Sentenza n. 280 del 1992

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SENTENZA N. 280

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-        Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

 

-        Prof. Giuseppe BORZELLINO

 

-        Dott. Francesco GRECO

 

-        Prof. Gabriele PESCATORE

 

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

 

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-        Avv. Mauro FERRI

 

-        Prof. Luigi MENGONI

 

-        Prof. Enzo CHELI

 

-        Dott. Renato GRANATA

 

-        Prof. Francesco GUIZZI

 

-        Prof. Cesare MIRABELLI

 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionali dell'art. 2, primo comma, n. 11, della legge 23 aprile 1981, n. 154 (Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 22 maggio 1991 dalla Corte di Appello di Roma nei procedimenti civili riuniti vertenti tra 1) Salvati Domenico e Gentile Giuseppe, 2) Salvati Domenico e Priorini Francesco, iscritta al n.745 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1992;

2) ordinanza emessa il 24 maggio 1991 dalla Corte di Appello di Roma nel procedimento civile vertente tra Socciarelli Candido e Rosati Rosato, iscritta al n. 746 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visti gli atti di costituzione di Salvati Domenico, Gentile Giuseppe, Priorini Francesco, Socciarelli Candido e Rosati Rosato, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 31 marzo 1992 il Giudice relatore Francesco Greco;

uditi gli avvocati Filippo Lubrano per Salvati Domenico, Sergio Panunzio per Gentile Giuseppe e Rosati Rosato, Pietro Di Fabio e Patrizio Cittadini per Priorini Francesco, Antonio Cochetti, Franco G. Scoca e Wiefredi Vitalone per Socciarelli Candido e l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Tribunale di Roma su ricorso di Genti le Giuseppe e Priorini Francesco contro Domenico Salvati, dichiarava ineleggibile a consigliere regionale il Salvati ed eletto in sua vece il Genti le.

Rilevava che il Salvati si era dimesso dalla carica di Presidente e consigliere del Consorzio per l'area di sviluppo industriale della provincia di Frosinone entro il termine di legge ma non aveva cessato effettivamente dall'esercizio delle funzioni; che il Consorzio era ente dipendente dalla regione, onde la sussistenza della causa di ineleggibilità di cui all'art. 2 primo comma, n.11, della legge n. 154 del 1981.

Il Salvati appellava. E la Corte di Appello di Roma, con ordinanza del 22 maggio 1991, pervenuta alla Corte il 19 dicembre 1991 (R.O. n. 745 del 1991), ha sollevato questione di legittimità costituzionale della detta norma in riferimento all'art.51 della Costituzione.

Ha premesso che, secondo la giurisprudenza della adita Corte, le cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e devono essere contenute nei limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse, ricollegate alla funzione elettorale; e che, siccome limitatrici del diritto dell'elettorato passivo, costituzionalmente garantito, devono essere tipizzate dalla legge con determinatezza, precisione, ed in maniera sufficiente ad evitare situazioni di persistente incertezza, nonchè troppo frequenti contestazioni, soluzioni giurisprudenziali contraddittorie, che incrinerebbero gravemente la capacità elettorale passiva dei cittadini.

Ha rilevato che nella fattispecie la categoria degli enti dipendenti non è tipizzata con caratteri univoci, riconoscibili e definitivi secondo la dottrina e la giurisprudenza.

Inoltre, i dati legislativi utilizzati si limitano all'art. 35 della legge n. 70 del 1975, che nella epigrafe richiama la espressione, ma nel testo intende per tali gli enti pubblici sottoposti al controllo e alla vigilanza della regione, superando in tal modo la contrapposizione tra enti di pendenti ed enti vigilati.

L'interprete, quindi, non è in grado, con l'ausilio dei comuni canoni ermeneutici, di dare ad essa contorni più netti e maggiore consistenza alla molteplice varietà dei casi che possono presentarsi nell'esperienza; deve comunque constatare che non esiste una categoria tipizzata di enti dipendenti con caratteri riconoscibili e definiti, e che la dizione legislativa è generica ed ambigua e non è tale da poter soddisfare l'esigenza di garanzia costituzionale del diritto all'elettorato passivo.

Alla stregua di quanto detto innanzi, la questione di legittimità costituzionale sarebbe rilevante e non manifestamente infondata.

2. - L'ordinanza è stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

3. - Nel giudizio si sono costituite le parti private ed è intervenuta l'Avvocatura Generale del lo Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri.

3.1. - La difesa del Salvati ha svolto argomentazioni e considerazioni analoghe a quelle contenute nell'ordinanza di rimessione ed ha concluso per la fondatezza della questione.

