Ordinanza n. 97 del 1989

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ORDINANZA N.97

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 650 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 13 aprile 1988 dal Tribunale di Monza nel procedimento civile vertente tra la SMETAR s.r.l. e la TREDA s.r.l., iscritta al n. 643 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto che nel corso di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo in cui la citazione era stata notificata il ventunesimo giorno dalla notifica del decreto stesso, il Tribunale di Monza con ordinanza emessa il 13 aprile 1988 ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 650 del codice di procedura civile, nella parte in cui non consente l'opposizione tardiva per <comprovati motivi> collegati alla distanza nel territorio tra il luogo di notifica del decreto ingiuntivo ed il luogo di notifica dell'atto di opposizione;

che il giudice a quo osserva come la distanza territoriale tra il luogo in cui viene notificato il decreto ingiuntivo e quello in cui va proposta (ex art. 645 del codice di procedura civile) l'opposizione, renda obiettivamente difficoltosa l'azione dell'opponente, convenuto sostanziale, il quale disporrebbe di un termine a difesa ridotto proporzionalmente a tale distanza a causa degli ostacoli che essa frappone alla trasmissione al domiciliatario dell'atto di citazione da notificare;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità ovvero l'infondatezza della questione.

Considerato che il regime dell'opposizione tardiva é stato da questa Corte già integrato con riferimento ad un generale rilievo del caso fortuito o della forza maggiore, sia nel caso previsto dall'art. 668, primo comma, del codice di procedura civile (sentenza n. 89 del 1972), sia nell'ipotesi qui considerata (sentenza n. 120 del 1976);

che nella decisione citata da ultimo non e stata ritenuta meritevole di tutela la situazione-assimilabile alla fattispecie de qua-di un soggetto, cui sia stato regolarmente notificato il decreto

ingiuntivo e che abbia fatto <decorrere inutilmente il termine per proporre opposizione, volontariamente o colposamente>;

che quindi erroneamente il giudice a quo prospetta come illegittima l'omessa previsione da parte della norma impugnata, di un motivo che consenta di esperire l'azione in argomento a causa della distanza territoriale tra il luogo di notifica del decreto e l'ufficio del giudice competente e dei contingenti disagi che possano derivarne all'opponente nel proporre tempestiva opposizione;

che, invece, deve farsi ricorso proprio a quest'ultimo strumento processuale, utilizzabile con l'ordinaria diligenza nel termine che l'art. 641 del codice di procedura civile fissa -oltre che agli effetti dell'esecutività - anche nell'interesse, comune alle parti, alla sollecita definizione di un procedimento la cui peculiarità esclude che possa correttamente individuarsi quale tertium comparationis quella disciplina dei termini ex art. 163- bis, viceversa espressamente derogata dall'art. 645, ultimo comma;

che, inoltre, può rilevarsi come nella specie la parte lascio trascorrere un non lieve lasso di tempo tra la notifica del decreto (12 maggio 1987) e la spedizione (26 maggio 1987) del plico contenente l'atto di opposizione, onde, a fronte della <notoria lentezza del servizio postale> (sentenza n. 1143 del 1988) deve ulteriormente sottolinearsi il già richiamato dovere di diligenza;

che infine, anche a prescindere dalla discrezionalità che questa Corte ha più volte riconosciuto al legislatore in tema di bilanciamento tra perentorietà dei termini e salvaguardia del diritto di difesa (ordinanza n. 855 del 1988 e sentenza n. 121 del 1984), appare evidente come una modifica dei termini nel senso richiesto sarebbe contraddittoria rispetto alla logica di speditezza tipica del procedimento de quo, collocandosi altresì al di fuori dell'ambito concettuale dell'opposizione tardiva; che, pertanto, la questione e manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 650 del codice di procedura civile, sollevata dal Tribunale di Monza, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con l'ordinanza di cui in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/02/89.

 

Francesco SAJA, Presidente - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE- Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

 

Depositata in cancelleria il 03/03/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco Paolo CASAVOLA, REDATTORE