Sentenza n.21 del 1985

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 21

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Giunta regionale delle Marche, notificato il 25 maggio 1982, depositato in cancelleria il 3 giugno successivo ed iscritto al n. 7 del registro conflitti 1982, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della delibera della Commissione di controllo sull'Amministrazione della Regione Marche n. 8069 del 26 marzo 1982, con la quale sono state annullate le deliberazioni della Giunta regionale n. 3251 del 9 settembre 1981 e n. 816 del 12 marzo 1982 e dichiarata l'inefficacia della delibera della Giunta regionale del 13 luglio 1981 relativa all'Ente di Sviluppo nelle Marche.

Udito nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1984 il Giudice relatore Francesco Saja;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino per la Regione Marche e l'avvocato dello Stato Dante Corti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con deliberazione n. 36 del 22 giugno 1981, il Consiglio di amministrazione dell'Ente di sviluppo nelle Marche dava il proprio assenso alla nomina del dott. Federico Ferroni a direttore generale dell'ente.

La deliberazione veniva tempestivamente trasmessa, ai sensi dell'art. 16 l. reg. 24 novembre 1979 n. 41, alla Giunta regionale, che l'approvava con atto del 13 luglio 1981.

Avendo il presidente dell'ente dato esecuzione all'indicata deliberazione, procedendo alla nomina, la Giunta mediante deliberazione n. 3251 del 9 settembre 1981 attribuiva al dott. Ferroni il relativo trattamento economico con decorrenza 1 luglio 1981.

Soltanto quest'ultima deliberazione veniva inviata, ai sensi degli artt. 125 Cost. e 45 l. 10 febbraio 1953 n. 62, alla Commissione governativa di controllo sull'amministrazione regionale e questa, dopo aver chiesto ed ottenuto chiarimenti, con atto 26 marzo 1982 n. 8069 l'annullava (insieme a quella successiva n. 816 del 12 marzo 1982) sul rilievo che la mancata sottoposizione a controllo dell'atto presupposto, ossia del citato atto di approvazione della nomina in data 13 luglio 1981, rendeva la successiva delibera illegittima per eccesso di potere e per violazione di legge.

Contro tale atto la Regione ricorre per conflitto di attribuzione, lamentando la violazione degli artt. 125 Cost., 45 l. n. 62 del 1953, 16 l. reg. n. 41 del 1979.

Rileva la ricorrente che gli atti dell'Ente di sviluppo nelle Marche, come quelli di tutti i consimili enti locali, debbono essere sottoposti solo alla Giunta regionale, ai sensi dell'art. 16 l. reg. n. 41 del 1979. Il controllo effettuato da quest'ultima, in quanto analogo a quello svolto dal Comitato regionale previsto dall'art. 130 Cost., é, secondo la ricorrente, sottratto all'ulteriore controllo della Commissione statale, dandosi luogo, diversamente, ad una duplicazione lesiva del riparto delle competenze tra Stato e Regione.

2. - La Presidenza del Consiglio dei ministri si costituiva tardivamente, ossia oltre il termine previsto dall'art. 27, terzo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte, onde l'atto di costituzione veniva dichiarato inammissibile con ordinanza del 29 aprile 1983 n. 121 (va peraltro osservato che l'inammissibilità dell'atto di costituzione non limita affatto l'esame della problematica relativa alla materia in oggetto, emergendo a sufficienza dagli atti di causa tutti gli elementi necessari). Con la stessa ordinanza la Corte respingeva l'istanza di sospensione dell'atto impugnato, proposta dalla Regione ricorrente.

3. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica del 10 luglio 1984 la Regione depositava una memoria, ulteriormente argomentando la tesi della non sottoponibilità dell'atto della Giunta regionale - con cui era stata approvata la nomina del direttore generale dell'ente in questione - al controllo della Commissione governativa.

La Presidenza del Consiglio dei ministri si doleva della dichiarazione di inammissibilità della sua costituzione, ma la Corte con ordinanza pronunciata nella stessa udienza confermava il suo precedente provvedimento.

