Sentenza n. 409 del 1990

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SENTENZA N.409

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 415 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 30 dicembre 1989 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia nel procedimento penale a carico di ignoti, iscritta al n. 146 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale/e della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 giugno 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto in fatto

l.- Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, di fronte ad una denuncia anonima trasmessagli in copia conforme e per competenza dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tolmezzo, riteneva - senza aver esperito alcuna indagine - di dover rubricare il fatto come calunnia e, quindi, di dover chiedere l'archiviazione per essere ignoti gli autori del reato.

Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia, investito della richiesta di archiviazione, sul presupposto di non avere alcuna alternativa rispetto all'accoglimento della stessa, data l'impossibilità, allo stato degli atti, di indicare l'autore del reato, ha, con ordinanza del 30 dicembre 1989, sollevato, in riferimento agli aria. 3 e 112 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 415 del codice di procedura penale "nella parte in cui non consente al G.I.P. di indicare ulteriori indagini al Pubblico ministero".

L'art. 409 del codice di procedura penale - argomenta il giudice remittente - "consente ed anzi impone" al giudice per le indagini preliminari "un controllo, oltre che di legittimità, anche di merito sull'operato del Pubblico Ministero, proprio nell'ottica di quel bilanciamento e reciproco controllo di potestà che anche nel nuovo ordinamento processuale penale é stato ribadito come fondamentale"; per contro, nel caso di cui all'art. 415, al Giudice per le indagini preliminari "viene sottratto il potere di controllare non solo il merito dell'ipotesi delittuosa sottoposta al suo esame, ma anche se tale ipotesi sia stata giuridicamente e di fatto esattamente configurata"; di qui la lamentata violazione sia dell'obbligo di esercitare l'azione penale sia del principio di eguaglianza "che impone di trattare nella stessa maniera fatti e situazioni che presentino aspetti similari".

2.- L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 14, prima serie speciale, del 4 aprile 1990.

3.- É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, in quanto non viene esplicitato in alcun modo quale tipo di indagini il pubblico ministero avrebbe potuto espletare proficuamente, o, comunque, infondata, in quanto l'art. 409 del nuovo codice sarebbe applicabile a tutte le ipotesi di archiviazione, compresa quella all'esame del giudice remittente.

Considerato in diritto

1.-Il giudice a quo mette in discussione la legittimità costituzionale dell'art. 415 del codice di procedura penale <nella parte in cui non consente al G.I.P. di indicare ulteriori indagini al Pubblico Ministero>, una volta che questi gli abbia presentato richiesta di archiviazione per essere ignoti gli autori del reato, diversamente da <quanto invece disposto dall'art. 409> dello stesso codice, allorchè la richiesta di archiviazione sia stata presentata per infondatezza della notizia di reato. La norma denunciata si troverebbe in contrasto sia con l'art. 3 della Costituzione, <che impone di trattare nella stessa maniera fatti e situazioni che presentino aspetti similari>, sia con l'art. 112 della Costituzione, che, nel prevedere <l'obbligo per il Pubblico Ministero di esercitare l'azione penale>, non può prescindere dall'imporre <al G.I.P. un controllo sull'operato del Pubblico Ministero, proprio nell'ottica di quel bilanciamento e reciproco controllo di potestà che anche nel nuovo ordinamento processuale penale è stato ribadito come fondamentale>.

2.-Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, prima ancora che < infondata>, la questione proposta <deve essere dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza>, in quanto <il giudice remittente non esplicita in alcun modo quale tipo di indagini nella specie il pubblico ministero avrebbe> da <proficuamente espletare>.

Tale eccezione non è, però, suscettibile di accoglimento, non potendosi pretendere che ad esplicitare le indagini da compiere sia un giudice che ritiene a sè preclusa dal legislatore qualsiasi indicazione al riguardo e che, appunto per questa ragione, denuncia l'illegittimità costituzionale della norma fonte della preclusione.

La questione va, pertanto, esaminata nel merito.

3. - Secondo l'ordinanza di rimessione, l'impossibilità di indicare ulteriori indagini al pubblico ministero nell'ipotesi di archiviazione richiesta ai sensi dell'art. 415, primo comma, del codice di procedura penale, quando, cioè, <è ignoto l'autore del reato>, sarebbe una conseguenza del fatto che tale articolo-se si eccettua il caso in cui il giudice <ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata>, così da dover ordinare <che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato> (art. 415, secondo comma, seconda parte), caso <evidentemente> non riscontrabile nella specie-non lascerebbe spazio ad altra soluzione all'infuori di quella consistente nell'accoglimento della richiesta di archiviazione. Da ciò l'assoluta necessità di addivenire alla pronuncia del relativo decreto motivato da parte del giudice per le indagini preliminari ed alla restituzione degli atti al pubblico ministero (art. 415, secondo comma, prima parte).

