Sentenza n. 424 del 2004

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SENTENZA  N. 424

ANNO 2004

 

Commento alla decisione di

 

Roberto Bin

 

Quando la Corte prende la motivazione “sportivamente”

 

(per gentile concessione del Forum di Quaderni costituzionali)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

-  Valerio      ONIDA                                                        Presidente                       

-  Carlo         MEZZANOTTE                                             Giudice

-  Fernanda   CONTRI                                                            ”

-  Guido        NEPPI MODONA                                             ”

-  Annibale    MARINI                                                            ”

-  Franco       BILE                                                                  ”

-  Giovanni Maria   FLICK                                                      ”

-  Francesco  AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo           DE SIERVO                                                      ”

-  Romano     VACCARELLA                                                ”

-  Paolo         MADDALENA                                                 ”

-  Alfio          FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso     QUARANTA                                                     ”

-  Franco       GALLO                                                              ”

ha pronunciato la seguente                                                

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 90, commi 17, 18, 20, 21, 22, 24, 25 e 26 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), promossi con ricorso della Regione Toscana, notificato il 26 febbraio 2003, depositato in cancelleria il 5 marzo successivo ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 2003, con ricorso della Regione Valle d’Aosta, notificato il 28 febbraio 2003, depositato in cancelleria il 7 marzo successivo ed iscritto al n. 19 del registro ricorsi 2003, con ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 1° marzo 2003,  depositato in cancelleria il 7 marzo successivo, e iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2003 e dell’art. 4, comma 204, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 24 febbraio 2004, depositato in cancelleria il 4 marzo successivo, ed iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2004.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 12 ottobre 2004 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi gli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Massimo Luciani per la Regione Valle d’Aosta, Franco Mastragostino e Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

1.― La Regione Toscana, con ricorso notificato il 26 febbraio 2003 e depositato il successivo 5 marzo, la Regione Valle d’Aosta, con ricorso notificato il 28 febbraio 2003 e depositato il 7 marzo dello stesso anno, la Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 1° marzo 2003 e depositato il successivo giorno 7, hanno impugnato, in via principale, numerose disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), tra cui l’art. 90, ed in particolare i commi 17, 18, 20, 21, 22, 24, 25 e 26.

2.― La Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 24 febbraio 2004 e depositato il successivo 4 marzo 2004 ha impugnato, in via principale, diverse disposizioni della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), tra le quali l’art. 4, comma 204.

3.― In particolare la Regione Toscana deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 90, commi 18, 20 e 22, della legge n. 289 del 2002, per violazione dell’art. 117 della Costituzione.

La ricorrente premette che il comma 18 di tale articolo prevede che con futuri regolamenti statali, da emanarsi nel rispetto delle disposizioni dell’ordinamento generale e dell’ordinamento sportivo, siano individuati vari aspetti concernenti la disciplina delle associazioni sportive dilettantistiche; premette, altresì, che il comma 20 dello stesso art. 90 istituisce il registro delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche; infine, deduce che il successivo comma 22 stabilisce che l’avvenuta iscrizione nel suddetto registro costituisce condizione per accedere ai contributi pubblici di qualsiasi natura.

Ad avviso della ricorrente, la quale richiama anche il regime giuridico del previgente art. 117 della Costituzione, le suddette disposizioni sono in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, che attribuisce alla potestà legislativa concorrente la materia “ordinamento sportivo”. Pertanto, spetta alle Regioni disciplinare l’organizzazione e le attività delle associazioni sportive dilettantistiche ed è precluso allo Stato, in base all’art. 117, sesto comma, della Costituzione, intervenire con propri regolamenti.

3.1.— Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo che le disposizioni contenute nell’art. 90, comma 18, della legge n. 289 del 2002 sono riconducibili alla materia “ordinamento civile”, riservata alla competenza legislativa dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. In ordine alle altre disposizioni impugnate la difesa dello Stato osserva che si è in presenza della determinazione di principi fondamentali, in un settore, ordinamento sportivo, oggetto di potestà legislativa concorrente.

4.― La Regione Valle d’Aosta dubita della legittimità costituzionale dell’art. 90, commi 17, 18, 20, 21, 22, 24, 25 e 26 della legge n. 289 del 2002 per violazione degli artt. 3, 5, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

La ricorrente premette che l’art. 90 detta una articolata serie di disposizioni in materia di attività sportiva dilettantistica.

Afferma, quindi, come l’art. 90 verta su questioni legate alla materia “ordinamento sportivo” che rientra nella potestà legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, e che lo stesso contiene disposizioni di dettaglio e non principi fondamentali.

La ricorrente deduce, in particolare, che il comma 17 fissa le forme giuridiche che possono assumere le associazioni sportive dilettantistiche e il comma 18 rinvia a successivi regolamenti governativi una serie di aspetti; evidenzia, quindi, in ragione del dettaglio delle disposizioni, la violazione delle competenze legislative regionali, tanto più frustrate in quanto superate da disposizioni regolamentari.

Specifiche doglianze sono, quindi, formulate in ordine ai commi 20, 21 e 22, rilevandosi che l’istituzione di un registro delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche, e l’introduzione di una forma di riconoscimento di tali soggetti, sia pure a fini sportivi, costituiscono prerogativa regionale.