Essendo successivamente deceduto il Giudice costituzionale Arnaldo Maccarone, che faceva parte del collegio giudicante, la causa é stata nuovamente discussa nell'udienza del 12 dicembre 1984.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con il conflitto di attribuzione che viene all'esame della Corte, la Regione Marche deduce che l'approvazione da parte della Giunta regionale, in data 13 luglio 1981, della deliberazione adottata il 22 giugno 1981 n. 36 dal Consiglio di amministrazione dell'"Ente di sviluppo nelle Marche" e relativa alla nomina del direttore generale (cui diede successivamente esecuzione il presidente dell'Ente medesimo), non é soggetta al controllo della Commissione governativa di cui agli artt. 125 della Costituzione e 45 l. 10 febbraio 1953 n. 62. Da ciò consegue, secondo la Regione, che, essendo la deliberazione de qua pienamente efficace per effetto della ricordata approvazione, legittimamente, con l'altra e successiva deliberazione 9 settembre 1981 n. 3251, venne determinato dalla stessa Giunta regionale il trattamento economico del predetto direttore generale. Illegittimo, per contro, perché invasivo della competenza regionale, sarebbe l'atto della predetta Commissione governativa in data 26 marzo 1982 n. 8069, con cui fu annullata la deliberazione da ultimo indicata nonché quella n. 816 del 12 marzo 1982 (che l'aveva confermata), sul rilievo che non era stato trasmesso il sopra detto provvedimento relativo alla nomina, ossia quello del 13 luglio 1981, il quale costituiva l'indispensabile presupposto dell'attribuzione del trattamento economico.

Riconosce la Regione che gli atti di amministrazione attiva emessi dai suoi organi - come quello, ora indicato, della Giunta regionale, relativo alla retribuzione del direttore generale - sono soggetti a controllo statale; deve invece ritenersi che il controllo sugli atti dell'Ente di sviluppo si esaurisce nell'ambito regionale in base al disposto dell'art. 16 l. reg. 24 novembre 1979 n. 41 (contenente la ristrutturazione del predetto Ente), il quale sottopone le relative deliberazioni all'approvazione di organi regionali: in particolare le deliberazioni di maggior rilievo, previste nel primo comma (e concernenti il regolamento di amministrazione e di contabilità, quello organico del personale, il bilancio di previsione e di rendiconto) sono devolute al Consiglio regionale; mentre alla Giunta sono devolute le altre considerate nel secondo comma, tra le quali rientrano quelle in esame. Pertanto - prosegue la ricorrente - lo Stato, con il suddetto atto 26 marzo 1982 n. 8069 della Commissione governativa, ha invaso la sfera di competenza regionale, pretendendo di esercitare il controllo sulla nomina del direttore generale dell'Ente.

In conclusione, la ricorrente chiede che sia riconosciuta la propria competenza in subiecta materia e venga annullata la ricordata deliberazione 26 marzo 1982 della Commissione di controllo sull'Amministrazione regionale delle Marche.

2. - La risoluzione del conflitto esige che la Corte preliminarmente esamini la funzione della indicata approvazione, nell'ambito della serie procedimentale in cui essa é inserita, e precisamente stabilisca se essa vada considerata come atto di amministrazione attiva ovvero come esercizio del potere di controllo.

In linea di principio, conformemente ad un autorevole e ormai quasi generale orientamento, ritiene la Corte di dover propendere per la seconda delle qualificazioni prospettate, in quanto l'approvazione non si collega intrinsecamente con l'attività dell'organo o dell'ente soggetto a controllo, in modo da dar vita ad un atto complesso, ma rimane fuori dalla fattispecie costitutiva e ne condiziona soltanto l'efficacia. Com'é noto, nel nostro ordinamento non mancano casi, ad es. in materia urbanistica, in cui il legislatore si esprime impropriamente, indicando con l'espressione "approvazione" un'attività di positiva ingerenza nella sfera del soggetto passivo; ma nel caso in esame non par dubbio che il termine sia stato impiegato correttamente dal cit. art. 16 l. reg. n. 41/1979, in quanto il controllo é circoscritto al mero accertamento della conformità alla legge dell'atto controllato, e il potere della Regione, se l'approvazione non é accordata, si esaurisce nel mero annullamento dell'atto, senza alcuna possibilità di interferenza nell'esercizio dell'azione amministrativa, neppure impartendo direttive ovvero indirizzi di gestione. Tale ingerenza é invece indispensabile perché sia configurabile un'attività di amministrazione attiva, la quale in effetti é prevista, con evidente contrapposizione, successivo art. 17: in questo sono infatti elencati gli atti con cui la regione può positivamente interferire, con il proprio intervento, nell'azione dell'ente sottordinato, emettendo provvedimenti diretti alla realizzazione dei fini del medesimo.

Dai superiori rilievi discende che il potere devoluto all'organo regionale rientra in questo caso nell'ambito dell'attività di controllo propriamente detto.

