, l’importo del concorso alla manovra di contenimento è annualmente accantonato a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.

Secondo la ricorrente, la norma censurata contrasterebbe con la disposizione statutaria che riconosce alla Regione potestà legislativa in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale» (art. 2, primo comma, lettera a, dello statuto), ambito cui andrebbe ricondotto l’ordinamento contabile ed il potere di regolare la gestione del bilancio regionale, in base alla giurisprudenza costituzionale.

Inoltre, la Regione sarebbe titolare, ai sensi dell’art. 3, primo comma, lettere f) ed l), dello statuto, di potestà legislativa integrativa e attuativa in materia di «finanze regionali e comunali» e di «igiene e sanità, assistenza ospedaliera e profilattica». Tali disposizioni, alla luce degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., quali risultanti dalla riforma del Titolo V Cost., le attribuirebbero una competenza legislativa non più meramente suppletiva di quella statale. Infine, la ricorrente evoca l’art. 4 dello statuto, che le attribuisce il potere di esercitare le funzioni amministrative nei corrispondenti ambiti, e l’art. 12 dello statuto, in materia di quote tributarie erariali. In attuazione di tali disposizioni statutarie sarebbe stata approvata la legge n. 724 del 1994, i cui artt. 34 e 36 prevedrebbero che la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste provveda al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel rispettivo territorio senza oneri a carico del bilancio statale. Tale quadro normativo renderebbe evidente come l’obbligo imposto alla ricorrente di partecipare alla riduzione del fabbisogno sanitario e del relativo finanziamento, interamente a suo carico, contrasti apertamente con i parametri evocati, rendendo irragionevole l’imposizione della partecipazione alla manovra di contenimento del fabbisogno. Le eventuali economie di spesa derivanti dall’applicazione del decreto-legge impugnato non potrebbero che essere esclusivamente destinate ad interventi relativi al settore sanitario regionale, diversamente da quanto stabilito dalla norma impugnata.

L’intervento della normativa statale, inoltre, sarebbe illegittimo in base agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., letti in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, poiché determinerebbe un’ingiustificata limitazione dell’autonomia finanziaria valdostana in materia sanitaria.

Il meccanismo di concorso al risanamento finanziario previsto, inoltre, inciderebbe unilateralmente sulle compartecipazioni ai tributi erariali, senza considerare come tale materia sia riservata alla normativa di attuazione contenuta negli articoli da 2 a 7 della legge n. 690 del 1981, che fissa le quote di compartecipazione al gettito dei tributi erariali da devolvere alla Regione. Tali disposizioni, del resto, non sarebbero modificabili con legge ordinaria, ma soltanto con il procedimento previsto dall’art. 48-bis dello statuto. Infatti, l’art. 1 del decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta), stabilisce che l’ordinamento finanziario regionale, previsto dall’art. 50 dello statuto, possa essere modificato soltanto con il procedimento di cui all’art. 48-bis dello statuto medesimo.

Per analoghe ragioni la normativa censurata colliderebbe anche con i principi costituzionali di leale collaborazione e di ragionevolezza. Con riferimento al primo, andrebbe considerato che non sono stati previsti meccanismi di coinvolgimento diretto della Regione né criteri per la concreta ripartizione del concorso tra le Regioni ad autonomia speciale, aspetto che ridonderebbe nella violazione delle norme statutarie e di attuazione relative all’autonomia finanziaria regionale. Quanto al secondo, anch’esso ridondante in una menomazione della sfera di autonomia organizzativa e finanziaria della Regione, la disposizione impugnata prevederebbe che l’accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali operi fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009. Poiché un termine finale non sarebbe individuato, la disciplina transitoria acquisirebbe un’irragionevole durata indeterminata nel tempo.

2.– Con atto depositato il 26 novembre 2012 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza delle censure proposte dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.

2.1.– Il resistente evidenzia come l’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012 abbia previsto un sistema per stabilire le modalità di conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa sanitaria basato sull’art. 27 della legge n. 42 del 2009 e come la disposizione censurata si inserisca tra gli interventi del legislatore statale legittimi, in quanto riconducibili a ragioni di coordinamento finanziario ed, in particolare, al contenimento della spesa.

A tale contenimento, infatti, tenderebbe la fissazione del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, il quale si configurerebbe come una riduzione non delle risorse disponibili per le Regioni, ma del livello dei costi sanitari. In particolare, la riduzione del fabbisogno deriverebbe da quella degli standard di posti letto, che diminuirebbero il livello della spesa e tenderebbero alla maggiore efficienza della stessa. Per tale ragione, oltre al coordinamento finanziario, la disposizione censurata sarebbe espressione della potestà legislativa statale in materia di livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., e sarebbe proprio a causa della riduzione del fabbisogno che il comma censurato prevede che lo Stato rientri nella disponibilità di una quota delle risorse finanziarie precedentemente destinate al suo finanziamento.

Nell’ottica del rispetto dell’autonomia regionale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, la disposizione censurata avrebbe attribuito loro il compito di distribuire l’effetto della riduzione del fabbisogno attraverso forme di coordinamento da recepire con un’intesa sancita dalla Conferenza Stato-Regioni. Solo in via residuale viene previsto che, qualora la proposta di ripartizione del concorso alla manovra di correzione non giunga entro il termine stabilito, la ripartizione si effettui sulla base della normativa vigente.

Al ridimensionamento delle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale, derivante dalla riduzione del relativo fabbisogno, sarebbero tenute anche le autonomie speciali senza che per questo si verifichi una violazione delle loro prerogative costituzionali in materia finanziaria, aspetto che configurerebbe anche un vizio d’inammissibilità del ricorso.

In mancanza di tale partecipazione, le Regioni speciali e le Province autonome manterrebbero risorse in eccedenza e dunque potrebbero effettuare delle spese maggiori rispetto a quelle consentite alle altre Regioni. Inoltre, qualora le autonomie speciali non fossero coinvolte nella riduzione del fabbisogno, l’intervento legislativo statale avrebbe caratteri discriminatori con riferimento alle prestazioni offerte ai cittadini sul territorio nazionale.

La circostanza che l’accantonamento dell’importo avvenga sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali non comporterebbe, d’altronde, una violazione dell’art. 48-bis dello statuto della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, mediata dagli articoli da 2 a 7 della legge n. 690 del 1981, in quanto la norma censurata detterebbe una disciplina meramente transitoria e contingente, strumentale alla realizzazione degli obiettivi di coordinamento e limitata al periodo necessario ad adottare le norme di attuazione. Pertanto, non sussisterebbe alcuna violazione né del canone della ragionevolezza, né del principio di leale collaborazione.

3.– Con memoria depositata il 28 maggio 2013 la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha sostanzialmente ribadito gli argomenti già svolti nel ricorso, contestando gli assunti della difesa erariale.