La difesa del Gentile ha rilevato che vi sono elementi sufficienti per ritenere che il Consorzio per l'area di sviluppo industriale della provincia di Frosinone rientra nella categoria degli enti dipendenti dalla regione Lazio e, conseguentemente, sussiste la causa di ineleggibilità del Salvati. Ha concluso per l'infondatezza della questione.

La difesa del Priorini Francesco, premesso che molto opportunamente la legge n. 154 del 1981, al l'art. 2, ha distinto gli enti dipendenti dalla regione dagli enti sottoposti a vigilanza, ha rilevato che i Consorzi per lo sviluppo industriale costituiscono uno strumento organizzativo attraverso il quale la Regione, come prima lo Stato, favorisce le nuove iniziative industriali; ha sottolineato l'ingerenza della Regione nella vita dell'ente.

Ha altresì osservato che l'appartenenza agli organi dell'ente de quo interferisce sulla volontà dell'elettore.

Ha concluso per l'infondatezza della questione.

L'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o per la manifesta infondatezza della questione, ha osservato che l'ordinanza di rimessione pone una questione di interpretazione di una norma di legge ordinaria per quanto riguarda il contenuto descrittivo, sul piano giuridico, del la connotazione di dipendenza dell'ente rispetto all'ente territoriale quale condizione integrante della ragione di ineleggibilità.

Il giudice remittente peraltro non opta per nessuna delle varie interpretazioni possibili e, in definitiva, chiede alla Corte di individuare quella esatta.

Invece il giudice delle leggi deve solo accertare se sia conforme o meno ai precetti costituzionali la disposizione come intesa dal giudice a quo.

4. - Analoga questione è stata sollevata dalla stessa Corte d'appello di Roma con ordinanza del 24 maggio 1991, pervenuta alla Corte il 19 dicembre 1991 (R.O. n. 746 del 1991), nella causa tra Candido Socciarelli e Rosato Rosati, concernente l'ineleggibilità del primo a consigliere regionale, in conseguenza della non tempestivamente dismessa qualità di componente del consiglio di amministrazione dell'Ente regionale di sviluppo agricolo del Lazio, ente asseritamente "dipendente" dalla Regione.

Ai profili di illegittimità della norma censurata, sopra riferiti, la Corte remittente ha aggiunto la considerazione che il testo equivoco ed impreciso di tale norma urta anche contro il principio di legalità, costituzionalizzato in materia dall'art. 51 della Costituzione.

5. - Anche questa ordinanza è stata ritualmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

6. - Si sono costituite le parti private ed è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri.

6.1. - La difesa del Socciarelli ha svolto considerazioni analoghe a quelle della Corte remittente ed ha concluso per la fondatezza della questione.

La difesa del Rosati ha invece rilevato che le caratteristiche degli enti dipendenti dalla Regione sono chiaramente individuate dalla legge e dalla giurisprudenza e che vi sono elementi per ritenere che l'E.R.S.A.L. rientra nella detta categoria. Ha concluso per la inammissibilità o per l'infondatezza della questione.

L'Avvocatura Generale dello Stato ha formulato deduzioni identiche a quelle contenute nell'atto d'intervento del precedente giudizio.

7. - Nell'imminenza dell'udienza hanno presentato memorie la difesa di Giuseppe Gentile, Priorini Francesco, Socciarelli Candido e Rosato Rosati.

La difesa del Socciarelli ha sviluppato le precedenti argomentazioni facendo, peraltro, anche la storia della disposizione de qua.

La difesa del Gentile e del Rosati ha rilevato che quella di ente dipendente dalla Regione è nozione dai contorni definiti dalle norme di legge (artt. 13 del d.P.R. n. 616 del 1977 e 117 della Costituzione), dalla dottrina, dalla giurisprudenza ordinaria e amministrativa ed anche dalla Corte Costituzionale (sent. n. 21 del 1985).

Ha rilevato anche la diversità tra la fattispecie in esame e quella di cui alla sentenza n.166 del 1972 richiamata dalla ordinanza di remissione.

Si è soffermata infine sulla disciplina legislativa dei Consorzi per le aree industriali e degli enti di sviluppo dell'agricoltura.

Considerato in diritto

 

1. - I due giudizi, siccome prospettano la stessa questione, vanno riuniti e decisi con un'unica sentenza.

