Sentenza n. 386 del 1996

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SENTENZA N.386

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 29 marzo 1993, n. 82 (Misure urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose per conto di terzi), convertito, con modificazioni, nella legge 27 maggio 1993, n. 162, promosso con ordinanza emessa il 26 gennaio 1996 dal Tribunale di Livorno nel procedimento civile vertente tra Autotrasporti F.& M. Martelli s.a.s. e Canada Maritime Service Limited, iscritta al n. 373 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visti gli atti di costituzione della Autotrasporti F.& M. Martelli s.a.s. e della Canada Maritime Service Limited, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 15 ottobre 1996 il Giudice relatore Massimo Vari;

uditi gli avvocati Gabriello Giubbilei per la Autotrasporti F. & M. Martelli s.a.s. ed Emilio Fadda e Giuseppe Conte per la Canada Maritime Service Limited.

Ritenuto in fatto

1.1.-- Nel corso del procedimento civile promosso dalla Autotrasporti F. & M. Martelli s.a.s. avverso la società Thos Carr e Son s.p.a., quale agente raccomandataria della società Canada Maritime Service Limited, per la dichiarazione di risoluzione del contratto trasporti containers stipulato con la convenuta e per il riconoscimento della differenza tra le somme pagate e quelle dovute "in base alla tariffa obbligatoria e inderogabile A/2" di cui alla legge 6 giugno 1974, n. 298 e al decreto ministeriale 18 novembre 1982, il Tribunale di Livorno, con ordinanza del 26 gennaio 1996, ha sollevato -- in riferimento agli artt. 3, 41 e 101 della Costituzione -- questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 29 marzo 1993, n. 82 (Misure urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose per conto di terzi), convertito, con modificazioni, nella legge 27 maggio 1993, n. 162. La disposizione impugnata interpreta l'ultimo comma dell'art. 8 delle norme di esecuzione della legge n. 298 del 1974, approvate con d.P.R. 9 gennaio 1978, n. 56, nel senso che non è ammessa la stipulazione di alcun tipo di contratto che preveda l'effettuazione di autotrasporto di cose per conto di terzi a prezzi o condizioni tariffarie derogativi rispetto a quelli stabiliti dalla medesima legge n. 298 del 1974 e successivi provvedimenti attuativi, nonché a quelli derivanti dagli accordi collettivi previsti dall'art. 13 del decreto del Ministro dei trasporti 18 novembre 1982.

1.2.-- In punto di rilevanza, precisa il rimettente che il rapporto dedotto in giudizio -- al quale va riconosciuta natura di contratto di appalto in considerazione della molteplicità, sistematicità, continuità, importanza e durata dei servizi, non limitati al semplice trasferimento di cose da un luogo all'altro, e dell'assunzione del rischio in capo alla società di trasporti -- va ricondotto entro la sfera di applicazione dell'art. 3 del decreto-legge n. 82 del 1993, che ha esteso il sistema di regolamentazione tariffaria ad ogni contratto nel quale sia prevista l'effettuazione di prestazioni di autotrasporto di cose per conto di terzi.

1.3.-- Rilevato che l'art. 8 del d.P.R. n. 56 del 1978, interpretato dalla disposizione impugnata, nel vietare la stipulazione di contratti particolari o speciali, "non può che riguardare i contratti di trasporto in senso stretto", l'ordinanza osserva che il menzionato art. 3 del decreto-legge n. 82 del 1993 "attrae invece nel regime delle tariffe a forcella tutti quei contratti in cui si associa alle prestazioni proprie di contratti con causa diversa quella tipica dell'autotrasporto di merci per conto terzi, come accade nel caso di appalto di servizi". Ne consegue che la disposizione censurata, a causa "della sua natura interpretativa, in realtà solo apparente, vincola l'interpretazione del giudice, incompatibilmente con l'art. 101, secondo comma, della Costituzione".

1.4.-- Ulteriore motivo di censura deriva dal fatto che la norma in questione, rendendo applicabili le tariffe e le condizioni del decreto ministeriale 18 novembre 1982 a tutti gli altri tipi di contratto, parifica irragionevolmente "situazioni tra loro diverse alle quali impone un identico regime tariffario" con conseguente violazione "dell'art. 3, secondo comma, della Costituzione". Le tariffe istituite con il citato decreto ministeriale, infatti, "sono state determinate tenendo conto dei costi di esercizio della tipica impresa di trasporto", mentre è evidente la differenza dei costi per l'esecuzione di un contratto di trasporto rispetto ad un contratto di appalto, o di noleggio, o di locazione di veicoli senza conducente. In particolare, l'estensione delle tariffe previste per il contratto di trasporto al contratto di appalto non terrebbe conto del fatto che, di regola, l'oggetto di quest'ultimo è costituito da un insieme di prestazioni accessorie, che si somma al trasferimento della cosa da un luogo ad un altro, prestazioni "non sottoposte a tariffa obbligatoria, il cui valore può anche non essere inferiore a quello di trasporto".

