Ordinanza n. 463 del 1990

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ORDINANZA N.463

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 125 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso con ordinanza emessa il 31 gennaio 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Verona nel procedimento penale a carico di Zanetti Emanuelita ed altra, iscritta al n. 187 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Verona, chiamato a decidere sulla richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico ministero nel procedimento a carico di Zanetti Emanuelita e Rossetti Maria, entrambe sottoposte ad indagini per il reato di favoreggiamento personale, ha, con ordinanza del 31 gennaio 1990, sollevato, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 125 del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), nella parte in cui <sembra univocamente porre il principio, ribadito significativamente dal successivo art. 256 disp. att., secondo il quale la citazione a giudizio dibattimentale è consentita solo quando le fonti di prova acquisite vengano ritenute sufficienti per ottenere (ove nulla di nuovo emerga al dibattimento) l'affermazione di colpevolezza dell'imputato>, cosi contrastando con l'art. 2, n. 50, della legge di delega 16 febbraio 1987, n. 81, che, invece, prescrive al <6giudice di disporre, su richiesta del pubblico ministero, l'archiviazione (solo) per manifesta infondatezza della notizia di reato6 (oltre che per improcedibilità della azione penale e per essere ignoti gli autori del reato)>; il contrasto sarebbe ancor più accentuato <nel procedimento per reati di competenza> pretorile, perchè il giudice per le indagini preliminari presso il pretore, a differenza del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale, non ha <alcun potere di pretendere una integrazione delle indagini svolte, o addirittura non svolte>;

e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall' Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che, dopo la pronuncia dell'ordinanza di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 445 del 1990, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 554, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che, di fronte ad una richiesta di archiviazione presentata per infondatezza della notizia di reato, il giudice per le indagini preliminari presso la pretura circondariale, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indichi con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse;

che, pertanto, il giudice a quo deve riesaminare, alla stregua del nuovo quadro normativo risultante dalla detta sentenza, l'attualità e, quindi, la concreta rilevanza della proposta questione (v., analogamente, ordinanza n. 222 del 1990).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Verona.

Così deciso in Roma) nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della consulta, il 26/09/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Giovanni CONSO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 16/10/90.