Sotto altro profilo, verrebbe in evidenza la manifesta irragionevolezza di tale disciplina, che si muove in una prospettiva opposta a quella seguita dal legislatore in riferimento ad altre forme associative (organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, società cooperative), vale a dire quella di favorire l’istituzione di albi e registri a livello locale.

In ordine ai commi 24, 25 e 26 dell’art. 90, la Regione Valle d’Aosta rimanda alle doglianze già formulate nei confronti degli altri commi, precisando come la gestione e l’uso degli impianti sportivi debbano essere ricompresi nella materia “ordinamento sportivo”, assegnata alla potestà legislativa concorrente.

4.1.— Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che, riservandosi un ulteriore esame della questione, ha affermato che «le disposizioni poste dalla finanziaria, ove attengano effettivamente all’ordinamento sportivo, si limitano, in piena conformità al dettato costituzionale, a porre principi di carattere generale. Ma, nella sua più ampia parte, l’art. 90 regola in realtà campi che solo indirettamente sono riferibili all’ordinamento sportivo, dovendo invece essere ascritti a materie di competenza esclusiva dello Stato giusto il disposto dell’art. 117, secondo comma, Cost., avendo ad oggetto una necessaria uniformità a livello nazionale: così, in materia tributaria (lettera e), in materia di ordinamento civile (lettera l)». 

5.― La Regione Emilia-Romagna censura l’art. 90, commi 18, 20, 21, 22, 24, 25 e 26, per violazione degli artt. 117, terzo, quarto e sesto comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione.

La Regione ricorrente rileva che l’art. 90, comma 18, rimette a successivi regolamenti la disciplina di una serie di aspetti, pur trattandosi di materia riservata alla potestà legislativa concorrente, rispetto alla quale, da parte dello Stato, non è ammessa l’adozione di regolamenti ma solo la fissazione di principi fondamentali della materia, ai sensi dell’art. 117, comma terzo, della Costituzione.

Inoltre, l’art. 90, commi 20 e 21, nel prevedere l’istituzione di un registro nazionale presso il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), attribuisce poteri amministrativi e normativi ad un ente parastatale, in contrasto con l’art. 117, terzo e sesto comma, e con l’art. 118, secondo comma, della Costituzione.

 

La Regione, quindi, afferma che, se anche nelle materie di cui all’art. 117, terzo comma, spettasse allo Stato allocare presso di sé le predette funzioni amministrative, tenuto conto della loro rilevanza ultraregionale, i commi 20 e 21 sarebbero illegittimi, comunque, per violazione dell’art. 118, primo comma, della Costituzione.

 

Ad avviso della ricorrente, l’art. 90, comma 22, in quanto disposizione di dettaglio, violerebbe la potestà legislativa delle Regioni.

 

Infine, i commi 24 e 25 dello stesso articolo dettano norme che non riguardano l’ordinamento sportivo, ma l’uso degli impianti sportivi degli enti territoriali, e l’affidamento della loro gestione nel caso in cui l’ente stesso non intenda effettuarla direttamente. Secondo la ricorrente, il comma 24, pur condivisibile in astratto, viola l’art. 117, quarto comma, della Costituzione, così come il comma 25, che detta criteri per l’affidamento della gestione degli impianti, lasciando alle Regioni la sola disciplina delle modalità attuative. Entrambi i suddetti commi, quindi, ledono il principio dell’autonomia degli enti locali. Anche la previsione del comma 26, ricadendo nel campo di applicazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione, viola la potestà legislativa regionale e l’autonomia delle istituzioni scolastiche.

 

5.1.— Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, esponendo che la disposizione contenuta nell’art. 90, comma 18, «si riconduce più in generale alla materia dell’ordinamento civile riservata allo Stato; mentre negli altri commi (…), vi è la determinazione di principi fondamentali in settore (ordinamento sportivo) di concorrente competenza legislativa dello Stato, che in alcun modo pregiudicano o limitano la competenza della Regione».

 

6.― La Regione Emilia-Romagna ha, altresì, impugnato numerose disposizioni della legge n. 350 del 2003, censurando in particolare l’art. 4, comma 204, il quale prevede che «per consentire lo svolgimento dei propri compiti istituzionali, nonché per il finanziamento e il potenziamento dei programmi relativi allo sport sociale, agli enti di promozione sportiva è destinata la somma di 1 milione di euro per l’anno 2004».

 

Afferma la Regione ricorrente che la promozione ed il sostegno dello sport costituiscono materia di competenza regionale sin dal trasferimento delle funzioni statali alle Regioni disposto dal d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382). Nel vigente ordinamento costituzionale lo Stato ha potestà concorrente in materia di ordinamento sportivo secondo quanto previsto dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione, nei consueti limiti dei principi fondamentali; pertanto, secondo la ricorrente, «è illegittima la norma che dispone un finanziamento diretto, da parte dello Stato, a favore degli enti di promozione sportiva e per il potenziamento dei programmi relativi allo sport sociale (entrambe materie di sicura competenza residuale regionale) in quanto, come codesta Corte ha più volte affermato (cfr. sentenze numeri 49 e 16 del 2004 e 370 del 2003), gli interventi finanziari diretti in materia di competenza non “esclusiva” dello Stato ledono l’autonomia finanziaria della Regione». Nella specie, si tratta, invece, di risorse che devono essere assegnate al sistema regionale o locale secondo i principi dell’art. 119 della Costituzione; a ciò va aggiunto che, in ogni caso, non sono previsti meccanismi di cooperazione o di previa intesa con le Regioni.

