Sentenza n. 182 del 2014

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SENTENZA N. 182

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Sabino                        CASSESE                              Presidente

-      Paolo Maria                NAPOLITANO                        Giudice

-      Giuseppe                    FRIGO                                           ”

-      Alessandro                 CRISCUOLO                                ”

-      Paolo                          GROSSI                                        ”

-      Aldo                           CAROSI                                        ”

-      Marta                          CARTABIA                                  ”

-      Sergio                         MATTARELLA                            ”

-      Mario Rosario             MORELLI                                     ”

-      Giancarlo                    CORAGGIO                                 ”

-      Giuliano                      AMATO                                        ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 4, 15, comma 2, e 135, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania nel procedimento vertente tra A.A. ed altri e l’UTG – Prefettura di Napoli ed altri, con ordinanza del 10 luglio 2013, iscritta al n. 13 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 maggio 2014 il Giudice relatore Giuliano Amato.

Ritenuto in fatto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, 76 e 125 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui prevede la devoluzione alla competenza inderogabile del TAR del Lazio, sede di Roma, delle controversie relative ai provvedimenti adottati ai sensi degli artt. 142 e 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

Il TAR ha inoltre sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 4, e 15, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi sull’istanza cautelare, nelle more della pronuncia del giudice competente sulla controversia.

2.− In punto di rilevanza, il TAR riferisce di essere chiamato a decidere in ordine al ricorso proposto da tre cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune di Giugliano in Campania, al fine di ottenere l’annullamento del d.P.R. 24 aprile 2013 con il quale − ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 − è stato disposto lo scioglimento degli organi elettivi dello stesso Comune di Giugliano ed è stata nominata la Commissione straordinaria incaricata della gestione.

Il TAR riferisce che i ricorrenti hanno altresì proposto istanza in sede cautelare e tuttavia gli artt. 13, comma 4, e 15, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2010 − che impongono il rilievo d’ufficio dell’incompetenza territoriale − impedirebbero la decisione dell’impugnativa e dell’istanza cautelare, nonché la delibazione sulla richiesta istruttoria formulata dalle difese dei ricorrenti, atteso che l’art. 135, comma 1, lettera q), del d.lgs. n. 104 del 2010, attribuisce le controversie alla competenza inderogabile del TAR del Lazio.

2.1.− Ad avviso del Collegio, l’art. 135, comma 1, lettera q), del d.lgs. n. 104 del 2010 si porrebbe in contrasto con l’art. 76 Cost., poiché l’introduzione di ulteriori ipotesi di competenza funzionale non sarebbe prevista tra i principi e criteri direttivi stabiliti dall’art. 44 della legge delega del 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile). D’altra parte, l’ampliamento della competenza del TAR del Lazio, sede di Roma, non potrebbe essere considerato come misura funzionale ad «[…] assicurare la snellezza, concentrazione, ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo [...]», secondo quanto previsto dall’art. 44, comma 2, lettera a) della legge n. 69 del 2009, né potrebbe essere inquadrato in alcuno degli altri principi e criteri direttivi enunciati dallo stesso art. 44, commi 1 e 2.

2.2.− Il TAR osserva inoltre che la deroga introdotta dall’art. 135, comma 1, lettera q), del d.lgs. n. 104 del 2010 agli ordinari criteri di riparto della competenza − fondati sull’efficacia territoriale dell’atto e sulla sede dell’autorità emanante − non sarebbe sorretta da alcun adeguato fondamento giustificativo; pur dovendosi riconoscere al legislatore ampia discrezionalità nella disciplina degli istituti processuali, va comunque rispettato il principio di uguaglianza e, segnatamente, il canone di ragionevolezza. Né, ad avviso del TAR, la disciplina in esame potrebbe ritenersi giustificata da un’esigenza di uniformità d’indirizzo giurisprudenziale in materia, in quanto − nel sistema della giustizia amministrativa − la funzione nomofilattica appartiene al giudice di appello.

2.3.− D’altra parte, ad avviso del giudice a quo, non sarebbe neppure ipotizzabile una diversa qualità del TAR del Lazio, tale da configurare una sorta di supremazia rispetto agli altri TAR periferici; l’evidente asimmetria di tale disegno inciderebbe sull’assetto ordinamentale della giustizia amministrativa, delineato nell’art. 125 Cost., che pone sullo stesso piano tutti gli organi giudiziari di primo grado, aventi pari funzioni ed ugualmente sottoposti al sindacato del Consiglio di Stato, come giudice di appello.

