Ordinanza n. 130/2001

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ORDINANZA N.130

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 36, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure urgenti di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), promossi con 2 ordinanze emesse il 23 maggio 1999 dal Pretore di Saluzzo nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Aime Guglielmo e l’INPS e tra Maccario Isabella ed altri e l’INPS, iscritte ai nn. 811 e 812 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2001.

  Visti l’atto di costituzione dell’INPS nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 26 aprile 2001 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che, nel corso di due giudizi - vertenti in materia di ricostruzione di trattamenti pensionistici in base alla sentenza n. 495 del 1993 di questa Corte -, il Pretore di Saluzzo, con altrettante ordinanze di identico contenuto, emesse entrambe in data 23 maggio 1999, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 36, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure urgenti di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), nella parte in cui prevede che i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore di tale legge (aventi ad oggetto il pagamento delle somme maturate dagli aventi diritto in applicazione delle sentenze n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994) sono dichiarati estinti d'ufficio, con compensazione delle spese fra le parti;

  che, secondo il rimettente, la norma impugnata - sopravvenuta nelle more dei giudizi a quibus e parzialmente modificatrice di precedenti interventi legislativi - si pone in contrasto: a) con l'art. 24, primo comma, Cost., poichè vanifica il diritto di azione dei ricorrenti, senza una correlativa integrale soddisfazione dell'interesse a tutela del quale il giudizio é stato proposto (precludendo la possibilità di ottenere un titolo da far valere in executivis, nonchè decurtando il credito vantato dell'accessorio rappresentato dal rimborso delle spese di lite); b) con gli artt. 101, 102 e 104 Cost., poichè svuota di fatto la funzione giurisdizionale, avendo il legislatore, sotto forma di legge, emanato in realtà un provvedimento che si sostanzia in una sentenza e che, oltretutto - in deroga ai principi generali del processo civile - esautora il giudice anche dal potere di decidere sulle spese del giudizio;

  che in entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o, comunque, per la manifesta infondatezza della sollevata questione;

  che, nel giudizio promosso con r.o. n. 811 del 2000, si é costituito l'INPS, concludendo per l'infondatezza della questione.

  Considerato che i giudizi - riguardanti la medesima disposizione, censurata dal Pretore rimettente con identica motivazione ed in riferimento agli stessi parametri - debbono essere riuniti e congiuntamente decisi;

  che questioni sostanzialmente identiche sono già state sottoposte a scrutinio di costituzionalità, conclusosi con la sentenza n. 310 del 2000;

  che, in tale decisione, questa Corte - con riferimento alla questione concernente l'asserita illegittimità della previsione dell'estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti con compensazione delle spese - ha affermato che le soluzioni approntate dalla normativa impugnata si appalesano tutte di segno certamente positivo rispetto alle aspettative degli interessati, le quali, pur avendo, appunto in virtù delle citate sentenze di illegittimità costituzionale, assunto il rango di diritti di credito, restavano ancora necessariamente da precisare con riguardo ai modi e ai tempi di adempimento;

  che, pertanto, ribadito il giudizio di sufficienza nel rapporto tra siffatto intervento ed il grado di realizzazione che alla pretesa azionata é stato accordato in via legislativa, la questione va dichiarata manifestamente infondata (v. altresì ordinanze n. 464 e n. 534 del 2000, nonchè n. 52 del 2001).

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 36, comma 5, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure urgenti di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), sollevata - in riferimento agli artt. 24, primo comma, 101, 102 e 104 della Costituzione - dal Pretore di Saluzzo, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente e Redattore

Depositata in Cancelleria l'11 maggio 2001.