2. - La Corte deve verificare se l'art. 2, primo comma, n. 11 della legge 23 aprile 1981, n.154, nella parte in cui prevede l'ineleggibilità per "gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dalla Regione, provincia o comune", senza che siano ulteriormente definite o possano essere ulteriormente definibili, con determinatezza e precisione le situazioni di "dipendenza" causative della ineleggibilità, violi l'art. 51 della Costituzione, determinando una compressione del diritto di elettorato passivo che, per la genericità da cui è caratterizzata, non è compatibile col criterio della ragionevolezza che deve presiedere ad ogni legale limitazione del diritto stesso e col principio di legalità, il quale postula che, in materia, il cittadino possa conoscere, con la precisione necessaria alle scelte richiestegli, quali siano i requisiti per l'esercizio del ripetuto diritto.

3. - La questione non è fondata.

L'art. 2 della legge 23 aprile 1981 n. 154 specifica le cause di ineleggibilità a consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale. Al n. 11 prevede la ineleggibilità a dette cariche degli amministratori e dei dipendenti, con funzione di rappresentanza o con poteri di organizzazione o di coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dalla regione, provincia, comune.

L'art. 3 invece prevede alcune cause di incompatibilità alle stesse cariche e, tra gli altri, include l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza, rispettivamente, della regione, provincia o comune.

La disciplina legislativa è, quindi, diversa e con effetti sostanziali rilevanti (ineleggibilità o incompatibilità) per coloro che hanno rapporti con l'ente dipendente dalla regione e per coloro che invece appartengono a enti soggetti a vigilanza della regione.

La Corte remittente non si è affatto soffermata sulla ragionevolezza o meno della differenza di trattamento, ma a ragione della denunciata illegittimità costituzionale ha posto la imprecisione e la indeterminatezza della disposizione impugnata in ordine al termine "ente dipendente", la possibilità di soluzioni giurisprudenziali difformi e contrastanti e la conseguente insufficiente tutela del diritto di elettorato passivo, costituzionalmente garantito (art. 51 della Costituzione).

Ad assicurarla occorrerebbe, a suo avviso, una norma precisa e determinata contenente una vera e propria tipicizzazione del termine di cui trattasi.

A conforto della tesi sostenuta ha invocato quanto questa Corte ha già affermato (sent. n. 166 del 1972) che, cioè, le cause di ineleggibilità, siccome eccezione al generale e fondamentale principio del libero accesso, in condizioni di eguaglianza, di tutti i cittadini alle cariche elettive, devono essere tipizzate dalla legge con determinatezza e precisione sufficienti ad evitare quanto più possibile situazioni di persistente incertezza, frequenti contestazioni, soluzioni giurisprudenziali contraddittorie che finirebbero per incrinare gravemente, in fatto, la proclamata pari capacità elettorale passiva dei cittadini.

Non potrebbe giustificare ragionevolmente la ineleggibilità una causa dai confini estremamente generici ed elastici tali da fare ricomprendere in sede interpretativa le situazioni più diverse.

4. - Invece, per quanto riguarda più specificamente la genericità, la polivalenza, la mancanza di tipicizzazione della disposizione che potrebbero dar luogo a perplessità circa il suo significato, con errori di applicazione, con la inclusione o viceversa la esclusione di fattispecie che dovrebbero invece essere escluse o al contrario essere incluse, si ritiene sufficiente che la norma abbia i caratteri della astrattezza e della genericità, i quali costituiscono la garanzia dell'uguaglianza e della imparzialità, e che, sulla base della norma astratta, in attuazione ed entro i limiti della stessa, vi siano norme concrete per regolamentare i singoli casi.

Per le finalità del giudizio di legittimità costituzionale si richiede che i termini usati dal legislatore esprimano concetti sufficientemente precisi e di contenuto delimitato in modo soddisfacente per evitare erronee applicazioni (sent. n.129 del 1975).

4.1. - Non può porsi in dubbio che, a seguito della elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, il termine "ente dipendente" contenuto nella disposizione censurata sia stato sufficientemente precisato ed abbia ormai contenuto sicuramente delimitato.

Inoltre è affidato all'interprete il compito di dare ad esso eventualmente e, se necessario, con la utilizzazione dei comuni canoni ermeneutici e, secondo i principi costituzionali, un contorno più preciso e maggiormente aderente alla varietà dei casi che possono essere portati alla sua attenzione e al suo giudizio.

Spetta al giudice ordinario l'interpretazione della norma, mentre questa Corte ha la funzione di porre a confronto la norma nel significato ad essa comunemente attribuito o assegnatole dall'interprete con i precetti costituzionali invocati, per rilevare gli eventuali contrasti, con tutte le conseguenze sul piano costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.2, primo comma, n. 11 della legge 23 aprile 1981, n.154 (Norme in mate ria di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio sanitario nazionale), in riferimento all'art. 51 della Costituzione, sollevata dalla Corte d'appello di Roma con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/06/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco GRECO, Redattore

Depositata in cancelleria il 17/06/92.