2.4.− Il Collegio ha inoltre sollevato, in riferimento agli artt. 24, primo comma, e 111, primo comma, Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 4, e 15, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi sull’istanza cautelare, nelle more della pronuncia del giudice competente sulla controversia. Il giudice a quo evidenzia in particolare che la tutela cautelare è garanzia essenziale e strumento necessario per l’effettivo soddisfacimento dei diritti e degli interessi legittimi che costituiscono l’oggetto del giudizio; pertanto, la preclusione imposta al giudice adito, «[…] costretto dalla legge a negare la giustizia cautelare per un mero profilo di incompetenza territoriale», risulterebbe contraria ai principi costituzionali di effettività e di tempestività della tutela giurisdizionale e del giusto processo.

3.− Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata manifestamente infondata.

3.1.– Con riferimento alla censura relativa alla violazione dell’art. 76 Cost., l’Avvocatura dello Stato ha osservato che i contenuti della delega di cui al citato art. 44 della legge n. 69 del 2009 sarebbero adeguatamente ampi, così da ricomprendere anche la previsione di ipotesi di competenza funzionale del TAR Lazio; la difesa dello Stato evidenzia in particolare che la delega concerne il riassetto della disciplina del processo avanti ai TAR e al Consiglio di Stato e mira, espressamente, ad adeguare la relativa normativa alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori, a coordinarla con i principi generali espressi dal codice di procedura civile, ad assicurare la concentrazione delle tutele, nonché a riordinare la tutela cautelare ante causam.

3.2.– In relazione alla violazione dell’art. 3 Cost., l’Avvocatura dello Stato ritiene che le caratteristiche dei provvedimenti di cui agli artt. 142 e 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 sarebbero sufficienti a giustificare la concentrazione delle tutele, anche cautelari, innanzi al medesimo giudice amministrativo, preservando, in tal modo, l’uniformità e l’omogeneità delle decisioni giurisdizionali in tale delicata materia.

Osserva l’Avvocatura dello Stato che ai provvedimenti di cui agli artt. 142 e 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 sono sottese articolate fasi procedimentali, caratterizzate dalla peculiare natura giuridica degli atti e delle relative finalità, le quali non sono volte alla repressione nei confronti dei singoli, bensì alla salvaguardia dell’amministrazione rispetto all’influenza della criminalità organizzata. La stessa istruttoria procedimentale, basata sull’attività delle forze dell’ordine e di un’apposita commissione di indagine, contempla diversi livelli di valutazione, dal prefetto, al ministro, al Consiglio dei ministri; i margini di apprezzamento particolarmente ampi attribuiti all’amministrazione statale troverebbero giustificazione nella necessità di valutare non episodici addebiti personali, bensì elementi tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata.

Tali peculiari esigenze sarebbero state attentamente considerate dal legislatore con l’introduzione della norma in esame, così giustificandosi la deroga all’ordinario criterio di distribuzione della competenza territoriale.

3.3.– L’Avvocatura generale deduce inoltre l’infondatezza della questione relativa alla violazione della naturalità del giudice ai sensi dell’art. 25 Cost., evidenziando che appartiene alla discrezionalità del legislatore la scelta tra il criterio del collegamento territoriale e quello della concentrazione, finalizzato a consentire una maggiore specializzazione e la più agevole formazione di un indirizzo interpretativo uniforme.

3.4.− Infine, con riferimento alla censura relativa alla disciplina del giudizio cautelare, l’Avvocatura dello Stato evidenzia l’irrazionalità dell’argomentazione del giudice a quo, la quale consentirebbe alla parte di adìre un giudice incompetente e di ottenere da questi una pronuncia cautelare, determinando così la violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, 76 e 125 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui prevede la devoluzione alla competenza inderogabile del TAR del Lazio, sede di Roma, delle controversie relative ai provvedimenti adottati ai sensi degli artt. 142 e 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

Il TAR ha inoltre sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 4, e 15, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi sull’istanza cautelare, nelle more della pronuncia del giudice competente sulla controversia.

2.– La disposizione dell’art. 135, comma 1, lettera q), del d.lgs. n. 104 del 2010 devolve alla competenza funzionale del TAR del Lazio, sede di Roma, le controversie relative ai provvedimenti di rimozione e sospensione di amministratori locali (art. 142 del d.lgs. n. 267 del 2000) e di scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso (art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000).

3.– Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q), nella parte di esso riguardante i provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 142 del d.lgs. n. 267 del 2000.

Sotto questo profilo, la questione appare infatti non rilevante nel giudizio a quo, il quale attiene ad un provvedimento di scioglimento degli organi elettivi ai sensi dell’art. 143, e non già di rimozione e sospensione di singoli amministratori locali, ai sensi dell’art. 142.

