Sentenza n. 111 del 1977
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SENTENZA N. 111

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5 del r.d.l. 9 marzo 1936, n. 400 (Riordinamento dei Provveditorati agli studi), promosso con ordinanza emessa il 28 maggio 1974 dal tribunale di Messina, nel procedimento civile vertente tra il Commissariato nazionale della gioventù italiana e l'Amministrazione provinciale di Messina, iscritta al n. 401 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 296 del 13 novembre 1974.

Visti gli atti di costituzione dell'Amministrazione provinciale di Messina e del Commissariato nazionale della gioventù italiana, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 1977 il Giudice relatore Guglielmo Rochrssen;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Commissariato nazionale della gioventù italiana.

Ritenuto in fatto

Con citazione 29 settembre 1970, il Commissariato nazionale della gioventù italiana conveniva davanti al tribunale di Messina l'Amministrazione provinciale di Messina, esponendo di avere locato alla convenuta un edificio destinato a sede del locale Provveditorato agli studi. Tale contratto era scaduto nel 1966 e l'Amministrazione provinciale si era rifiutata di rinnovarlo e di corrispondere alcun compenso per l'occupazione dell'immobile. L'attore chiedeva, pertanto, che la convenuta fosse condannata al rilascio dell'immobile, ormai detenuto senza titolo, nonché al risarcimento dei danni per il protrarsi dell'occupazione abusiva.

L'Amministrazione provinciale di Messina, costituitasi, eccepiva l'illegittimità costituzionale dell'art. 5 del r.d.l. 9 marzo 1936, n. 400, il quale stabilisce che "ciascuna Provincia é tenuta a fornire i locali e l'arredamento per il Provveditorato agli studi".

Il tribunale di Messina, affermata (senza peraltro motivarla) la rilevanza di detta questione per la risoluzione del giudizio, la ha ritenuta non manifestamente infondata, sollevandola in riferimento agli artt. 5 e 128 della Costituzione. Secondo l'ordinanza di rimessione la norma impugnata sarebbe incompatibile con la natura, la funzione ed i fini propri delle Provincie, e ne lederebbe l'autonomia, in quanto la prestazione del servizio scolastico costituisce attività propria dello Stato e della Regione, sicché gli oneri finanziari che ineriscono all'esercizio delle attribuzioni affidate ai loro organi periferici, debbono essere assunti dallo Stato o dalla Regione e non possono essere demandati alla Provincia. Imporre a questa oneri finanziari che non hanno relazione con le sue attribuzioni, lederebbe l'autonomia garantita dagli artt. 5 e 128 della Costituzione.

Si é costituita davanti a questa Corte l'Amministrazione provinciale di Messina, la quale ha chiesto l'accoglimento dell'eccezione d'illegittimità costituzionale, insistendo nel sostenere che la norma impugnata lederebbe l'autonomia finanziaria della provincia, in contrasto con i precetti non solo degli artt. 5 e 128, ma anche dell'art. 97 della Costituzione, nonché degli artt. 14, lett. o) e 15 dello Statuto regionale siciliano.

L'Avvocatura dello Stato si é costituita tanto per il Commissariato della gioventù italiana (in termine), quanto per il Presidente del Consiglio dei ministri (fuori termine).

Essa sostiene anzitutto l'irrilevanza, per la definizione del giudizio a quo, della questione sollevata. Il tribunale di Messina non ha motivato, infatti, come l'illegittimità costituzionale della norma impugnata possa influire sulla domanda di restituzione e di risarcimento di danni, avanzata dall'attore nei confronti dell'Amministrazione provinciale.

Nel merito l'Avvocatura sostiene l'infondatezza della questione, dato che l'art. 5 del r.d.l. n. 400 del 1936 non fa che porre le prestazioni da esso previste (fornitura dei locali e arredamento per gli uffici dei Provveditorati agli studi), fra i compiti istituzionali della Provincia, e ciò é conforme al disposto dell'art. 128 della Costituzione, il quale demanda alla legge ordinaria la determinazione dei compiti delle provincie.

Considerato in diritto

L'eccezione d'irrilevanza prospettata dall'Avvocatura dello Stato va accolta e la questione dichiarata inammissibile.

L'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (recante "Norme sulla costituzione ed il funzionamento della Corte costituzionale"), richiede, perché nel corso di un giudizio possa essere sollevata una questione di legittimità costituzionale, che il giudizio stesso non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione di essa.

Questa Corte ha costantemente ritenuto (sentenze nn. 44 e 56 del 1975; 73 del 1974; 45 e 60 del 1972) che sono manifestamente irrilevanti nel giudizio a quo le questioni di legittimità costituzionale di norme che il giudice non deve né direttamente né indirettamente applicare e che, in forza del menzionato art. 23 della legge n. 87 del 1953, tali questioni debbono essere dichiarate inammissibili quando il difetto di rilevanza risulti prima facie dall'esame degli atti.

Nella specie - come si é esposto in narrativa - dinanzi al tribunale é stato instaurato un giudizio, promosso dal Commissariato nazionale della gioventù italiana contro l'Amministrazione provinciale di Messina, a seguito della scadenza di un contratto di locazione intercorso tra le parti ed al tribunale é stata richiesta una sentenza di condanna della convenuta al rilascio dell'immobile locato ed al risarcimento dei danni derivanti dal protrarsi dell'occupazione dell'immobile dopo la scadenza di quel contratto.

É di tutta evidenza che su tale domanda nessuna incidenza può avere la norma contenuta nell'art. 5 del r.d.l. 9 marzo 1936, n. 400, giacché trattasi di un'azione nascente da un rapporto giuridico al quale é estranea l'Amministrazione dello Stato e nella quale il giudice é chiamato ad accertare unicamente se si sia verificato l'inadempimento e la misura dei danni da questo eventualmente derivati, in applicazione delle relative norme del codice civile e non certo dell'articolo impugnato, il quale sancisce un obbligo che é stato mero motivo del contratto di locazione, manifestamente inidoneo, come tale, ad influire sulla sua validità e sulle obbligazioni da esso nascenti.

Ne consegue che, anche se l'art. 5 del r.d.l. n. 400 del 1936 fosse dichiarato illegittimo, ciò non produrrebbe alcun effetto sul giudizio a quo; cosicché la questione prospettata dal tribunale di Messina deve essere dichiarata inammissibile per difetto assoluto di rilevanza constatabile prima facie dall'esame degli atti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 del r.d.l. 9 marzo 1936, n. 400 (recante "Riordinamento dei Provveditorati agli studi"), sollevata dal tribunale di Messina con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 5 e 128 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 9 giugno 1977.