Sentenza n. 183

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 183

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Dott. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 35 della legge 10 aprile 1954, n. 113 (Stato degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), tab. 3, come in ultimo modificata dall'art. 7 e dalla tabella C della legge 27 dicembre 1990, n. 404, promosso con ordinanza emessa il 29 maggio 1995 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Manca Vincenzo contro Ministero della difesa, iscritta al n. 915 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di costituzione di Manca Vincenzo nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 maggio 1997 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

uditi l'avv.to Lucio Iannotta per Manca Vincenzo e l'Avvocato dello Stato Giovanni P. de Figueiredo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.-- Nel corso del giudizio amministrativo introdotto con ricorso del generale di squadra aerea Vincenzo Manca nei confronti del Ministero della difesa, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, dell'art. 35 della legge 10 aprile 1954, n. 113 (Stato degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), tab. 3, come in ultimo modificata dall'art. 7 e dalla tabella C della legge 27 dicembre 1990, n. 404.

Ha osservato preliminarmente il Tribunale che l'intervenuta sospensiva disposta con separato provvedimento non toglie rilevanza alla questione di legittimità costituzionale, essendo tale sospensiva stata concessa in via temporanea e fino alla ripresa del giudizio cautelare successivamente alla pronuncia di questa Corte.

Nel merito, il giudice a quo ha rilevato che la norma impugnata si pone in contrasto con i citati parametri costituzionali in quanto, con il rinvio in essa contenuto alle tabelle allegate alla legge n. 113 del 1954, fissa in anni sessantuno il limite di età al raggiungimento del quale i generali di squadra aerea cessano dal servizio, a differenza dei colleghi di pari grado dell'Esercito e della Marina, per i quali il limite di età é quello di anni sessantatrè. Ad avviso del Tribunale rimettente tale distinzione non trova alcuna ragionevole giustificazione, identici essendo il grado dei generali, la loro progressione in carriera, le funzioni di alto comando e tutto ciò che ne distingue la posizione gerarchica.

Ne deriva, pertanto, che la norma impugnata, facendo cessare il diritto al lavoro degli ufficiali piloti dell'Aeronautica in un momento precedente rispetto a quello fissato per i corrispondenti gradi delle altre armi, viola, oltre all'art. 3, anche gli artt. 4 e 35 della Carta fondamentale.

2.-- Nel giudizio davanti a questa Corte si é costituito il generale Vincenzo Manca, concludendo per l'accoglimento della prospettata questione.

La parte privata ha premesso che i generali di squadra aerea hanno una formazione ed un iter di carriera analoghi a quelli dei loro colleghi generali di corpo di armata dell'Esercito ed ammiragli di squadra della Marina, identica essendo la loro preparazione professionale. Anche il legislatore, d'altra parte, dettando la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (legge finanziaria), ha previsto una delega al Governo, della durata di dodici mesi, affinchè provveda al riordino della materia in modo da fissare limiti di età uguali per il pensionamento dei pari grado.

La difesa del generale Manca ha rilevato inoltre che l'esistenza di una normativa secondo cui gli ufficiali dell'Aeronautica percepiscono, se addetti professionalmente all'attività di volo, l'indennità di aeronavigazione, non é di per sè decisiva, poichè tale indennità viene corrisposta anche agli ufficiali delle altre armi che siano in possesso del brevetto di pilota, a condizione che svolgano regolarmente attività di volo.

3.-- E' intervenuto in giudizio anche il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Ha osservato la difesa erariale che il punto di partenza fatto proprio dal Tribunale rimettente - ossia quello della piena equiparabilità del generale di squadra aerea all'omologo grado dell' Esercito e della Marina - é errato, poichè lo status di ufficiale pilota e la carriera degli ufficiali dell' Aeronautica sono intrinsecamente diversi rispetto a quelli dei loro colleghi delle altre armi.

L'ufficiale aeronautico, infatti, riceve un trattamento economico più favorevole rispetto a quello degli ufficiali dell'Esercito e della Marina, oltre ad avere una progressione in carriera più rapida, in conseguenza della peculiarità delle doti fisiche e professionali che gli vengono richieste. Egli é tenuto a conseguire sia il brevetto di "pilota d'aeroplano" che il brevetto di "pilota militare"; deve inoltre mantenere costantemente, per tutta la durata della propria carriera, l'idoneità al volo.