Per converso − con riferimento alle controversie relative ai provvedimenti previsti dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 − la questione di legittimità costituzionale è rilevante, poiché la invalidazione della disposizione censurata porterebbe a individuare nel medesimo TAR rimettente il giudice competente.

4.– La questione non è fondata.

4.1.– Il giudice a quo denuncia in primo luogo la violazione dell’art. 76 Cost., per eccesso di delega, in quanto l’introduzione di ipotesi di competenza funzionale del TAR Lazio non sarebbe contemplata tra i principi e criteri direttivi stabiliti dall’art. 44 della legge delega 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), limitata al riordino delle norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo.

4.1.1.− L’art. 44, comma 1, della legge delega n. 69 del 2009 ha assegnato al Governo il compito di provvedere al «riassetto del processo avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele».

Il comma 2, lettera a), del medesimo art. 44 prevede, inoltre, tra i principi e criteri direttivi impartiti al legislatore delegato, la necessità di «assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela».

4.1.2.− In attuazione di tale delega è stato quindi adottato il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante il codice del processo amministrativo, il quale all’art. 14 stabilisce, per quanto rileva nel presente giudizio, che «Sono devolute funzionalmente alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, le controversie indicate dall’articolo 135 e dalla legge». A sua volta, l’art. 135 del codice del processo amministrativo enumera – al comma 1, lettere da a) a q-quater) – le controversie attribuite alla competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, tra le quali sono comprese in particolare quelle relative ai provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000.

4.1.3.− La delega contenuta nell’art. 44 della legge n. 69 del 2009 si qualifica espressamente come delega per il riassetto di un settore normativo e abilita il legislatore delegato a intervenire nella disciplina del processo amministrativo, entro i limiti del riordino della normativa vigente. In quanto funzionale a tale ricomposizione sistematica, la delega conferita dall’art. 44 comprendeva espressamente − nell’ambito dei poteri conferiti al legislatore delegato − l’individuazione dell’ambito di cognizione degli organi di giustizia amministrativa di primo grado.

In particolare, la scelta processuale di concentrare presso un unico giudice controversie caratterizzate da specifici elementi qualificanti e quindi la devoluzione della cognizione in ordine ai provvedimenti previsti dall’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 alla competenza funzionale del TAR Lazio, si fondano sull’espressa attribuzione al legislatore delegato del potere di coordinamento e di armonizzazione della tutela giurisdizionale. L’intervento legislativo in esame risulta coerente con la finalità di «assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela», espressamente prevista al comma 2 dell’art. 44 della legge delega.

4.2.– Ad avviso del giudice a quo, la devoluzione delle controversie in esame alla cognizione del TAR del Lazio, sede di Roma, in quanto derogatoria rispetto agli ordinari criteri di riparto della competenza − fondati sull’efficacia territoriale dell’atto e sulla sede dell’autorità emanante − determinerebbe altresì la violazione del principio di ragionevolezza, di cui all’art. 3 Cost., e del principio di distribuzione territoriale della giustizia amministrativa, di cui all’art. 125 Cost.

4.2.1.– Con riferimento all’art. 3 Cost., la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che nella disciplina degli istituti processuali vige il principio della discrezionalità e insindacabilità delle scelte operate dal legislatore, con il limite della loro non manifesta irragionevolezza; tale principio generale è stato richiamato da questa Corte anche in riferimento alla giustizia amministrativa e ai criteri di distribuzione delle competenze tra gli organi giurisdizionali (ex multis, sentenze n. 10 del 2013, n. 304 del 2012, n. 237 del 2007, n. 341 del 2006 e n. 206 del 2004; ordinanza n. 141 del 2011).

4.2.2.– Con riferimento più specifico all’art. 125 Cost., questa Corte ha affermato la necessità di adottare un «criterio rigoroso» (sentenza n. 237 del 2007, punto 5.3.1. del Considerato in diritto), essendo di tutta evidenza che − laddove la previsione di ipotesi di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, sede di Roma, non incontrasse alcun limite − il principio della individuazione del giudice amministrativo di primo grado sulla base del criterio territoriale, a livello regionale, sarebbe esposto al rischio di venire svuotato di concreto significato.

4.2.3.– Tale criterio rigoroso comporta quindi la necessità di «accertare che ogni deroga al suddetto principio sia disposta in vista di uno scopo legittimo, giustificato da un idoneo interesse pubblico (che non si esaurisca nella sola esigenza di assicurare l’uniformità della giurisprudenza sin dal primo grado, astrattamente configurabile rispetto ad ogni categoria di controversie); che la medesima deroga sia contraddistinta da una connessione razionale rispetto al fine perseguito; e che, infine, essa risulti necessaria rispetto allo scopo, in modo da non imporre un irragionevole stravolgimento degli ordinari criteri di riparto della competenza in materia di giustizia amministrativa» (sentenza n. 159 del 2014).