Ben altrimenti articolata si presenta, al confronto, la disciplina che gli artt. 408-410 dedicano all'ipotesi in cui il pubblico ministero presenti richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato. Qui le alternative sono svariate, e tutte descritte in modo minuzioso. Ecco la prima: o il giudice accoglie sùbito la richiesta di archiviazione, nel qual caso <pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero> (art. 409, primo comma), oppure <fissa la data dell'udienza in camera di consiglio>, procedendo <nelle forme previste dall'articolo 127> (art. 409, secondo e terzo comma). A seguito di tale udienza, ecco le altre possibili scelte: o il giudice <ritiene necessarie ulteriori indagini>, nel qual caso <le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse> (art. 409, quarto comma); fuori di tale evenienza, o <accoglie la richiesta di archiviazione> o <dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l'imputazione>, in vista della fissazione dell'udienza preliminare entro i due giorni successivi (art. 409, quinto comma), il che, ovviamente, potrà poi avvenire anche dopo il compimento delle ulteriori indagini indicate al pubblico ministero.

4. - Certo, nell'ipotesi in cui l'archiviazione sia stata richiesta per essere <ignoto l'autore del reato> non possono trovare posto, per insuperabili ragioni sistematiche, nè la formulazione dell'imputazione nè la fissazione dell'udienza preliminare, momenti che presuppongono entrambi l'attribuzione del reato a persona già individuata.

L'unica alternativa all'archiviazione resterebbe, pertanto, quella dell'indicazione di ulteriori indagini al pubblico ministero da parte del giudice per le indagini preliminari. Ma proprio il silenzio serbato sul punto dall'art. 415 induce il giudice a quo a trarre la conclusione che nel caso di richiesta di archiviazione ex art. 415 non possa trovare applicazione il quarto comma dell'art. 409, ove è, appunto, contemplata l'ipotesi che il giudice per le indagini preliminari indichi con ordinanza ulteriori indagini al pubblico ministero. Ne consegue la denuncia d'illegittimità qui in esame con riguardo agli artt. 3 e 112 della Costituzione.

5.-Come osserva l'Avvocatura dello Stato, gli ostacoli che si oppongono ad un'estensione dell'art. 409, quarto comma, all'art. 415 non sono, però, insuperabili.

L'essersi il legislatore astenuto dall'operare per l'ipotesi di archiviazione prevista dall'art. 415 un rinvio <globale> alle <disposizioni degli articoli 408, 409 e 410>-a differenza di quanto disposto per gli <altri casi di archiviazione> disciplinati dall'art. 411 (mancanza di una condizione di procedibilità, estinzione del reato, non previsione del fatto come reato)- non comporta di per sè che l'art. 409, quarto comma, non debba trovare applicazione in sede di art. 415, ben potendo l'assenza di un rinvio del genere trovare sufficiente spiegazione nella già rilevata sicura inapplicabilità all'archiviazione per essere ignoto l'autore del reato di altre previsioni concernenti l'archiviazione per infondatezza della notizia di reato, quali, ad esempio, già lo si è rilevato, la pronuncia dell'ordinanza per la formulazione dell'imputazione e la fissazione dell'udienza preliminare. La mancanza di un rinvio <globale> non significa, infatti, che anche le prescrizioni compatibili seguano la sorte di quelle incompatibili. Anzi, è proprio la finalità che accomuna tutte le varie ipotesi di archiviazione a giustificare l'estensione, dall'ipotesi-base (archiviazione per infondatezza della notizia di reato) all'ipotesi dell'art. 415 (archiviazione perchè ignoto l'autore del reato), di quanto risulta compatibile con quest'ultima, correlativamente alla non estensibilità di quanto si appalesa, invece, incompatibile con essa.

Una volta così inquadrati i rapporti fra l'art. 409 e l'art. 415, diventa possibile un'interpretazione del comma impugnato tale da far emergere una figura di giudice per le indagini preliminari in grado di indicare al pubblico ministero gli approfondimenti non ancora compiuti e, quindi, non vincolato alla pronuncia del decreto di archiviazione nemmeno quando non gli sia possibile ordinare l'iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome di una persona già individuata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 415, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 112 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Venezia con l'ordinanza in epigrafe.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/07/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 31/07/90.