Ordinanza n. 71/98

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ORDINANZA N. 71

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI  

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO  

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO  

- Dott. Riccardo CHIEPPA  

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 152 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, promossi con n. 2 ordinanze emesse il 5 novembre ed il 17 dicembre 1996 dal Pretore di Macerata nei procedimenti civili vertenti tra Salvucci Giuseppe e Clementi Enrico e l'INAIL, iscritte ai nn. 37 e 113 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 8 e 12, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Visti gli atti di costituzione di Salvucci Giuseppe e dell'INAIL;

  udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 1998 il Giudice relatore Cesare Ruperto;

  uditi gli avvocati Franco Agostini per Salvucci Giuseppe e Rita Raspanti per l'INAIL.

  Ritenuto che nel corso di due giudizi previdenziali - promossi contro l'INAIL da due assicurati, onde ottenere la costituzione di altrettante rendite per malattie professionali - il Pretore di Macerata, con due ordinanze di identico contenuto emesse rispettivamente il 5 novembre ed il 17 dicembre 1996, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, Cost. - questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. "nella parte in cui consente, nella ipotesi ivi prevista, l'esonero dal pagamento delle spese di giudizio anche ai lavoratori abbienti";

  che - affermata la rilevanza della questione, in ragione della ritenuta condizione di abbienza di entrambi i ricorrenti - premette in fatto il rimettente che l'accertata infondatezza delle domande comporterebbe l'esonero dei soccombenti dal pagamento delle spese processuali, ai sensi della norma censurata (nuovamente in vigore a seguito della sentenza n. 134 del 1994 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 2, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre 1992, n. 483, che l'aveva abrogata);

  che, a giudizio del rimettente, tuttavia, l'intervenuta dichiarazione d'illegittimità - in cui non é stata effettuata alcuna distinzione circa l'operatività dell'esonero nei confronti dei lavoratori abbienti e non abbienti - ha comportato un nuovo sbilanciamento del rapporto riguardante il trattamento normativo fra tali categorie di lavoratori, non risultando giustificata l'estensione del privilegio anche ai lavoratori abbienti, che non beneficiano della tutela costituzionale di cui al terzo comma, dell'art. 24, Cost.;

  che, infine, a giudizio del rimettente, all'accoglimento della questione non sarebbe di ostacolo un'eventuale indeterminatezza della categoria dei non abbienti, nei cui confronti soltanto dovrebbe residuare l'esonero previsto dall'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., potendo operarsi la relativa determinazione, in caso di omesso intervento sul punto ad opera del legislatore, da parte dell'interprete mediante il ricorso alla normativa sul patrocinio gratuito;

  che in entrambi i giudizi si é costituito l'INAIL, chiedendo, sulla base di identiche motivazioni, la declaratoria d'incostituzionalità della denunciata norma, la quale crea un'ingiustificata situazione di privilegio a favore della categoria dei lavoratori abbienti rispetto a quella dei non abbienti;

  che, nel giudizio promosso con R.O. n. 37 del 1997, si é costituito il ricorrente nel processo a quo, il quale ha concluso per l'inammissibilità o comunque per l'infondatezza della sollevata questione.

  Considerato che i due giudizi, riguardanti questioni identiche, possono essere riuniti e congiuntamente decisi;

  che, secondo il rimettente, l'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., "nella parte in cui consente, nella ipotesi ivi prevista, l'esonero dal pagamento delle spese di giudizio anche ai lavoratori abbienti", violerebbe: a) l'art. 3 Cost., attesa l'ingiustificata situazione di privilegio della categoria dei lavoratori abbienti rispetto a quella dei non abbienti, con conseguente disparità di trattamento; b) l'art. 24, terzo comma, Cost., assicurando questo alla sola categoria dei non abbienti la predisposizione di una più accentuata tutela giurisdizionale (tra cui va ricompreso l'esonero dal pagamento delle spese di soccombenza nelle controversie previdenziali) rispetto al generale consorzio dei cittadini;

  che, ripetutamente investita del vaglio di costituzionalità della stessa norma, questa Corte ha affermato e ribadito che lo strumento dell'esonero dalle spese di lite del lavoratore soccombente, lungi dall'alterare la par condicio delle parti nel giudizio, costituisce un meccanismo atto a neutralizzare la minore resistenza del lavoratore stesso, venendo pertanto a porsi quale mezzo di ripristino di una uguaglianza che, seppure esistente sul piano formale, é suscettibile di cadere ove il rischio del processo, apparendo troppo gravoso, distolga il soggetto dal far valere le sue pur fondate pretese (v. sentenze n. 23 del 1973, n. 60 e n. 85 del 1979, n. 98 del 1987 e n. 134 del 1994);

  che, in particolare, con la citata sentenza n. 60 del 1979, la Corte ha precisato che il patrocinio a spese dello Stato (specificamente disciplinato per le controversie di lavoro e previdenza dagli artt. 9 e segg. della legge 11 agosto 1973, n. 533), in quanto vòlto a consentire a tutti i cittadini - e quindi anche a quelli aventi un reddito annuo non superiore ai due milioni di lire (art. 11, secondo comma) - la possibilità di agire e di difendersi in giudizio, si differenzia nettamente dal beneficio dell'esonero, prescindendo quest'ultimo dalle condizioni economiche del soggetto interessato;

  che, con sentenza n. 135 del 1987, dopo aver confermato la perdurante attualità della già evidenziata ratio della norma, questa Corte - pur rilevato come non valessero ancora tutte le ragioni storiche sottese alla previsione dell'esonero (non potendosi continuare a non tenere conto delle mutate condizioni economiche raggiunte dai lavoratori e dunque della loro possibile situazione di abbienza) - ha tuttavia ritenuto sottratta al suo potere la concreta determinazione delle due categorie, la quale presuppone una scelta affidata alla discrezionalità del legislatore, non surrogabile da un intervento della Corte stessa;

  che, con la citata sentenza n. 134 del 1994, l'integrale intervento abrogativo della disciplina dell'esonero operato dal comma 2 dell'art. 4 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, é stato a sua volta dichiarato costituzionalmente illegittimo, sulla considerazione che esso - trascurata ogni distinzione tra soggetti abbienti e non abbienti - aveva indiscriminatamente ripristinato la situazione di disparità sostanziale nel processo, limitando di fatto la possibilità di agire della parte privata e così non tutelando a sufficienza la condizione del soggetto inabile al lavoro;

  che - ribadita l'ontologica diversità di natura e di incidenza dell'istituto dell'esonero rispetto a quello del gratuito patrocinio, di cui alla citata legge n. 533 del 1973 - questa Corte non può non riaffermare che verrebbe ad invadere indebitamente la sfera discrezionale del legislatore in materia, ove operasse essa stessa, attraverso l'invocata pronuncia d'incostituzionalità, una concreta individuazione dei criteri oggettivi di identificazione delle due diverse categorie di lavoratori abbienti e non, e anche ove demandasse tale compito al giudice del caso concreto;

  che, pertanto, la questione é manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, dal Pretore di Macerata, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Cesare RUPERTO

Depositata in cancelleria il 20 marzo 1998.