4.– Con memoria depositata il 29 maggio 2013 il Presidente del Consiglio dei ministri ha ulteriormente replicato, evidenziando, in particolare, che recente giurisprudenza costituzionale avrebbe validato strumenti di controllo del fabbisogno finanziario, lasciando impregiudicata la disponibilità da parte degli enti territoriali delle risorse di cui essi sono titolari, escludendo, ad esempio, l’illegittimità delle norme che disciplinano il sistema di tesoreria unica statale ed ammettendo limitazioni della spesa per il personale, configurandole quali principi fondamentali della legislazione statale.

5.– Con ricorso depositato il 17 ottobre 2012 ed iscritto al n. 149 del registro ricorsi per l’anno 2012, la Provincia autonoma di Bolzano ha proposto questione di legittimità costituzionale, tra le altre disposizioni, dell’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 in riferimento agli artt. 4, primo comma, numero 7), 8, primo comma, numero 1), 9, primo comma, numero 10), e 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità), al decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474), ed agli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), nonché in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

5.1.– La ricorrente evidenzia che il citato art. 15, al fine di ottenere risparmi di spesa nel settore sanitario, assume specifiche misure afferenti all’organizzazione sanitaria. Tra le stesse, viene in evidenza l’art. 15, comma 13, lettera c), il quale prevede l’assunzione, entro il 31 ottobre 2012, di un regolamento statale, da approvare previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e Province autonome, avente ad oggetto standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell’assistenza ospedaliera, sulla base del quale le Regioni e le Province autonome adottano provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed a carico del Servizio sanitario regionale, adeguando le dotazioni organiche sulla base di un tasso di ospedalizzazione predeterminato dal medesimo comma 13, lettera c). In ogni caso viene stabilito che almeno il cinquanta per cento dei posti letto da ridurre sia a carico dei presidi ospedalieri pubblici e che la riduzione sia conseguita esclusivamente attraverso la soppressione di unità operative complesse. Fino alla realizzazione del processo di riduzione, viene sospeso il conferimento o il rinnovo di incarichi a tempo determinato.

Infine, la norma dispone che venga promosso il passaggio dal ricovero ordinario a quello diurno e da quest’ultimo all’assistenza in regime ambulatoriale, favorendo l’assistenza residenziale e domiciliare.

Secondo la ricorrente, risulterebbero così violate le competenze attribuite alle Province autonome di Trento e di Bolzano dagli artt. 4, primo comma, numero 7), 8, primo comma, numero1), 9, primo comma, numero 10), e 16 dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige in materia di organizzazione dei propri uffici e del relativo personale, nonché in materia di igiene e sanità, compresa l’assistenza sanitaria ed ospedaliera, e la corrispondente potestà amministrativa.

Tali disposizioni statutarie avrebbero in parte ricevuto attuazione ad opera del d.P.R. n. 474 del 1975 e del d.P.R. n. 197 del 1980. Inoltre, a seguito della riforma del Titolo V Cost., alle Province autonome sarebbe attribuita la competenza legislativa in materia di tutela della salute, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, materia di portata più ampia di quella «assistenza sanitaria e ospedaliera» e di organizzazione sanitaria.

La normativa censurata, qualora fosse effettivamente applicabile alla Provincia autonoma di Bolzano, inciderebbe su detti ambiti materiali con una disciplina estremamente dettagliata, praticando una riduzione dello standard dei posti letto ed assumendo specifici tassi di ospedalizzazione senza considerare le competenze provinciali sopra richiamate.

Inoltre, la ricorrente assume la violazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, in quanto il legislatore statale avrebbe illegittimamente disposto la delegificazione dei principi fondamentali, essendo il regolamento di delegificazione un veicolo normativo inidoneo a delineare le grandi riforme economico-sociali che s’impongono alla potestà legislativa provinciale.

Ancora, verrebbe in rilievo il sistema dei rapporti tra la potestà normativa ed amministrativa dello Stato e quella della Provincia autonoma, prevista dagli artt. 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, che disciplinano il processo di adeguamento della legislazione regionale e provinciale alle norme di principio fissate dal legislatore statale e vincolanti anche per gli ordinamenti regionale e provinciale, in tal modo impedendo che il primo possa dettare norme direttamente precettive per i secondi o assumere atti di indirizzo e coordinamento o svolgere attività amministrativa al di fuori delle ipotesi e secondo le procedure espressamente individuate dalla normativa di attuazione statutaria.

Infine, la ricorrente rammenta di aver già esercitato le proprie competenze in materia di tutela della salute, anche con riferimento all’organizzazione del Servizio sanitario provinciale, in particolare con la legge della Provincia autonoma di Bolzano 5 marzo 2001, n. 7 (Riordinamento del servizio sanitario provinciale). La sospensione del conferimento o del rinnovo di incarichi prevista dalla norma censurata fino all’avvenuta realizzazione del processo di riduzione dei posti letto e delle unità operative complesse comporterebbe la completa sospensione dell’art. 24 della legge provinciale n. 7 del 2001, disciplinante a livello provinciale i contratti a tempo determinato in violazione delle competenze in materia di tutela della salute e dei limiti alla potestà statale d’indirizzo e coordinamento.

6.– Con atto depositato il 19 novembre 2012 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’infondatezza delle questioni prospettate.

6.1.– Il resistente evidenzia come il censurato art. 15 del d.l. n. 95 del 2012 miri a razionalizzare e ridurre la spesa sanitaria, limitatamente agli anni 2012-2015, con l’obiettivo di ridurre il livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento. Ne emergerebbe un quadro volto al rapido riequilibrio dei conti pubblici come richiesto dall’Unione europea. Conseguentemente, la materia sarebbe rimessa, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera a), alla competenza legislativa esclusiva statale, in quanto inquadrabile tra i «rapporti dello Stato con l’Unione europea».

Relativamente alla prevista adozione di un regolamento, il resistente assume che la competenza a definire gli standard di assistenza ospedaliera atterrebbe direttamente ai livelli essenziali di assistenza, la cui determinazione spetta allo Stato in base all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., su una base egualitaria, con riferimento all’intero territorio nazionale. Di conseguenza, non sussisterebbe alcuna lesione di competenze legislative della Provincia autonoma di Bolzano.

7.– Con memoria depositata il 27 maggio 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri ha insistito per la dichiarazione di inammissibilità o infondatezza delle questioni proposte dalla Provincia autonoma di Bolzano.

7.1.– In particolare, la difesa dello Stato ha rimarcato che l’intervento normativo di cui al censurato art. 15 sarebbe da ricondursi al potere di fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie di cui all’art. 117, lettera m), Cost., venendo in rilievo un comune denominatore dei livelli di struttura e di tecnologia degli ospedali nonché di qualità dell’assistenza ospedaliera offerta dal sistema sanitario pubblico.

Inoltre, l’intervento normativo, mediante la fissazione di regole e modalità di contenimento della spesa sanitaria, configurerebbe attuazione del coordinamento della finanza pubblica di cui agli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., applicabili anche alle autonomie speciali in forza del loro obbligo di partecipazione all’azione di risanamento della finanza pubblica, obbligo reso ancor più stringente dalla recente introduzione in Costituzione del principio di pareggio del bilancio da intendersi in senso dinamico, nel perdurare della situazione di emergenza finanziaria, anche ai sensi dei principi di solidarietà economica e politica (art. 2 Cost.), di equità sostanziale nella ripartizione dei sacrifici imposti (art. 3 Cost.), di proporzionalità dei carichi fiscali (art. 53 Cost.), di tutela della unità economica e giuridica dello Stato (art. 120 Cost.) e delle istanze perequative (art. 119 Cost.).