1.5.-- Infine, la norma censurata, "nell'operare la predetta ingiustificata parificazione tra contratti che comportano costi minori e contratti che comportano costi maggiori", viene "illegittimamente a comprimere la libertà dell'iniziativa economica privata, incidendo sul principio della libera concorrenza, attuato in sede comunitaria, e pregiudicando l'interesse generale che trova tutela nelle disposizioni di cui al primo e secondo comma dell'art. 41 della Costituzione".

2.1.-- Nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale si sono costituite le parti private. La società Autotrasporti F. & M. Martelli s.a.s., parte attrice nel giudizio a quo, assume che, nel caso di specie, il giudice rimettente avrebbe ben potuto ritenere la norma impugnata immune da qualsiasi vizio di costituzionalità, considerando l'allegazione agli atti di causa della documentazione che connota il contratto di trasporto di cose per conto terzi (art. 56 della legge n. 298 del 1974).

Non sarebbe, comunque, fondata la censura di violazione dell'art. 101 della Costituzione, in quanto la disposizione non avrebbe ampliato l'ambito e la portata dell'art. 8 del d.P.R. n. 56 del 1978, né dell'art. 52 della legge n. 298 del 1974, ma avrebbe regolamentato "quei contratti che prevedono un servizio onnicomprensivo al cui interno è, però, compreso il contratto di autotrasporto in senso stretto", con la conseguenza che, nel caso di stipulazione di contratti speciali o particolari, la parte relativa, all'interno degli stessi, al contratto di trasporto sarebbe soggetta alla disciplina della cosiddetta tariffa a forcella.

Il censurato art. 3 non avrebbe nemmeno ampliato la portata dell'art. 13 del decreto ministeriale 18 novembre 1982, nella parte in cui è previsto che accordi economici collettivi possano essere conclusi tra le associazioni più rappresentative dei vettori, con la partecipazione del comitato centrale dell'albo e dell'utenza.

Osservato che l'inderogabilità del sistema tariffario è data -- oltre che dalla normativa prevista dalla legge n. 298 del 1974 -- anche da detti accordi, si pone in risalto che questi ultimi, nella naturale evoluzione del mercato, prevedono anche ulteriori servizi (i c.d. "servizi accessori"), fermo restando che la parte relativa al trasporto, per effetto della lettera di vettura, deve essere sempre ricompresa nell'ambito della tariffa a forcella.

2.2.-- Quanto al denunciato contrasto con l'art. 3 della Costituzione, la società attrice osserva che le tariffe obbligatorie:

- non violano le norme del Trattato CEE, anche in riferimento alla sentenza della Corte di giustizia del 5 ottobre 1995, in causa C-96/94;

- non parificano situazioni fra loro diverse, essendo lasciata alla libera iniziativa delle parti l'intera esecuzione di un contratto di appalto, di noleggio o di locazione di veicoli senza conducente, con la sola eccezione che il contratto di trasporto -- consacrato nella lettera di vettura -- deve essere compreso all'interno della tariffa a forcella.

2.3.-- Secondo la memoria, non è fondata nemmeno la censura di violazione dell'art. 41, primo e secondo comma, della Costituzione, perché la previsione di un sistema di tariffe a forcella risponde alla avvertita esigenza di superare gli squilibri in un settore di primario interesse sociale, squilibri che hanno indotto il legislatore a limitare il potere dei singoli di autoregolamentare i propri interessi in quanto contrastanti con l'utilità sociale.

3.1.-- Si è costituita in giudizio anche la Canada Maritime Service Limited, per chiedere la declaratoria di illegittimità costituzionale.

Premesso che il settore dell'autotrasporto di merci per conto di terzi si presenta come un settore a concorrenza limitata, si sostiene che l'estensione del medesimo regime ad ambiti diversi -- sia in base alla norma impugnata che all'art. 8 del d.P.R. n. 56 del 1978, -- pregiudica la libertà di iniziativa economica, anche in riferimento ai principi più volte affermati dalla Corte di giustizia, secondo i quali deve ritenersi proibita la estensione ad un altro mercato, senza giustificazione oggettiva, di un diritto esclusivo o speciale, quale il regime tariffario dell'autotrasporto. Rilevato che il rimettente avrebbe potuto disapplicare la norma interna incompatibile con il diritto comunitario, si afferma che la questione potrebbe comunque essere dichiarata inammissibile, nel caso in cui la Corte ritenesse "di chiara evidenza" (sentenza n. 168 del 1991) l'incompatibilità della normativa nazionale con quella comunitaria.

La mancanza oggettiva di eventuali vantaggi di interesse generale renderebbe, in ogni caso, palese la illegittima compressione del diritto di iniziativa economica privata previsto dall'art. 41 della Costituzione.