Da tanto consegue, secondo l'Avvocatura dello Stato, che la posizione degli ufficiali di tale arma non é paragonabile a quella dei colleghi, perchè il più favorevole trattamento retributivo e la più rapida progressione in carriera trovano un ragionevole e logico contrappeso nel diverso limite di età fissato dalla legge per il collocamento in ausiliaria.

Considerato in diritto

1.-- Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio dubita, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 Cost., della legittimità costituzionale dell'art. 35 della legge 10 aprile 1954, n. 113 (Stato degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), tab. 3, come in ultimo modificata dall'art. 7 e dalla tabella C della legge 27 dicembre 1990, n. 404, nella parte in cui fissa il limite di età di anni sessantuno per la cessazione dal servizio dei generali di squadra aerea, mentre tale limite é di anni sessantatrè per i generali di corpo d'armata dell'Esercito e per gli ammiragli di squadra della Marina.

2.-- La Corte osserva preliminarmente che, pur avendo il Tribunale concesso la sospensiva del provvedimento di cessazione dal servizio, non sussistono dubbi sulla rilevanza della questione, e ciò alla luce della giurisprudenza costituzionale, richiamata dallo stesso rimettente (v. sentenza n. 444 del 1990, sentenza n. 451 del 1993 e sentenza n. 30 del 1995), secondo cui la questione di legittimità costituzionale mantiene tale rilevanza qualora il giudice amministrativo abbia esercitato il proprio potere di sospensiva in via provvisoria e interinale fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di costituzionalità, poichè in tale situazione il medesimo potere non si é ancora esaurito.

Nel presente giudizio, infatti, il giudice a quo ha emesso un provvedimento di questo tipo.

3.-- Passando all'esame del merito, la Corte rileva innanzitutto che i parametri di cui agli artt. 4 e 35 Cost. sono impropriamente indicati, considerato che nel caso specifico non si controverte di diritto al lavoro o di protezione dello stesso nelle sue varie forme, bensì si richiede al giudice delle leggi di valutare soltanto la legittimità costituzionale di una lamentata disparità, in quanto alla uguaglianza di grado gerarchico corrisponde una diversa età di cessazione dal servizio. E' stato in precedenza già affermato, tra l'altro, che l'art. 4 Cost. é norma che concerne l'accesso al mercato del lavoro (ordinanza n. 380 del 1994) e non può essere invocato per i lavoratori che hanno raggiunto l'età per il collocamento a riposo. Ne consegue, pertanto, che l'unico parametro, alla stregua del quale la Corte é chiamata a pronunciarsi, é quello dell'art. 3 Cost.

4.-- La questione é infondata anche in relazione al suddetto parametro.

Com'é noto, nell'attuale ordinamento militare l'età di cessazione dal servizio non é parificata a quella degli altri funzionari pubblici e non é la stessa per tutti, essendo differenziata in relazione a due specifici fattori: il grado raggiunto ed il tipo di corpo nel quale si é inseriti. Globalmente può dirsi che gli ufficiali vengono collocati in posizione di ausiliaria (situazione che segue alla cessazione dal servizio, ma che non é ancora pensionamento vero e proprio) in un'età inferiore rispetto a quella prevista per il pensionamento degli altri pubblici dipendenti; ciò per l'evidente necessità di mantenere fino alla cessazione dal servizio un certo grado di prestanza fisica, indispensabile per l'assolvimento delle funzioni militari.

Nell'ambito delle forze armate, inoltre, gli ufficiali dell'Aeronautica, ed in ispecie quelli appartenenti al ruolo naviganti normale (quale l'interessato nel presente caso), subiscono un particolare tipo di selezione, sia sul piano delle attitudini psico-fisiche che su quello della formazione tecnica-professionale. Essi, tra l'altro, sono tenuti a conseguire il brevetto di pilota d'aeroplano ed il brevetto di pilota militare, condizioni imprescindibili per la nomina a sottotenente (v. gli artt. 9 e 10 r.d. 25 marzo 1941, n. 472, nonchè gli artt. 3, 4, 5 e 6 della legge 19 maggio 1986, n. 224). Per poter progredire in carriera, poi, tali ufficiali debbono frequentare prima il corso normale e successivamente il corso superiore della scuola di "guerra aerea" (come risulta dalla tabella allegata alla legge 27 ottobre 1963, n. 1431); il che é finalizzato al raggiungimento di un elevato grado di professionalità.