8.– Con memoria depositata il 29 maggio 2013 la Provincia autonoma di Bolzano ha ulteriormente dedotto l’illegittimità della disposizione da essa censurata.

8.1.– L’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 interverrebbe al dichiarato scopo di ridurre il livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale insieme al suo finanziamento. Per tale ragione la disposizione non potrebbe rivolgersi alla Provincia autonoma di Bolzano, in quanto sganciata dal finanziamento del Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell’art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994.

Il richiamo ai livelli essenziali di assistenza sarebbe inconferente, considerato il potere provinciale di incrementare il livello di tutela rispetto a quanto fissato dal legislatore statale.

9.– Con memoria depositata il 29 settembre 2014 la Provincia autonoma di Bolzano evidenzia l’intervenuta attuazione dell’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 ad opera del decreto del Ministero della salute 18 ottobre 2012 (Remunerazione prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, assistenza ospedaliera di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale).

10.– Con ricorso depositato il 18 ottobre 2012 ed iscritto al registro ricorsi n. 156 del 2012, la Provincia autonoma di Trento ha impugnato l’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 in riferimento agli artt. 9, primo comma, numero 10), 16 e 79 dello statuto della Regione autonoma Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 2, secondo comma, del d.P.R. n. 474 del 1975 ed al d.P.R. n. 197 del 1980, nonché in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.

10.1.– La Provincia autonoma di Trento inquadra preliminarmente le competenze provinciali in tema di sanità richiamando le disposizioni statutarie (segnatamente gli artt. 9, primo comma, numero 10), e 16 dello statuto) per poi segnalare che, in base alla giurisprudenza di questa Corte, la competenza provinciale si sarebbe estesa con la riforma del Titolo V Cost. in ragione dell’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di «tutela della salute». Inoltre, l’art. 2, secondo comma, del d.P.R. n. 474 del 1975 assegna alle Province autonome le potestà legislative e amministrative attinenti al funzionamento e alla gestione delle istituzioni e degli enti sanitari, chiamandole a garantire prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standard minimi previsti dalle normative nazionale e comunitaria.

Relativamente al meccanismo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, la ricorrente evidenzia come l’art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994 disponga che le Province autonome provvedano al relativo finanziamento nei rispettivi territori, senza alcun apporto da parte del bilancio statale. Questa disposizione si inserirebbe in un più ampio contesto, relativo alla materia finanziaria, in cui vengono precisati – segnatamente dall’art. 79, primo comma, dello statuto – i termini nei quali le Province autonome partecipano agli obiettivi, tra l’altro, di perequazione e solidarietà. L’art. 79, terzo comma, dello statuto, inoltre, precisa che spetta alle Province autonome stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilità interno, anche con riferimento alle aziende sanitarie, escludendo l’applicazione delle misure adottate per le Regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale. Infine, il quarto comma del medesimo art. 79 ribadirebbe che le disposizioni statali relative agli obiettivi di perequazione e solidarietà, nonché al patto di stabilità interno, non trovano applicazione con riferimento alle Province autonome.

Così ricostruito il quadro normativo, la ricorrente denuncia innanzitutto l’illegittimità del vincolo al rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera fissati con regolamento statale, in quanto non si tratterebbe di livelli essenziali, ma dell’obbligo di non oltrepassare gli standard stessi. Se tale disposizione venisse interpretata nel senso di stabilire standard inderogabili anche nel massimo, la sua applicazione alla Provincia autonoma di Trento sarebbe costituzionalmente illegittima in quanto sarebbe violata la norma di attuazione di cui all’art. 2, secondo comma, del d.P.R. n. 474 del 1975, laddove stabilisce che la Provincia garantisca l’erogazione di prestazioni di assistenza «non inferiori» a standard minimi previsti dalle normative nazionale e comunitaria, consentendo dunque di garantire standard superiori a tale livello.

Verrebbe inoltre lesa l’autonomia finanziaria provinciale relativamente al finanziamento della sanità. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la legislazione statale non potrebbe dettare norme di coordinamento finanziario relative al finanziamento della spesa sanitaria, qualora – come nella fattispecie – non vi concorra.

In terzo luogo, la limitazione negli standard in materia sanitaria sarebbe incongrua anche se commisurata alla generale autonomia finanziaria provinciale. Infatti, l’art. 79 dello statuto e il principio dell’accordo, al centro dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali, escluderebbe che la Provincia sia soggetta alle misure di coordinamento finanziario relative alle Regioni ordinarie. Dunque, sarebbe illegittima l’assimilazione a queste ultime, atteso che la ricorrente finanzia il Servizio sanitario nazionale ed è dotata di uno speciale regime con riferimento al concorso agli obiettivi di finanza pubblica, anche con specifico riferimento alle aziende sanitarie.

Risulterebbe altresì illegittimo quanto disposto dalla normativa censurata con riferimento ai provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri, con l’obbligo che questa avvenga per almeno il cinquanta per cento a carico dei presidi ospedalieri pubblici e tramite la soppressione di unità operative complesse. A tale vincolo si opporrebbero innanzitutto le medesime considerazioni relative alla norma di attuazione di cui all’art. 2, secondo comma, del d.P.R. n. 474 del 1975, così come di quelle relative all’autonomia finanziaria provinciale, sia generale che specifica per il settore sanitario. Inoltre, a tali profili d’illegittimità si aggiungerebbe quello relativo al carattere dettagliato dei vincoli in questione, dal momento che non si tratterebbe di livelli minimi, ma di standard relativi alle caratteristiche organizzative ed operative del servizio, in violazione della competenza in materia di «organizzazione sanitaria».

Sarebbe inoltre illegittima la disposizione di cui al terzo periodo del censurato art. 15, comma 13, lettera c), secondo cui nelle singole Regioni e Province autonome è sospeso il conferimento o il rinnovo d’incarichi a tempo determinato fino alla realizzazione del processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti unità operative complesse. Tale disposizione da un lato si connetterebbe strumentalmente alle disposizioni già contestate, evidenziando che queste ultime enucleano non standard minimi, ma livelli massimi da non superare; dall’altro, essa recherebbe una disciplina direttamente ed immediatamente precettiva, facendo sorgere doveri e divieti, in violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, in base al quale nelle materie provinciali le leggi statali non si applicano direttamente, ma fanno sorgere solo doveri di adeguamento, nella misura in cui concretano limiti statutari.

11.– Con atto depositato il 22 novembre 2012 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza delle questioni proposte dalla Provincia autonoma di Trento.

11.1.– Preliminarmente, il resistente evidenzia che l’art. 15 del d.l. n. 95 del 2012 forma oggetto di deroga espressa alla clausola di salvaguardia prevista al successivo art. 24-bis a favore delle autonomie speciali e, pertanto, sarebbe applicabile a tali enti nei limiti e nei termini previsti.