3.2.-- Quanto alla violazione del principio di eguaglianza -- premesso che la legge può intervenire a contenere l'autonomia negoziale dei privati solo ove sia necessario per equilibrare la forza contrattuale delle parti -- si sostiene che le tariffe istituite con decreto ministeriale 18 novembre 1982 sono state calcolate in ragione dei costi di esercizio di una tipica impresa di trasporto, come definita negli artt. 3, 4 e 5 del d.P.R. n. 56 del 1978, mentre i costi variano quando, anziché un contratto di trasporto, si eseguano contratti diversi, come il contratto di noleggio con conducente, il contratto di locazione senza conducente, il contratto di subtrasporto in cui il primo vettore si accolli parte dei costi che dovrebbero essere a carico del subvettore, il contratto di mera trazione di rimorchi, il contratto di appalto di servizi di trasporto.

Si soggiunge, al riguardo, che la disposizione impugnata, la quale mira ad imporre un identico regime tariffario alle suddette fattispecie contrattuali diverse dal trasporto, potrebbe essere legittima solo ove significasse che, per gli altri tipi di contratto, debbono essere approvate tariffe specifiche, come la stessa lettera della norma e la relazione che accompagna il disegno di legge di conversione potrebbero far supporre.

Invero, a parte il diverso regime delle obbligazioni che di per sé giustifica una differente remunerazione della prestazione, è sotto il profilo del rapporto fra i costi di esercizio delle varie attività di trasporto e le tariffe di cui al più volte citato decreto ministeriale 18 novembre 1982 che appare ancora più marcatamente discriminatorio l'assoggettamento ad uno stesso regime tariffario. Dopo aver analizzato la differenza fra i costi e le condizioni di esecuzione dei vari contratti, si ribadisce l'inadeguatezza dell'applicazione del sistema tariffario al contratto di appalto, rilevando altresí che il vettore potrebbe far pagare le tariffe e poi eludere la disciplina cogente, fornendo gratuitamente prestazioni accessorie e complementari. Né, a superare il sospetto di incostituzionalità, può valere la considerazione che le tariffe in questione sono strutturate "a forcella", in quanto i valori minimi devono essere comunque sufficienti a remunerare ragionevolmente i costi di esercizio.

3.3.-- Circa la violazione dell'art. 41 della Costituzione, si osserva che le limitazioni poste nella specie all'iniziativa economica privata non trovano alcun fondamento né in criteri razionali o interessi generali, né nelle regole ed indirizzi espressi dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Rilevato che la estensione del regime tariffario ai contratti di appalto costringe l'imprenditore a sopportare oneri non correlati al tipo di servizio reso -- senza neppure avere la possibilità di organizzare, con propri mezzi, tale servizio, in dipendenza del contingentamento delle licenze (giusta l'art. 41, decimo comma, della legge n. 298 del 1974) -- si deduce che la normativa censurata potrebbe contrastare anche con l'art. 23 della Costituzione, potendosi assimilare la determinazione autoritativa di tariffe non disposte per legge ad una vera e propria imposizione illegittima di prestazioni patrimoniali.

Né l'art. 3 impugnato potrebbe trovare giustificazione in una ipotetica volontà del legislatore di evitare elusioni alle norme imperative che istituiscono tariffe obbligatorie per il contratto di autotrasporto, in quanto i giudici di merito ben potrebbero valutare e sanzionare l'eventuale ipotesi di contratti posti in essere in frode alla legge.

3.4.-- Quanto all'art. 101 della Costituzione, si afferma che la norma impugnata va oltre il dettato della disposizione originaria, che precludeva la possibilità di stipulare "contratti particolari o speciali" solo in riferimento ai contratti di trasporto in senso "proprio". Ne risulterebbe inciso il secondo comma dell'art. 101, nella interpretazione che ne ha dato la Corte costituzionale, in quanto: si ignora il principio della libertà di iniziativa economica privata; si disattendono le regole cardine dell'autonomia contrattuale; si viola il principio che riconosce al giudice il più ampio potere nella individuazione della natura di un contratto; si introduce, qualificandola come norma interpretativa, una regola cogente, tale da precludere la stessa possibilità di stipulare contratti di tipo diverso da quello di cui alla legge n. 298 del 1974; s'impone al giudice -- ogni volta che emerge l'esistenza di un rapporto avente ad oggetto l'effettuazione dell'autotrasporto di cose per conto di terzi -- di applicare la disciplina di cui alle leggi n. 162 del 1993 e n. 298 del 1974.

4.-- Nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata. L'ordinanza non conterrebbe, infatti, elementi sufficienti circa la rilevanza e, in particolare, circa la riconducibilità del rapporto dedotto nel giudizio a quo al genus del contratto di trasporto ovvero ad altra tipologia contrattuale, quale il contratto di appalto di servizi, anche perché, secondo l'Avvocatura, non sarebbe ostativa alla qualificazione del contratto come contratto di trasporto l'evenienza che si fosse trattato non di una pluralità di rapporti riferibili ad una pluralità di contratti, ma di una serie di rapporti riconducibili ad uno stesso contratto, come risulta dalla dottrina e dalla giurisprudenza, nonché dalla legge n. 298 del 1974 (art. 52, ultimo comma) e dal d.P.R. n. 56 del 1978 (art. 13).