4.2.4.− La disposizione impugnata soddisfa tali criteri e supera il vaglio di legittimità costituzionale, in quanto la scelta legislativa di attribuire alla competenza funzionale del TAR Lazio le controversie relative ai provvedimenti di cui all’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 si fonda su una pluralità di ragioni.

Va evidenziata, in primo luogo, la natura di «misura governativa straordinaria di carattere sanzionatorio» che questa Corte ha attribuito al potere di scioglimento degli organi elettivi, in quanto funzionale all’esigenza di contrasto della criminalità organizzata mafiosa o similare (sentenza n. 103 del 1993). È la stessa straordinarietà della misura ad escludere l’omogeneità delle situazioni poste a raffronto − quella dei destinatari dei provvedimenti di cui all’art. 143 del d.lgs. n. 267 del 2000 e quella dei destinatari di altri provvedimenti aventi ambito di efficacia locale – e a giustificare, sul piano della ragionevolezza e della proporzionalità, la speciale disciplina processuale.

Inoltre, pur dovendosi escludere la qualificazione del provvedimento in esame come atto politico, le caratteristiche del relativo procedimento lo collocano certamente sul piano degli atti di alta amministrazione, adottati dagli organi esponenziali dei vertici dell’amministrazione dello Stato; tale peculiare connotazione emerge con evidenza dalle caratteristiche proprie della fase istruttoria, dalla natura apicale delle autorità amministrative coinvolte in tale fase, dalla forma del provvedimento (d.P.R., adottato su proposta del Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri), nonché dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

I provvedimenti in esame si qualificano quindi come «atti dell’amministrazione centrale dello Stato (in quanto emessi da organi che operano come longa manus del Governo) finalizzati a soddisfare interessi che trascendono quelli delle comunità locali» (sentenza n. 237 del 2007) ed attengono alla materia dell’ordine pubblico e della sicurezza.

4.2.5.– Alla luce di tali considerazioni e dei principi più volte enunciati da questa Corte in materia, non si ravvisa alcun difetto di ragionevolezza nella scelta di attribuire alla competenza funzionale del TAR Lazio le controversie relative ai provvedimenti di scioglimento degli organi elettivi dei Comuni e delle Province.

La deroga agli ordinari criteri di riparto della competenza risulta quindi coerente ed adeguata rispetto alla finalità di assicurare tutela a fronte di atti dell’amministrazione centrale dello Stato, oltre che a quella di assicurare l’uniformità della giurisprudenza sin dal primo grado di giudizio; il perseguimento di tali fini giustifica e legittima il regime processuale differenziato.

Ne consegue la non fondatezza delle censure prospettate dal TAR Campania, in relazione agli artt. 3 e 125 Cost.

4.3.− Con riferimento infine alla denunciata violazione del principio di cui all’art. 25 Cost., va osservato che la necessaria precostituzione del giudicante, lungi dall’ancorarsi a un dato pre-normativo, quale la prossimità geografica del giudice alla vicenda da giudicare, va interpretato come volto ad assicurare l’individuazione del giudice competente in base a criteri predeterminati, in via generale, dalla legge. Il precetto costituzionale è quindi osservato laddove, come nel caso in esame, l’organo giudicante sia stato istituito dalla legge e la sua competenza sia definita sulla base di criteri generali predeterminati, nel rispetto della riserva di legge (ex plurimis, ordinanza n. 15 del 2014; sentenze n. 237 del 2013; n. 117 del 2012 e n. 30 del 2011).

4.4.– Il TAR Campania ha inoltre denunciato la lesione del diritto di difesa e del principio della ragionevole durata del processo di cui agli artt. 24 e 111 Cost., in relazione alle disposizioni degli artt. 13, comma 4, e 15, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi su istanze cautelari, nelle more della pronuncia del giudice competente sulla controversia.

La questione non è fondata.

L’eventuale accoglimento della questione prospettata dal Collegio rimettente porterebbe a consentire alla parte di adire un giudice incompetente, ossia individuato in violazione di qualsiasi criterio di riparto della competenza, e di ottenere da questi una pronuncia cautelare; è evidente che sarebbe proprio tale opzione processuale a determinare la lesione, tra gli altri, dei principi enunciati dagli artt. 24 e 111 Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte riguardante le controversie relative ai provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 142 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25, 76 e 125 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q), del d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte riguardante le controversie relative ai provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25, 76 e 125 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

3) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 4, e 15, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2010, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 giugno 2014.

F.to:

Sabino CASSESE, Presidente

Giuliano AMATO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 giugno 2014.