Né, può essere omesso di ricordare come la norma dell'art. 16 cit. é completata dalla previsione di automatica esecutività delle deliberazioni dell'Ente, se l'annullamento non é pronunciato entro il termine di venti giorni dal loro ricevimento. Ciò rende anche concretamente impossibile un successivo controllo statale, il quale ha sempre carattere preventivo e non é quindi ammissibile se l'atto in questione sia già divenuto esecutivo a causa dell'inerzia dell'organo regionale.

3. - La soluzione prospettata si trova peraltro in linea con la giurisprudenza di questa Corte.

In proposito giova premettere che l'art. 117 Cost., nell'elencare le materie attribuite alla potestà regionale, indica per prima "l'ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione". In relazione a tale previsione normativa la Corte ritenne in un primo momento che la competenza regionale non si estendesse alla materia dei controlli, riservata in ogni caso allo Stato (cfr. sentt. nn. 24 del 1957, 40 e 164 del 1972 e 62 del 1973). Ma successivamente ha considerato che non é possibile separare la funzione di controllo da quella concernente l'"ordinamento" dell'ente, in quanto la prima inerisce strettamente alla seconda: pertanto l'"ordinamento" comprende l'intero procedimento relativo agli atti emessi dagli enti preposti alla cura delle materie di cui all'art. 117, senza la possibilità di limitazioni e frazionamenti, che sarebbero ingiustificati e irrazionali. Tale nuovo orientamento, iniziato con la sent. 19 dicembre 1973 n. 178 e più esplicitamente ribadito con la sent. 9 dicembre 1976 n. 244, trova ora altresì conforto nel d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, il quale nell'art. 13 espressamente dispone che l'"ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione" concerne anche la materia dei "controlli". Anzi, la formula legislativa é talmente comprensiva da dissipare gli eventuali dubbi rispetto ai provvedimenti dei c.d. enti strumentali (come quelli di sviluppo agricolo), che una parte della dottrina vorrebbe considerare diversamente dagli altri enti regionali, quali rami staccati ma pur sempre appartenenti all'apparato amministrativo della regione, con la conseguenza che i loro atti sarebbero soggetti, al pari di quelli degli organi della regione stessa, al controllo ex art. 125 della Costituzione.

Né in contrario vale obiettare, come pur é stato fatto, che in tal modo le regioni, creando degli enti strumentali e trasferendo ad essi alcune delle proprie funzioni, si sottraggono in definitiva alla regola del controllo statale. Questa regola infatti non é assoluta, come si evince direttamente dalla stessa Costituzione, secondo cui il controllo sui provvedimenti degli enti territoriali minori (comuni, province e loro consorzi) si esauriscono nell'ambito regionale - mediante attribuzione delle relative funzioni al CO.RE.CO. - e non sono soggetti alla verifica di alcun organo statale, nemmeno quando deliberano nelle materie ad essi delegate dalle Regioni (artt. 130 Cost. e 4 l. n. 382 del 1975).

Perciò non può ritenersi contrastare con la previsione costituzionale il fatto che l'esclusione del controllo statale si riscontri anche per gli enti che operano nelle materie devolute alle regioni: invero per essi può essere sufficiente, ai fini della tutela del pubblico interesse, il controllo dalle medesime effettuato.

4. - In base alle superiori osservazioni non sembra dubbio nella specie che il controllo sulla deliberazione del Consiglio di amministrazione dell'Ente, n. 36 del 22 giugno 1981, legittimamente sia avvenuto e si sia esaurito nell'ambito regionale con l'atto della Giunta in data 13 luglio 1981. La pretesa della Commissione governativa di un ulteriore controllo in proposito risulta dunque illegittima perché invasiva della competenza regionale e l'illegittimità si comunica al rifiuto di approvazione della successiva deliberazione della Giunta regionale n. 3251 del 1981 nonché del ricordato atto 12 marzo 1982 n. 816. Conclusivamente, pertanto, il conflitto va risolto nel senso sostenuto dalla Regione Marche.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) Dichiara che spetta esclusivamente alla Regione Marche il potere, previsto dall'art. 16, secondo comma, l. reg. 24 novembre 1979 n. 41, di effettuare il controllo sulla deliberazione 22 giugno 1981 n. 36 del Consiglio di amministrazione dell'Ente di sviluppo nelle Marche relativa alla nomina del direttore generale dell'Ente.

2) Annulla, per l'effetto, la deliberazione 26 marzo 1982 n. 8069, con cui la Commissione governativa di controllo sull'Amministrazione della Regione Marche ha annullato gli atti della Giunta regionale n. 3251 del 9 settembre 1981 e 816 del 12 marzo 1982.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 1985.

Leopoldo ELIA - Francesco SAJA

Depositata in cancelleria il 30 gennaio 1985.