La questione sarebbe comunque infondata, anzitutto in riferimento all'art. 101 della Costituzione, in quanto la norma censurata sarebbe sostanzialmente interpretativa, individuando, tra le interpretazioni possibili, quella più corretta, "specie se si tiene conto delle finalità del sistema tariffario che è riferito essenzialmente alle prestazioni di trasporto in quanto tali, piuttosto che alla fonte del rapporto".

Si deduce, altresí, quanto alla sospettata violazione dell'art. 3 della Costituzione, che sia la norma di interpretazione che quella interpretata sarebbero razionalmente dirette ad assicurare che prestazioni oggettivamente identiche, ossia quelle di trasporto, siano soggette ad un medesimo sistema tariffario, "anche al fine di impedire elusioni ed evasioni da un regime dettato non solo dall'esigenza di tutela del contraente più debole, ma altresí della sicurezza dei lavoratori del settore e della stessa circolazione". Riguardo alla ipotizzata violazione dell'art. 41 della Costituzione, si rileva, infine, che il giudice non ha tenuto presente la sentenza della Corte di giustizia 5 ottobre 1995, che ha affermato la compatibilità del sistema delle tariffe a forcella con le norme del Trattato CEE.

5.-- In prossimità dell'udienza hanno presentato memorie la difesa sia della Autotrasporti F. & M. Martelli s.a.s., che della Canada Maritime Service Limited.

6.1.-- La difesa della Autotrasporti F. & M. Martelli s.a.s. ribadisce che, fra il minimo ed il massimo della tariffa a forcella, sussiste la possibilità di regolare diversamente situazioni differenti quanto a costi ed organizzazione di impresa. E questo a tacere delle ulteriori modificazioni alla tariffa che sono rese possibili: da "situazioni soggettive quali il contratto diretto con o senza intermediari, che consente una riduzione del 5% sulla tariffa altrimenti obbligatoria"; da situazioni "oggettive, dovute allo sconto durata o durata quantità, e/o ripetitività dei viaggi"; dagli accordi collettivi nazionali.

6.2.-- Quanto alla dedotta violazione dell'art. 101 della Costituzione, si rileva che la norma impugnata è una norma di garanzia che si limita a prevedere che, in presenza di un contratto quale l'appalto di servizi di trasporto, il mittente si debba attenere, per quel che concerne il mero trasporto, al sistema delle tariffe a forcella.

6.3.-- Circa la violazione dell'art. 41 della Costituzione, si osserva altresì che la previsione di un sistema di prezzi vincolati, diretto ad evitare l'abuso di posizione dominante, ben può rientrare nell'ambito della previsione costituzionale, anche alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia, che ha affermato la piena compatibilità del sistema delle tariffe a forcella con il Trattato CEE.

7.1. -- La difesa della Canada Maritime Service Limited ha presentato a sua volta un'ampia memoria, nella quale, dopo aver sottolineato i caratteri che il giudizio di ragionevolezza è venuto ad assumere nella giurisprudenza costituzionale -- in particolare quale "ricerca dei fini oggettivo e soggettivo della disciplina impugnata" -- si evidenzia che scopo della normativa in questione è quello di assicurare un equilibrio tra domanda e offerta dei servizi di autotrasporto, in un campo nel quale la seconda è superiore alla prima, evitando così la concorrenza al ribasso. A tal fine il legislatore è intervenuto con due strumenti: la limitazione dell'accesso al mercato e la imposizione autoritativa dei prezzi; tuttavia, il primo intervento sarebbe stato sufficiente allo scopo perseguito, mentre l'intervento sui prezzi "sembra aver poco a che vedere con gli obiettivi ufficiali della legislazione in esame, e cioè quelli di ridurre l'offerta di autotrasporto". Esso finisce, anzi, per incentivare l'ingresso sul mercato di nuovi autotrasportatori, ma poiché tale ingresso non è possibile, a causa delle restrizioni quantitative all'accesso, consegue alla imposizione dei prezzi un vantaggio solo per coloro che sono già nel mercato.

Ricostruendo la situazione precedente alla entrata in vigore della norma impugnata, si evidenzia come un gran numero di autotrasportatori abbia cercato di sottrarsi alla applicazione delle tariffe a forcella attraverso la adozione di sconti segreti o la stipulazione di contratti atipici di trasporto non soggetti alla tariffa obbligatoria, salvo richiedere all'utente, ex post, l'applicazione delle tariffe medesime ampliando in tal modo "enormemente" il contenzioso tra autotrasportatori ed utenti. Proprio per cautelarsi rispetto ad azioni di rimborso intentate dagli autotrasportatori, gli utenti hanno fatto sempre più spesso ricorso a contratti di appalto di servizi di autotrasporto, rispetto ai quali le norme in tema di tariffe obbligatorie non risultavano applicabili.