Oltre a questi requisiti tecnici, gli ufficiali del ruolo naviganti normale devono mantenere per tutta la durata della propria carriera l'idoneità al volo, sicchè eventuali malattie che ne menomassero tale requisito potrebbero tradursi nell'obbligo di transitare in ruoli diversi ovvero nella risoluzione del rapporto di lavoro.

A tale particolare selezione ed a tali specifici compiti fanno riscontro la cessazione anticipata dal servizio e i vantaggi della più rapida carriera e del migliore trattamento economico. A partire, infatti, dal r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1302, varie disposizioni di legge (v., tra le altre, la legge 29 novembre 1961, n. 1300 e la legge 23 marzo 1983, n. 78) hanno stabilito che agli ufficiali dell'Aeronautica appartenenti al ruolo naviganti (normale e speciale) l'attribuzione della indennità di aeronavigazione, emolumento aggiuntivo che non spetta ai colleghi ufficiali non adibiti all'attività di pilotaggio aereo.

5.-- E' esatto, come ha rilevato la difesa della parte privata, che tale indennità viene attribuita anche agli ufficiali piloti delle altre armi, che svolgono regolarmente attività di volo. Tuttavia, il punto rilevante in questa sede non é tanto accertare in quali limiti alcuni benefici previsti dalla legge vengano estesi anche ad ufficiali che non appartengono ai ruoli naviganti dell'Aeronautica.

Appare invece decisivo sottolineare che questi ultimi, in relazione alla loro particolare formazione, svolgono quell'attività (di pilotaggio e di volo) che per gli ufficiali delle altre armi é un'attività di supporto, per cui possono essere destinati anche a compiti diversi.

La istituzionale funzione di difesa aerea del territorio dello Stato che gli ufficiali aeronautici del ruolo naviganti sono chiamati a compiere, comportando speciali attitudini fisio-psichiche ed un grave rischio professionale, si traduce in una diversità di posizione che spiega il motivo della più rapida progressione in carriera e della cessazione dal servizio in un'età anticipata.

E' costante giurisprudenza di questa Corte, del resto (v., in ultimo, sentenza n. 89 del 1996 e sentenza n. 386 del 1996), che il principio di uguaglianza esprime un giudizio di relazione che impone il trattamento identico di situazioni uguali e, viceversa, il trattamento differenziato di situazioni fra loro non del tutto corrispondenti. Nel caso di specie, le posizioni poste a raffronto non sono identiche; comunque gli elementi di disparità non appaiono sforniti di basi giustificative e non attingono ad un livello tale da costituire violazione dei principi di cui all'art. 3 Cost.

6.-- La Corte non può fare a meno di evidenziare, infine, come il recente art. 1, comma 97, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, contenga una delega al Governo per il riordino, fra l'altro, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali; in particolare, la lettera b) della norma prevede tra i criteri direttivi quello della creazione di "uguali limiti di età per la cessazione dal servizio tra ruoli omologhi preposti a funzioni similari".

E' evidente che il presente giudizio di legittimità costituzionale si svolge su un piano diverso da quello della futura attività del legislatore; per cui la legge delegata, nel rivisitare l'intera materia nella linea indicata dalla norma delegante, potrà ovviamente pervenire a soluzioni diverse dalla linea della normativa attuale. Ciò non esclude, peraltro, che quest'ultima risulti, allo stato, indenne dalle prospettate censure di incostituzionalità.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 35 della legge 10 aprile 1954, n. 113 (Stato degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), tab. 3, come in ultimo modificata dall'art. 7 e dalla tabella C della legge 27 dicembre 1990, n. 404, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 5 giugno 1997.

Renato GRANATA: Presidente

Fernando SANTOSUOSSO: Redattore

Depositata in cancelleria il 18 giugno 1997.