 

7.― Successivamente alla proposizione dei suddetti ricorsi, l’art. 90 della legge n. 289 del 2002 è stato modificato per effetto del decreto-legge 22 marzo 2004, n. 72 (Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell’ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo), come convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2004, n. 128.

 

In particolare, l’art. 4 del citato decreto-legge, nel testo risultante dalla legge di conversione, ha modificato la lettera c) del comma 17 dell’art. 90; ha sostituito il comma 18, aggiungendo anche i commi 18-bis e 18-ter; ha abrogato i commi 20, 21 e 22; non ha, invece, apportato modificazioni ai commi 24, 25 e 26 del medesimo art. 90.

 

8.— La Regione Toscana, in prossimità dell’udienza pubblica, ha depositato memoria con la quale rileva che le modifiche e le abrogazioni intervenute dopo la proposizione del ricorso hanno determinato la cessazione della materia del contendere, anche in ragione della mancata attuazione, nelle more, delle disposizioni in questione.

 

8.1.— Analogamente l’Avvocatura generale dello Stato, nella memoria depositata, conclude per la declaratoria della cessazione della materia del contendere.

 

9.— Anche la Regione Valle d’Aosta ha depositato memoria, insistendo nelle domande formulate.

 

In primo luogo ribadisce che la materia “ordinamento sportivo”, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, è stata inserita nel novero delle materie previste dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione, rispetto alle quali il legislatore statale deve limitarsi a dettare direttive di principio, spettando alle Regioni la disciplina di dettaglio.

 

In tali materie, peraltro, non sono ammessi regolamenti statali.

 

La ricorrente ricorda, quindi, come già nel vigore del previgente art. 117 della Costituzione fossero state attribuite alle Regioni competenze in ordine alla promozione di attività sportive e ricreative e alla realizzazione di impianti ed attrezzature sportive, con riserva allo Stato delle sole competenze in materia di sport agonistico (si richiama la sentenza n. 517 del 1987). La ricorrente evidenzia, inoltre, che in forza di quanto stabilito nel relativo statuto speciale, approvato con la legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), sono già riservati, alla propria competenza legislativa concorrente, ambiti di materie quali le finanze regionali e comunali, a norma dell’art. 3, lettera f ), l’istruzione materna, elementare e media, ai sensi dell’art. 3, lettera g), l’igiene e la sanità, ex art. 3, lettera l); ambiti tutti connessi, per diversi aspetti, all’attività e al finanziamento delle associazioni che si occupano della promozione dell’esercizio dell’attività sportiva.

 

Ad avviso della ricorrente, quindi, oggi, in presenza dell’espressa attribuzione alle Regioni della potestà legislativa concorrente in materia di ordinamento sportivo – nonché per effetto dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, nella parte in cui impone di riconoscere anche alle Regioni a statuto speciale eventuali forme di autonomia più ampie, rispetto a quelle già attribuite, che derivino dal nuovo assetto delle competenze disegnato dalla riforma costituzionale – deve essere riservata alle Regioni a statuto speciale la disciplina di dettaglio dell’organizzazione e dell’attività delle associazioni sportive dilettantistiche, in relazione alle quali non può dirsi che siano coinvolti interessi di indubbio carattere nazionale.

 

La Regione Valle d’Aosta ribadisce, altresì, come l’art. 90 della legge n. 289 del 2002 contrasti con l’art. 117, terzo e sesto comma, della Costituzione, anche nella parte in cui attribuisce ad un ente parastatale, quale il CONI, poteri amministrativi e normativi. Deduce, quindi, come l’affidamento alle Regioni, ai sensi del nuovo art. 117 della Costituzione, della potestà legislativa concorrente nella materia “ordinamento sportivo”, comporti l’ulteriore conseguenza della lesione, da parte delle disposizioni censurate, anche della potestà amministrativa costituzionalmente riconosciuta alla Regione ricorrente, in particolare, là dove le disposizioni suddette condizionano il sovvenzionamento delle associazioni sportive e la gestione e l’uso degli impianti.

 

Infine, la ricorrente osserva che le norme di legge in esame incidono anche sull’autonomia degli enti locali e delle istituzioni scolastiche.

 

9.1.— L’Avvocatura generale dello Stato ha depositato anch’essa memoria con la quale deduce l’inammissibilità e l’infondatezza delle censure di illegittimità costituzionale sollevate dalla Regione Valle d’Aosta. Premette la difesa erariale come sia cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 90, commi 18, 20, 21 e 22, della legge n. 289 del 2002, in ragione di quanto stabilito dal d.l. n. 72 del 2004, come convertito, con modificazioni, nella legge n. 128 del 2004, non avendo avuto dette disposizioni alcuna attuazione.

 

La difesa dello Stato illustra, quindi, in via preliminare, come la ricorrente, a fronte di una generalizzata impugnazione dell’intero art. 90, si limiti a svolgere circoscritte e vaghe censure solo in ordine a poche disposizioni, così incorrendo in un palese vizio di genericità ed omettendo di motivare e sviluppare le questioni formulate. Manca, inoltre, qualsiasi concreto riferimento alle norme costituzionali delle quali si deduce la violazione, salvo che per l’art. 117 della Costituzione. Consegue a ciò l’inammissibilità dell’intero ricorso, in parte qua, e comunque l’impossibilità che siano caducate disposizioni ulteriori rispetto a quelle espressamente e motivatamente censurate.