Le modifiche introdotte con la legge n. 162 del 1993 sono volte proprio a "contrapporsi" a tali situazioni, e a riaffermare la necessità di un'applicazione capillare delle tariffe obbligatorie, a beneficio esclusivo dei vettori.

Ma, ad avviso della parte deducente, la norma non sarebbe idonea a raggiungere lo scopo che sembra voler conseguire, "cioè quello di riequilibrare il mercato riducendo l'offerta di autotrasporto"; "né perseguirebbe un interesse costituzionalmente apprezzabile, essendo in realtà unicamente diretta a sgravare gli uffici giudiziari dalle controversie relative al recupero di differenze tariffarie".

Anche in termini economici, le conseguenze della applicazione delle tariffe già in vigore a tutti i tipi di contratto di trasporto evidenzierebbero la violazione del principio di eguaglianza.

La memoria, nell'esporre i dati relativi ai costi di esercizio delle varie imprese, in relazione anche alle diverse tipologie contrattuali, osserva che, oltretutto, nel contratto di appalto di trasporti l'applicazione delle tariffe obbligatorie non ha alcun senso, perché il vettore potrebbe non farsi pagare le operazioni accessorie e complementari, violando così, di fatto, la disciplina obbligatoria.

7.2.-- Circa l'art. 41 della Costituzione, si ribadisce che la normativa censurata pregiudica ed ostacola, senza razionale giustificazione, l'esercizio di una attività economica privata, osservando in particolare che l'estensione delle tariffe a settori precedentemente affidati ad una libera formazione dei prezzi si potrebbe giustificare solo per promuovere gli interessi della collettività, e non per giovare ad una determinata categoria di operatori economici, come fa la normativa in questione, che favorisce i vettori rispetto agli utenti dei servizi di trasporto.

7.3.-- Infine, sull'art. 101 della Costituzione, si rileva che la disposizione censurata, sotto una parvenza di norma interpretativa, impedisce, in realtà, al giudice "di procedere alla individuazione della concreta fattispecie sottoposta al suo esame", precludendogli di accertare se il contratto sottoposto a giudizio sia suscettibile di essere considerato "particolare" o "speciale", dal momento che si dispone che ogni contratto, il quale, in qualsiasi modo ed in qualsiasi forma, preveda la effettuazione di autotrasporto di cose per conto terzi, è comunque soggetto alle disposizioni della legge n. 298 del 1974.

Considerato in diritto

1.-- Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Livorno solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 29 marzo 1993, n. 82 (Misure urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose per conto di terzi), convertito, con modificazioni, nella legge 27 maggio 1993, n. 162, secondo il quale l'ultimo comma dell'art. 8 delle norme di esecuzione della legge 6 giugno 1974, n. 298, approvate con d.P.R. 9 gennaio 1978, n. 56, si interpreta nel senso che non è ammessa la stipulazione di alcun tipo di contratto che preveda l'effettuazione di autotrasporto di cose per conto di terzi a prezzi o condizioni tariffarie derogativi rispetto a quelli stabiliti dalla medesima legge n. 298 del 1974 e successivi provvedimenti attuativi, ed a quelli derivanti dagli accordi collettivi previsti dall'art. 13 del decreto del Ministro dei trasporti 18 novembre 1982.

2.-- Secondo il giudice rimettente la disposizione censurata sarebbe incostituzionale in quanto:

- pur qualificandosi quale norma interpretativa, "sembra incidere profondamente sul dato testuale della norma interpretata, ampliandone l'ambito e l'operatività", con la conseguenza che, per "la sua natura interpretativa, in realtà solo apparente, vincola l'interpretazione del giudice, incompatibilmente con l'art. 101, secondo comma, della Costituzione";

- prevede un identico regime tariffario (nella specie, le tariffe istituite con decreto ministeriale 18 novembre 1982, determinate "tenendo conto dei costi di esercizio di una tipica impresa di trasporto"), sia per il caso della esecuzione di un contratto di trasporto che di un contratto di appalto di servizi, parificando, in modo irragionevole, situazioni tra loro diverse, quanto a costi da sostenere, in violazione dell'art. 3 della Costituzione;

- applica a contratti che comportano costi maggiori le tariffe determinate per quelli che implicano costi minori, comprimendo la libertà di iniziativa economica privata, incidendo sul principio della libera concorrenza attuato in sede comunitaria e pregiudicando l'interesse generale che trova tutela nelle disposizioni di cui al primo e al secondo comma dell'art. 41 della Costituzione.

3.-- In via pregiudiziale, va esaminata l'eccezione di inammissibilità della questione sollevata dalla Avvocatura dello Stato, la quale assume che l'ordinanza non sarebbe adeguatamente motivata in punto di rilevanza e, in particolare, non conterrebbe elementi sufficienti sulla sussistenza di connotati "speciali" tali da poter far ricondurre il rapporto dedotto nel giudizio a quo nel genus del contratto di appalto di servizi, anziché in quello del contratto di trasporto.

