Sentenza n. 103 del 1974
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SENTENZA N. 103

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 225, secondo comma, del codice di procedura penale, nel testo modificato dalla legge 5 dicembre 1969, n. 932, e dal d.l. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 18 marzo 1971, n. 62, promosso con ordinanza emessa il 5 febbraio 1972 dal pretore di Gallarate nel procedimento penale a carico di Dolce Anna, iscritta al n. 101 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 122 del 10 maggio 1972.

Udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1974 il Giudice relatore Enzo Capalozza.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un procedimento penale a carico di Anna Dolce, il pretore di Gallarate, con ordinanza 5 febbraio 1972, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 225, secondo comma, del codice di procedura penale, nel testo risultante anche dalla legge 5 dicembre 1969, n. 932, e dal d.l. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge n. 62 del 18 marzo dello stesso anno.

Ad avviso del pretore, sussisterebbe una non giustificata disparità di trattamento tra l'indiziato arrestato o fermato e quello a piede libero. Ciò in quanto soltanto nei confronti di quest'ultimo la polizia giudiziaria, nell'urgenza di raccogliere le prove, può effettuare, tra gli atti istruttori ritenuti necessari, il sommario interrogatorio.

La norma denunziata non consentirebbe all'arrestato o fermato di fornire, fin dal primo momento, prove a suo favore, specie quando vi sia il pericolo della loro irrimediabile perdita; e, correlativamente, impedirebbe al magistrato di procedere ad una valutazione ampia e completa dei fatti, potendosi avvalere soltanto dell'esposizione che ne é contenuta nel rapporto, in mancanza delle dichiarazioni dell'imputato alla polizia giudiziaria.

Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi é stata costituzione di parte né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale del vigente testo dell'art. 225, secondo comma, del codice di procedura penale quale risulta dalle modifiche apportate dall'art. 3, secondo comma, della legge 5 dicembre 1969, n. 932 (non innovato dal corrispondente art. 3 della legge 18 marzo 1971, n. 62, che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 23 gennaio 1971, n. 2) in riferimento all'art. 3 della Costituzione - in quanto vieta alla polizia giudiziaria di compiere determinati atti e, in particolare, di procedere al sommario interrogatorio dell'arrestato e del fermato, mentre lo consente quando l'indiziato di reato sia a piede libero.

2. - La questione non é fondata.

É da premettere che non é esatto ciò che si legge nell'ordinanza di rimessione, cioè che, per il divieto dell'art. 225, secondo comma, siano preclusi alla polizia giudiziaria gli atti istruttori in generale, dappoiché detto divieto riguarda esclusivamente il sommario interrogatorio, oltre le ricognizioni di persona ed i confronti, che importano la presenza dell'arrestato o del fermato.

L'interrogatorio (sommario o formale che sia) é un delicatissimo atto della vicenda processuale, perché partecipa della natura di mezzo di prova e di esplicazione di attività difensiva (personale), sicché la Corte (sentenza n. 190 del 1970) lo ha munito di rigorose garanzie al fine di assicurarne la genuinità del contenuto e la fedeltà delle risultanze: tra l'altro, ha ammesso la presenza del difensore tecnico all'interrogatorio anche operato dalla polizia giudiziaria.

Ma poiché tale presenza non é obbligatoria (obbligatorio é porre in grado il difensore di assistervi: art. 304 bis, modificato dal citato decreto-legge n. 2 del 1971, convertito nella legge n. 62 dello stesso anno, e art. 304 ter, anche in relazione all'art. 392 cod. proc. pen.: sentenza n. 62 del 1971; si vedano anche le sentenze n. 52 del 1965 e n. 86 del 1968), il legislatore ha correttamente interpretato e soddisfatto le esigenze difensive con lo statuire che, allorché l'indiziato sia in stato di arresto o di fermo (artt. 235, 236, 238, 241 cod. proc. pen.), "all'interrogatorio deve provvedere soltanto il Procuratore della Repubblica o il pretore, e ciò dopo la traduzione in carcere prevista dall'art. 238".

Orbene, non viola il principio di eguaglianza (e risponde a un criterio di piena ragionevolezza) l'avere differenziato il rapporto con la polizia giudiziaria dell'inquisito in libertà (che, per lo più, può previamente conferire con un consulente giuridico o col difensore) e dell'inquisito in stato di arresto o di fermo. Situazioni diverse postulano normative diverse.

3. - La normativa in esame trova la sua integrazione giuridico-costituzionale e logico-giuridica nell'obbligo della polizia giudiziaria di porre prontamente l'arrestato e il fermato a disposizione dell'autorità giudiziaria (art. 13, terzo comma, Cost.; art. 238, modificato dall'art. 6 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, e art. 244 cod. proc. pen.) e nell'obbligo di questa di provvedere senza indugio all'interrogatorio (articoli 238, modificato, e 245 cod. proc. pen.): ciò nell'interesse dell'indiziato e della stessa giustizia sostanziale.

4. - Il giudice a quo si preoccupa che la norma impugnata sia suscettiva di ritorcersi in pregiudizio dell'indiziato, che sia già dal primo momento in grado di fornire prove idonee a dimostrare la sua innocenza o, quanto meno, capaci di attenuare la sua responsabilità: prove che un ritardo potrebbe mandare perdute.

É risaputo, per altro, che all'arrestato e al fermato é consentito di fornire alla polizia giudiziaria elementi a discarico di propria iniziativa e di spontanea volontà e di fare richieste di accertamenti e riscontri urgenti: e in tale senso é la giurisprudenza della Cassazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 225, secondo comma, del codice di procedura penale, nel testo risultante dall'art. 3 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, e dall'art. 3 del decreto legge 23 gennaio 1971, n. 2, convertito con modificazioni nella legge 18 marzo 1971, n. 62, proposta dal pretore di Gallarate con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 18 aprile 1974.