 

Ad avviso della difesa dello Stato, comunque, il ricorso è infondato, in quanto la materia regolata dall’art. 90 della legge n. 289 del 2002, lungi dal rientrare nella competenza regionale, regola aspetti dell’attività sportiva a fini particolari, il cui perseguimento ricade nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.

 

Le disposizioni contenute nei commi 17 e 18 dell’art. 90 vanno ricondotte alla materia “ordinamento civile”, riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione; in particolare la previsione, contenuta nel comma 18, relativa all’adozione di successivi regolamenti statali, si limita a porre principi di carattere generale. Si rileva, quindi, come le disposizioni dei commi 19 e 23 dell’art. 90, peraltro non oggetto di specifiche impugnazioni, non incidano sulle competenze della Regione.

 

In merito ai commi 20, 21 e 22, la difesa dello Stato, ribadendo l’avvenuta abrogazione degli stessi, senza che ve ne sia stata alcuna attuazione, afferma che le relative disposizioni possono essere ricondotte alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. Osserva, quindi, come la contraria opinione espressa dalla Regione ricorrente, secondo la quale i registri dovrebbero avere carattere locale, appare connotata da evidente irrazionalità, atteso che, in tal caso, «“gli enti chiamati ad iscriversi” aventi carattere nazionale dovrebbero rinnovare detta iscrizione presso ciascuna Regione. È invece confermato dalla stessa Carta costituzionale che, nei settori in cui siano costituiti enti tanto a livello locale quanto a livello nazionale (ad es., in materia creditizia), la competenza regionale (concorrente) di cui al terzo comma dell’art. 117 sia limitata alla regolamentazione dei soli enti “a carattere regionale”».

 

Infine, in ordine alle censure sollevate dalla Regione Valle d’Aosta rispetto ai commi 24, 25 e 26 dell’art. 90 della legge n. 289 del 2002, si osserva che, se pure non è dubitabile che essi regolino effettivamente la materia “ordinamento sportivo”, appare incontestabile che gli stessi pongano delle previsioni di principio, in quanto tali coerenti con il modello di legislazione concorrente di cui all’art. 117, comma terzo, della Costituzione.

 

10.— La Regione Emilia-Romagna ha depositato memoria con la quale, preliminarmente, deduce la cessazione della materia del contendere in ordine all’art. 90, commi 18, 20, 21 e 22 della legge n. 289 del 2002, in ragione delle disposizioni legislative sopravvenute, e non avendo avuto le norme censurate alcuna attuazione nelle more.

 

La ricorrente insiste nelle domande formulate in ordine ai commi 24, 25 e 26 dello stesso art. 90 e contesta quanto affermato dall’Avvocatura generale dello Stato nella memoria di costituzione, e cioè che le disposizioni in questione dettino principi fondamentali che, in alcun modo, pregiudicano o limitano la competenza della Regione. In proposito, la ricorrente afferma che le disposizioni in esame, in quanto volte a disciplinare l’utilizzo e la gestione delle strutture sportive di enti (Comuni, istituti scolastici) che non sono soggetti dell’ordinamento sportivo, riguardano aspetti rientranti nella competenza legislativa regionale residuale di cui all’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

 

10.1.— Ha depositato memoria il Presidente del Consiglio dei ministri, deducendo, in via preliminare, la cessazione della materia del contendere in ordine ai commi 18, 20, 21 e 22.

 

Deduce, altresì, come la prospettata questione di legittimità costituzionale andrebbe, comunque, dichiarata infondata. Ed, infatti, la disposizione di cui al comma 18 deve essere ricondotta alla materia “ordinamento civile”, come tale riservata alla potestà legislativa statale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, mentre i commi 20, 21 e 22 enunciano principi fondamentali nella materia “ordinamento sportivo”.

 

Con specifico riguardo ai commi 24, 25 e 26 dell’art. 90 della legge n. 289 del 2002, l’Avvocatura generale dello Stato osserva, in primo luogo, che non è condivisibile la tesi della Regione ricorrente secondo la quale la materia “ordinamento sportivo” non ricomprende l’utilizzazione degli impianti e delle strutture destinati alla attività sportiva. Dette strutture, infatti, costituendo il mezzo necessario per lo svolgimento della relativa attività, vanno ricondotte alla materia concorrente “ordinamento sportivo”, con il conseguente potere dello Stato di porre principi fondamentali.

 

In secondo luogo, la difesa erariale afferma che la previsione contenuta nel comma 25 dell’art. 90, dettata «ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 29» della medesima legge n. 289 del 2002, si qualifica come affermazione di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli artt. 117 e 119 della Costituzione. L’autonomia regionale è salvaguardata dall’espressa previsione della potestà legislativa delle Regioni in ordine alla regolamentazione delle modalità di affidamento preferenziale degli impianti, non direttamente utilizzati dagli enti territoriali, alle società ed associazioni sportive dilettantistiche. Rimane d’altronde salva la sfera di determinazione degli enti territoriali, ai quali è riservato il porre in essere le convenzioni per stabilire i criteri di uso, nonché la fissazione di criteri generali ed obiettivi per la individuazione dei soggetti affidatari.