Nei limiti del vaglio che compete a questa Corte, consistente nella verifica di una ragionevole possibilità che la disposizione denunciata sia applicabile nel giudizio a quo, l'eccezione va disattesa. Secondo costante giurisprudenza, la valutazione di rilevanza dalla quale il giudice a quo muove, nel ritenere di dover fare applicazione della norma al caso a lui sottoposto, si può disattendere soltanto quando la stessa risulti del tutto implausibile, giacché, altrimenti, la Corte verrebbe ad occuparsi di un problema la cui risoluzione compete al giudice rimettente e cioè quello attinente, da un canto, alla definizione della fattispecie concreta e, dall'altro, all'individuazione delle disposizioni che la regolano.

Sotto il primo profilo è sufficiente, dunque, che il rimettente descriva la fattispecie sottoposta al suo esame quanto occorre per dar conto dell'avvenuto apprezzamento della rilevanza, senza essere tenuto, per questo, ad esporre compiutamente le vicende del giudizio principale. A tale onere l'ordinanza non si è sottratta, richiamando sostanzialmente, nel definire la fattispecie oggetto di giudizio, quelle connotazioni che la costante giurisprudenza considera tipiche del contratto di appalto di servizi di trasporto. Alla definizione così accolta non contraddicono gli altri dati desumibili dal contesto della ordinanza stessa in ordine agli elementi che caratterizzavano, in punto di fatto, il rapporto intercorso fra le parti.

Anche sotto il secondo profilo, che concerne l'applicabilità, alla fattispecie, della norma censurata, il vaglio di rilevanza può reputarsi positivamente svolto. Infatti, in base al tenore letterale della disposizione denunciata -- che si riferisce ad "ogni tipo di contratto che preveda l'effettuazione di autotrasporto per conto di terzi" -- non appare implausibile il significato che il rimettente attribuisce alla medesima, ritenendola di latitudine tale da ricomprendere nel regime delle tariffe a forcella "ogni contratto nel quale sia prevista l'effettuazione di prestazioni di autotrasporto di cose per conto di terzi".

4.-- Nel merito, la questione -- da esaminare, come è ovvio, nei limiti delle prospettazioni dell'ordinanza, senza tener conto di eventuali altri profili che emergano dalle memorie delle parti -- non è fondata.

I dubbi di legittimità costituzionale sollevati dall'ordinanza hanno quale comune premessa la considerazione che l'art. 3 del decreto-legge n. 82 del 1993, al di là della formale autoqualificazione, non esprima l'interpretazione autentica della precedente disposizione, ma modifichi, per di più retroattivamente, la disciplina, con finalità, pertanto, diverse da quella di rendere inequivoco il contenuto della disposizione in essa richiamata.

Ne discenderebbe il lamentato contrasto con gli invocati parametri costituzionali, in ragione dell'incidenza che la norma censurata avrebbe sulla funzione interpretativa spettante al giudice, nonché per l'irragionevole parificazione di situazioni non sussumibili, in ragione delle loro differenti caratteristiche, sotto una comune disciplina.

5.-- Si ripropongono, dunque, i problemi già più volte esaminati dalla giurisprudenza costituzionale la quale, come è noto -- pur ammettendo la facoltà del legislatore di emanare leggi interpretative, con il connaturale elemento della retroattività -- non ritiene sufficiente, per poterle considerare tali, la sola autoqualificazione, riconoscendo il carattere di norma di interpretazione autentica soltanto alle norme dirette a chiarire il senso di quelle preesistenti, ovvero ad escludere o ad enucleare uno dei sensi tra quelli ragionevolmente ascrivibili alle norme interpretate (sentenza n. 94 del 1995). A detto fine occorre, peraltro, che la scelta imposta dalla norma rientri tra le varianti di senso compatibili con il tenore letterale del testo interpretato, sì da stabilire un significato che ragionevolmente possa essere ascritto alla legge anteriore.

6.-- La legge 6 giugno 1974, n. 298, nel disciplinare l'attività di autotrasporto di cose per conto di terzi che si svolge sul territorio nazionale, contempla un regime di carattere pubblicistico, che ha uno dei suoi tratti fondamentali nell'istituzione di un apposito albo nel quale vanno iscritti coloro che intendano esercitare detta attività, la quale assume, perciò, connotazioni di vera e propria attività professionale, al punto che l'esercizio abusivo dell'autotrasporto è colpito con le sanzioni previste dall'art. 348 del codice penale (art. 26 della legge n. 298 del 1974).

