Sentenza n. 171 del 1972

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 SENTENZA N. 171

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

  composta dai signori:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 502 e 503 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 7 febbraio 1972 dal tribunale di Caltanissetta nel procedimento penale a carico di Ferrara Filippo, iscritta al n. 160 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 21 giugno 1972.

Udito nell'udienza pubblica del 25 ottobre 1972 il Giudice relatore Francesco Paolo Bonifacio.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza del 7 febbraio 1972 il tribunale di Caltanissetta ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto gli artt. 502 e 503 del codice di procedura penale nella parte in cui tali disposizioni non sanciscono "l'obbligatorietà della nomina e dell'intervento del difensore durante il sommario interrogatorio dell'imputato nel giudizio direttissimo". Dovendosi tale interrogatorio considerare come vero e proprio atto istruttorio volto ad acquisire elementi di prova, l'esclusione del difensore comporterebbe la violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.

2. - Innanzi a questa Corte non vi é stata costituzione di parti e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

Nel proporre l'attuale questione di legittimità costituzionale il tribunale di Caltanissetta parte dal presupposto che gli artt. 502 e 503 del codice di procedura penale non assicurino, per quanto riguarda il sommario interrogatorio dell'imputato cui si deve procedere prima del giudizio direttissimo, quelle stesse garanzie difensive (nomina ed intervento del difensore) che la legge predispone per l'interrogatorio nella procedura ordinaria: da ciò deriverebbe la violazione sia dell'art. 3 sia dell'art. 24 della Costituzione.

La questione non é fondata.

Premesso che non é sufficiente leggere isolatamente le due disposizioni impugnate, ma che occorre interpretarle sistematicamente nella loro necessaria connessione con le altre norme concernenti l'interrogatorio dell'imputato, la Corte osserva che nel vigente ordinamento processuale - quale risulta a seguito della sentenza n. 190 del 1970 e della legge 18 marzo 1971, n. 62 - il diritto del difensore ad esser presente al predetto atto é garantito nell'istruzione formale (art. 304 bis c.p.p.), nell'istruzione sommaria (art. 392: cfr. sent. n. 52 del 1965) e nelle indagini di polizia giudiziaria (art. 225: cfr. anche sent. n. 86 del 1968): sicché non é dubbio che, quale che sia la qualificazione degli atti compiuti dal pretore - per il quale cfr. l'art. 231, primo comma, c.p.p. - o dal pubblico ministero prima del giudizio direttissimo, il difensore ha diritto di assistere all'interrogatorio sommario previsto dall'art. 502. Né diversamente stanno le cose a proposito della necessità della previa nomina del difensore, giacché gli artt. 304 e 390 c.p.p., nel testo risultante dalle recenti modifiche legislative, ne dispongono l'obbligatorietà nell'istruzione formale, nell'istruzione sommaria e nelle indagini di polizia giudiziaria, con la conseguenza che l'art. 503 - nella parte in cui prevede che il presidente del tribunale o della Corte di assise, in mancanza di un difensore di fiducia, nomini un difensore di ufficio ove non vi abbia provveduto il pubblico ministero nel primo atto del procedimento - deve essere interpretato nel senso che restano impregiudicati gli effetti invalidanti che si connettono all'inosservanza dell'obbligo imposto al pubblico ministero.

Non sussistono pertanto le denunziate violazioni dell'articolo 3 e dell'art. 24 della Costituzione. Giova peraltro aggiungere, poiché l'ordinanza parla di "obbligatorietà" dell'intervento del difensore, che, come questa Corte precisò nella sentenza n. 62 del 1971, il rispetto del diritto di difesa non richiede siffatta obbligatorietà, ma é sufficientemente garantito dalla possibilità che il difensore assista al predetto atto.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 502 e 503 del codice di procedura penale, proposta dall'ordinanza indicata in epigrafe in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 1972.

Giuseppe CHIARELLI – Francesco Paolo BONIFACIO

Depositata in cancelleria il 12 dicembre 1972.