 

Infine, in ordine al comma 26, la difesa dello Stato rileva come detta previsione non possa essere ricondotta alla potestà legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione, mentre la stessa costituisce espressione di un principio fondamentale in materia di istruzione – in tale ambito dovendosi ricomprendere anche la disciplina dell’utilizzazione dei beni e delle strutture destinate all’esercizio dell’attività didattica – che ugualmente appartiene alla competenza legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

 

11.— Quanto al ricorso n. 33 del 2004, proposto dalla Regione Emilia-Romagna, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria con la quale deduce, preliminarmente, l’inammissibilità della domanda di «assegnazione al sistema regionale e locale» dell’importo di 1 milione di euro previsto all’art. 4, comma 204, della legge n. 350 del 2003.

 

Rileva, altresì, come il richiamo effettuato nel ricorso ad alcune sentenze della Corte non sia pertinente, in quanto quest’ultime riguardano fondi destinati alle autonomie territoriali, mentre il comma in esame prevede un’elargizione destinata «ad enti, presumibilmente di dimensione nazionale (CONI e federazioni ad esso collegate), non compresi nelle elencazioni contenute negli artt. 114 e 119 della Costituzione. Né è ravvisabile in Costituzione un divieto per lo Stato di elargire denaro, al pari di quanto potrebbe fare qualsiasi soggetto di diritto privato»; né può assumere rilievo la circostanza che si verta in materia demandata alla potestà legislativa concorrente, non essendo ciò, di per sé, preclusivo di qualsivoglia intervento finanziario statale.

 

La difesa dello Stato contesta, infine, la prospettazione della Regione Emilia-Romagna, secondo la quale il comma in esame non prevederebbe «“meccanismi di cooperazione” e una “intesa con le Regioni”». In proposito si osserva che le elargizioni saranno presumibilmente effettuate a favore di enti a dimensione nazionale e che quindi non sarebbe congruo né un parere della Conferenza Stato-Regioni, né la necessità di pervenire ad un’intesa. Diverso il caso in cui un’elargizione fosse destinata a realtà sportive locali, in quanto, in tale ipotesi, un momento di cooperazione con la singola Regione direttamente interessata potrebbe risultare doveroso.

 

12.— All’udienza pubblica del 12 ottobre 2004, la Regione Toscana ha rinunciato al ricorso; detta rinuncia è stata accettata dalla controparte.

 

Le altre Regioni ricorrenti e l’Avvocatura generale dello Stato hanno illustrato le proprie argomentazioni difensive, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.

 

Considerato in diritto

 

1.― La Regione Toscana, con ricorso notificato il 26 febbraio 2003 e depositato il successivo 5 marzo, la Regione Valle d’Aosta, con ricorso notificato il 28 febbraio 2003 e depositato il 7 marzo dello stesso anno, la Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 1° marzo 2003 e depositato il successivo giorno 7, hanno impugnato numerose disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), tra le quali l’art. 90, ed in particolare i commi 17, 18, 20, 21, 22, 24, 25 e 26, deducendo la violazione degli artt.  3, 5, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione e dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

 

La Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 24 febbraio 2004 e depositato il successivo 4 marzo 2004, ha anche sollevato questione di legittimità costituzionale in ordine a numerose disposizioni della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), tra le quali l’art. 4, comma 204, deducendo la violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione.

2.― Le impugnazioni di cui innanzi vengono trattate separatamente rispetto alle altre questioni proposte con i medesimi atti introduttivi e, per omogeneità di materia, devono essere decise, previa riunione in parte qua dei relativi ricorsi, con la medesima sentenza.

3.― Le questioni di legittimità costituzionale sollevate con i ricorsi in epigrafe, per i profili qui in esame, riguardano, da un lato, alcuni aspetti della disciplina dell’attività sportiva dilettantistica e della utilizzazione di impianti sportivi, contenuta nell’art. 90, commi 17, 18, 20, 21, 22, 24, 25 e 26 della legge n. 289 del 2002; dall’altro lato, concernono la destinazione della somma di 1 milione di euro per l’anno 2004 agli enti di promozione sportiva, per consentire loro lo svolgimento dei propri compiti istituzionali, nonché per il finanziamento e il potenziamento dei programmi relativi allo sport sociale, prevista dall’art. 4, comma 204, della legge n. 350 del 2004.

 

4.― Successivamente alla proposizione dei ricorsi, l’art. 90 della legge n. 289 del 2002 è stato modificato dal decreto-legge 22 marzo 2004, n. 72 (Interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell’ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo), convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2004, n. 128, sicché si pone la questione degli effetti dello ius superveniens in relazione all’odierno giudizio.

 

In particolare, l’art. 4 del d.l. n. 72 del 2004, nel testo risultante dalla relativa legge di conversione, ha modificato il comma 17, lettera c), dell’art. 90; ha sostituito il comma 18, aggiungendo anche i commi 18-bis e 18-ter; ha abrogato i commi 20, 21 e 22; nessuna modificazione è stata apportata ai commi 24, 25 e 26 del medesimo art. 90.

 

5.― La Regione Toscana, proprio in considerazione delle intervenute modifiche normative, ha rinunciato al ricorso. Il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, ha accettato detta rinuncia.

Ai sensi dell’art. 25, comma 1, secondo periodo, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, qualora sia accettata, produce l’effetto di estinguere il giudizio.

