Sentenza n.69 del 1980
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SENTENZA N.69

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 28 (recte: 26) agosto 1950, n. 860 (tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri) e dell'art. 26 del d.P.R. 21 maggio 1953, n. 568 (regolamento per l'attuazione della legge 26 agosto 1950, n. 860) promosso con ordinanza, emessa il 13 novembre 1974 dalla Corte d'appello di Venezia nel procedimento civile vertente tra l'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro le Malattie I.N.A.M. e De Pasqual Rosa, iscritta al n. 195 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 181 del 9 luglio 1975.

Visto l'atto di costituzione dell'I.N.A.M. e quello di De Pasqual Rosa;

udito nell'udienza pubblica del 30 gennaio 1980 il Giudice relatore Virgilio Andrioli.

Considerato in diritto

1. - Va preliminarmente dichiarata l'irritualità della costituzione della De Pasqual perchè avvenuta fuori termine.

2.-La Corte d'appello di Venezia ha dei quattro ordini di argomentazioni, che avevano indotto il Tribunale di Belluno ad accogliere la domanda della De Pasqual, disatteso soltanto il primo ponendo per l'appunto a base delle prospettate questioni di costituzionalità la contrapposizione tra la fattispecie, delineata nell'art. 26 d.P.R. n. 568/1953, e la estraneità del volere della De Pasqual al licenziamento intimato per cessazione di attività imprenditoriale, di cui, in una con tutti i dipendenti della < Manifattura delle Alpi >, era stata fatta segno, e con ciò ha sia pure immotivatamente escluso che la condizione della De Pasqual (e degli altri dipendenti licenziati) giustificasse, indipendentemente dal rilievo (e poi dalla constatazione del buon fondamento) della questione di costituzionalità delle disposizioni impugnate, la conferma della sentenza di accoglimento della domanda, resa dal giudice di prime cure. Neppure una parola, invece, ha la Corte di Venezia speso sui tre altri ordini di argomentazioni del Tribunale e, segnatamente, sul terzo e sul quarto e, pertanto, non ha offerto consistente dimostrazione dell'apprezzamento di rilevanza.

Ciò che più conta: la Corte di Venezia non si è posta il dubbio sulla natura giuridica del d.P.R. n. 568/1953, solo sciogliendo il quale nel senso che si tratti di legge delegata si sarebbe giustificata la rimessione della questione di costituzionalità all'esame di questa Corte.

Lo scioglimento del dubbio non può non essere negativo perchè a) l'art. 35 della legge n. 860/1950, entrata in vigore il 3 gennaio 1951, prevede che < con regolamento, che sarà approvato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentito il Consiglio di Stato, saranno emanate le norme occorrenti per l'applicazione della presente legge, entro due mesi dalla data di pubblicazione della legge stessa >, ma non determina principi e criteri direttivi (tutto si riduce a fissare nel secondo comma il limite di lire 30.000 per l'ammenda da comminarsi per le contravvenzioni alle norme del regolamento), si limita ad indicare il termine di due mesi dalla data di pubblicazione della legge stessa, peraltro non osservato, ed esige il parere del Consiglio di Stato richiesto per i regolamenti e non per le leggi delegate, b) il d.P.R. n. 568/1953, a parte la qualifica di regolamento, dà atto della acquisizione del parere del Consiglio di Stato e richiama, sempre nel preambolo, non gli artt. 76 e 77, comma primo, Cost. ma l'art. 87, comma quinto, che prevede la emanazione, da parte del Presi dente della Repubblica, di decreti aventi valore di legge e di regolamenti.

Gli indici a favore della qualifica di regolamento sovrastano i dati, da cui potrebbe trar vigore la qualifica di legge delegata che intendesse riconoscersi al d.P.R. in esame (sull'argomento, in generale, ord. n. 49/1962, sent. n. 56/1975, ord. n. 20/1979).

L'inammissibilità avanti a questa Corte della questione di legittimità dell'art. 26 preclude anche l'esame della questione di costituzionalità dell'art. 5 della legge n. 860/1950, coinvolto nel presente incidente sol per essere citato nell'art. 26.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità del l'art. 26 d.P.R. 21 maggio 1953, n. 568, e, quindi, dell'art. 5 della legge 26 agosto 1950, n. 860, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38, comma secondo, Cost., dalla Corte d'appello di Venezia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29/04/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 05/05/80.