Venendo poi a qualificare l’intervento del legislatore statale, il resistente afferma che, trattandosi di misure complessivamente destinate a perseguire il rapido riequilibrio dei conti pubblici, come ripetutamente richiesto dall’Unione europea, la materia sarebbe rimessa, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera a), Cost., alla competenza esclusiva statale in tema di «rapporti dello Stato con l’Unione europea».

Inoltre, il regolamento indicato dall’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 atterrebbe direttamente ai livelli essenziali di assistenza, la cui determinazione compete allo Stato in forza dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

12.– Con memoria depositata il 28 maggio 2013 la Provincia autonoma di Trento ha ulteriormente argomentato in ordine alle censure proposte.

12.1.– In particolare, la Provincia sostiene che l’oggetto ed il fine della disposizione censurata inducono a ricondurla nell’ambito dell’organizzazione sanitaria e del coordinamento finanziario piuttosto che in quello dei rapporti tra lo Stato e l’Unione europea. Inoltre, il riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni non sarebbe corretto, in quanto essi garantirebbero un uniforme trattamento di base e non imporrebbero un’assoluta uniformità delle prestazioni.

13.– Con memoria depositata il 28 maggio 2013 il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito l’infondatezza dell’impugnativa provinciale.

13.1.– In particolare, secondo il resistente, l’intervento normativo in considerazione si inquadrerebbe all’interno di un processo di riduzione del fabbisogno sanitario attraverso l’efficientamento del sistema, a cui corrisponderebbe la ratio dell’art. 15, comma 3, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 che al contempo rientrerebbe nel potere statale di fissare i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie.

14.– Con memoria depositata il 7 gennaio 2014 la Provincia autonoma di Trento ha ulteriormente negato la riconducibilità dell’intervento normativo statale al coordinamento della finanza pubblica o ai livelli essenziali delle prestazioni.

15.– Con ricorso depositato il 25 febbraio 2013 ed iscritto al n. 24 del registro ricorsi dell’anno 2013, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha promosso questione di legittimità costituzionale, tra gli altri, dell’art. 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), in riferimento agli artt. 2, primo comma, lettera a), 3, primo comma, lettere f) ed l), 4, 12, 48-bis e 50 dello statuto della Regione autonoma Valle d’Aosta /Vallée d’Aoste, in relazione agli articoli da 2 a 7 della legge n. 690 del 1981 ed agli artt. 34 e 36 della legge n. 724 del 1994, nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, ed ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione.

15.1.– L’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 dispone una riduzione del livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento – come già rideterminato dall’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012 – stabilendo che il relativo importo è ridoto di 600 milioni di euro per l’anno 2013 e di 1.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014. La disposizione aggiunge che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano assicurano detto concorso «mediante le procedure previste dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni» e che fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al citato art. 27 della legge n. 42 del 2009, l’importo del concorso alla manovra «è annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali».

Ad avviso della ricorrente, la disposizione impugnata sarebbe lesiva dell’autonomia organizzativa e finanziaria come disegnata dallo statuto, che riserva alla Regione la potestà legislativa in materia di «ordinamento contabile», in base all’art. 2, primo comma, lettera a), e la potestà legislativa integrativa e attuativa in materia sia di «finanze regionali e comunali» che di «igiene e sanità, assistenza ospedaliera e profilattica», ai sensi dell’art. 3, primo comma, lettere f) ed l); l’art. 4 dello statuto attribuisce poi alla Regione il potere di esercitare nei predetti ambiti di competenza le corrispondenti funzioni amministrative e l’art. 12 garantisce alla Regione, oltre al gettito delle entrate proprie, anche una quota dei tributi erariali. In attuazione di tali previsioni – prosegue la ricorrente – è stata approvata la legge n. 724 del 1994, i cui artt. 34 e 36 stabiliscono che la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste provvede al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nel proprio territorio senza oneri a carico del bilancio statale. Ne consegue che l’obbligo di concorso alla manovra imposto alla Regione si porrebbe in contrasto con i parametri suindicati, in quanto lo Stato non avrebbe titolo per dettare norme di coordinamento finanziario nelle ipotesti in cui esso non concorre al finanziamento della spesa sanitaria.

Sotto ulteriore e concorrente profilo, la Regione denuncia l’illegittimità della disciplina gravata in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in ragione dell’intollerabile compressione dell’autonomia finanziaria valdostana in materia sanitaria, in assenza di qualsiasi titolo attributivo della competenza. La lesione di dette prerogative regionali è dedotta, altresì, in relazione al meccanismo di concorso dettato dal legislatore statale, diretto ad incidere unilateralmente sull’entità della compartecipazione regionale ai tributi erariali, in contrasto con le «procedure pattizie» previste dalla normativa di attuazione statutaria di cui agli articoli da 2 a 7 della legge n. 690 del 1981, che fissano le quote di tributi erariali spettanti alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, ed in violazione dell’autonomia organizzativa e finanziaria riconosciuta dagli artt. 2, primo comma, lettera a), 3, primo comma, lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 dello statuto.

Secondo la difesa della ricorrente, la mancata previsione di una forma di partecipazione diretta della Regione alla definizione delle modalità del concorso finanziario comporterebbe la violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 120 Cost., che imporrebbe la tecnica dell’accordo in materia di rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni a statuto speciale.

L’illegittimità costituzionale della disciplina dettata dal comma 132 in scrutinio è infine dedotta anche in riferimento al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., in quanto il previsto «accantonamento a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali» operante fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009 ridonderebbe – in assenza di una disciplina statale che individui un termine finale per l’adozione di tale normativa di attuazione – nella menomazione della sfera di autonomia organizzativa e finanziaria regionale.

16.– Con atto depositato il 2 aprile 2013 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.

16.1.– Il resistente rileva, innanzitutto, come la disposizione censurata sia diretta a ridurre il livello del fabbisogno sanitario e del correlato finanziamento in conseguenza dell’introduzione delle misure previste dal comma 131 del medesimo art. 1 della legge n. 228 del 2012, che avrebbero determinato una corrispondente riduzione dei costi per le Regioni e le Province autonome. A tale proposito, prosegue la difesa erariale, la manovra in materia sanitaria risponderebbe alla finalità di garantire il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea: ciò imporrebbe, in un contesto di grave crisi finanziaria, la riduzione dei costi che il Servizio sanitario nazionale nella sua interezza è chiamato a sopportare e determinerebbe, pertanto, un minore fabbisogno sanitario espresso in termini finanziari. In tale contesto sarebbe stato, pertanto, necessario non solo ridurre il livello dei trasferimenti statali a favore delle Regioni a statuto ordinario e della Regione siciliana, ma anche ridefinire le relazioni finanziarie con le autonomie speciali nello stesso ambito, posto che, in caso contrario, queste ultime potrebbero effettuare una maggiore spesa rispetto a quella consentita alle altre Regioni, con conseguenti discriminazioni tra diverse platee di cittadini fondate sulla mera residenza regionale.