 

6.― In ordine alle restanti impugnazioni occorre verificare se, nella specie, la modifica, ad opera del d.l. n. 72 del 2004, come convertito, con modificazioni, nella legge n. 128 del 2004, di alcune delle norme sospettate di illegittimità costituzionale, abbia determinato il venir meno dell’oggetto del contendere in rapporto al contenuto dei ricorsi proposti.

 

In proposito, occorre ricordare come questa Corte abbia avuto modo di affermare (cfr., tra le molte, sentenza n. 533 del 2002) che solo ove dalla disposizione legislativa sopravvenuta sia desumibile una norma sostanzialmente coincidente con quella impugnata nel ricorso, la questione – in forza del principio di effettività della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via di azione – deve essere trasferita sulla nuova norma.

 

La disposizione normativa contenuta nel comma 18 è stata sostituita e sono stati aggiunti i commi 18-bis e 18-ter. Nel nuovo comma 18 è venuto meno ogni riferimento all’esercizio della potestà regolamentare statale – previsto dall’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) – individuandosi direttamente, in modo autonomo, e con riferimento a specificazioni non del tutto coincidenti con quelle dell’originario comma 18, i contenuti dello statuto e dell’atto costitutivo delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche. I successivi commi 18-bis e 18-ter, da un lato, hanno ripreso (comma 18-bis) parte del contenuto dell’originario comma 18, dall’altro, hanno previsto (comma 18-ter) disposizioni transitorie.

 

Considerato che il nucleo fondamentale della disciplina contenuta nell’originario comma 18 – oggetto di impugnazione da parte di tutte le Regioni ricorrenti – era costituito dalla previsione dell’emanazione di una normativa regolamentare governativa, per l’attuazione delle nuove disposizioni; considerato che le Regioni ricorrenti si dolgono in via principale proprio della suddetta previsione, in quanto relativa all’esercizio della potestà normativa regolamentare statale in violazione dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione (che riserva, invece, nelle materie oggetto di potestà legislativa concorrente, l’adozione di regolamenti esclusivamente alle Regioni); considerato il complesso delle osservazioni innanzi indicate, nonché la circostanza della insussistenza di una, sia pur parziale, coincidenza tra le precedenti e le nuove disposizioni (tale da giustificare il trasferimento della questione di costituzionalità sulle nuove norme) ed il fatto che, comunque, le norme impugnate non hanno avuto alcuna attuazione; tutto ciò premesso può ritenersi che si sia determinata la cessazione della materia del contendere, in parte qua, dei ricorsi indicati in epigrafe per intervenuto ius superveniens. D’altronde in tal senso hanno concluso sia la Regione Emilia-Romagna, sia la difesa dello Stato.

 

Alla luce delle considerazioni che precedono, quindi, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 90, comma 18, della legge 289 del 2002, sollevata dalla Regione Valle d’Aosta e dalla Regione Emilia-Romagna con i ricorsi indicati in epigrafe.

 

7.― I commi 20, 21 e 22 dell’art. 90 hanno previsto l’istituzione presso il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) del «registro delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche» nel quale iscrivere tutte le associazioni e le società sportive dilettantistiche ivi indicate (comma 20), hanno disciplinato le modalità di tenuta del suddetto registro (comma 21) ed hanno previsto che «per accedere ai contributi pubblici di qualsiasi natura, le società e le associazioni sportive dilettantistiche devono dimostrare l’avvenuta iscrizione nel registro» stesso (comma 22).

 

Le Regioni Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna hanno denunciato l’illegittimità costituzionale delle indicate disposizioni sotto il profilo della violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in ragione della lesione dell’autonomia legislativa regionale.

 

Anche su tali questioni di legittimità costituzionale deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

 

I predetti commi 20, 21 e 22 dell’art. 90, infatti, sono stati abrogati dall’art. 4 del d.l. n. 72 del 2004, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Né risulta che, medio tempore, le disposizioni contenute nei commi stessi abbiano ricevuto una qualche attuazione che sia di impedimento a tale pronuncia. In siffatta situazione, pertanto, è venuta meno, per ius superveniens, la necessità di una decisione di questa Corte (ordinanze n. 443 del 2002 e n. 347 del 2001).

 

8.― Devono essere esaminate, quindi, le questioni di legittimità costituzionale dei commi 24, 25 e 26 dell’art. 90.

 

Le disposizioni contenute nei citati commi concernono l’utilizzazione di impianti sportivi, sicché la relativa questione di legittimità costituzionale può essere esaminata con riferimento, congiuntamente, a tutti e tre i commi sopra richiamati.

 

In particolare, il comma 24 dispone che «l’uso degli impianti sportivi in esercizio da parte degli enti locali territoriali è aperto a tutti i cittadini e deve essere garantito, sulla base di criteri obiettivi, a tutte le società e associazioni sportive».

 

Il comma 25, a sua volta, stabilisce che ai fini del conseguimento degli obiettivi riguardanti il patto di stabilità interno per gli enti territoriali «nei casi in cui l’ente pubblico territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e Federazioni sportive nazionali, sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d’uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l’individuazione dei soggetti affidatari». Lo stesso comma conclude affermando che «le Regioni disciplinano, con propria legge, le modalità di affidamento».