A tale assetto fa riscontro un sistema di tabelle tariffarie (cosiddette tariffe a forcella) reso obbligatorio dal divieto di "stipulazione di contratti che comportino prezzi di trasporto determinati al di fuori dei limiti massimi e minimi delle forcelle" (art. 51, terzo comma), sia pure con la contestuale previsione della possibilità di fissare "condizioni e prezzi particolari di esecuzione dei trasporti in funzione del tonnellaggio complessivo di merce trasportato da una stessa impresa per conto di uno stesso mittente in un determinato periodo di tempo" (art.52, ultimo comma).

La tassatività delle tariffe è ribadita dall'art. 8 del regolamento di esecuzione della legge contenuto nel d.P.R. 9 gennaio 1978, n. 56, che, nell'indicare i criteri per la composizione delle relative tabelle, stabilisce, all'ultimo comma, che "non è ammessa la stipulazione di contratti particolari o speciali sotto qualsiasi forma, i quali prevedano prezzi di trasporto non compresi nella forcella e comunque non rientranti nella disciplina tariffaria prevista dalla legge 6 giugno 1974, n. 298".

Quanto ai contratti particolari, l'art. 13 del decreto ministeriale 18 novembre 1982, con il quale sono state approvate le tariffe e le rispettive disposizioni generali e condizioni di applicazione, ne specifica ulteriormente i caratteri, prevedendo che essi vengano stipulati sulla base di accordi di categoria.

Dal richiamato quadro normativo possono trarsi, in linea di principio, due interpretazioni, come risulta anche dalla giurisprudenza e dalla dottrina in materia: una, fatta propria dall'ordinanza di rimessione, considera la disciplina riferita strettamente a quei rapporti che traggano origine solo dal contratto di trasporto; l'altra, invece, dà preminente rilievo alla prestazione in sé, sì da ricomprendere anche altre figure negoziali (tra cui, in particolare, l'appalto di servizi di trasporto), nell'ambito delle quali la disciplina tariffaria va, naturalmente, riferita alla prestazione di trasporto in quanto tale, piuttosto che alla fonte del rapporto.

L'art. 3 del decreto-legge n. 82 del 1993, emanato con il dichiarato intento di chiarire il significato dell'art. 8 del d.P.R. n. 56 del 1978, e con quello, che si desume dalla stessa disposizione denunciata, di conferire base legislativa agli accordi di categoria in materia di contratti particolari, rientra nell'ambito delle possibili interpretazioni della normativa preesistente.

In sostanza -- a muovere da una lettura dell'art. 3 conforme a quella accolta dal rimettente, nel senso cioè che il riferimento a tutti i tipi di contratto valga ad attrarre nella sfera di disciplina anche i contratti di appalto di servizi di trasporto -- la disposizione denunciata può ben essere intesa a chiarire il significato dell'art. 8 del d.P.R. n. 56 del 1978 e, più in generale, la portata della precedente disciplina, nell'ambito delle possibili opzioni ermeneutiche dalla stessa consentite, rispondendo così ai requisiti propri della legge interpretativa.

Si può, pertanto, concludere che la disposizione denunciata è correttamente qualificata di interpretazione autentica e, come tale, è caratterizzata dalla retroattività.

7.-- Ciò posto, il contenuto della disposizione denunciata non appare in contrasto con alcuno dei parametri invocati nell'ordinanza di rimessione.

Non sussiste, anzitutto, il contrasto con l'art. 101 della Costituzione, in quanto il carattere di norma di interpretazione autentica che va riconosciuto all'art. 3 del decreto-legge n. 82 del 1993 permette di escludere che la disposizione interferisca con l'esercizio della funzione giurisdizionale, essendosi il legislatore mosso sul piano delle fonti, ed avendo esercitato il potere di attribuire alla disposizione interpretata un significato obbligatorio per tutti (da ultimo, sentenza n. 15 del 1995). Del resto la retroattività in sé non può ritenersi elemento che, assunto isolatamente, sia idoneo ad integrare un vizio della legge, come la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto (sentenza n. 6 del 1994).

8.-- Si perviene così alle altre due censure, che a ben vedere costituiscono il reale fulcro della questione prospettata, e cioè quella attinente alla pretesa violazione dell'art. 3, secondo comma [recte: primo comma] della Costituzione, nel presupposto che la norma censurata, imponendo un identico regime tariffario, determini una ingiustificata ed irragionevole parificazione di situazioni tra loro diverse; e quella concernente il dubbio di violazione dell'art. 41, primo e secondo comma, della Costituzione, sotto il profilo della compressione della libertà di iniziativa economica privata e della lesione del principio di libera concorrenza attuato in sede comunitaria. Dubbio che, essendo imperniato essenzialmente sulla lamentata parificazione tra contratti che comportano costi minori e contratti che comportano costi maggiori, si risolve, in definitiva, nella riproposizione della doglianza di violazione del principio di eguaglianza.