Conclusivamente, l’Avvocatura generale dello Stato sostiene che la disposizione che impone alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome il concorso alla riduzione del finanziamento del Servizio sanitario nazionale mediante le procedure previste dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009 – secondo quanto già previsto dall’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012 – sarebbe idonea a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione «mentre l’accantonamento prudenziale a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali è previsto transitoriamente al fine di garantire gli effetti positivi sulla finanza pubblica nelle more della concreta attuazione del predetto articolo 27».

17.– Con ricorso depositato l’8 marzo 2013 ed iscritto al n. 43 del registro ricorsi dell’anno 2013, la Regione siciliana ha promosso questione di legittimità costituzionale, tra l’altro, dell’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 in riferimento agli artt. 17, lettere b) e c), e 20, del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), ed al principio di leale collaborazione.

17.1.– Premessi cenni sul contenuto della legge di stabilità 2013, la ricorrente osserva che le misure di riduzione del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale di cui ai commi 131 e 132 dell’art. 1 della citata legge n. 228 del 2012 sarebbero lesive del principio costituzionale di leale collaborazione che dovrebbe presiedere e regolare i rapporti tra gli enti che costituiscono la Repubblica in quanto «[l]’esclusione della Sicilia dal meccanismo applicato alle altre autonomie speciali per l’attuazione del risparmio dipende solo dal diverso sistema di finanziamento dell’assistenza sanitaria».

La difesa regionale denuncia l’arbitrarietà della scelta del legislatore nazionale di non considerare in alcun modo il ruolo e gli interessi della Regione, già sottoposta alle specifiche misure di contenimento della spesa sanitaria di cui all’Accordo del 31 luglio 2007, intercorso tra il Ministro della salute, il Ministro dell’economia e delle finanze e la Regione siciliana per l’approvazione del Piano di rientro e degli interventi di riequilibrio economico del Servizio sanitario regionale per il 2007-2009 ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), e di cui al Programma operativo regionale 2010-2012 per la prosecuzione del predetto Piano di rientro, richiesto ai sensi dell’art. 11 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Da ultimo, prosegue la ricorrente, l’Assessore regionale per la salute, con nota del 24 gennaio 2013, n. 6795, avrebbe manifestato la volontà di procedere nel percorso di riqualificazione del sistema sanitario, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 15, comma 20, del d.l. n. 95 del 2012 con l’elaborazione di un Programma di consolidamento e sviluppo, per il periodo 2013-2015, delle misure strutturali e di innalzamento dei livelli di qualità del sistema sanitario regionale.

In tale quadro, la riduzione del livello di fabbisogno e del suo finanziamento lederebbe, in particolare, la Regione siciliana, rendendo più gravoso il raggiungimento degli obiettivi già concordati con lo Stato con i suindicati Piani ed impedendo, tra l’altro, lo svincolo di ingenti risorse economiche a vantaggio del bilancio regionale, posto che la condizione per l’accesso a tali risorse sarebbe la positiva verifica degli adempimenti scaturenti dai Piani medesimi, come previsto dal citato art. 11 del d.l. n. 78 del 2010, il quale stabilisce che «La prosecuzione e il completamento del Piano di rientro sono condizioni per l’attribuzione in via definitiva delle risorse finanziarie, in termini di competenza e di cassa, già previste a legislazione vigente e condizionate alla piena attuazione del Piano». Da ciò conseguirebbe, a detta della ricorrente, che la prevista riduzione del fabbisogno sanitario ed il decremento del finanziamento complessivo del sistema sanitario causerebbe un ulteriore ostacolo al raggiungimento della stabilizzazione del livello di spesa e del correlato suo allineamento al finanziamento ordinario programmato.

La difesa regionale aggiunge che a fronte dei maggiori oneri di compartecipazione previsti dall’art. 1, comma 830, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007), e fatti gravare sul bilancio regionale, lo Stato non avrebbe adeguato i livelli di retrocessione delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel territorio regionale, né avrebbe assicurato diverse fonti finanziarie per coprire tali maggiori bisogni, con la conseguente creazione di uno squilibrio strutturale nella gestione del bilancio regionale che, fino al 2012, si sarebbe potuto gestire grazie alla possibilità di utilizzare i fondi per le aree sottoutilizzate (Fas) per il ripiano delle perdite risalenti delle aziende sanitarie siciliane. Evidenzia inoltre che – in coerenza con il Patto nazionale per la salute per il triennio 2007-2009 ed ai fini dell’accesso al fondo transitorio di cui all’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296 del 2006, con decorrenza dall’anno di imposta 2008 – la Regione siciliana avrebbe fatto ricorso alla leva fiscale, innalzando al massimo l’aliquota dell’addizionale regionale dell’IRPEF e dell’IRAP: dette maggiorazioni sarebbero state mantenute anche per il triennio 2013-2015, destinando il maggior gettito alla copertura del disavanzo di gestione nel settore sanitario e, per la differenza, al finanziamento della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria come fissata dall’art. 1 della legge della Regione siciliana 9 maggio 2012, n. 26 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2012 – Legge di stabilità regionale).

Conclusivamente, la Regione si duole del fatto che, non potendo più azionare la leva fiscale per rientrare dal disavanzo programmato della spesa sanitaria, la norma statale verrebbe ad incidere negativamente sull’entità di detto disavanzo, creando maggiori difficoltà per gli adempimenti previsti dal Piano di rientro, che si aggiungono a quelli necessari per garantire i livelli elementari di assistenza.

La ricorrente afferma infine che «anche a voler ritenere che la disposizione non comporti, quanto meno direttamente, un pregiudizio all’assetto finanziario regionale di cui all’art. 36 dello Statuto, appunto per la clausola “ad esclusione” della Regione siciliana e per la circostanza che l’aliquota regionale di compartecipazione alla spesa sanitaria va applicata ad un minor livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale», l’unilaterale valutazione di detto fabbisogno sarebbe lesiva delle prerogative regionali, in quanto assunta senza tener conto delle esigenze della sanità siciliana, massimamente impegnata, in base al Piano di rientro, nella razionalizzazione e nel contenimento della spesa.

18.– Con atto depositato l’8 aprile 2013 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, infondato.

18.1.– L’Avvocatura generale osserva che la disposizione censurata sarebbe diretta a ridurre il livello del fabbisogno sanitario e del relativo finanziamento come conseguenza dell’introduzione delle ulteriori misure di contenimento della spesa pubblica di cui all’art. 1, comma 131, della legge n. 228 del 2012, le quali avrebbero determinato la corrispondente riduzione dei costi per le Regioni e le Province autonome. Aggiunge che la normativa statale impugnata risponderebbe alla finalità di ridurre, in via omogenea e su tutto il territorio nazionale, il fabbisogno del Servizio sanitario nazionale in un contesto di grave crisi finanziaria, oltre che per garantire il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea. Ciò avrebbe reso appunto necessaria – per consentire allo Stato di poter rientrare nella disponibilità di una quota delle risorse finanziarie già stanziate – la riduzione dei costi del Servizio sanitario nazionale nella sua interezza mediante la rideterminazione dei trasferimenti statali a favore delle Regioni a statuto ordinario e della Regione siciliana.