 

Infine, il comma 26 dispone che «le palestre, le aree di gioco e gli impianti sportivi scolastici, compatibilmente con le esigenze dell’attività didattica e delle attività sportive della scuola, comprese quelle extracurriculari ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567, devono essere posti a disposizione di società e associazioni sportive dilettantistiche aventi sede nel medesimo comune in cui ha sede l’istituto scolastico o in comuni confinanti».

 

In relazione alle disposizioni contenute nei citati tre commi, la Regione Valle d’Aosta, nel premettere come «la gestione e l’uso degli impianti sportivi debbano essere ricompresi nel generale ambito della materia “ordinamento sportivo”, e quindi riservati all’espressione della potestà legislativa regionale concorrente», lamenta – deducendo la violazione degli artt. 3, 5, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione e dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 – che «le disposizioni censurate si spingono a dettare una disciplina che non lascia adeguati margini di manovra alle Regioni».

 

La Regione Emilia-Romagna, a sua volta, dopo aver premesso che il contenuto del comma 24 è di per sé condivisibile, deduce, tuttavia, che manca la competenza statale all’emanazione della suddetta disposizione. I commi 24 e 25, secondo la ricorrente, violerebbero l’art. 117, quarto comma, della Costituzione, oltre che l’autonomia degli enti locali. Quanto al comma 26, la stessa ricorrente, con riferimento alla citata norma costituzionale, deduce, oltre alla violazione della potestà legislativa regionale, anche la lesione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.

 

L’Avvocatura generale dello Stato rileva che le norme impugnate, in realtà, si limitano a porre principi di carattere generale, disciplinando campi che solo indirettamente sono riferibili all’ordinamento sportivo, dovendo invece essere ascritte a materie di competenza esclusiva dello Stato, giusto il disposto dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione, in quanto preordinate ad assicurare la necessaria uniformità normativa a livello nazionale.

 

Vengono, quindi, esaminate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 90, commi 24, 25 e 26, sollevate per violazione dell’art. 117 della Costituzione dalla Regione Emilia-Romagna, e dalla Regione Valle d’Aosta, anche in riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

 

8.1.― Le questioni non sono fondate.

 

In via preliminare, occorre precisare che già prima della modifica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, sancita dalla legge cost. n. 3 del 2001, l’art. 56 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), nello stabilire il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle competenze in materia di turismo ed industria alberghiera, aveva incluso tra queste «la promozione di attività sportive e ricreative e la realizzazione dei relativi impianti ed attrezzature, di intesa, per le attività e gli impianti di interesse dei giovani in età scolare, con gli organi scolastici» (comma 2, lettera b), cfr. sentenza n. 241 del 2003). Con la sentenza n. 517 del 1987 questa Corte ha affermato come dall’art. 56 del d.P.R. n. 616 del 1977 discenda l’attribuzione alle Regioni della competenza sugli impianti e sulle attrezzature necessari in relazione all’organizzazione delle attività sportive di base o non agonistiche.

 

Con la revisione costituzionale operata dalla legge cost. n. 3 del 2001, l’ordinamento sportivo è stato inserito nel novellato art. 117, terzo comma, tra le materie oggetto di competenza legislativa ripartita tra Stato e Regioni.

 

8.2. ― Ora, non è dubitabile che la disciplina degli impianti e delle attrezzature sportive rientri nella materia dell’ordinamento sportivo e che in merito alla stessa operi il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni sancito dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Sono da ritenere infondate, quindi, sia la tesi della ricorrente, secondo cui la materia degli impianti sportivi (anche scolastici) rientrerebbe nella competenza residuale delle Regioni ex art. 117, quarto comma, della Costituzione, sia la tesi della difesa dello Stato, secondo cui si verterebbe in materie di competenza esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettera e)  e lettera l), della Costituzione.

Chiarito, dunque, che si verte in materia di ordinamento sportivo, ne consegue che lo Stato deve limitarsi alla determinazione dei principi fondamentali, spettando invece alle Regioni la regolamentazione di dettaglio, salvo una diversa allocazione, a livello nazionale, delle funzioni amministrative, per assicurarne l’esercizio unitario, in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza con riferimento alla disciplina contenuta nell’art. 118, primo comma, della Costituzione (sentenza n. 303 del 2003).

8.3.— Nella specie, non potendosi ravvisare i presupposti per una diversa allocazione delle suddette funzioni, occorre verificare se sia stato rispettato il criterio per cui, vertendosi in materia di legislazione concorrente, la normativa statale si sia limitata alla sola determinazione dei principi fondamentali, ovvero contenga una specifica regolamentazione di dettaglio rientrante, come tale, nella competenza regionale.

8.4.— Il comma 24 stabilisce che l’uso degli impianti sportivi in esercizio da parte degli enti locali territoriali deve essere aperto a tutti i cittadini e deve essere garantito, sulla base di criteri oggettivi, a tutte le società e associazioni sportive. Trattasi, all’evidenza, di una disposizione che fissa un principio fondamentale per l’utilizzazione degli impianti in questione, il godimento dei quali deve essere consentito, appunto in via generale, a tutti i cittadini. Il comma in esame, dunque, vista la sua riconducibilità all’ambito dei principi fondamentali della materia, si sottrae alle censure di costituzionalità proposte dalle ricorrenti.

9.— Ad analoghe conclusioni si perviene per quanto concerne l’impugnazione del successivo comma 25.