Il giudizio di eguaglianza come giudizio di relazione -- per cui a situazioni eguali deve corrispondere una identica disciplina e, all'inverso, discipline differenziate andranno collegate a situazioni differenti -- comporta che la disamina della conformità di una norma a quel principio deve svilupparsi secondo un modello dinamico, incentrandosi sul perché una determinata disciplina operi quella specifica distinzione; solo a seguito della verifica della carenza di una causa della disciplina introdotta si potrà dire realizzato un vizio di legittimità costituzionale della norma, proprio perché fondato sulla irragionevole scelta di un regime che finisce per omologare fra loro situazioni diverse o, al contrario, per differenziare il trattamento di situazioni analoghe (sentenze nn. 89 e 193 del 1996).

Per comprendere la "causa" della norma censurata, occorre considerare il quadro normativo nel quale l'art. 3 del decreto-legge n. 82 del 1993 si colloca, a partire dalla legge n. 298 del 1974.

L'autotrasporto di cose per conto di terzi, al quale si applica il sistema delle tariffe a forcella, introdotto dalla legge n. 298 del 1974, va inteso, secondo l'art. 40 della medesima legge, come "l'attività imprenditoriale per la prestazione di servizi di trasporto verso un determinato corrispettivo", definizione che mette in evidenza profili che sono comuni anche al contratto di appalto, vale a dire l'organizzazione imprenditoriale (art. 1655 cod.civ.) e la prestazione di servizi (art. 1677 cod.civ.).

Gli obiettivi del sistema pubblicistico delle tariffe a forcella, quali si evincono dagli stessi lavori preparatori della legge, sono quelli di garantire alle imprese un margine di utile, evitando situazioni di concorrenza sleale che, deprimendo i noli, costringano le imprese stesse ad operare in condizioni di difficoltà, sì da non procedere ad ammortamenti e da non garantire ai lavoratori il dovuto trattamento economico e normativo. A tali finalità si aggiunge quella di realizzare la trasparenza del mercato, e cioè la conoscenza dei prezzi sia da parte delle imprese di autotrasporto che dell'utenza.

Al fine di "permettere alle imprese di trasporto di conseguire un'equa remunerazione" i criteri dettati dal legislatore per la determinazione delle tariffe (art. 52, primo comma, della legge n. 298 del 1974) fanno riferimento al costo medio delle prestazioni di trasporto, "per imprese ben gestite e che godono di normali condizioni di impiego della loro capacità di trasporto", tenendo conto, altresì, della situazione di mercato.

In questo ambito non può reputarsi irragionevole e ingiustificatamente discriminatoria, in relazione al parametro dell'art. 3 della Costituzione, una disposizione che, nel ribadire la vincolatività del sistema di tariffe a forcella per tutti i contratti che comunque prevedano l'autotrasporto di cose per conto di terzi, ponga l'accento più sulla prestazione convenuta che sulla tipologia negoziale in cui essa si inquadra, rispondendo, così, alla esigenza di impedire la elusione della relativa normativa, alla stregua di una ratio legislativa che, nella disciplina unitaria dell'autotrasporto di cose per conto di terzi, considera il carattere di servizio pubblico proprio di quest'ultimo, nonché l'incidenza diretta sui bisogni della collettività di una siffatta attività (sentenza n. 548 del 1990).

Quanto all'art. 41 della Costituzione, non vale appellarsi, come fa l'ordinanza, al principio di libertà di iniziativa economica privata, giacché questo, come più volte posto in evidenza dalla Corte, va bilanciato con l'utilità sociale; né ai principi dell'ordinamento comunitario, essendo stata riconosciuta dalla stessa giurisprudenza della Corte di giustizia la compatibilità con detto ordinamento del sistema tariffario dell'autotrasporto di merci. Per il resto, occorre solo evidenziare l'inconsistenza dell'argomentazione del rimettente, relativa ai maggiori costi a carico di talune imprese, giacché, come emerge anche dai lavori preparatori sopra ricordati, l'obiettivo del legislatore, già a suo tempo, consisteva proprio nell'assicurare condizioni remunerative minime a tutti gli operatori del settore.

D'altro canto, la presenza di elementi di differenziazione tra le varie situazioni, consente di configurare il sistema delle tariffe a forcella come un sistema sufficientemente elastico nell'ambito di un mercato amministrativamente regolato, come dimostra la prevista facoltà delle parti di fissare non solo il corrispettivo tra il limite massimo e il limite minimo della tariffa a forcella corrispondente (art. 51, terzo comma, della legge n. 298 del 1974), ma anche condizioni e prezzi particolari (art. 52, terzo comma, della medesima legge); e così pure la possibilità di applicare tariffe speciali per particolari esigenze del trasporto (art. 12 del d.P.R. n. 56 del 1978) nonché di remunerare i servizi accessori (artt. 14 e 16 del medesimo d.P.R.).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto-legge 29 marzo 1993, n. 82 (Misure urgenti per il settore dell'autotrasporto di cose per conto di terzi), convertito, con modificazioni, nella legge 27 maggio 1993, n. 162, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 41 e 101 della Costituzione, dal Tribunale di Livorno con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 5 novembre 1996.