Ad avviso della difesa erariale risulterebbe comunque rispettato il principio di leale collaborazione tra Stato ed autonomie speciali, dal momento che, in base al disposto dell’art. 27 della legge n. 42 del 2009, l’attuazione del concorso delle Regioni a statuto speciale al conseguimento degli obiettivi di perequazione potrebbe essere garantita «anche mediante l’assunzione di oneri derivanti [...] da altre misure finalizzate al conseguimento di risparmi per il bilancio dello Stato». Richiama, inoltre, le pronunce in cui questa Corte ha riconosciuto il potere del legislatore statale di imporre agli enti autonomi vincoli alle politiche di bilancio per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali ed obblighi comunitari – anche se essi si traducono in limitazioni indirette alla loro autonomia di spesa – nonché limiti complessivi alla crescita della spesa corrente, in via transitoria ed in vista degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica. Detti vincoli sarebbero applicabili anche alle autonomie speciali in considerazione dell’obbligo di generale partecipazione di tutte le Regioni all’azione di risanamento della finanza pubblica.

Quanto alla specifica doglianza della Regione siciliana secondo cui la riduzione del fondo sanitario nazionale verrebbe a compromettere la possibilità per la Regione stessa di ottemperare agli obblighi dei Piani di rientro in relazione ai disavanzi sanitari, la difesa dello Stato ne contesta il fondamento sul rilievo che a detta riduzione – applicata anche alle altre sette Regioni impegnate nei Piani di rientro – corrisponderebbero minori oneri per il Servizio sanitario regionale.

19.– Con memoria depositata il 30 settembre 2014 il resistente ha prospettato la cessazione della materia del contendere in ordine all’impugnazione dell’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 in ragione dell’accordo in materia di finanza pubblica sottoscritto il 9 giugno 2014 dal Ministro dell’economia e delle finanze con la Regione siciliana.

Considerato in diritto

1.– Con i ricorsi indicati in epigrafe la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e le Province autonome di Bolzano e di Trento impugnano, tra le altre, alcune disposizioni contenute nell’art. 15 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135.

1.1.– In particolare, la Regione propone questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 22, del citato decreto in riferimento agli artt. 2, primo comma, lettera a), 3, primo comma, lettere f) ed l), 4, 12, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), in relazione agli artt. 34 e 36 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), ed agli articoli da 2 a 7 della legge 26 novembre 1981, n. 690 (Revisione dell’ordinamento finanziario della regione Valle d’Aosta), nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ed ai principi di leale collaborazione e di ragionevolezza.

La Provincia autonoma di Bolzano impugna l’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 in riferimento agli artt. 4, primo comma, numero 7), 8, primo comma, numero 1), 9, primo comma, numero 10), e 16 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità), al decreto del Presidente della Repubblica 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474), ed agli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), nonché in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost. in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

Anche la Provincia autonoma di Trento impugna l’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 in riferimento agli artt. 9, primo comma, numero 10), 16 e 79 dello statuto della Regione autonoma Trentino-Alto Adige, in relazione all’art. 2, secondo comma, del d.P.R. n. 474 del 1975 ed al d.P.R. n. 197 del 1980, nonché in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost.

L’art. 15 (Disposizioni urgenti per l’equilibrio del settore sanitario e misure di governo della spesa farmaceutica) del d.l. n. 95 del 2012 prevede una serie di misure che determinano una riduzione dei costi nel settore sanitario. Tra di esse si annovera quella disposta dall’art. 15, comma 13, lettera c), secondo il quale «Al fine di razionalizzare le risorse in ambito sanitario e di conseguire una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi: […] c) sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera fissati, entro il 31 ottobre 2012, con regolamento approvato ai sensi dell’articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché tenendo conto della mobilità interregionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, nel rispetto della riorganizzazione di servizi distrettuali e delle cure primarie finalizzate all’assistenza 24 ore su 24 sul territorio adeguandoli agli standard europei, entro il 31 dicembre 2012, provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici ed assumendo come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni. La riduzione dei posti letto è a carico dei presidi ospedalieri pubblici per una quota non inferiore al 50 per cento del totale dei posti letto da ridurre ed è conseguita esclusivamente attraverso la soppressione di unità operative complesse. Nelle singole regioni e province autonome, fino ad avvenuta realizzazione del processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti unità operative complesse, è sospeso il conferimento o il rinnovo di incarichi ai sensi dell’articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Nell’ambito del processo di riduzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano operano una verifica, sotto il profilo assistenziale e gestionale, della funzionalità delle piccole strutture ospedaliere pubbliche, anche se funzionalmente e amministrativamente facenti parte di presidi ospedalieri articolati in più sedi, e promuovono l’ulteriore passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all’assistenza in regime ambulatoriale, favorendo l’assistenza residenziale e domiciliare».

Il comma 22 del medesimo art. 15 dispone che «In funzione delle disposizioni recate dal presente articolo il livello del fabbisogno del servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento, previsto dalla vigente legislazione, è ridotto di 900 milioni di euro per l’anno 2012, di 1.800 milioni di euro per l’anno 2013 e di 2.000 milioni di euro per l’anno 2014 e 2.100 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Le predette riduzioni sono ripartite fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano secondo criteri e modalità proposti in sede di autocoordinamento dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano medesime, da recepire, in sede di espressione dell’Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per la ripartizione del fabbisogno sanitario e delle disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale, entro il 30 settembre 2012, con riferimento all’anno 2012 ed entro il 30 novembre 2012 con riferimento agli anni 2013 e seguenti. Qualora non intervenga la predetta proposta entro i termini predetti, all’attribuzione del concorso alla manovra di correzione dei conti alle singole regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, alla ripartizione del fabbisogno e alla ripartizione delle disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale si provvede secondo i criteri previsti dalla normativa vigente. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad esclusione della regione Siciliana, assicurano il concorso di cui al presente comma mediante le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42. Fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto articolo 27, l’importo del concorso alla manovra di cui al presente comma è annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali».

2.– Con i ricorsi indicati in epigrafe la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e la Regione siciliana impugnano, tra le altre disposizioni, l’art. 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013).

2.1.– In particolare, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste propone questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 in riferimento agli artt. 2, primo comma, lettera a), 3, primo comma, lettera f) ed l), 4, 12, 48-bis e 50 dello statuto della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, in relazione agli articoli da 2 a 7 della legge n. 690 del 1981 ed agli artt. 34 e 36 della legge n. 724 del 1994, nonché in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, ed ai principi di ragionevolezza e di leale collaborazione.

La Regione siciliana impugna il medesimo art. 1, comma 132, in riferimento agli artt. 17, lettere b) e c), e 20 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), ed al principio di leale collaborazione.