Orbene, anche le disposizioni contenute nel suddetto comma esprimono principi fondamentali, che l’art. 117, terzo comma, ultimo inciso, della Costituzione demanda alla potestà dello Stato.

Sono stabilite, infatti, regole generali dirette a garantire che la gestione degli impianti sportivi comunali, quando i Comuni non vi provvedano direttamente, avvenga di preferenza mediante l’attribuzione a determinati organismi sportivi, in via surrogatoria rispetto ai possibili atti di autonomia degli enti locali, e quindi nel rispetto delle scelte appunto autonomistiche degli enti stessi, ai quali è assicurata, in via principale, la possibilità di gestire direttamente gli impianti in questione.

Si tratta, pertanto, della fissazione di regole generali che espressamente demandano alle Regioni l’adozione, con legge, della disciplina di attuazione dei principi fondamentali così fissati.

10.— Anche l’analisi delle disposizioni contenute nel comma 26 consente di pervenire ad identiche conclusioni.

Il comma in questione, relativamente agli impianti sportivi di pertinenza di istituti scolastici, quali palestre, aree di gioco ed altre analoghe attrezzature genericamente individuate come «impianti sportivi», fissa regole secondo le quali, compatibilmente con le esigenze dell’attività didattica e delle attività sportive della scuola, anche extracurriculari, i suddetti impianti devono essere posti a disposizione di società e associazioni sportive dilettantistiche aventi sede nello stesso Comune in cui si trova l’istituto scolastico, o in Comuni confinanti. La disposizione in esame intende salvaguardare, innanzitutto, l’utilizzazione di impianti sportivi scolastici, perché siano soddisfatte integralmente le esigenze della scuola, curriculari ed extracurriculari. Solo subordinatamente a tali esigenze, per finalità di interesse collettivo, è prevista la utilizzazione degli impianti mediante il loro affidamento a società sportive e ad associazioni sportive dilettantistiche e, dunque, per il loro tramite, alla collettività insediata nel Comune sede dell’istituzione scolastica o in Comuni contermini. In tal modo si garantisce una fruibilità generale degli impianti stessi, salvaguardando prioritariamente, da un lato, le esigenze della scuola e, dall’altro, la funzionalità delle strutture annesse agli istituti scolastici.

Anche la disposizione de qua può ritenersi, pertanto, appartenere al novero di quelle espressive di principi fondamentali della materia, come tali rientranti nella competenza legislativa dello Stato a norma dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

11.― La sola Regione Valle d’Aosta ha impugnato, tra gli altri, anche il comma 17, senza però formulare specifiche censure nei suoi confronti, se non quella, di carattere generale, relativa all’incostituzionalità di una normativa di dettaglio, non consentita dalla natura della competenza legislativa concorrente nella materia in esame.

 

Detta questione deve essere, pertanto, dichiarata inammissibile per carenza di qualsiasi autonoma motivazione specifica dell’impugnazione.

 

12.― Va dichiarata inammissibile, altresì, la questione di legittimità costituzionale proposta dalla Regione Valle d’Aosta nei confronti dell’art. 90, commi 24, 25 e 26, con riferimento agli artt. 3, 5, 114, 118 e 119 della Costituzione, e all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, per assoluta genericità dell’impugnazione, non assistita da alcuna motivazione che faccia riferimento ai citati parametri.

 

13.— La Regione Emilia-Romagna ha sollevato questione di legittimità costituzionale in ordine all’art. 4, comma 204, della legge n. 350 del 2003.

La ricorrente denuncia, in particolare, la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, nonché la mancanza di meccanismi di cooperazione con le Regioni.

La questione è fondata.

L’art. 4, comma 204, della legge n. 350 del 2003 dispone che «per consentire lo svolgimento dei propri compiti istituzionali, nonché per il finanziamento e il potenziamento dei programmi relativi allo sport sociale, agli enti di promozione sportiva è destinata la somma di 1 milione di euro per l’anno 2004».

La ricorrente deduce l’illegittimità costituzionale della norma impugnata, asserendo che non è consentito un finanziamento diretto, da parte dello Stato, a favore degli enti di promozione sportiva e per il potenziamento dei programmi relativi allo sport sociale, settori di sicura competenza regionale. La stessa ricorrente rileva, quindi, come gli interventi finanziari diretti in materia di competenza non esclusiva dello Stato ledano l’autonomia della Regione, trattandosi di risorse che dovrebbero essere assegnate direttamente al sistema regionale e locale secondo quanto previsto dall’art.  119 della Costituzione (sentenze numeri 49 e 16 del 2004 e 370 del 2003).

Orbene, non vi è dubbio che la disposizione attenga alla materia “ordinamento sportivo” di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Il finanziamento in esame è finalizzato, infatti, in parte alla promozione dei programmi dello sport sociale e in parte a favorire lo svolgimento dei compiti istituzionali degli enti di promozione sportiva, che sono associazioni aventi lo scopo di promuovere e organizzare attività fisico-sportive con finalità ricreative e formative tra i giovani, nonché di organizzare l’attività amatoriale (cfr. decreto ministeriale 23 giugno 2004 recante statuto del Comitato olimpico nazionale italiano, adottato dal Consiglio nazionale del CONI il 23 marzo 2004).

Detti profili, pertanto, per loro stessa natura, nell’attuale assetto costituzionale della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni in materia di sport, non possono non comportare un diretto coinvolgimento del