Ordinanza n. 499 del 1990

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ORDINANZA N.499

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 554 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 14 febbraio 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Lamezia Terme in un procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 215 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Lamezia Terme, chiamato a decidere sulla richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero in un procedimento a carico di ignoti per il reato di molestie e minacce a mezzo del telefono - dopo aver premesso <che il P.M. non ha compiuto attività d'indagine>, limitandosi a domandare, sulla base <di generici e imprecisati accertamenti> eseguiti dalla polizia giudiziaria, <l'archiviazione per essere rimasto ignoto l'autore del reato>, e ciò nonostante fosse opportuno <verificare la persistenza delle minacce> attraverso l'esame della persona offesa e richiedere, <ove del caso, l'intercettazione telefonica> - ha, con ordinanza del 14 febbraio 1990, sollevato questione di legittimità dell'art. 554 del codice di procedura penale, <nella parte in cui non prevede che il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura ove ritenga di non accogliere la domanda di archiviazione possa indicare al P.M. le ulteriori indagini da compiere e il termine indispensabile per il loro svolgimento>;

che, ad avviso del giudice a quo, la norma denunciata violerebbe e, in primo luogo, l'art. 3 della Costituzione, per la mancata estensione ai procedimenti di competenza pretorile dell'art. 409, quarto comma, del codice di procedura penale, dettato per i procedimenti di competenza del tribunale o della corte d'assise, mancata estensione da ritenersi irragionevole, anche a fronte della direttiva espressa dall'art. 2, n. 103, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, dal momento <che il vigente sistema processuale impone nei casi simili al giudice per le indagini preliminari presso la pretura di accogliere la richiesta di archiviazione (arg. ex art. 554 c.p.p.), senza poter indicare con ordinanza al P.M. le indagini necessarie, come invece consentito dall'art. 409 c. 4 c.p.p. al G.I.P. presso il Tribunale>;

che, inoltre, sarebbe vulnerato l'art. 112 della Costituzione, <potendo essere compromesso il principio costituzionale di obbligatorietà dell'azione penale> per essere il giudice per le indagini preliminari presso la pretura privo <di qualsiasi possibilità di incidere sulla scelta del P.M., salva l'informativa al Procuratore generale che, 6se ne ravvisa i presupposti6>, richiede, ai sensi dell'art. 157 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), la riapertura delle indagini;

e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall' Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che, pur risultando il procedimento a quo a carico di ignoti, l'ordinanza di rimessione appare tutta impostata sul raffronto tra l'art. 554 e l'art. 409, quarto comma, del codice di procedura penale, norma quest'ultima concernente le indagini successive alla richiesta di archiviazione che il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale può disporre quando si tratta di procedimento a carico di persona identificata, senza che venga mai richiamato l'art. 415 del codice di procedura penale appositamente dedicato all'archiviazione per il caso di reato di competenza del tribunale o della corte di assise commesso da persone ignote, come sembra confermato dal persistente riferimento del giudice a quo all'art. 157 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), una norma che, con il richiamare l'art. 414 del codice di procedura penale, parrebbe concernere esclusivamente procedimenti a carico di persona identificata;

che, peraltro, questa Corte, con sentenza n. 409 del 1990, dichiarando non fondata <nei sensi di cui in motivazione> la questione di legittimità dell'art. 415, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata per la parte ove non consente al giudice per le indagini preliminari di indicare ulteriori indagini al pubblico ministero, <una volta che questi gli abbia presentato richiesta di archiviazione per essere ignoti gli autori del reato>, ha fondato la sua statuizione su una <possibile interpretazione> dell'art. 415, secondo comma, del codice di procedura penale, <tale da far emergere una figura di giudice per le indagini preliminari in grado di indicare al pubblico ministero gli approfondimenti non ancora compiuti e, quindi, non vincolato alla pronuncia del decreto di archiviazione nemmeno quando non gli sia possibile ordinare l'iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome di una persona già individuata>;

che, di conseguenza, l'indicazione dell'art. 409 del codice di procedura penale come tertium comparationis non appare, alla stregua di tale decisione della Corte, del tutto inconferente;

che, successivamente, con sentenza n. 445 del 1990, questa Corte ha, invece, dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 157 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, e l'illegittimità costituzionale dell'art. 554, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, di fronte ad una richiesta di archiviazione presentata per infondatezza della notizia di reato, il giudice per le indagini preliminari presso la pretura circondariale, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indichi con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse;

che, quindi, il giudice a quo deve riesaminare, alla stregua del nuovo quadro normativo risultante dalle indicate decisioni della Corte, la concreta rilevanza della proposta questione (v. ordinanze nn. 222 e 463 del 1990).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Lamezia Terme.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15/10/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 26/10/90.