L’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 prevede un’ulteriore riduzione del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del relativo finanziamento, disponendo che «In funzione delle disposizioni recate dal comma 131 e dal presente comma, il livello del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento, come rideterminato dall’articolo 15, comma 22, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è ridotto di 600 milioni di euro per l’anno 2013 e di 1.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, ad esclusione della Regione siciliana, assicurano il concorso di cui al presente comma mediante le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni. Fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al citato articolo 27 della legge n. 42 del 2009, l’importo del concorso alla manovra di cui al presente comma è annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali».

3.– I ricorsi vertono sulle medesime disposizioni o su disposizioni strettamente correlate e pongono problematiche parzialmente analoghe, sicché ne è opportuna la riunione ai fini di una decisione congiunta, riservando a separate decisioni la trattazione delle questioni vertenti sulle altre norme contestualmente impugnate.

4.– Per ragioni di sequenzialità logica, lo scrutinio deve prendere le mosse dalle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 proposte dalle Province autonome di Bolzano e di Trento, che contestano le specifiche misure di contenimento della spesa ivi previste, invocando le proprie competenze in materia sanitaria.

Queste ultime trovano fondamento nei rispettivi statuti speciali e nelle norme di attuazione, nonché nell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la materia «tutela della salute» da esso contemplata è più ampia rispetto a quella «igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera» (art. 9, primo comma, numero 10, dello statuto Trentino-Alto Adige), in cui le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno competenza legislativa concorrente. Ne deriva l’applicazione dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 (sentenza n. 134 del 2006) il quale prescrive che «[…] le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite».

4.1.– Alla luce di quanto premesso le questioni sono fondate.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte la ridefinizione del numero dei posti letto fruibili va ricondotta alle materie della «tutela della salute» e del «coordinamento della finanza pubblica» (sentenza n. 289 del 2010). I primi due periodi dell’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012, che ne prevedono la riduzione, sono pertanto ascrivibili a detti titoli di competenza legislativa, secondo cui lo Stato determina i principi generali della materia e le Regioni la normazione specificativa.

Le norme impugnate non si articolano in enunciati generali riconducibili alla categoria dei principi, ma pongono in essere una disciplina di dettaglio. Ciò comporta che le misure in considerazione non possono trovare fondamento nella potestà legislativa concorrente dello Stato, così come sostenuto dalla difesa erariale.

A tale argomento si aggiunge il rilevo che, ai sensi dell’art. 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), «La regione Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato […]». Dunque, come meglio chiarito in prosieguo, lo Stato non ha comunque titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalità di contenimento di una spesa sanitaria interamente sostenuta da tali enti.

Le disposizioni in esame non possono nemmeno essere ricondotte alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di livelli essenziali di assistenza (LEA), ex art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., così come ritenuto dall’Avvocatura dello Stato e come evocato dall’incipit dell’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012 e dal richiamo ivi operato all’art. 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005).

La Corte ha già avuto modo di precisare che questo titolo di legittimazione dell’intervento dello Stato riguarda fattispecie per le quali la normativa statale definisce il livello essenziale di erogazione delle prestazioni destinate ai fruitori dei vari servizi sociali. Nella prospettiva della loro tutela la Costituzione assegna «al legislatore statale un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di una adeguata uniformità di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto» (sentenza n. 111 del 2014). Si tratta, dunque, «non tanto di una “materia” in senso stretto, quanto di una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle» (sentenza n. 207 del 2012).

I LEA rappresentano quindi degli «standard minimi» (sentenza n. 115 del 2012) da assicurare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, per cui «la deroga alla competenza legislativa delle Regioni, in favore di quella dello Stato, è ammessa solo nei limiti necessari ad evitare che, in parti del territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad un regime di assistenza sanitaria inferiore, per quantità e qualità, a quello ritenuto intangibile dallo Stato» (sentenza n. 207 del 2010), «ferma comunque la possibilità delle singole Regioni, nell’ambito della loro competenza concorrente in materia, di migliorare i suddetti livelli di prestazioni» (sentenza n. 200 del 2009). Fermo restando che le prestazioni attualmente assicurate dal servizio sanitario provinciale presentano livelli sicuramente superiori a quelli previsti dalle disposizioni impugnate, occorre ricordare che l’art. 2, secondo comma, del d.P.R. n. 474 del 1975 – recante la normativa di attuazione statutaria trentina in materia di igiene e sanità – vincola le Province autonome a «garantire l’erogazione di prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiore agli standards minimi previsti dalle normative nazionale e comunitaria» e che, come accennato, le stesse Province finanziano integralmente il Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori.

Alla luce delle esposte premesse, si deve sottolineare come l’art. 15, comma 13, lettera c), del d.l. n. 95 del 2012, disponendo una riduzione dello standard dei posti letto, non tenda a garantire un minimum intangibile alla prestazione, ma ad imporre un tetto massimo alla stessa. Quest’ultima prescrizione, dunque, non essendo nemmeno correlata all’ipotesi del finanziamento da parte dello Stato, non appare conforme ai parametri di riferimento invocati nel ricorso.

L’illegittimità costituzionale della disposizione nella parte in cui prescrive la riduzione dei posti letto (primo e secondo periodo) determina il travolgimento del terzo periodo della stessa – che «fino ad avvenuta realizzazione del processo di riduzione» sospende il conferimento o il rinnovo dei contratti a tempo determinato in ambito sanitario – e di quello successivo, che «[n]ell’ambito del processo di riduzione» dispone la verifica di funzionalità, sotto il profilo assistenziale e gestionale, delle piccole strutture ospedaliere e la promozione del passaggio dal ricovero ordinario a quello diurno e dal ricovero diurno all’assistenza ambulatoriale, favorendo altresì quella residenziale e domiciliare. Ciò in ragione del rapporto di presupposizione che lega le norme citate alle illegittime prescrizioni di riduzione contenute nei periodi immediatamente precedenti.

4.2.– I residui motivi di censura devono ritenersi assorbiti.

5.– Per valutare compiutamente la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012 promossa dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste è utile evidenziare come la disposizione si correli direttamente ai commi precedenti del medesimo art. 15. Questi ultimi, prevedendo misure di contenimento della spesa, comportano una riduzione dei costi nel settore sanitario e, conseguentemente, una riduzione del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale e del relativo finanziamento secondo le quantificazioni globali indicate nella disposizione impugnata. Le misure di riduzione dei costi disposte dai commi precedenti riguarderebbero anche la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste che, ai sensi dell’art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994, finanzia interamente nel suo territorio il Servizio sanitario nazionale senza oneri a carico del bilancio statale.

Attraverso la norma impugnata – che coinvolge nel riparto della riduzione del fabbisogno e del relativo finanziamento anche la Regione in considerazione, imponendole un «concorso alla manovra di correzione dei conti» – lo Stato acquisirebbe senza titolo l’eventuale risparmio realizzato da quest’ultima sulla base delle disposizioni ivi richiamate.

5.1. – Tanto premesso, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012 promossa dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste è fondata in riferimento agli artt. 48-bis e 50, quinto comma, dello statuto regionale, in relazione agli artt. 34 e 36 della legge n. 724 del 1994, ed al principio di leale collaborazione.

Il citato art. 34 ed il successivo art. 36 – secondo il quale «Rimangono salve le competenze attribuite alla regione Valle d’Aosta dalla legge 26 novembre 1981, n. 690» – della legge n. 724 del 1994 non contengono norme di attuazione statutaria e non hanno pertanto rango superiore a quello della legge ordinaria. Tuttavia, la disciplina dell’ordinamento finanziario della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste può essere modificata solo con l’accordo della medesima, in virtù degli artt. 48-bis e 50, quinto comma, dello statuto (sentenza n. 133 del 2010).

L’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012 incide invece in modo unilaterale, violando il principio di leale collaborazione, sull’autonomia finanziaria della ricorrente, la cui specialità sarebbe vanificata se fosse possibile variare l’assetto dei rapporti finanziari con lo Stato attraverso una semplice legge ordinaria (sentenza n. 133 del 2010).

Nel caso in esame non vale richiamare la potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.: questa Corte ha infatti precisato che «lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, “neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario” (sentenza n. 341 del 2009)» (sentenza n. 133 del 2010; nello stesso senso, successivamente, sentenze n. 115 e n. 187 del 2012).

Come evidenziato, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste non grava, per il finanziamento della spesa sanitaria nell’ambito del proprio territorio, sul bilancio dello Stato e quindi quest’ultimo non è legittimato ad imporle il descritto concorso.

Infine, si sottolinea come nel caso in esame non rilevi l’esigenza di riparto degli obiettivi del patto di stabilità o di ottemperanza a precisi vincoli assunti dallo Stato in sede europea, ipotesi per le quali è consentita la determinazione unilaterale del concorso da parte dello Stato in attesa del perfezionamento delle procedure pattizie previste per le autonomie speciali (sentenza n. 19 del 2015). A ben vedere, il meccanismo previsto dalla norma impugnata costituisce una mera riallocazione di risorse all’interno del bilancio consolidato delle pubbliche amministrazioni: infatti alla riduzione complessiva del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale le autonomie speciali – ad esclusione della Regione siciliana – partecipano, ai sensi del comma 22 dell’art. 15, attraverso un conferimento di risorse, mentre le Regioni a statuto ordinario e la stessa Regione siciliana subiscono, per effetto della stessa norma, la riduzione pro quota del finanziamento attinto dal bilancio dello Stato mediante il tradizionale trasferimento di fondi. Ne consegue che della sommatoria della riduzione dei trasferimenti alle Regioni a statuto ordinario e dell’acquisizione dalle autonomie speciali beneficia direttamente il bilancio dello Stato attraverso una diversa riallocazione di dette risorse.

Dal momento che il prelievo, di cui la disposizione censurata onera la ricorrente, non è conforme ai richiamati parametri costituzionali, detto vizio si riverbera sulle modalità relative alla sua determinazione, rendendo altresì illegittimo l’accantonamento dell’equivalente importo a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, il quale presuppone la legittima imposizione del contributo (in tal senso sentenze n. 77 e n. 82 del 2015).

5.2.– I residui motivi di censura devono ritenersi assorbiti.

6.– La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e la Regione siciliana hanno impugnato anche l’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012.

La disposizione in questione riduce ulteriormente il fabbisogno sanitario ed il correlato finanziamento, anche in questo caso chiamandovi a concorrere le autonomie speciali – ad esclusione della Regione siciliana – mediante le procedure previste dall’art. 27 della legge n. 42 del 2009 e, fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al citato articolo, disponendo che l’importo del concorso alla manovra sia annualmente accantonato a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.

6.1.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 promossa dalla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste in riferimento agli artt. 48-bis e 50, quinto comma, dello statuto, in relazione agli artt. 34 e 36 della legge n. 724 del 1994, ed al principio di leale collaborazione è fondata.

È evidente che la disposizione censurata riproduce sostanzialmente il contenuto del già richiamato art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012, incrementando, rispetto a quanto da quest’ultimo previsto, la riduzione del fabbisogno del Servizio sanitario nazionale nonché del relativo finanziamento secondo le quantificazioni globali indicate e chiamando a concorrervi le autonomie speciali – ad esclusione della Regione siciliana – secondo un meccanismo corrispondente a quello di cui agli ultimi due periodi del citato art. 15, comma 22.

Le censure articolate in modo analogo a quelle proposte avverso l’art. 15, comma 22, devono essere pertanto accolte con conseguente dichiarazione d’illegittimità costituzionale anche del censurato art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012.

Rimangono assorbiti gli ulteriori profili di censura.

6.2.– Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 promossa dalla Regione siciliana in riferimento agli artt. 17, lettere b) e c), e 20 dello statuto ed al principio di leale collaborazione, deve anzitutto escludersi che sia cessata la materia del contendere in ragione della sottoscrizione, da parte del Presidente della Regione, in data 9 giugno 2014, di «un’ipotesi di accordo» con il Ministro dell’economia e delle finanze (sentenza n. 19 del 2015; nello stesso senso, implicitamente, sentenze n. 77 e n. 82 del 2015).

Tanto premesso, la questione è inammissibile.

In sostanza, la ricorrente, evocando parametri statutari relativi alla potestà legislativa regionale ed alle funzioni amministrative in materia di «igiene e sanità pubblica» e di «assistenza sanitaria» ed il principio di leale collaborazione piuttosto che parametri finanziari, sostiene che la riduzione del fabbisogno sanitario e del relativo finanziamento interferirebbe con l’attuazione del Piano di rientro sanitario cui essa è soggetta.

Se il principio di leale collaborazione è meramente evocato e non meglio argomentato, con riferimento agli altri parametri – in disparte la loro conferenza – la Regione non chiarisce in che modo la disposizione censurata, che si correla all’adozione di misure di contenimento dei costi sanitari foriere di una riduzione di spesa, possa ostacolare l’attuazione del Piano di rientro volto al riequilibrio del Servizio sanitario regionale. Peraltro, tale pretesa interferenza ben avrebbe potuto essere argomentata in maniera chiara dalla Regione, considerate le prescrizioni dettate dall’art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) in ordine al rapporto tra spese sanitarie e disciplina del bilancio regionale, in modo da garantire «un’esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale, al fine di consentire la confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti di determinazione del fabbisogno sanitario regionale standard» (sentenza n. 51 del 2013, pronunciata proprio nei confronti della Regione siciliana).

In conclusione, le argomentazioni svolte dalla ricorrente a sostegno dell’impugnazione «non raggiungono quella soglia minima di chiarezza e completezza cui è subordinata l’ammissibilità delle impugnative in via principale (ex plurimus, sentenza n. 312 del 2013» (sentenza n. 88 del 2014).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati in epigrafe;

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui si applica alle Province autonome di Bolzano e di Trento;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 22, del d.l. n. 95 del 2012, nella parte in cui si applica alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), nella parte in cui si applica alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;

4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012, promossa, in riferimento agli artt. 17, lettere b) e c), e 20, del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello Statuto della Regione siciliana), ed al principio di leale collaborazione, dalla Regione siciliana.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 giugno 2015.

F.to:

Alessandro CRISCUOLO, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'1 luglio 2015.